BIODIVERSITÀ ED ECOSISTEMI
Gli impatti attuali e previsti sulla vegetazione, flora e fauna del territorio piemontese, sono stati messi a fuoco nell’ambito di due Tavoli di Confronto che hanno coinvolto circa 130 esperti e autori di studi e monitoraggi di molteplici enti ed organizzati dalla Regione Piemonte per mettere a fuoco la Strategia Regionale di Adattamento al Cambiamento Climatico.
Biodiversità vegetale
Figura 1
Grafico raffigurante i principali impatti del cambiamento climatico sulla vegetazione e il relativo livello di priorità, sintetizzato graficamente in maniera proporzionale all’estensione della sezione del grafico.
La modifica della distribuzione spaziale interessa popolazioni e specie che sono costrette a trovare nuove condizioni idonee, con tutti i limiti imposti dai loro meccanismi di propagazione nei confronti di barriere geografiche e ambientali, anche di tipo antropico. In particolare, si assiste già ad uno spostamento della distribuzione altitudinale verso quote maggiori di popolazioni di specie vegetali sensibili - direttamente o indirettamente - allo stress termico, già osservato su alcune cime piemontesi come il Rocciamelone, Monte Marzo, Rosa dei Banchi, Blinnenhorn. Parallelamente, il cambiamento climatico causa uno spostamento della distribuzione latitudinale verso latitudini maggiori di popolazioni di specie vegetali e habitat sensibili allo stress termico. Infine, diminuisce l'estensione di alcuni habitat legati alla presenza di acqua o lungamente innevati, talvolta fino a scomparire.
A causa delle diverse condizioni climatiche e dei fenomeni estremi che ne derivano, vi sono delle modifiche nella composizione che interessano la diminuzione di specie stenoterme e l'aumento di specie termofile generaliste. Essendo adattati a condizioni climatiche estreme limitanti, gli ambienti di alta quota sono molto vulnerabili a minime variazioni e all'ingresso di nuove specie. Anche per alcuni ambienti legati alla presenza di acqua, come le torbiere alte attive, si stanno osservando delle modifiche nella composizione specifica: si tratta infatti di aree estremamente sensibili alle variazioni climatiche, essendo strettamente dipendenti dal regime delle precipitazioni e dalle condizioni di umidità del suolo. Il cambiamento climatico sembra giocare un ruolo nevralgico anche per l’attuale incremento delle specie esotiche, per l’aumento e la diversificazione dei parassiti e per la modifica della struttura verticale delle cenosi forestali.
La fenologia registra gli eventi rilevanti dell'andamento riproduttivo e vegetativo delle piante ed è strettamente connessa alle condizioni climatiche. Le temperature medie più alte portano già oggi, sul territorio regionale, ad un aumento della durata del periodo vegetativo e a un’anticipazione delle fasi fenologiche. L'aumento della durata del periodo vegetativo comporta, tuttavia, una maggiore suscettibilità alle gelate anticipate o tardive.
Dal punto di vista fisiologico, sono molteplici gli impatti sulla vegetazione. In primis, la capacità fotosintetica subisce modifiche a causa delle temperature elevate e delle siccità prolungate dovute ai cambiamenti climatici, che possono portare ad una diminuzione dell'efficienza fotosintetica, alla chiusura degli stomi, e alla conseguente riduzione dell'assorbimento di carbonio. Al contrario, alcuni studi evidenziano un possibile effetto di fertilizzazione. Il cambiamento climatico crea, inoltre, modifiche a carico dei semi e delle germinazioni in natura, con effetti sulle capacità riproduttive delle specie.
Tra i principali servizi ecosistemici della vegetazione alterabili dal cambiamento climatico sono stati individuati: il mantenimento del ciclo vitale e la protezione degli habitat e del pool genico, l’impollinazione, la produzione di mieli e polline, la produttività dell’attività pastorale, la stabilità meccanica del suolo, la formazione e composizione del suolo, lo stoccaggio di carbonio e la bio-protezione dei beni culturali.
Il cambiamento climatico porta, infine, ad alcuni maladattamenti antropici in diversi settori impattanti per la biodiversità vegetale. Ad esempio, l’incentivo della produzione di energia idroelettrica aumenta la probabilità di danni alla vegetazione legati alle sommersioni e ai disseccamenti di formazioni naturali. A causa del cambiamento climatico, in ambiente montano è e sarà necessario inoltre incrementare i bacini d'acqua, che rischiano tuttavia di creare danni alla vegetazione compromettendo l’integrità degli habitat umidi alpini. Aumentano parallelamente anche i prelievi di acqua per l’agricoltura, che rappresentano una forte pressione per le zone umide e la vegetazione ripariale. La biodiversità vegetale naturale viene anche impattata anche da nuove scelte colturali insostenibili, come nuove colture di nocciolo (Corylus avellana) in zone non idonee.
Biodiversità animale
Per i Mammiferi i principali impatti sono le modifiche di areali soprattutto altitudinali con evidenze per alcune specie, ad esempio, di ungulati e micromammiferi, ma anche una risalita verso l’alto di specie invasive (la nutria, lo scoiattolo grigio, il silvilago...). Le variazioni fenologiche riguardano per molte specie l’entrata e l’uscita dal letargo: è il caso, ad esempio, di alcuni chirotteri e della marmotta. Per altre specie riguardano, invece, i periodi riproduttivi che possono portare a desincronizzazioni (mismatch) come osservato nel Parco Nazionale del Gran Paradiso tra il periodo delle nascite degli stambecchi e il rinverdimento delle praterie alpine.
