CLIMA

L''Agenda 2030 per Sviluppo Sostenibile con l'Obiettivo 13 si prefigge di "Adottare misure urgenti per combattere il cambiamento climatico e le sue conseguenze"

INTRODUZIONE

Contrastare il cambiamento climatico è uno degli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, sottoscritta nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU. L’Agenda, articolata in 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (SDG), costituisce un grande programma d’azione per un totale di 169 target, da raggiungere entro il 2030. Si tratta di un programma concreto, fatto di azioni e indicatori, per rendere sostenibile il modello di sviluppo, cioè in grado di soddisfare i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare i propri, attraverso l’armonizzazione di tre elementi fondamentali: la crescita economica, l’inclusione sociale e la tutela dell’ambiente.

In particolare, l’Agenda riconosce che il cambiamento climatico rappresenta una delle più grandi minacce allo sviluppo, e i suoi effetti, estesi e senza precedenti, pesano in modo sproporzionato sui più poveri e più vulnerabili. L’Obiettivo 13: Adottare misure urgenti per combattere il cambiamento climatico e le sue conseguenze, chiede un’azione urgente non solo per combattere il cambiamento climatico e i suoi impatti, ma anche per costruire una società più resiliente ai rischi legati al clima e ai disastri naturali. Un recente lavoro di review e valutazione strutturata di esperti evidenzia come il cambiamento climatico possa impedire il raggiungimento di ben 72 target attraverso i 16 SDG (il 42% dei target), mentre la lotta al cambiamento climatico può contribuire a rafforzare tutti e 17 gli SDG.

Dopo la pubblicazione del rapporto di sintesi “Climate Change 2014”, pubblicato nel 2015 dal Panel Intergovernativo per i Cambiamenti Climatici (IPCC), il riscaldamento globale e gli impatti conseguenti sulle altre componenti del sistema climatico sono inequivocabili e riconosciute dalla comunità scientifica. Lo stesso rapporto evidenzia come il fattore umano sia la causa principale del riscaldamento globale registrato dal periodo pre-industriale ad oggi, con una probabilità superiore al 95%.

Aggrava lo scenario il rapporto recente dell’IPCC “Global warming of 1.5°C”, che sottolinea quanto, per limitare gli impatti del riscaldamento globale a un livello per cui gli impatti siano gestibili e tale da non compromettere la nostra stessa esistenza, sia importante che il riscaldamento globale a fine secolo non superi 1.5°C.

I rapporti annuali del Programma Ambientale delle Nazioni Unite, denominati Emissions Gap Report (Report 2022), presentano un’analisi dettagliata degli impegni di riduzione delle emissioni a livello globale e di quelli ulteriori necessari a limitare il riscaldamento globale, ricordando che anche il percorso  con cui si arriva a stimare l’incremento finale è fondamentale, perché superamenti, anche temporanei, delle soglie di 1.5°C o 2°C, possono determinare impatti irreversibili. 

Figura 1
Situazione complessiva nell’anno 2022



Fonte: Arpa Piemonte

Adattamento e Mitigazione sono le due strategie, complementari e sinergiche, per ridurre e gestire gli impatti negativi del cambiamento climatico e sfruttarne eventuali opportunità. Sostanziali riduzioni nelle emissioni nelle prossime decadi possono ridurre il rischio climatico nel XXI° secolo e oltre, aumentare la probabilità di un efficace adattamento, ridurre i costi e le sfide della mitigazione nel lungo termine e contribuire a uno sviluppo sostenibile e resiliente al cambiamento climatico.

L’adattamento è necessario per affrontare gli impatti che le emissioni prodotte ad oggi dai paesi industrializzati determinano e determineranno nei prossimi anni, anche con politiche di mitigazione aggressive e si costruisce attraverso la definizione di una serie di misure che riducano la vulnerabilità dei sistemi - naturale e antropico - e ne incrementino la resilienza affinché i danni siano minimizzati, sfruttando tutte le risorse di cui dispone la società umana (naturali, culturali, sociali, psicologiche, economiche e istituzionali).

È necessario costruire un portfolio di opzioni di adattamento e mitigazione, perché nessuna azione singola è sufficiente, e integrare le azioni nell’ottica di perseguire lo sviluppo sostenibile, attraverso un processo adattivo.  Il rafforzamento della capacità di resilienza della società agli impatti dei cambiamenti climatici rappresenta anche un'opportunità di investimento in un'economia a basse emissioni di carbonio ed efficiente dal punto di vista dell’utilizzo delle risorse (green economy, economia circolare), che sempre di più si sta affermando creando nuove opportunità di fare impresa e nuovi posti di lavoro.

