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SALUTE 

Impatto dell’inquinamento atmosferico:
i casi evitabili, le misure di salute e le procedure di calcolo

Per stima di impatto si intende in epidemiologia (ambientale) il calcolo dei casi evitabili correlati ad una data esposizione (ambientale) mitigabile o rimuovibile.

 Una prima considerazione è relativa alla mole di dati circa il rischio per l’uomo per i determinanti ambientali: sono ormai condivise le stime di rischio a breve e a lungo termine per l’esposizione agli inquinanti comunemente registrati in atmosfera desumibili da autorevoli revisioni recentemente condotte, quali:
Review of evidence on health aspects of air pollution – REVIHAAP
Review of evidence on health aspects of air pollution – REVIHAAP Project
"Health Risks of Air Pollution in Europe - HRAPIE

Il presupposto per condurre un’analisi di impatto risiede infatti nel poter considerare l’associazione tra determinante ed effetti avversi per la salute di natura causale. Quindi, per calcolare l’impatto è necessario conoscere:

 ·         il livello di esposizione di cui si vuole valutare l’impatto (ad esempio la Concentrazione dell’ inquinante per l’unità statistica/amministrativa in studio);
·         la composizione della popolazione oggetto della indagine (ad esempio il numero di soggetti residenti o, per studi specifici, la distribuzione per genere e per fascia di età);
·         il profilo di salute di tale popolazione al baseline (ad esempio i tassi grezzi di mortalità/morbosità delle patologie per le quali si vuole ottenere il calcolo dei casi attesi);
·         le funzioni di rischio o funzioni concentrazione-risposta (ad esempio Rischi Relativi per gli esiti di cui si vuole valutare la quota evitabile, es Tumore del Polmone per gli effetti a lungo termine);
-         la soglia/e per la quale presuppongo una assenza di effetto (ad esempio è possibile utilizzare valori osservati nella distribuzione dei valori in studio oppure limiti imposti da Direttive, Leggi, al di sopra dei quali presuppongo l’esistenza di rischi per la salute).

La stima può riguardare i casi attesi a breve termine o per esposizioni di lunga durata, considerando quindi anche la latenza delle patologie. Inoltre possono essere esaminate condizioni espositive passate, in atto o prevedibili (scenari) partendo dai dati del presente. I casi di decesso sono spesso definiti come decessi prematuri.
Il confronto di stime provenienti da ricercatori o gruppi di lavoro differenti può essere quindi molto complicato, così come problematica può essere la comprensione di testi elaborati con forti esigenze di brevità e perentorietà (“60.000 morti premature sono dovute all’inquinamento atmosferico in Italia!”).
In ogni caso, a fianco ad ogni stima di questo tipo andrebbe sempre considerata una informazione sia circa le diverse incertezze incontrate nel calcolo, sia circa la incertezza della stima dei casi attesi, facendo riferimento ad esempio ad intervalli di confidenza o di credibilità. È più corretto commentare queste informazioni alla luce di un intervallo atteso o di una percentuale attesa (decessi attesi annui/tutti i decessi) per poter disporre di una quantificazione di minima, piuttosto che affidare la comunicazione a numeri puri.

Attualmente sono disponibili sull’argomento numerosi toolkits in rete (www.who.int/hia/en), dove è possibile reperire manuali, software ed esempi di valutazione di impatto dell’inquinamento atmosferico. Non di meno, molti Enti, Agenzie e Network collaborativi hanno implementato stime di impatto a livello locale, nazionale ed europeo.
Esempi di valutazioni di impatto sulla salute condotte in campo ambientale sugli effetti della qualità dell’aria.

Nel corso del 2015 sono stati diffusi dati derivanti ad esempio da due network differenti: a giugno si e concluso il progetto “Metodi per la Valutazione Integrata dell’Impatto Ambientale e Sanitario dell’inquinamento atmosferico - (Progetto VIIAS)” in Italia, finanziato dal programma del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM) del Ministero della Salute e coordinato dal Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario del Lazio.







A fine 2015 è stato reso disponibile il Report dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA European Environmental     Agency) Air quality in Europe - 2015 che riportava anche i dati sulla Valutazione di Impatto dell'inquinamento atmosferico nei Paesi Europei per gli effetti a lungo termine (sulla mortalità).

