risposte
Torna su

DIRETTIVA HABITAT

L'argomento Biodiversità rientra in un obiettivo dell'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile sottoscritta nel settembre 2015 dai Governi dei 193 Paesi dell'ONU.

Obiettivo 15: Proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell'ecosistema terrestre, gestire sostenibilmente le foreste, contrastare la desertificazione, arrestare e far retrocedere il degrado del terreno e fermare le politiche  di diversità biologica.


Approvati Piani di Gestione e Misure di Conservazione sito specifiche

E’ di particolare interesse l’azione che durante tutto il 2016 e il 2017 è stata dedicata dalla Regione Piemonte al tema della tutela della biodiversità.
Con l’approvazione delle “Misure di conservazione per la tutela della Rete natura 2000 del Piemonte” (avvenuta nel 2014 con successive modifiche nel 2016) sono state individuate, integrando le previsioni della normativa e dei rispettivi strumenti di pianificazione, una serie di disposizioni, articolate in buone pratiche, obblighi e divieti di carattere generale, efficaci per mantenere in uno stato di conservazione soddisfacente gli habitat e le specie di interesse comunitario presenti nei Siti di Importanza Comunitaria (SIC), nelle Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e nelle Zone di Protezione Speciale (ZPS). Grazie anche agli indirizzi di tale Misure generali, nel corso del 2016 e l’inizio del 2017 la Regione ha approvato 4 nuovi Piani di gestione e ben 117 Misure sito-specifiche relativi a tali ambiti, che permetteranno, quindi, a fronte del loro recepimento ministeriale l’evoluzione dei SIC piemontesi allo stato di Zone Speciale di Conservazione. Sul sito della Regione sono consultabili tutti i documenti approvati.

LE POLITICHE REGIONALI DI TUTELA DEL TERRITORIO

La Regione Piemonte con la Legge regionale 29 giugno 2009, n. 19 "Testo unico sulla tutela delle aree naturali e della biodiversità" ha riconosciuto l'importanza dell'ambiente naturale in quanto valore universale attuale e per le generazioni future e ha definito le modalità per la conservazione della biodiversità e per la gestione dei territori facenti parte della rete ecologica regionale. In particolare all’art. 2 ha stabilito che la stessa è composta dal sistema delle Aree protette del Piemonte, i siti della Rete Natura 2000, le Zone naturali di salvaguardia, le Aree contigue (che in totale rappresentano il 17,6% del territorio regionale) e i corridoi ecologici, questi ultimi da intendersi come le “… le aree di collegamento funzionale esterne alle aree protette ed alle aree della rete Natura 2000 che, per la loro struttura lineare continua o per il loro ruolo di raccordo, costituiscono elementi essenziali per la migrazione, la distribuzione geografica e lo scambio genetico di specie selvatiche.” (art. 53).
Con la Legge regionale 3 agosto 2015, n° 19 "Riordino del sistema di gestione delle aree protette regionali e nuove norme in materia di Sacri Monti. Modifiche alla legge regionale 29 giugno 2009, n. 19 (Testo unico sulla tutela delle aree naturali e della biodiversità)" il legislatore ha inteso razionalizzare il sistema delle Aree protette intervenendo sulla c.d. governance per una migliore efficienza del sistema gestionale nonché per concorrere al processo di contenimento della spesa pubblica già avviato circa tre anni fa con l’entrata in vigore delle disposizioni del Testo Unico sopra citato. Si assiste pertanto all’accorpamento della gestione di alcune aree naturali protette, procedendo alla contestuale soppressione dei corrispondenti enti strumentali. Organi degli Enti di gestione sono il Presidente, espresso dalla Regione e nominato con decreto del Presidente della Giunta regionale, il Consiglio, i cui membri sono designati dalla Comunità delle aree protette  in modo che sia garantita la rappresentanza delle associazioni ambientaliste individuate ai sensi dell’articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349 e delle associazioni agricole nazionali più rappresentative, e nominati con decreto del Presidente della Giunta regionale e infine la Comunità delle aree protette.
Di significativa portata è la modifica all’art. 41 della l.r. 19/2009 ad opera della l.r. 19/2015, nella parte in cui prevede lo snellimento delle procedure di affidamento della gestione delle aree della rete Natura 2000 prevedendo che, laddove le aree della rete Natura 2000 siano coincidenti, in tutto o in parte, con i territori di aree protette regionali, la gestione di queste venga affidata agli enti che già gestiscono le aree protette medesime; è stato invece lasciato in capo alla Regione il compito di decidere, qualora non vi sia coincidenza territoriale, il soggetto più appropriato a cui delegare la gestione.