Ma la sfida più grande è che mitigazione e adattamento per essere implementate efficacemente, richiedono un cambiamento di paradigmi culturali, anche radicali, come non considerare più il passato come guida per il presente, gestire l’incertezza e renderla un elemento di valore, tenere conto dell’impronta complessiva delle attività antropiche incluso il potenziale negativo, riconoscere che sono gli assetti e le infrastrutture della società umana che si collocano nell’ambiente naturale e non il viceversa.

Il cambiamento climatico sta già causando una varietà di effetti per la nostra salute, gli ecosistemi e l’economia. Questi impatti diventeranno molto probabilmente più gravi nei prossimi decenni. Ecco perché è necessario prepararsi con progetti e azioni di adattamento. Un video dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) spiega tutto questo in parole semplici. Guarda il video

La mitigazione del cambiamento climatico

C’è ancora una possibilità di definire un percorso di mitigazione per limitare il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C a fine del XXI° secolo relativamente ai livelli dell’era pre-industriale, o meglio ancora entro 1,5°C. Questo percorso richiede una sostanziale e urgente riduzione delle emissioni di gas serra entro il 2030 arrivando ad annullare le emissioni di CO2 e di altri gas ad effetto serra a lunga persistenza già nel 2050, e addirittura arrivare a emissioni negative, attraverso sistemi di cattura e stoccaggio della CO2. Raggiungere questo ambizioso obiettivo di riduzione delle emissioni richiede una rapida transizione dei sistemi energetici e produttivi e pone sostanziali sfide tecnologiche, economiche, sociali e istituzionali, sfide che diventano sempre più grandi e più costose, più si ritarda a implementare le azioni di mitigazione.

Opzioni di mitigazione sono applicabili in tutti i principali settori economici, in particolare limitare, se non azzerare, l’utilizzo di combustibili fossili - nella produzione di energia, trasporti e industria - rappresenta la misura più efficace, soprattutto se integrata con misure per ridurre il consumo di energia, aumentare l’efficienza energetica e sfruttare la cogenerazione. L’associazione con azioni di riforestazione mirate e pratiche agricole che favoriscano il sequestro di carbonio nel suolo contribuisce alla diminuzione netta delle emissioni.

Il Green Deal Europeo, la strategia dell’Unione Europea che contiene misure di diversa natura – fra cui nuove leggi e investimenti – che saranno realizzate nei prossimi trent’anni, si pone come obiettivo principale l’azzeramento delle emissioni globali al 2050 (neutralità climatica), con l’obiettivo intermedio al 2030 di ridurle di almeno il 50-55% rispetto ai livelli del 1990. Questo obiettivo viene affrontato in particolare per la produzione di energia elettrica, che è responsabile del 75% delle emissioni dei gas serra all’intero dell’Unione Europea, e nel ridurre l’utilizzo dell’energia stessa, attraverso risparmio energetico e maggiore efficienza, dai processi produttivi, alle costruzioni al sistema dei trasporti. Ma introduce anche meccanismi fiscali, norme per evitare la ricollocazione geografica delle emissioni, revisione del quadro normativo per le infrastrutture energetiche e investimenti mirati.

La decarbonizzazione dell’economia necessita anche di una modifica profonda e di ampia scala delle abitudini alimentari, di spostamento e dei consumi delle società più sviluppate, l’applicazione stringente delle compensazioni di carbonio e dei meccanismi di pricing, il riconoscimento, anche economico, dei benefici su scala più ampia derivanti dalla mitigazione.

Con l’adesione al protocollo Under 2° MOU, che raccoglie l'impegno dei governi sub-nazionali per la riduzione delle emissioni globali, la Regione Piemonte si è impegnata a ridurre entro il 2030 del 50% le emissioni di gas che provocano l'effetto serra rispetto alle emissioni del 1990, con l'ulteriore proposito per arrivare a ridurle dell’80% entro il 2050.

In particolare, la Regione intende intraprendere azioni che mirino alla riduzione dei gas attraverso:
  1. politiche di incentivazione nell'utilizzo di mezzi ad emissioni zero e con la progressiva riduzione nell'utilizzo dei mezzi con motorizzazione endotermica, sia per quanto riguarda il trasporto pubblico locale, sia per quanto riguarda la mobilità privata e commerciale;
  2. riqualificazione energetica del sistema edificio-impianto, con particolare attenzione al patrimonio edilizio realizzato tra gli anni ‘60 e gli anni ‘90 per ridurre il fabbisogno di riscaldamento domestico;
  3. abbattimento delle emissioni nel settore industriale attraverso l'applicazione delle BAT (Best Available Techniques) ai nuovi stabilimenti o alla riqualificazione impiantistica di quelli esistenti;
  4. abbattimento delle emissioni nel comparto agricolo con l'applicazione di BAT di settore, in particolare al sistema dei reflui zootecnici. 
È da sottolineare come la maggior parte delle misure di riduzione delle emissioni contribuisce positivamente sia alla mitigazione del cambiamento climatico sia alla prevenzione dei danni alla salute provocati dall'inquinamento atmosferico, e implicano benefici intersettoriali.

