INTRODUZIONE ACQUA
Da quando nel 2000 l’Unione Europea ha emanato la Direttiva quadro sulle acque, la politica di questa importante risorsa ha subito un profondo cambiamento. Per la prima volta si è adottato un approccio globale per affrontare le tematiche della tutela, dell’utilizzo, della gestione e del rischio, in una visione integrata che tiene conto delle necessità di sviluppo economico, senza tuttavia dimenticare che l’ambiente è un bene in sé che va tutelato.
Questo concetto è espresso nel Piano per la salvaguardia delle risorse idriche europee - A Blueprint to Safeguard Europe’s Water Resources, documento elaborato dalla Commissione europea nel 2012 che rappresenta il punto di riferimento della futura strategia di pianificazione in materia di acqua, da attuarsi nel ciclo di pianificazione di distretto 2016-2021. Nel testo si legge “l’obiettivo a lungo termine per la UE è assicurare la sostenibilità di tutte le attività che hanno un impatto sulle acque, in modo tale da garantire la disponibilità di acqua di qualità per un uso idrico sostenibile ed equo. … È necessario infatti perseguire una crescita eco-compatibile rendendo più efficienti le risorse impiegate, comprese le risorse idriche al fine di superare in maniera sostenibile l’attuale crisi economica e ambientale”.
I nuovi principi sulla corretta gestione dell’acqua infatti superano il mero concetto di distribuzione o trattamento e richiedono criteri che contemplino aspetti qualitativi e quantitativi e il coordinamento con tutte le altre politiche, pianificazioni del territorio e programmazioni economiche collegate a questa risorsa.Il recepimento della Direttiva 2000/60/CE sulle acque in Italia e l’emanazione delle successive norme di attuazione, ha profondamente cambiato l’approccio alla tutela della risorsa. La norma fissa obiettivi di qualità ambientale da raggiungere a livello europeo e indica nel Piano di Gestione Distrettuale lo strumento di attuazione delle disposizioni comunitarie.
La Direttiva prevede l’Analisi delle Pressioni e degli Impatti generati dalle attività antropiche sulle acque superficiali e sotterranee al fine di individuare quelle significative, ossia in grado di influire sul raggiungimento o mantenimento degli obiettivi di qualità ambientali previsti. In base alla valutazione integrata delle Pressioni, degli Impatti e dei dati di Stato, vengono pianificate le attività di monitoraggio e definite le misure di tutela e risanamento.
Il monitoraggio dello stato della risorsa diventa molto più complesso e articolato includendo gli elementi di qualità chimici e chimico-fisici e per le acque superficiali diverse comunità biologiche e gli elementi idromorfologici. Il monitoraggio è articolato in modo specifico in base alle diverse tipologie introdotte dalla Direttiva 2000/60/CE (operativo, sorveglianza, indagine), ognuna delle quali ha specifiche finalità, e le modalità di classificazione dello Stato prevedono l’integrazione di più indici.
La Direttiva quadro prevede un ciclo di sei anni per la pianificazione di distretto: dalla fine del 2012, è iniziato il processo di revisione, che ha condotto, a dicembre 2015 all’approvazione del 2° Piano di Gestione del Distretto Idrografico del fiume Po.
Il rapporto sullo stato delle acque dell’Agenzia europea dell’Ambiente e la valutazione della Commissione europea, sul primo ciclo dei Piani di gestione sviluppati dagli Stati membri nel quadro della direttiva, hanno fatto la previsione che l’obiettivo di buono sarebbe stato raggiunto per poco più della metà (53%) delle acque della UE al 2015. Pertanto l’Unione Europea ha evidenziato che nel sessennio 2015-2021 saranno necessari ulteriori interventi per preservare e migliorare questo bene fondamentale per raggiungere l’obiettivo al 2021 o al più tardi al 2027.
Da quanto detto diventa chiaro come ogni Stato nazionale sia tenuto a fornire relazioni sull’applicazione della Direttiva quadro alla Commissione europea, sulla base dei quali da un lato vengono predisposti nuovi indirizzi generali per i successivi cicli di pianificazione e dall’altro viene richiesto ai singoli distretti di affrontare e risolvere tematiche ritenute ancora aperte.
In questi anni si è lavorato per mettere a punto tutto il complesso sistema tecnico previsto dalla Direttiva, tuttavia è un obiettivo ancora da raggiungere la sua reale ed efficace attuazione sia per una difficoltà culturale a percepire l’ambiente come fulcro intorno al quale far promuovere le attività economiche sia per carenze strutturali e normative per il governo della risorsa.
Con il 2014 si è concluso il secondo ciclo di monitoraggio triennale (2012-2014) come previsto dalla normativa vigente. Nel loro complesso i dati rilevati dal 2009 al 2014 hanno fornito la base conoscitiva per valutare quali interventi intraprendere per raggiungere il buono stato delle acque.