Gli impatti per il nostro Paese calcolati dall’Agenzia Europea sono risultati pari a:
- 59.500 decessi/anno valutando il PM2.5
- 3.300  decessi /anno valutando l’O3
- 21.600 decessi /anno valutando l’NO2
 
calcolati tenendo conto di indicazioni dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità (per PM2.5 per l’intero range di valori osservati, per NO2 per valori superiori a 20 μg/m3 ).
La stima è stata condotta considerando in analisi uno per volta gli inquinanti. Dal momento che essi sono correlati tra loro, che quelli qui considerati non sono tutti gli inquinanti aerodispersi e che ciascuno di essi rappresenta un indicatore (proxi) del “vero ultimo killer” di cui siamo in cerca, non è mai corretto sommare i casi attesi per più inquinanti per ottenere una stima complessiva da comunicare, in quanto è probabile che la mortalità attribuibile complessiva sia superiore a quella riferita alle singole esposizioni.

Sul sito Arpa Piemonte è stata presentata una sintesi, con opportune riflessioni, sui metodi di calcolo adottati.

Il Dipartimento di Epidemiologia e Salute Ambientale Arpa Piemonte ha preso parte al progetto VIIAS che ha prodotto stime di impatto a lungo termine per alcuni inquinanti a livello nazionale, di macro regione per singole regioni e province, in termini di decessi attribuibili e di anni di vita persi. Utilizzando dati relativi all’inquinamento atmosferico su tutto il territorio nazionale è stato possibile valutare le mappe delle esposizioni e degli impatti sanitari con un livello di dettaglio provinciale e definire diversi scenari previsionali al 2020, calcolando ipotetici risparmi in termini di casi attesi in relazione a interventi di mitigazione intrapresi.

In sintesi, secondo il progetto VIIAS, l’inquinamento atmosferico è responsabile ogni anno in Italia di circa 30.000 decessi solo per il particolato PM2.5, pari al 7% di tutte le morti (esclusi gli incidenti). Nel dettaglio le stime nazionali di VIIAS (cioè per tutta l’Italia), rispetto un valore di riferimento per il PM2.5 di 10 microgrammi/m3, sono le seguenti:
- 34.552 decessi /anno considerando il PM2.5 (valutando l’anno 2005);
- 2.230 decessi /anno considerando l’O3 (valutando l’anno 2005);
- 23.387 decessi /anno considerando l’NO2 (valutando l’anno 2005).
Prendendo in esame i dati del 2010 si rileverebbe un decremento dei decessi attribuibili sia a particolato PM2.5, sia ad NO2 (rispettivamente 21.524 e 11.993 casi attribuibili). Interessante la elaborazione condotta ipotizzando per il 2020 il rispetto dei limiti di legge: sarebbe possibile evitare in tale situazione circa 11.000 decessi dovuti a PM2.5.

Per approfondimenti:
"Quanto fa male l'inquinamento dell'aria, provincia per provincia"

Tenendo conto di quanto fin qui espresso, l’inquinamento atmosferico si conferma come la prima causa di decessi di origine ambientale in Italia e in Europa. Il Nord Italia e la Pianura Padana in particolare rappresenta una delle aree più critiche a livello europeo. La situazione implica il mantenimento di un costante livello di attenzione, adeguate misure di monitoraggio e sarebbero raccomandabili sistemi di sorveglianza epidemiologica implementabili a basso costo.

Uno degli obiettivi del progetto europeo LIFE MED HISS, di cui Arpa Piemonte è capofila, è quello di produrre stime di impatto basate sui Rischi calcolati per le popolazioni in studio (e non desunti da letteratura). I risultati saranno diffusi nel corso nel 2016, nel mese di Settembre e saranno resi disponibili anche tramite portale Arpa.