L'adattamento al cambiamento climatico

L’Adattamento punta a ridurre gli impatti negativi dei cambiamenti climatici, incluso quelli in atto e inevitabili a causa del ritardo nella risposta del sistema terra-atmosfera alle emissioni dei gas serra, ma anche a trarre beneficio da eventuali opportunità.

L’adattamento è molto efficace sul breve termine, mentre all’aumentare dell’entità del cambiamento le opzioni per un adattamento efficace diminuiscono e i costi associati - anche sociali - aumentano, specialmente in presenza di una maggiore magnitudo e rapidità del cambiamento. Considerare una prospettiva di lungo termine, nel contesto dello sviluppo sostenibile, aumenta la probabilità che tempestive azioni di adattamento possano ampliare in futuro e rendere la società sempre più resiliente, equa e inclusiva.

Opzioni di adattamento esistono in tutti i settori, ma i contesti per la loro implementazione e la potenziale riduzione dei rischi connessi con il clima, differiscono da settore a settore e tra le diverse aree del pianeta. 

Le azioni e le iniziative di adattamento ai cambiamenti climatici devono essere definite e messe in atto a livello nazionale ma soprattutto regionale e locale. Infatti, gli impatti dei cambiamenti climatici sono specifici per ogni territorio e richiedono un approccio intersettoriale sinergico e coordinato tra i diversi livelli di governo. Le strategie di adattamento devono essere contestualizzate per l’area di applicazione e devono contare sulle risorse, materiali e immateriali, del territorio, e contare sulla loro accettazione

Alcune opzioni di adattamento implicano benefici ambientali complessivi, anche su vasta scala, creando importanti sinergie con le politiche di sostenibilità ambientale perché riducono la pressione sui sistemi naturali, permettono alla natura di conservare le sue caratteristiche o di evolversi in modo duraturo, cioè preservando l'avvenire, contribuiscono alla conservazione degli ecosistemi che incidono direttamente sui sistemi di regolazione del clima e sono all'origine di una moltitudine di beni e di servizi essenziali per l'uomo.

Con DGR n. 24-5295 del 3 luglio 2017, la Regione Piemonte si è impegnata ad elaborare la Strategia Regionale sul Cambiamento Climatico, che prevede la predisposizione di un documento di orientamento delle diverse politiche di settore (Piani e Programmi), verso obiettivi strategici, già propri della Regione, con l’obiettivo di incidere sia sulle cause sia sugli effetti del cambiamento climatico.

A tal fine, si è costituito un Gruppo di Lavoro (DD n. 131/A1003B del 28 agosto 2017), composto da funzionari provenienti da diverse Direzioni regionali, che si avvale del contributo scientifico di Arpa Piemonte. Obiettivo iniziale del Gruppo, coordinato dalla Direzione Ambiente, Governo e Tutela del Territorio – Settore Progettazione Strategica e Green Economy (PSGE), è programmare le attività da realizzare per la realizzazione della Strategia sopra citata nonché stabilire gli strumenti di gestione del gruppo.

I primi documenti e risultati del lavoro disponibili qui.

I primi lavori portati avanti da parte del gruppo di lavoro avanti sono l’avvio dell’inserimento della tematica del clima nella pianificazione regionale, sia dal punto di vista delle emissioni, per cui per le misure dei nuovi piani regionali (qualità dell’aria, trasporti ed energia) sono state calcolate le variazioni delle emissioni dei gas climalteranti, sia dal punto di vista dell’adattamento (energia e tutela delle acque), per evidenziare le misure settoriali che concorrono ad aumentare la resilienza ai potenziali impatti del cambiamento climatico.

Un’attività specifica è stata effettuata relativamente alla biodiversità vegetale, attraverso il confronto con esperti del settore per individuare, attraverso una forma di lavoro collaborativo, sia i potenziali impatti del cambiamento climatico sia le misure da adottare per minimizzare gli effetti negativi e le azioni che dovranno essere intraprese anche a livello di governance.

Un confronto continuo è stato realizzato con la Città di Torino, che ha lavorato in modo assiduo nell’ultimo anno per formulare il Piano di Adattamento della Città, in modo da garantire il raccordo tra i diversi livelli di governo del territorio.

