Fattori che influenzano lo stato della risorsa

SPECIE INVASIVE

Le specie non originarie che arrivano sul nostro territorio possono creare enormi danni ambientali sia per la predazione nei confronti delle specie locali sia creando dissesti sul territorio.
Nel 2011 la Commissione Europea, riconoscendo il problema, ha finanziato un vasto studio sulle specie invasive per esaminare le politiche adottate dai 27 stati membri della UE e 4 stati dell’area OCSE (Australia, Canada, Stati Uniti e Nuova Zelanda): era il primo passo di un processo che ha portato, nell’ottobre 2014, all’approvazione da parte del Parlamento e del Consiglio della prima norma generale a livello comunitario sulle specie esotiche invasive, con disposizioni volte a prevenirne e gestirne l’introduzione e la diffusione (Regolamento n° 1143/2014).
Connesso al Regolamento uscirà l’elenco delle specie esotiche invasive di rilevanza europea. Che ogni singolo Stato potrà integrare con le specie di rilevanza nazionale o regionale.

Cos’è una “specie esotica invasiva”?
Il Regolamento UE indica per specie esotica: “qualsiasi esemplare vivo di specie, sottospecie o taxon inferiore di animali, piante, funghi o microrganismi spostato al di fuori del suo areale naturale; sono compresi le parti, i gameti, i semi, le uova o i propaguli di tale specie, nonché gli ibridi, le varietà o le razze che potrebbero sopravvivere e successivamente riprodursi”.
È essenziale notare che, in questa normativa, l’invasività di un specie esotica viene commisurata solo ai suoi effetti negativi sugli ecosistemi. È una piccola rivoluzione copernicana che, almeno in linea di principio, antepone la salvaguardia dell’ambiente agli interessi umani, denotando la consapevolezza ormai diffusa che non vi può essere sviluppo duraturo in un ambiente degradato. 

 Gambero rosso della Louisiana
Il Procambarus clarkii o “gambero rosso della Louisiana” è originario delle aree palustri e fluviali degli Stati Uniti centro-meridionali e del Messico.
A causa della prelibatezza delle carni (se allevato in acque pulite), delle discrete dimensioni, della velocità di accrescimento e della sua prolificità, è stato importato a scopo di allevamento nelle acquacolture di numerosissimi paesi ed è attualmente considerato il gambero di acqua dolce più diffuso al mondo in quanto si conoscono sue popolazioni acclimatatesi praticamente in ogni continente ad eccezione di Australia e Antartide.

In Italia, fu importato alla fine gli anni ‘80 in Toscana e in Piemonte per un tentativo di coltivazione e commercializzazione. Si è poi diffuso, dopo esser sfuggito al controllo degli allevamenti di chi lo aveva importato, in quasi tutta l'Italia centro-settentrionale e in Sardegna.
Grazie alla notevole capacità di adattarsi a svariati tipi di habitat acquatici, spesso anche notevolmente inquinati, e alle caratteristiche ecologiche che gli consentono di colonizzare e proliferare in poco tempo negli ambienti nuovi dove si viene a trovare, il “Gambero rosso della Louisiana”, sfuggito agli allevamenti, ha iniziato ad espandersi nelle aree circostanti.

Questo fatto, all'apparenza poco rilevante, è in realtà estremamente deleterio per gli ambienti acquatici in quanto tale specie è onnivora e molto vorace: la sua diffusione in rogge, torrenti o stagni provoca quindi un notevole danno per l'equilibrio di questi habitat,  a causa della predazione di uova di pesci, di anfibi  e di insetti acquatici, e  delle specie vegetali presenti (alghe, piante acquatiche sommerse),  con gravi rischi per la biodiversità. Il “gambero rosso della Louisiana” è in grado di resistere e respirare fuori dall'acqua per alcune ore e ciò gli consente di frequentare eventuali coltivazioni poste attorno ai corsi d'acqua e ai laghi, danneggiando le colture più sensibili, come il riso e in alcuni casi provocando la distruzione di discrete quantità di raccolto. Questo crostaceo scava anche tane profonde (fino a 1,5-2 m di profondità) e articolate, rischiando di indebolire gli argini di fiumi, torrenti e reti irrigue. Essendo poi originario di zone calde, sopporta sia elevate temperature (fino a 40-50 °C) sia climi più rigidi.

In Italia e in Europa il “gambero rosso della Louisiana” rappresenta poi una gravissima minaccia per i sempre più rari gamberi nostrani (Austropotamobius pallipes italicus o gambero di fiume italiano)  in quanto, oltre a competere meglio dal punto di vista ecologico, può essere portatore sano di alcune  patologie, tra cui la famigerata “peste del gambero”, che non lasciano scampo alle nostre specie autoctone. Queste caratteristiche gli hanno valso il nome di “gambero killer” con il quale è noto nelle regioni centro-settentrionali d'Italia dove la sua espansione è iniziata a partire dagli anni '90.

Per il Piemonte un potenziale rischio è dato dalla espansione verso le zone di produzione risicola
, che ben si prestano a fornire al Gambero rosso della Louisiana un habitat ideale, ma con un conseguente potenziale gravissimo danno all’agricoltura.
Il Servizio Pianificazione e Gestione Rete Ecologica e Aree Protette, Vigilanza Ambientale della Città Metropolitana di Torino, Ente di gestione del SIC-ZPS “Lago di Candia” nel corso del 2014, ha effettuato un campionamento intensivo nel  Lago di Candia mediante catture con nasse, con il coordinamento di un Gruppo di Lavoro istituito dalla Regione Piemonte assieme ad Arpa Piemonte: all’indicatore diretto che ha consentito una  misura della densità di presenza, si è associato il monitoraggio di indicatori indiretti,  quali le fioriture di cianobatteri e la diminuzione drastica delle macrofite sommerse, indagati da Arpa Piemonte.
Data la estrema diffusibilità della specie, si può supporre che analoghi dati ed effetti siano rintracciabili in altre zone lacustri del Piemonte, ad eccezione forse dei laghi in quota, e in alcune zone dei corsi d’acqua e di aree umide. È già stata segnalata recentemente da ARPA Piemonte una probabile proliferazione nel lago di Viverone dove è stato previsto un monitoraggio nel 2015.

Da un punto di vista sanitario, nonostante il Gambero rosso sia specie edibile nei paesi di origine, permangono molti dubbi circa la sua innocuità alimentare in Italia poiché potrebbe vivere in ambienti inquinati tali da renderlo tossico per il consumo umano. La Regione Friuli Venezia Giulia, ad esempio, a seguito del progetto LIFE+ “Rarity”, ne ha vietato il consumo.

La Regione Piemonte ha preparato una pubblicazione per illustrare la problematica e richiedere la segnalazione della sua presenza sul territorio.