Il 2014 costituisce anche l’anno di inizio del nuovo sessennio di monitoraggio che si concluderà nel 2019, in tempo utile per fornire informazioni per il 3° Piano di Gestione che verrà approvato nel dicembre 2021.
Questo concetto è espresso nel Piano per la salvaguardia delle risorse idriche europee - A Blueprint to Safeguard Europe’s Water Resources, documento elaborato dalla Commissione europea nel 2012 che rappresenta il punto di riferimento della futura strategia di pianificazione in materia di acqua, da attuarsi nel ciclo di pianificazione di distretto 2016-2021. Nel testo si legge “l’obiettivo a lungo termine per la UE è assicurare la sostenibilità di tutte le attività che hanno un impatto sulle acque, in modo tale da garantire la disponibilità di acqua di qualità per un uso idrico sostenibile ed equo. … È necessario infatti perseguire una crescita eco-compatibile rendendo più efficienti le risorse impiegate, comprese le risorse idriche al fine di superare in maniera sostenibile l’attuale crisi economica e ambientale”.
I nuovi principi sulla corretta gestione dell’acqua infatti superano il mero concetto di distribuzione o trattamento e richiedono criteri che contemplino aspetti qualitativi e quantitativi e il coordinamento con tutte le altre politiche, pianificazioni del territorio e programmazioni economiche collegate a questa risorsa.Il recepimento della Direttiva 2000/60/CE sulle acque in Italia e l’emanazione delle successive norme di attuazione, ha profondamente cambiato l’approccio alla tutela della risorsa. La norma fissa obiettivi di qualità ambientale da raggiungere a livello europeo e indica nel Piano di Gestione Distrettuale lo strumento di attuazione delle disposizioni comunitarie.
La Direttiva prevede l’Analisi delle Pressioni e degli Impatti generati dalle attività antropiche sulle acque superficiali e sotterranee al fine di individuare quelle significative, ossia in grado di influire sul raggiungimento o mantenimento degli obiettivi di qualità ambientali previsti. In base alla valutazione integrata delle Pressioni, degli Impatti e dei dati di Stato, vengono pianificate le attività di monitoraggio e definite le misure di tutela e risanamento.
Il monitoraggio dello stato della risorsa diventa molto più complesso e articolato includendo gli elementi di qualità chimici e chimico-fisici e per le acque superficiali diverse comunità biologiche e gli elementi idromorfologici. Il monitoraggio è articolato in modo specifico in base alle diverse tipologie introdotte dalla Direttiva 2000/60/CE (operativo, sorveglianza, indagine), ognuna delle quali ha specifiche finalità, e le modalità di classificazione dello Stato prevedono l’integrazione di più indici.
La Direttiva quadro prevede un ciclo di sei anni per la pianificazione di distretto: dalla fine del 2012, è iniziato il processo di revisione, che ha condotto, a dicembre 2015 all’approvazione del 2° Piano di Gestione del Distretto Idrografico del fiume Po.
Il rapporto sullo stato delle acque dell’Agenzia europea dell’Ambiente e la valutazione della Commissione europea, sul primo ciclo dei Piani di gestione sviluppati dagli Stati membri nel quadro della direttiva, hanno fatto la previsione che l’obiettivo di buono sarebbe stato raggiunto per poco più della metà (53%) delle acque della UE al 2015. Pertanto l’Unione Europea ha evidenziato che nel sessennio 2015-2021 saranno necessari ulteriori interventi per preservare e migliorare questo bene fondamentale per raggiungere l’obiettivo al 2021 o al più tardi al 2027.
Da quanto detto diventa chiaro come ogni Stato nazionale sia tenuto a fornire relazioni sull’applicazione della Direttiva quadro alla Commissione europea, sulla base dei quali da un lato vengono predisposti nuovi indirizzi generali per i successivi cicli di pianificazione e dall’altro viene richiesto ai singoli distretti di affrontare e risolvere tematiche ritenute ancora aperte.
In questi anni si è lavorato per mettere a punto tutto il complesso sistema tecnico previsto dalla Direttiva, tuttavia è un obiettivo ancora da raggiungere la sua reale ed efficace attuazione sia per una difficoltà culturale a percepire l’ambiente come fulcro intorno al quale far promuovere le attività economiche sia per carenze strutturali e normative per il governo della risorsa.
Con il 2014 si è concluso il secondo ciclo di monitoraggio triennale (2012-2014) come previsto dalla normativa vigente. Nel loro complesso i dati rilevati dal 2009 al 2014 hanno fornito la base conoscitiva per valutare quali interventi intraprendere per raggiungere il buono stato delle acque.
Il 2014 costituisce anche l’anno di inizio del nuovo sessennio di monitoraggio che si concluderà nel 2019, in tempo utile per fornire informazioni per il 3° Piano di Gestione che verrà approvato nel dicembre 2021.