Arpa Piemonte ha fornito un assessment climatico che riguarda l’analisi dei dati passati con la valutazione di indicatori specifici per capire l’influenza locale del riscaldamento globale sulla regione Piemonte, e un rapporto che, utilizzando la modellistica climatica più avanzata disponibile oggi, stima l’entità del cambiamento atteso sulla regione in funzione degli scenari emissivi globali, mettendo in luce le principali criticità.

Arpa Piemonte ha pubblicato il Portale sul Clima in Piemonte, che contiene più di 350 indicatori relativi agli andamenti climatici del passato e agli scenari; questo strumento si propone di diventare il riferimento informativo sullo stato delle conoscenze sul clima della nostra regione, offrendo la possibilità di consultare e interrogare i dati attraverso un’interfaccia di semplice utilizzo.

Sulla base di queste attività è stato approvato, con D.G.R. del 27 novembre 2020, n. 66-2411 il Documento di Indirizzo "Verso la Strategia regionale sul Cambiamento Climatico - finalità, obiettivi e struttura" che intende fornire i primi indirizzi per la stesura della Strategia Regionale sul Cambiamento Climatico (SRCC) a partire da quanto emerge dal quadro regolamentare internazionale, nazionale e locale, dai trend climatici attuali del Piemonte e dai relativi scenari. In particolare, il Documento descrive l’articolazione in cui dovrà essere strutturata la SRCC, che costituisce un tassello e nello stesso tempo si alimenterà dalla Strategia per lo Sviluppo Sostenibile e sancirà in modo inequivocabile l’impegno del Piemonte nel contrasto al cambiamento climatico, con l’obiettivo di raggiungere la neutralità climatica al 2050 come indicato dalla Commissione Europea. Il primo stralcio della Strategia regionale sul Cambiamento Climatico (SRCC) è stato approvato il 18 febbraio 2022 con Deliberazione della Giunta Regionale.

IL CLIMA A LIVELLO GLOBALE

Le concentrazioni di gas a effetto serra sono cresciute a partire dall’era preindustriale raggiungendo livelli che non hanno precedenti nella storia dell’umanità. La concentrazione di anidride carbonica, metano e protossido di azoto è aumentata dal 1750 ad oggi rispettivamente del 47%, 156% e 23%, raggiungendo i valori più elevati degli ultimi 800.000 anni (https://report.ipcc.ch/ar6syr/pdf/IPCC_AR6_SYR_LongerReport.pdf).

Le concentrazioni di anidride carbonica in atmosfera, che sono ormai costantemente al di sopra dei 400 ppm dal novembre del 2015, hanno raggiunto la media annuale di 419 ppm nel 2022. Il tasso di crescita delle emissioni nel 2022 è stato di 1.82 ppm, nel 2021 è stato di +2.7 ppm, mentre nel 2020 era stato lievemente rallentato, passando dai +2.48 ppm nel 2019 ai +2.31 ppm del 2020. Queste variazioni non modificano il tasso di crescita medio, che è incrementato di circa il 30% negli ultimi 60 anni e del 50% rispetto al periodo preindustriale.

Le emissioni di gas serra continuano ad aumentare a livello globale: la pandemia di COVID-19 ha portato a un calo senza precedenti del 5.4% delle emissioni di CO2 nel 2020, con un calo più contenuto delle emissioni totali di GHG. Dal 1850 al 2020, le emissioni cumulative di CO2 fossile sono state di 455 ± 25 GtC. In questo periodo, il 46% delle emissioni di CO2 fossile proveniva dal carbone, il 35% dal petrolio, il 14% da quelle naturali. A livello globale, si stima che le emissioni globali di CO2 fossile aumenteranno dell’1% nel 2022 fino a 10 GtC (36.6 GtCO2), tornando vicino ai livelli di emissione del 2019 di 9.9 GtC (36.3 GtCO2). L'aumento globale delle emissioni nel 2022 per tipo di combustibili fossili è del +1% per carbone, +2.2% per il petrolio e -0.2% per il gas naturale (dati da Global Carbon Budget, 2022).

A livello complessivo, si stima che dal 1850 al 2020 le emissioni complessive di CO2 siano state pari a 2420 +/- 240 GtCO2, pari a 660 +/- 65 GtC - miliardi di tonnellate di carbonio rilasciati in atmosfera. Nel 2020 le emissioni totali di CO2 antropogenica da combustibili fossili più il cambiamento nell'uso del suolo sono state pari a 10.2 ± 0.8 GtC (37.2 ± 2.9 GtCO2), nel 2021 hanno raggiunto i 10.9± 0.9 GtC (40.0±3.3 GtCO2) mentre per il 2022 si prevede che le emissioni globali di CO2 antropiche da cambiamenti nell'uso del suolo e dei fossili saranno di circa 11.1 GtC (40.5 GtCO2).

