Da 14 anni, da quando nel 2000 l’Unione Europea ha emanato la Direttiva quadro sulle acque, la politica di questa importante risorsa ha subito un profondo cambiamento. Per la prima volta si è adottato un approccio globale per affrontare le tematiche della tutela, dell’utilizzo, della gestione e del rischio, in una visione integrata che tiene conto delle necessità di sviluppo economico, senza tuttavia dimenticare che l’ambiente è un bene in sé che va tutelato.
Questo concetto è espresso nel Piano per la salvaguardia delle risorse idriche europee - A Blueprint to Safeguard Europe’s Water Resources, documento elaborato dalla Commissione europea nel 2012 che rappresenta il punto di riferimento della futura strategia di pianificazione in materia di acqua, da attuarsi nel ciclo di pianificazione di distretto 2016-2021. Nel testo si legge “l’obiettivo a lungo termine per la UE è assicurare la sostenibilità di tutte le attività che hanno un impatto sulle acque, in modo tale da garantire la disponibilità di acqua di qualità per un uso idrico sostenibile ed equo. … È necessario infatti perseguire una crescita eco-compatibile rendendo più efficienti le risorse impiegate, comprese le risorse idriche al fine di superare in maniera sostenibile l’attuale crisi economica e ambientale”.
I nuovi principi sulla corretta gestione dell’acqua infatti superano il mero concetto di distribuzione o trattamento e richiedono criteri che contemplino aspetti qualitativi e quantitativi e il coordinamento con tutte le altre politiche, pianificazioni del territorio e programmazioni economiche collegate a questa risorsa.
La sintesi operativa di questa strategia è stato lo stabilire un obiettivo, il buono stato delle acque da raggiungere entro il 2015, intendendo nel concetto di “buono” che i corsi d’acqua e i laghi naturali devono essere vitali e sia permessa non solo la sopravvivenza di sporadici individui di specie animali e vegetali, bensì la possibilità di vita di comunità biologiche ampie, diversificate e ben strutturate.
Perché questo non rimanga un’enunciazione di principio, ma diventi il modo di operare concreto sull’acqua a livello pubblico e privato, viene promossa un’analisi di fattibilità economica e ambientale delle misure di tutela finalizzata a stabilire priorità e modalità di finanziamento.
L’applicazione della Direttiva diventa operativa attraverso il Piano di Gestione del Distretto Idrografico, che per il Piemonte è quello del Po.
Obiettivi, misure di azione, orientamenti, modalità di attuazione, stanno perdendo quindi la connotazione locale per acquisire la dimensione del bacino: le politiche vengono integrate tra tutte le Regioni del Po, poiché l’acqua non si ferma ai confini amministrativi.
La Direttiva quadro prevede un ciclo di sei anni, che per il Piemonte parte dal 2009, per la pianificazione di distretto e, dalla fine del 2012 è già iniziato il processo di revisione del Piano di gestione del distretto idrografico del fiume Po. Il rapporto sullo stato delle acque dell’Agenzia europea dell’Ambiente e la valutazione della Commissione europea, sul primo ciclo dei Piani di gestione dei bacini idrografici sviluppati dagli Stati membri nel quadro della Direttiva, concordano nel ritenere che l’obiettivo di buono sarà probabilmente raggiunto per poco più della metà (53%) delle acque della UE. Si può ipotizzare per il Piemonte che l’obiettivo sarà raggiunto da una percentuale maggiore. Pertanto per l’Unione Europea saranno necessari ulteriori interventi per preservare e migliorare questo bene fondamentale.
Ogni Stato nazionale è tenuto a fornire relazioni sull’applicazione della Direttiva quadro alla Commissione europea, sulla base delle quali da un lato vengono predisposti nuovi indirizzi generali per i successivi cicli di pianificazione e dall’altro viene richiesto ai singoli distretti di affrontare e risolvere tematiche ritenute ancora aperte.
In questi anni si è lavorato per mettere a punto tutto il complesso sistema tecnico previsto dalla Direttiva, tuttavia è un obiettivo ancora da raggiungere la sua reale ed efficace attuazione sia per una difficoltà culturale a percepire l’ambiente come fulcro intorno al quale far promuovere le attività economiche sia per carenze strutturali e normative per il governo della risorsa.
Gli aspetti positivi
Gli aspetti negativi