LE VALUTAZIONI DI INCIDENZA E LE MISURE DI CONSERVAZIONE DELLA RETE NATURA 2000

Nell’ambito della costituzione della Rete natura 2000 la Commissione Europea, durante l'analisi dei siti proposti dagli Stati membri, può individuare, per ogni regione biogeografica*, habitat o specie non sufficientemente coperti dalla rete Natura 2000 di alcuni paesi o che necessitano di ulteriori indagini; avvia quindi una consultazione con lo Stato interessato, che è chiamato ad adottare le misure adeguate a colmare la lacuna individuata.

Le riserve possono essere di due tipi:

  • habitat o specie non sufficientemente coperti dalla rete, per i quali è necessaria la designazione di altri siti;
  • habitat o specie per i quali non è certo se sia necessaria la designazione di altri siti. In questa categoria rientrano gli habitat e specie con riserva scientifica, ovvero che richiedono ulteriori approfondimenti.
 
L’Italia è il Paese che ha apportato negli anni il maggior numero di modifiche ai Siti Natura 2000, sia per quanto riguarda i Formulari Standard che le cartografie. Se da un lato questo dimostra l’impegno messo in campo per migliorate la qualità della rete, dall’altro è indice di un grave ritardo nel consolidamento di dati certi e scientificamente validi, considerando che la Direttiva Habitat è entrata in vigore oltre 20 anni fa. 
Nell’ottobre del 2015 la Commissione Europea ha convocato un Seminario Biogeografico bilaterale con l’Italia, durante il quale sono state analizzate le distribuzioni di Habitat e specie che, in base alle valutazioni della Commissione, risultavano insufficientemente rappresentate all’interno dei SIC. Per quanto riguarda il Piemonte sono stati chiesti chiarimenti relativi alla presenza e alla distribuzione di alcuni habitat e alcune specie, tra cui risultano di particolare interesse due farfalle a rischio di estinzione, poiché oggetto di collezionismo (Euphydryas maturna e Phengaris teleius).
In tal senso il Settore Biodiversità e Aree naturali protette ha lavorato per fornire tutti gli elementi utili per un puntuale riscontro sulla documentazione elaborata dalla CE. Un certo numero di riserve sono state chiarite attraverso la trasmissione di dati scientifici relativi a verifiche puntuali sul territorio. Rispetto alle riserve che ancora non sono state risolte, è stato predisposto un programma di attività che vede gli uffici impegnati negli approfondimenti scientifici, nella strutturazione di ulteriori dati e nell’individuazione di nuovi Siti.

* L'Unione Europea è suddivisa in 9 regioni biogeografiche - Atlantica, Continentale, Alpina, Mediterranea, Boreale, Macaronesica, Pannonica, Steppica e regione del Mar Nero - ambiti territoriali con caratteristiche ecologiche omogenee. L'efficacia della rete Natura 2000 per la conservazione di habitat e specie viene valutata a livello biogeografico, indipendentemente dai confini politico-amministrativi; anche le Liste dei Siti di Importanza Comunitaria vengono adottate per regione biogeografica.. Il territorio italiano è interessato dalle regioni Alpina, Continentale e Mediterranea.

La normativa regionale è in costante aggiornamento: per rimanere sempre informati visita la pagina del sito web della Regione Piemonte.