Sulla base del tasso di incremento annuo delle emissioni di gas serra e l’incremento di temperatura, è possibile stimare quello che viene detto Carbon Budget, cioè quanto è possibile ancora emettere per limitare l’incremento di temperatura media globale al 2100. Dall’inizio del 2020, il carbon budget rimanente per limitare l’incremento di temperatura a 2°C con il 66% di probabilità è pari a 985 Gt CO2. Questo si riduce a 395 (235) Gt CO2 se il limite di incremento del riscaldamento è di 1.5°C, con una probabilità del 50% (o del 66%). C’è molta incertezza relativamente a questi dati, importante è comunque notare che nessuna stima autorevole si espone a dare una probabilità del 90% e che, il carbon budget disponibile, al tasso di emissione del 2019, tenderà ad esaurirsi nei prossimi 10-12 anni.

Nel 2022 si è avuto un incremento delle emissioni di gas serra a livello nazionale dello 0.9% rispetto al 2021 a fronte di un incremento del PIL pari a 2.6%.
Nel il 2021 in Italia, come conseguenza della ripresa delle attività economiche, si era verificato un incremento delle emissioni di gas serra a livello nazionale; infatti, le emissioni in Italia erano aumentate del 4.8% rispetto al 2020 a fronte di un incremento del PIL pari al 6.1%; rispetto al 2019, le emissioni di gas serra del 2020 erano diminuite del 4.2%.
Per la produzione di energia elettrica nel 2022 è stata registrata, rispetto al 2021, una lieve crescita della domanda di energia elettrica pari all’1.3%, in particolare si registra un aumento della produzione eolica (7.5%) e della produzione solare (9.8%) e una forte riduzione della produzione idroelettrica (-37.6%).
Per quanto riguarda i trasporti i consumi di benzina, gasolio, e GPL sono aumentati rispettivamente del 9.5%, 4.0% e 7.3% rispetto all’anno precedente. I consumi di gas per il riscaldamento domestico e commerciale sono diminuiti del 4.1% nel 2022 rispetto al 2021.
La produzione industriale è aumentata dell’1.2% in confronto al 2021.
Per le emissioni dall’agricoltura e della gestione dei rifiuti, nel 2022 non sono previsti scostamenti rilevanti rispetto all’anno passato.
La temperatura media globale nel 2022 è stata di 1.2°C al di sopra della temperatura media dal 1850 al 1900, un periodo spesso utilizzato come riferimento preindustriale per gli obiettivi di temperatura globale. Se si considera il periodo 1991–2020 l’anomalia annua è stata di 0.3°C.

Il 2022 è risultato il quinto anno più caldo dal 1850, tuttavia, il 4° e l’8° anno più caldo sono molto vicini tra loro; gli ultimi 8 anni sono stati gli 8 più caldi mai registrati. Le condizioni di La Niña sono persistite per gran parte dell’anno, per il terzo anno consecutivo.
Si stima che se il riscaldamento continua con lo stesso tasso di crescita che ha registrato negli ultimi 20 anni, è probabile che l’incremento di 1.5°C della temperatura media globale si verifichi tra il 2030 e la prima metà del secolo, in funzione degli sforzi che saranno applicati per ridurre le emissioni. Se questi saranno stringenti proprio nella fase iniziale, ossia nei prossimi dieci anni, sarà possibile dimezzare il contributo antropico al riscaldamento globale nel periodo 2020-2040. Viceversa, anche il tempo a disposizione per un adattamento efficace non sarà sufficiente, in particolare per gli elementi più vulnerabili.

La temperatura superficiale dell’oceano è aumentata di 0.7°C rispetto alla media 1850-2020 con un tasso di incremento importante negli ultimi anni (+0.63°C nel 2021, con un tasso nel periodo 2000-2021 di 0.17°C per decade). Nel 2022 la temperatura superficiale dell’oceano è stata la sesta più calda. Il Mar Mediterraneo mostra un trend in aumento dal 1982 ad oggi di 0.3°C ogni 10 anni, con un incremento complessivo dal 1982 al 2021 di 1.2°C (https://www.ncei.noaa.gov/access/monitoring/monthly-report/global/202213).

Il livello globale medio del mare dal 1900 è cresciuto di circa 20 cm e, nel periodo 1993-2022, attraverso le misure da satellite, si stima che l’incremento sia di circa 3.3 mm/anno. Lungo le coste europee l’innalzamento è di circa 2-3mm/anno ad eccezione della zona del Baltico, dove è superiore ai 3mm.