Box 
Il programma SPoTT : Sorveglianza sulla salute della popolazione nei pressi del termovalorizzatore di Torino


Nel corso del 2015 sono stati resi pubblici i risultati delle analisi di biomonitoraggio umano condotte nel Programma SPoTT (Linea di Attività 3) ad un anno di distanza dall’avvio del termovalorizzatore. Il terzo report del Programma riporta in dettaglio i risultati del confronto pre-post del biomonioraggio umano condotto su un campione di 380 soggetti, rappresentativo sia della popolazione esposta residente nell’ASL TO3 nei pressi dell’impianto (comuni di Beinasco, Rivalta, Orbassano e Grugliasco), sia della popolazione non esposta, residente nell’ASL TO1, in aree del comune di Torino lontane dall’area di ricaduta delle emissioni, nonché di un piccolo gruppo di allevatori (n=13) residenti nei pressi dell’impianto.
Nel terzo report sono riportati gli esiti del confronto relativo ai metalli urinari prelevati nel giugno-settembre 2014 (tempo T1) rispetto a quelli prelevati nel giugno-luglio 2013 (tempo T0). L’impianto ha avviato la sua attività in modo continuativo dal mese di settembre 2013. Non sono riportati i risultati relativi al confronto degli IPA (idrocarburi Policiclici Aromatici), non essendo pervenuti ancora i risultati di laboratorio di queste sostanze sul prelievo 2014.
Il prelievo nel 2014 (Tempo T1) ha seguito una procedura semplificata, con raccolta a domicilio (nel 2013 il prelievo era stato effettuato in ambulatorio) e con raccomandazione di limitare il consumo di alcuni alimenti nonché di non fumare il mattino del prelievo.
Al prelievo del 2014 ha partecipato il 96% del campione contattato nel 2013 (194 soggetti su 198 (98%) nell’ASL TO3 e 186 soggetti su 196 (94,9%) nell’ASL TO1).
Il valore medio dei metalli urinari ha mostrato una netta diminuzione per la maggior parte dei metalli considerati. La Tabella 1 riepiloga in sintesi il risultato del confronto T1-T0 (2014-2013).

Tabella 1
Sintesi dei risultati del confronto tra gli esposti e i non esposti nei due tempi considerati T1= 2014 ; T0 = 2013

Parametro

 

Mediana al T1

Mediana al-T0

Differenza delle Mediane T1-T0

Mediana delle Differenze T1-T0*

Valore p*

Arsenico

 

esposti

7,7

18,4

-10,70

-6,87

0,41

non esposti

10.8

21,1

-11,02

-6,38

Berillio

 

esposti

0,09

0,17

-0,08

-0,07

0,07

non esposti

0,10

0,15

-0,05

-0,05

Cadmio

 

esposti

0,36

0,66

-0,30

-0,20

0,43

non esposti

0,45

0,74

-0,29

-0,29

Cobalto

 

esposti

0,14

0,16

-0,02

-0,02

0,78

non esposti

0,16

0,19

-0,03

-0,03

Cromo

 

esposti

0,24

0,20

0,04

+0,03

0,55

non esposti

0,16

0,14

0,02

+0,01

Rame

 

esposti

7,4

10,8

-3,40

-2,82

0,37

non esposti

7,7

10,9

-3,20

-2,79

Mercurio

 