Importantissimi sono poi gli impatti riguardanti i servizi ecosistemici forniti dagli Invertebrati terrestri, in particolare l’attività di impollinazione. La diminuzione o addirittura l’assenza di produzioni nettarifere e pollinifere sta alla base anche della riduzione della produzione media annua di mieleassociata (osservabile in Piemonte soprattutto sull’acacia) e ad una perdita di tipologie tipiche. Per molteplici invertebrati terrestri, emerge poi una forte tendenza all’espansione nella distribuzione verso quote e latitudini maggiori: è il caso di alcune specie di farfalle, carabidi, ortotteri ma anche delle zecche. Parallelamente, si osserva un aumento dell’abbondanza di specie termofile, mediterranee e mediamente vagili. Per le specie invertebrate più legate alle alte quote si osserva poi una riduzione nella distribuzione e nell’abbondanza, arrivando talvolta ad estinguersi localmente; un trend simile è inoltre osservabile anche per le specie legate alle aree umide, sia planiziali che di quota. Alterazioni importanti sono osservate, infine, anche per gli ambienti sotterranei e le grotte.
A livello di singole specie, ci sono casi già documentati di selezione verso alcune dimensioni e forme che sembrano correlate proprio con il clima, sia in aracnidi (come in Vesubia jugorum), che in apoidei e coleotteri. Diversi sono poi i casi più o meno documentati di sfasamenti fenologici sia con le piante nutrici sia con parassitoidi naturali. Tra la Maculinea alcon e la Gentiana pneumonante, ad esempio, è stato misurato un mismatch di 3 - 5 giorni tra le date di fioritura medie e il picco del periodo di volo: un risultato importante, se si tiene conto che la vita media di una M. alcon è di circa 2,5 giorni.
Per l’Ittiofauna – così come per gli Invertebrati acquatici – tra gli impatti maggiori vi sono quelli legati agli eventi estremi oltre all’aumento della temperatura media dell’acqua. La siccità estiva è molto impattante soprattutto se permane per periodi lunghi: lungo il Torrente Pellice, ad esempio, ci sono alcuni tratti che rimangono completamente isolati, interrompendo dunque l’interconnessione tra le popolazioni di specie acquatiche. Anche le piene, con tempi di ritorno molto più brevi del passato e spesso estreme, creano forti problematiche con danni alla riproduzionedi alcuni taxa. Come anche per gli altri gruppi tassonomici si riscontra un aumento delle specie di pesci legate a temperature medie più elevate, anche alloctone, a discapito delle specie autoctone reofile a bassa valenza ecologica. Il riscaldamento globale porta, inoltre, ad un impoverimento dell’ossigeno disciolto, con conseguente estinzione locale di specie adattate alle acque fredde, permettendo invece agli organismi più tolleranti di allargare i loro intervalli di distribuzione.
Per quanto riguarda gli invertebrati acquatici, periodi siccitosi ed eventi alluvionali hanno forti effetti negativi sulla composizione e diversità delle comunità. A causa dell’effetto combinato della riduzione/scomparsa delle portate dei corsi d’acqua e variazione del livello nei laghi, il relativo aumento delle temperature e il conseguente decremento dell’ossigenazione delle acque, si assiste alla scomparsa di alcune specie, in particolare quelle per cui tra due generazioni intercorre più di un anno (spesso a crescita più lenta e di dimensioni maggiori). Parallelamente, aumenta la suscettibilità all’invasione da parte di specie esotiche come il gambero rosso della Louisiana. In alcuni monitoraggi lunghi i corsi d’acqua alpini piemontesi e nel Po, si assiste ad una riduzione della ricchezza tassonomica e della biodiversità, che porta ad un’omogeneizzazione della composizione tassonomica e funzionale delle comunità. Vi sono poi modifiche del comportamento troficodi alcuni taxa di invertebrati acquatici: è, infatti, stata osservata un’alterazione delle abitudini alimentari verso alcune risorse trofiche con una riduzione della disponibilità di biofilm e CPOM (Coarse Particulate Organic Matter) per i macroinvertebrati a causa dell’aumento della frequenza e dell’intensità delle secche.
Figura 2
Pernice bianca
Figura 3
Salamandra lanzai
Tra le principali minacce per gli anfibi, c’è però la frammentazione e la perdita di habitat di aree umide, soprattutto quelle temporanee, fondamentali per lo sviluppo, la riproduzione e la sussistenza di queste specie. La scomparsa anche di poche popolazioni può portare ad un’interruzione dei corridoi ecologici acquatici, nonché ad una riduzione estrema della varietà genetica. Quest’impatto è particolarmente visibile per alcune specie rare alpine, come nel caso della Rana temporaria e della Salamandra lanzai (che si trova inoltre nella condizione di non potersi spostare verso l’alto per seguire le variazioni climatiche, perché non trova più habitat adatti).
Per quanto riguarda infine i Rettili, si tratta di uno dei gruppi impattati in maniera minore dal cambiamento climatico, che anzi per certi versi li favorisce. Sono, tuttavia, soggetti a variazioni di dinamiche delle interazioni tra comunità e in generale ad una variazione dei loro aerali.