Anche la criosfera mostra in modo drammatico gli effetti del riscaldamento globale: l’estensione e il volume dei ghiacci si sono ridotti (tra il 2006 e 2015 la Groenlandia ha perso massa glaciale a un tasso di 278 ± 11 Gt/anno, il ghiaccio dell’Antartide a un tasso di 155 Gt/anno, e gli altri ghiacciai complessivamente a un tasso di 220 Gt/anno , equivalente rispettivamente a 0.77 mm/anno, 0.43 mm/anno e 0.61 mm/anno di aumento del livello medio globale del mare), la copertura nevosa nell’emisfero nord è diminuita (la copertura nevosa dell’Artico in giugno è diminuita di circa il 13% ogni 10 anni dal 1967, in altre aree la variazione è diminuito lo spessore, l’estensione e la durata della copertura nevosa, specialmente a quote più basse, con tassi differenti e il permafrost è in sempre maggiore degradazione. Si stima che la temperatura del permafrost dal 1980 ad oggi sia aumentata raggiungendo valori record e dal 2007 al 2016 tale incremento si possa stimare a livello globale in 0.29 °C, considerando le zone polari e le montagne più elevate. Nel 2020 l’estensione dei ghiacci dell’Artico nel mese di settembre è stata la seconda più bassa in assoluto della serie storica e i record di temperatura registrati nella regione Artica (dove nel 2020 sono stati registrati i più grandi incrementi di temperatura, fino a 5 °C rispetto al valore medio 1981-2000, nella regione artica siberiana) hanno determinato la fusione dei ghiacci sia marini sia sulla terra. I ghiacciai della Groenlandia hanno perso nell’estate 2020 circa 152 Gt di ghiaccio, valore inferiore alla media e a quello dell’anno precedente (329 Gt).
Nel 2022, a luglio l'estensione del ghiaccio marino antartico ha raggiunto il suo valore più basso nei 44 anni di dati satellitari monitorati; il valore è il 7% inferiore alla media e ben al di sotto del record di dati precedente; anche l'estensione del ghiaccio marino artico è stata del 4% inferiore alla media, posizionandosi al dodicesimo posto per il mese di luglio nei dati satellitari, ben inferiore rispetto ai valori minimi di luglio registrati tra il 2019 e il 2021 (https://climate.copernicus.eu/sea-ice-cover-july-2022).
Anche i ghiacciai delle Alpi europee nel 2022 hanno registrato uno scioglimento da record. La calotta glaciale della Groenlandia ha perso massa per il 26° anno consecutivo e lì ha piovuto (anziché nevicato) per la prima volta a settembre.

I cambiamenti climatici osservati dal 1950 a oggi, compresi gli eventi estremi, hanno determinato impatti significativi sui sistemi naturali e antropici, dimostrando, da una parte, la loro elevata suscettibilità al clima che cambia e dall’altra, che le azioni per la riduzione della vulnerabilità adottate, ove possibili, sono largamente insufficienti a proteggere persone, beni e capitale naturale.
Il 2022 è stato un anno di estremi climatici e temperature record.

Le regioni polari hanno registrato temperature record durante il 2022. In Antartide a marzo si è verificato un intenso periodo caldo con temperature ben al di sopra della media. Alla stazione Vostok, nell'Antartide orientale, la temperatura ha raggiunto i -17.7 °C, la più calda mai misurata negli ultimi 65 anni. A settembre, le temperature in Groenlandia sono state di 8 °C più alte della media dal 1979.

Nelle regioni tropicali e subtropicali, le temperature estremamente elevate pre-monsoniche in Pakistan e nell'India settentrionale hanno provocato condizioni di ondate di caldo primaverili prolungate e temperature massime e minime da record. La Cina centrale e orientale ha sperimentato condizioni di ondate di calore di lunga durata con conseguente siccità durante l'estate.

A luglio e agosto, il Pakistan ha visto precipitazioni record che hanno portato a inondazioni su larga scala su gran parte del paese causando distruzione diffusa e perdita di vite umane. Anche l'Australia ha registrato temperature al di sotto della media, con condizioni insolitamente umide per gran parte dell'anno, soprattutto nell'est del continente, con diversi episodi di inondazioni diffuse, una situazione tipicamente associata al persistere delle condizioni di La Niña e probabilmente accentuata da suoli saturi.

L'insolito caldo della tarda primavera e dell'estate in Europa, combinato con la mancanza di pioggia, cieli limpidi e terreni asciutti, ha portato condizioni di siccità soprattutto nelle parti meridionali e centrali del continente. Molti paesi hanno segnalato impatti sull'agricoltura, sul trasporto fluviale e sulla gestione dell'energia. Le condizioni estremamente secche hanno anche portato ad un aumento del pericolo di incendio con numerosi incendi nell'Europa sud-occidentale, in particolare Francia e Spagna.