Studio di fattibilità per la definizione della Rete Ecologica in Provincia di Novara

La Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile si è posta l’obiettivo di ridurre dal 50% al 30% le specie animali e vegetali minacciate, arrestando la perdita di biodiversità, garantendo una gestione sostenibile delle risorse naturali e creando una comunità con territori resilienti.
Anche al fine di raggiungere questo obiettivo, la Regione Piemonte ha preso parte al progetto Novara in Rete, assieme a Lipu (capofila), Provincia di Novara, Arpa Piemonte e Università di Pavia. Obiettivo: consolidare e approfondire le conoscenze utili a definire la Rete Ecologica della Provincia di Novara.
Il progetto è stato finanziato dalla fondazione Cariplo, nell'ambito del bando "Area Ambiente - Piano d'azione: Promuovere la sostenibilità ambientale a livello locale".

La ricerca, finalizzata all'individuazione delle Aree prioritarie per la conservazione della biodiversità nella Provincia di Novara, si è basata sull'ottenimento delle informazioni dirette da parte dei maggiori esperti presenti sul territorio.
Ecco qualche numero del progetto: quasi tre anni di lavoro; 270 mila Euro di budget; 26 esperti che hanno partecipato ai gruppi di lavoro; 21 aree sorgenti di biodiversità; 1.174 immagini utili per attestare 847 passaggi faunistici.

Perché la Provincia di Novara? I processi di degrado si possono arrestare solamente con il miglioramento della funzionalità delle connessioni ecologiche e con la protezione dei collegamenti naturali tra l'area prealpina e la pianura. La Provincia di Novara presenta caratteristiche che la rendono particolarmente interessante per il dualismo innato di quel territorio: lungo il Ticino e il Lago Maggiore ci sono centri urbani di medie dimensioni che la rendono simile alla zona pedemontana lombarda, mentre la parte sud è immersa in un contesto agricolo che la proietta verso la Pianura Padana.
Dato che la varietà del paesaggio è uno degli ingredienti principali della biodiversità, è facile comprendere come questa porzione di territorio si presti perfettamente a un progetto che connette contesti naturali e socioeconomici differenti, che tuttavia possono essere complementari.
La metodologia adottata, volta a identificare e cartografare le aree più importanti per la conservazione della biodiversità, è stata sviluppata precedentemente in Lombardia, Veneto, nei Carpazi e in altre aree del mondo e si può riassumere in questi sei punti:
  1. Identificazione delle aree sorgenti di biodiversità applicando il metodo espert based già utilizzato in Regione Lombardia (Bogliani et al, 2007)
  2. Applicazione a scala provinciale della metodologia regionale di riferimento per l'individuazione degli elementi della rete ecologica regionale (metodologia elaborata da Regione Piemonte e Arpa Piemonte e approvata dalla Giunta Regionale con la DGR n. 52 – 1979 del 31 luglio 2015 “Legge regionale del 29 giugno 2009, n. 19 "Testo unico sulla tutela delle aree naturali e della biodiversità". Approvazione della metodologia tecnico-scientifica di riferimento per l'individuazione degli elementi della rete ecologica regionale e la sua implementazione.”)
  3. Conseguente individuazione delle situazioni di maggiore criticità (es. restringimenti, previsioni in contrasto, infrastrutture impattanti) e delle maggiori criticità della matrice diffusa e delle aree sorgenti
  4. Analisi della rete ecologica attualmente identificata dal PTP a partire dalle componenti faunistiche e vegetazionali in base a quanto emerso dai precedenti approfondimenti
  5. Monitoraggio delle componenti faunistiche e vegetazionali di maggior rilievo
  6. Studio di fattibilità per gli interventi di deframmentazione del territorio in presenza di infrastrutture viarie o insediative su varchi critici
Gli ecosistemi non conoscono confini amministrativi e politici, dunque è necessario dotare le amministrazioni locali di strumenti conoscitivi utili a integrare e uniformare le politiche di pianificazione territoriale. La frammentazione del territorio e la distruzione degli habitat sono infatti la causa principale della perdita di biodiversità.
Il concetto di rete ecologica non nasce con questo lavoro: esso è già presente nell'ambito della pianificazione territoriale e paesaggistica a livello comunale, provinciale e regionale. Eppure, i diversi livelli politici e amministrativi non sempre creano strumenti di regolamentazione integrabili tra loro, a causa di scale di dettaglio non sempre uniformi, ma soprattutto per l'assenza di un approccio metodologico univoco.