QUALITA' DELLE ACQUE SUPERFICIALI
Nel 2014 si è concluso il primo sessennio di monitoraggio sui corsi d’acqua e sui laghi effettuato ai sensi della Direttiva 2000/60/CE e della normativa nazionale di recepimento e di attuazione, suddiviso in 2 cicli triennali di monitoraggio.
Lo stato delle acque superficiali è sintetizzato da due indici calcolati sul triennio di monitoraggio: lo Stato Ecologico e lo Stato Chimico. L’obiettivo previsto dalla normativa è il raggiungimento del Buono Stato Ecologico e Chimico.
Al termine del primo sessennio di monitoraggio, relativamente ai fiumi, emerge come il 55% dei corpi idrici monitorati presenta uno Stato Ecologico Buono o superiore e il 45% Sufficiente o inferiore. Per quanto riguarda lo Stato Chimico il 95% dei corpi idrici risulta Buono.
Relativamente ai laghi, 6 su 13 monitorati presentano uno Stato Ecologico Buono e tutti uno Stato Chimico Buono.
Gli elementi di qualità che maggiormente concorrono nel determinare il declassamento dello Stato Ecologico dei corsi d’acqua sono le comunità biologiche e tra queste prevalentemente i macroinvertebrati e le macrofite. In circa il 20% dei corpi idrici, il declassamento è anche imputabile allo scadimento degli elementi chimico fisici, valutati con l’indice LIMeco, o chimici per il superamento degli SQA per i contaminanti (in prevalenza Pesticidi). Per lo Stato Chimico, lo stato Non Buono è ascrivibile al superamento degli SQA principalmente per metalli quali Cadmio, Nichel, Mercurio e Piombo, alcuni dei quali di probabile origine naturale in alcuni contesti territoriali.
Dalla lettura complessiva dei dati del sessennio emerge come una percentuale pari a circa il 16% dei corpi idrici monitorati in entrambi i trienni non risulta stabilmente assegnata alla classe di Stato, mostrando quindi una variabilità nei due trienni.
La Direttiva 2000/60/CE prevede anche la valutazione degli elementi idromorfologici che viene effettuata attraverso l’applicazione degli indici IQM (indice di qualità morfologica) e IARI (indice di alterazione del regime idrologico) su un sottoinsieme di corpi idrici.
Gli elementi idromorfologici non concorrono insieme agli altri elementi alla classificazione dello Stato Ecologico se non per la conferma dello Stato Ecologico Elevato, ma sono considerati elementi a supporto dell’interpretazione dei dati di monitoraggio e dei risultati dell’analisi delle pressioni.
Nel corso del sessennio 2009-2014 gli elementi idromorfologici sono stati valutati su un sottoinsieme di più di 70 corpi idrici; lo IARI è risultato inferiore al Buono nel 50% dei corpi idrici indagati e l’IQM nel 36%.
Attraverso la revisione dell’Analisi delle Pressioni effettuata nel 2014-2015, applicando la metodologia definita a livello distrettuale, sono state individuate le pressioni antropiche più significative sui corpi idrici, cioè quelle potenzialmente in grado di pregiudicarne il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità. Tra queste risultano più significative le alterazioni morfologiche, in particolar modo relative alle modificazioni della zona ripariale, i prelievi, gli scarichi di acque reflue urbane e l’agricoltura.
Lo stato delle acque superficiali è sintetizzato da due indici calcolati sul triennio di monitoraggio: lo Stato Ecologico e lo Stato Chimico. L’obiettivo previsto dalla normativa è il raggiungimento del Buono Stato Ecologico e Chimico.
Al termine del primo sessennio di monitoraggio, relativamente ai fiumi, emerge come il 55% dei corpi idrici monitorati presenta uno Stato Ecologico Buono o superiore e il 45% Sufficiente o inferiore. Per quanto riguarda lo Stato Chimico il 95% dei corpi idrici risulta Buono.
Relativamente ai laghi, 6 su 13 monitorati presentano uno Stato Ecologico Buono e tutti uno Stato Chimico Buono.
Gli elementi di qualità che maggiormente concorrono nel determinare il declassamento dello Stato Ecologico dei corsi d’acqua sono le comunità biologiche e tra queste prevalentemente i macroinvertebrati e le macrofite. In circa il 20% dei corpi idrici, il declassamento è anche imputabile allo scadimento degli elementi chimico fisici, valutati con l’indice LIMeco, o chimici per il superamento degli SQA per i contaminanti (in prevalenza Pesticidi). Per lo Stato Chimico, lo stato Non Buono è ascrivibile al superamento degli SQA principalmente per metalli quali Cadmio, Nichel, Mercurio e Piombo, alcuni dei quali di probabile origine naturale in alcuni contesti territoriali.