Eventi estremi hanno interessato anche l’Italia e sono stati sono stati il 55% in più rispetto all’anno precedente. Ben 310 fenomeni meteo-idrogeologici che da Nord a Sud hanno causato beni con ben 29 morti.
Quest’anno nel nostro Paese ci sono stati 104 casi di allagamenti e alluvioni da piogge intense, 81 casi di danni da trombe d’aria e raffiche di vento, 29 da grandinate, 28 da siccità prolungata, 18 da mareggiate, 14 eventi con l’interessamento di infrastrutture, 13 esondazioni fluviali, 11 casi di frane causate da piogge intense, 8 casi di temperature estreme in città e 4 eventi con impatti sul patrimonio storico.

Da ricordare il distacco di una grossa porzione dalla calotta sommitale del ghiacciaio della Marmolada il 3 luglio, che ha causato 11 vittime e 8 feriti. Tra il 27 e il 28 luglio in Val Camonica è caduta in poche ore la stessa quantità di pioggia arrivata sulla provincia di Brescia nei sette mesi precedenti. Il 5 agosto forti temporali hanno colpito il Trentino Alto Adige, con precipitazioni eccezionalmente abbondanti che hanno provocato allagamenti e frane in particolare in Val di Fassa. Nello stesso mese a Scilla, in Calabria, il litorale è stato investito da un’imponente massa d’acqua che ha invaso le strade. E il 18 agosto raffiche di vento a oltre 110 km/h hanno colpito la provincia di Massa Carrara e quattro persone sono rimaste ferite in un camping a causa della caduta di alberi.

L’evento alluvionale che ha segnato il 2022 è quello che ha colpito il 15 e 16 settembre le Marche, con 13 morti. Mentre tra fine settembre e inizio ottobre Trapani per tre volte è stata colpita da violenti temporali ed è finita sott’acqua. il 26 novembre, a Ischia sono caduti 126 mm di pioggia in 6 ore provocando una frana a Casamicciola Terme con 12 vittime.

L’Italia nel 2022 è stata colpita da gravi condizioni di siccità, in particolare nei primi sette mesi dell’anno le piogge sono diminuite del 46% rispetto alla media degli ultimi trent’anni. I primi cinque mesi del 2022 sono stati gravemente siccitosi, con un’anomalia che ha fatto registrare il – 44% di piogge. Il livello idrometrico del Po a Ponte della Becca (PV) ha raggiunto i -3 metri.

In autunno è peggiorata la situazione delle regioni del centro, soprattutto in Lazio e in Umbria dove il deficit pluviometrico si è attestato sul 40%.

Tali condizioni hanno impattato gravemente sull’agricoltura e sulla produzione di energia idro-elettrica, causando restrizioni all’uso dell’acqua.

Le proiezioni climatiche continuano a mostrare un incremento della temperatura globale per la fine del XXI che difficilmente riuscirà a restare al di sotto dei 2°C se non si concretizzano urgentemente e, soprattutto si rafforzano gli impegni dei governi nazionali (NDC) e subnazionali per la mitigazione dei gas serra. Il contributo alla riduzione delle emissioni dovuto alle misure di prevenzione connesse alla pandemia da SARS-CoV-2 porteranno a una diminuzione al 2030 di sole 2-4 GtCO2eq, e molto dipenderà dall’applicazione delle politiche climatiche. Se da una parte, la ripresa post-emergenza rappresenta un’occasione unica per una trasformazione dell’economia nella direzione low-carbon, dall’altra la minore attenzione per le tematiche climatiche e la necessità di investimenti a breve termine per favorire l’immediata ripresa economica dei settori più colpiti rischia di non indirizzare i contributi alla mitigazione e resilienza climatica. Nonostante gli impegni annunciati per arrivare alla completa decarbonizzazione al 2050, gli impegni formali NCD non consentono, al momento, di limitare l’aumento della temperatura media globale al di sotto dei 2°C. Considerando le politiche attuali la temperatura globale è stimata aumentare di circa 3.5°C a fine secolo. In questo scenario, nella maggior parte delle regioni continentali, gli estremi caldi saranno più sempre più numerosi e le ondate di calore saranno più frequenti e dureranno più a lungo, con associati periodi siccitosi. Gli eventi estremi di precipitazione aumenteranno, anche in un clima mediamente più secco. La variabilità meteorologica inter-annuale è destinata ad aumentare, ponendoci di fronte ad una situazione che, per essere affrontata, richiede una grande flessibilità e una società decisamente più resiliente dell’attuale. Con tale incremento sono possibili cambiamenti irreversibili delle condizioni climatiche connesse alle grandi circolazioni atmosferiche e oceaniche che potranno modificare in modo permanente molti habitat ed ecosistemi.