Per ulteriori informazioni è possibile visitare l'apposita pagina del sito della Regione Piemonte, da cui è possibile scaricare tutti gli allegati progettuali.
La metodologia completa è presente come allegato alla suddetta DGR e sul sito dell'Arpa Piemonte.

Le specie invasive

Negli ultimi anni la Regione Piemonte ha istituito (con Determinazione DB0701 n. 448 del 25 maggio 2012) un Gruppo di Lavoro Regionale al fine di creare uno spazio di confronto tra i diversi Enti che si occupano in Piemonte di specie vegetali esotiche invasive e delle problematiche tecniche e gestionali determinate dalla loro presenza in ambito agricolo, sanitario e di conservazione della biodiversità.
Uno dei primi risultati raggiunti dal Gruppo di Lavoro è stata la redazione di elenchi di specie esotiche invasive (Black list) che determinano o che possono determinare particolari criticità sul territorio piemontese e per le quali è necessaria l’applicazione di
misure di prevenzione/gestione/lotta e contenimento. Questi elenchi sono stati recentemente aggiornati con la DGR  23–2975 del 29/2/2016.
Con la medesima DGR si è deciso inoltre di approvare, come metodologie di riferimento regionale per tutti gli interventi di contrasto alle specie esotiche vegetali sul territorio piemontese, le misure di prevenzione/gestione/lotta e contenimento riportate nelle schede monografiche redatte dal Gruppo di Lavoro.
Le schede monografiche e tutta una serie di altre informazioni sulle specie esotiche vegetali sono consultabili sulla pagina web del Gruppo di Lavoro Regionale.
Per ulteriori informazioni in merito alle specie invasive, visita le pagine dedicate della matrice Acqua - Fattori e Territorio - Fattori.

Sperimentazione in Piemonte di misure previste dalle linee guida per l’attuazione del PAN per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari in Siti Natura 2000

Numerosi studi effettuati a livello internazionale mettono in evidenza gli effetti negativi su specie selvatiche derivanti dall’utilizzo di prodotti fitosanitari nonché la necessità di individuare modalità di trattamento fitosanitario compatibile con la conservazione della biodiversità.

Con la redazione delle misure delle Linee guida per l’attuazione del PAN, finalizzate alla tutela della biodiversità (DM del 10/3/2015 pubblicate su GU n. 71 del 26/3/2015) sono state individuate una serie di misure nonché i relativi criteri di scelta, per le Regioni che, per quanto riguarda le aree protette e i Siti Natura 2000 (A.5.8 del PAN), riguardano:

  1. Sostituzione/limitazione/eliminazione dei prodotti fitosanitari (Misura n. 13)
  2. Pratiche agronomiche che prevedono l’adozione dei metodi propri dell’agricoltura biologica o compatibili con la conservazione della biodiversità e il miglioramento ambientale per favorire il mantenimento delle reti ecologiche e della qualità degli agro ecosistemi, per il sostegno alle produzioni agricole di qualità (Misura n. 16).
  3. Attuazione di azioni di marketing finalizzate alla promozione di prodotti realizzati in determinati ambiti territoriali nel rispetto di disciplinari di produzione (Misura n. 18)

In base ad una Convenzione ISPRA – MATTM, ARPA Piemonte è stata incaricata nel 2015 assieme all’Università di Torino (Dip. DBIOS e DISAFA), di effettuare un’indagine finalizzata a effettuare una prima raccolta di dati finalizzata a rilevare eventuali effetti dei prodotti fitosanitari utilizzati in risaie e vigneti all’interno o prossimi a Siti della Rete Natura 2000 regionale, su specie e habitat naturali tutelati dalle Direttive Habitat e Uccelli e sperimentare l’efficacia delle misure di sostituzione/eliminazione di prodotti fitosanitari definite nelle Linee Guida di cui sopra.