esposti

0,90

1,36

-0,46

-0,51

0,53

non esposti

0,94

1,45

-0,51

-0,31

Iridio

esposti

1,11

1,98

-0,87

-0,92

<0,001

non esposti

1,06

1,42

-0,36

-0,24

Manganese

esposti

0,08

0,14

-0,06

-0,04

<0,001

non esposti

0,11

0,11

0,00

+0,01

Nichel

esposti

0,84

0,86

-0,02

-0,07

0,43

non esposti

0,94

0,96

-0,02

-0,02

Palladio

esposti

13,8

24,7

-10,90

-9,56

0,76

non esposti

14,1

23,9

-9,80

-9,58

Platino

esposti

3,3

3,9

-0,60

-0,60

0,004

non esposti

2,9

2,4

0,50

+0,27

Rodio

esposti

12,0

18,4

-6,40

-6,31

<0,001

non esposti

14,4

17,3

-2,90

-2,98

Antimonio

esposti

0,05

0,08

-0,03

-0,03

<0,001

non esposti

0,04

0,06

-0,02

-0,01

Stagno

esposti

0,29

0,57

-0,28

-0,22

0,64

non esposti

0,34

0,71

-0,37

-0,25

Tallio

esposti

0,16

0,24

-0,08

-0,08

0,008

non esposti

0,16

0,31

-0,15

-0,14

Vanadio

esposti

0,02

0,03

-0,01

-0,01

0,39

non esposti

0,02

0,03

-0,01

-0,01

Zinco

esposti

246

378

-132,00

-107

0,88

non esposti

270

408

-138,00

-105

Il modello di studio adottato permette di desumere l’impatto dei metalli emessi dall’impianto attraverso il confronto tra le differenze T1-T0 dei valori mediani tra i due gruppi (esposti e non esposti). Un differenziale minore negli esposti rispetto ai non esposti deporrebbe per un contributo delle emissioni del termovalorizzatore. Tuttavia, per la maggior parte dei metalli, i risultati non mettono in luce differenze significative tra i due gruppi (figura 1).

I risultati depongono complessivamente quindi per la mancanza di influenza dell’impianto sull’assorbimento dei metalli nella popolazione esposta, ad un anno dall’inizio del funzionamento dell’impianto.

Figura 1 - Variazione percentuale delle differenze T1-T0 dei valori dei metalli nella popolazione esposta e non esposta

La spiegazione più plausibile della diminuzione osservata è legata alla contestuale diminuzione generalizzata sia del particolato (PM 2.5) tra i due periodi, sia delle concentrazioni dei metalli sul particolato stesso. La diminuzione del particolato e di componenti correlate, con la conseguente minore massa di metalli inalata, si traduce infatti in una minore concentrazione nell’organismo e una conseguente minore concentrazione nelle urine tramite le quali sono escreti. Tali osservazioni depongono in generale per una quota non trascurabile di assorbimento dei metalli per via inalatoria, maggiore di quanto riportato in letteratura, in cui questa via di assorbimento è stata finora considerata percentualmente meno rilevante di altre vie (per ingestione in primis).

L’analisi di possibili fonti sistematiche di distorsione e di spiegazioni alternative ha condotto ad ipotesi poco verosimili.
I risultati delle analisi sul piccolo gruppo di allevatori sono in linea con quelle ottenute sui residenti.
I risultati sono in linea con i risultati di altri programmi di biomonitoraggio condotti nei dintorni di inceneritori in Spagna, Belgio, Portogallo e in Italia (Emilia-Romagna)

Questi risultati sono da considerarsi solo una prima tappa al fine di verificare la possibile influenza delle emissioni di metalli dell’impianto nella popolazione esposta. Ulteriori valutazioni saranno condotte in occasione della fase successiva di follow-up, programmata a giugno 2016 (fase T2).

IMPATTO SULLA SALUTE DEL RADON

Nel 2014 il Dipartimento tematico di Epidemiologia Ambientale di Arpa Piemonte ha effettuato una valutazione di impatto sulla salute del radon in Piemonte, utilizzando le metodiche accreditate disponibili.
Consulta l'argomento Radon nel tema Aria Fattori
Lo studio Arpa riporta un impatto medio stimato di 285 casi di tumore al polmone attribuibili al radon in Piemonte. La stima, effettuata sui dati 2006-2012, è valida anche per il 2014. Un aggiornamento di tale stima potrà essere effettuato tra 4-5 anni in relazione alla riduzione dell’esposizione a fumo di tabacco nel sesso maschile o in relazione ad interventi di prevenzione sulle abitazioni che comportino una riduzione del rischio per la popolazione residente.
Uno studio analogo era stato fatto per l’Italia (Bochicchio, 2010) e studi analoghi sono disponibili per altri Paesi, tra cui la valutazione di impatto condotta dall’EPA Americano sul radon negli USA. nel 2003 (EPA, 2003), che conferma come il radon sia la seconda causa di tumore al polmone negli USA e responsabile di 20.000 decessi l’anno per tale causa.
Tale stima è in linea con le valutazioni condotte nella nostra regione.
Per l’impatto si rimanda pertanto allo studio del 2014.

Bibliografia

1. Bochicchio F., 2010. Rischio di tumore polmonare attribuibile a radon nelle regioni italiane. Istituto Superiore di Sanità, Roma.

2. EPA, 2003. Office of Radiation and Indoor Air. United States Environmental Protection Agency, Washington, DC 20460.
Assessment of risks from radon in homes.