IL CLIMA IN PIEMONTE

L’anno 2022 è risultato il più caldo e il secondo meno piovoso dell’intera serie storica dal 1958.
La temperatura media annuale è risultata pari a circa 11.4°C, con un’anomalia positiva di 2.3°C rispetto alla norma del periodo 1971-2000.
La precipitazione cumulata è stata di 611.9 mm, con un deficit pluviometrico di 438.6 mm (pari al 42%) nei confronti della media climatica del trentennio 1971-2000.
La combinazione di alte temperature e di siccità osservate dell’anno 2022 non ha precedenti nel periodo storico preso in considerazione e ridefinisce il concetto di estremo.
Nel 2022 si sono avuti, complessivamente sulla regione, 78 giorni di foehn che risultano superiori alla media annuale del periodo 2000-2020 che è pari a 66.

IL CAMBIAMENTO CLIMATICO IN PIEMONTE - SCENARI FUTURI

Alla base delle simulazioni di quello che sarà il clima futuro attraverso i modelli climatici, in grado di riprodurre la dinamica dell’oceano e dell’atmosfera e di rappresentare in modo più completo possibile tutti i processi di interazione terra-atmosfera, vi sono delle ipotesi sugli scenari emissivi e sulle politiche di riduzione dei gas serra che verranno applicate, così da definire degli “emission pathways” che rappresentano l’andamento delle emissioni e della relativa concentrazione dei gas climalteranti in atmosfera nel corso del XXI secolo e più.

Gli scenari di riferimento sono attualmente quattro (definiti nell’ambito del WP III del Panel Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici IPCC che si occupa della mitigazione) e si differenziano fra loro per il potenziale di perturbazione del bilancio energetico planetario espresso in termini di Forcing Radiativo al 2100 rispetto al periodo pre-idustriale. Si definiscono RCP Representative Concentration Pathways seguiti da un numero che rappresenta il forcing radiativo (in W/m2), ossia l'alterazione del bilancio tra energia entrante e energia uscente nel sistema terra-atmosfera dovuta alla diversa concentrazione dei gas serra in atmosfera, includendo anche i processi di feedback e di interazione.

Gli scenari considerati in questa analisi sono:
  • RCP 8.5, che rappresenta uno scenario a forti emissioni, all’incirca come se il tasso di emissioni fosse come l’attuale, senza azioni di mitigazione
  • RCP 4.5, che rappresenta uno scenario intermedio, dove le emissioni di CO2 raggiungono un massimo per poi stabilizzarsi verso la fine del XXI secolo.
Tutti questi scenari vedono un aumento importante della temperatura globale a fine secolo rispetto ai valori del periodo 1986-2005, pari a 3.7°C (in un range tra 2.6-4.8°C) per RCP8.5 e 1,8°C (in un range tra 1,1-2,6 °C) per RCP4.5. Nessuno dei due scenari è in grado di mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1.5°C.

Per le analisi sul Piemonte sono state utilizzate le simulazioni modellistiche sviluppate dal consorzio EUROCORDEX. Si tratta di modelli realizzati attraverso un downscaling dinamico, ossia utilizzando modelli regionali ad alta risoluzione (11 km) innestati in modelli climatici globali, sui due scenari RCP 4.5 e RCP 8.5. Unitamente a questi, sono state le medesime simulazioni applicate nel Piano Nazionale di Adattamento al Cambiamento Climatico messe a disposizione dal Centro Euromediterraneo sui Cambiamenti Climatici. Si tratta del modello regionale COSMO-CLM (Bucchignani, E., Montesarchio, M., Zollo, A. L., & Mercogliano, P. (2016). High-resolution climate simulations with COSMO-CLM over Italy: performance evaluation and climate projections for the 21st century. International Journal of Climatology,36(2), 735-756) a risoluzione ancora più elevata (circa 8 km), sempre innestato sui due scenari RCP 4.5 e RCP 8.5 a partire da modelli climatici globali.

Arpa e Regione Piemonte hanno elaborato un report sugli scenari futuri che attraverso l’utilizzo dei modelli regionali di ultima generazione disponibili a livello europeo, opportunamente trattati per adeguarli al clima del territorio regionale, consente di tracciare una proiezione di quella che sarà l’evoluzione climatica del Piemonte fino a fine secolo.

Il report è disponibile sul sito della Regione Piemonte.