Dalla lettura complessiva dei dati del sessennio emerge come una percentuale pari a circa il 16% dei corpi idrici monitorati in entrambi i trienni non risulta stabilmente assegnata alla classe di Stato, mostrando quindi una variabilità nei due trienni.
La Direttiva 2000/60/CE prevede anche la valutazione degli elementi idromorfologici che viene effettuata attraverso l’applicazione degli indici IQM (indice di qualità morfologica) e IARI (indice di alterazione del regime idrologico) su un sottoinsieme di corpi idrici.
Gli elementi idromorfologici non concorrono insieme agli altri elementi alla classificazione dello Stato Ecologico se non per la conferma dello Stato Ecologico Elevato, ma sono considerati elementi a supporto dell’interpretazione dei dati di monitoraggio e dei risultati dell’analisi delle pressioni.
Nel corso del sessennio 2009-2014 gli elementi idromorfologici sono stati valutati su un sottoinsieme di più di 70 corpi idrici; lo IARI è risultato inferiore al Buono nel 50% dei corpi idrici indagati e l’IQM nel 36%.
Attraverso la revisione dell’Analisi delle Pressioni effettuata nel 2014-2015, applicando la metodologia definita a livello distrettuale, sono state individuate le pressioni antropiche più significative sui corpi idrici, cioè quelle potenzialmente in grado di pregiudicarne il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità. Tra queste risultano più significative le alterazioni morfologiche, in particolar modo relative alle modificazioni della zona ripariale, i prelievi, gli scarichi di acque reflue urbane e l’agricoltura.
QUALITA' DELLE ACQUE SOTTERRANEE
FALDA SUPERFICIALE
La falda superficiale nel 2015 mostra una situazione non dissimile da quanto osservato negli anni precedenti, con 15 GWB in Stato Chimico Scarso e solo 3 in stato Buono, pari al 17%.
Le principali sostanze causa di contaminazione della falda superficiale nel territorio piemontese sono risultate: Nitrati, Pesticidi e VOC (composti organici volatili). Per quanto riguarda i metalli, i più significativi a scala regionale sono risultati Nichel e Cromo (in particolare nella forma esavalente); tuttavia, per una precisa valutazione delle rispettive anomalie, appare fondamentale tenere conto dei valori di fondo naturale (VF).
FALDE PROFONDE
Le falde profonde evidenziano una situazione migliore rispetto alla falda superficiale, anche in funzione del loro ambito di esistenza e circolazione idrica sotterranea, potenzialmente più protetto rispetto al sistema acquifero superficiale. Nel 2015 solo un GWB evidenzia uno stato chimico Scarso mentre gli altri presentano uno stato Buono, pari all'83%.
Le principali sostanze, causa di contaminazione delle falde profonde nel territorio piemontese, sono risultate essenzialmente i VOC (composti organici volatili) e il Cromo nella forma esavalente, mentre gli altri contaminanti (Nitrati, Pesticidi e Nichel) hanno evidenziato anomalie locali e occasionali.
La falda superficiale nel 2015 mostra una situazione non dissimile da quanto osservato negli anni precedenti, con 15 GWB in Stato Chimico Scarso e solo 3 in stato Buono, pari al 17%.
Le principali sostanze causa di contaminazione della falda superficiale nel territorio piemontese sono risultate: Nitrati, Pesticidi e VOC (composti organici volatili). Per quanto riguarda i metalli, i più significativi a scala regionale sono risultati Nichel e Cromo (in particolare nella forma esavalente); tuttavia, per una precisa valutazione delle rispettive anomalie, appare fondamentale tenere conto dei valori di fondo naturale (VF).
FALDE PROFONDE
Le falde profonde evidenziano una situazione migliore rispetto alla falda superficiale, anche in funzione del loro ambito di esistenza e circolazione idrica sotterranea, potenzialmente più protetto rispetto al sistema acquifero superficiale. Nel 2015 solo un GWB evidenzia uno stato chimico Scarso mentre gli altri presentano uno stato Buono, pari all'83%.
Le principali sostanze, causa di contaminazione delle falde profonde nel territorio piemontese, sono risultate essenzialmente i VOC (composti organici volatili) e il Cromo nella forma esavalente, mentre gli altri contaminanti (Nitrati, Pesticidi e Nichel) hanno evidenziato anomalie locali e occasionali.
BALNEAZIONE
I dati analitici relativi agli ultimi quattro anni nelle acque di balneazione piemontesi evidenziano che esse rientrano nelle classi di qualità comprese tra Buona ed Eccellente, soddisfacendo quindi ampiamente e con largo anticipo gli obiettivi della direttiva comunitaria 2006/7/CE, che pone il raggiungimento della qualità almeno Sufficiente entro la fine della stagione 2015.