Lo studio ha fornito un importante contribuito alla definizione dei parametri e degli indicatori da considerare, delle metodologie di campionamento e di analisi dei campioni, anche alla luce della necessità di definire una proposta di monitoraggio da sottoporre alle ARPA e alle Regioni per le finalità del PAN.

Per ciascuna tipologia di coltura sono stati selezionati quattro campi, due di sperimentazione dei metodi di difesa delle colture indicati dalle misure delle linee guida e due di controllo, in cui vengono applicati i prodotti fitosanitari generalmente utilizzati per la specifica coltura. Le aree di studio sono state individuate in modo da contenere popolazioni per le quali le variabili estrinseche che influiscono sulla dinamica di popolazione sono attribuibili alle condizioni di sperimentazione nel campo. Gli agricoltori hanno dato la loro disponibilità ad effettuare i campionamenti nelle loro proprietà e a comunicare nel caso delle aziende convenzionali i trattamenti, i prodotti ed i quantitativi utilizzati nonché le pratiche colturali svolte nell’arco della stagione. Per ogni azienda sono stati effettuati campionamenti al tempo zero, come bianco di riferimento, e per almeno tre cicli di trattamento nell’arco di max cinque giorni dall’applicazione dei principi attivi.

Sono stati previste analisi sia chimiche, che ecologiche ed eco tossicologiche. Per quanto riguarda le analisi chimiche sono state effettuate analisi sulle acque circolanti negli appezzamenti coltivati e nell’immediato intorno, nei suoli, sui depositi sulla vegetazione sia coltivata e colturale che di bordo e nel polline prelevato da apiari collocati nelle immediate vicinanze dei siti. La lista dei parametri ricercati ha compreso le sostanze attive di possibile impiego in risaia e vigneto. Su aliquote dei campioni di acque superficiali e di suolo è stata applicata una batteria di saggi biologici costituita da 3 organismi acquatici: Daphnia magna, Vibrio fischeri e un’alga rappresentativi della catena trofica primaria.

Sia in vigneto che in risaia è stata analizzata la flora, redigendo e comparando le liste floristiche di ciascun appezzamento di controllo e sperimentazione estendendo le analisi in caso di presenza di comunità riconducibili agli habitat segnalati per Natura 2000 a distanza dall’appezzamento compatibile con la dispersione dei fitosanitari.

Per la fauna sono state analizzate le comunità di Farfalle e Pipistrelli, sia in vigneto che in risaia, per quest’ultima si sono analizzati anche gli Anfibi e le comunità delle Libellule in fase adulta, che essendo molto sensibili alle alterazioni ambientali risultano utili per la valutazione del livello d’integrità degli habitat acquatici. Per la coltura vigneto è stato effettuato il campionamento della pedofauna per la valutazione dello stato di naturalità del suolo attraverso l’applicazione dell’indicatore QBS-ar basato sulla presenza di più gruppi di artropodi (Isopodi, Acari, Collemboli, Sinfili…) e la valutazione della qualità biologica delle acque tramite l’analisi delle diatomee bentoniche nei piccoli rii collinari.

In generale dall’analisi dei dati emerge un migliore comprensione nelle risaie delle differenze tra stato delle matrici acqua e suolo e della biodiversità nei campi di sperimentazione (non trattati con fitofarmaci) rispetto a quelli di controllo (trattati con fitofarmaci) eccetto laddove, la collocazione vicino ad un corridoio di dispersione/migrazione, ha probabilmente determinato la presenza di un numero di specie e/o di individui maggiori rispetto a quelli rilevati nei campi di sperimentazione.

I risultati dei campionamenti di vegetazione sopracquatica dei fossi irrigui limitrofi alle camere di risaie evidenziano un numero superiore di specie floristiche, di elementi di pregio e di specie perenni (emicriptofite) nei siti dove non vengono effettuati trattamenti rispetto alle risaie convenzionali. Le specie riscontrate nei siti trattati con erbicidi sono quelle tipiche delle flore di sostituzione, con poche specie opportuniste ed annuali, tra cui molte infestanti e di riconosciuta resistenza specifica ai prodotti utilizzati più spesso sugli argini (Gliphosate).


Figura 3
Risaia nella Baraggia di Rovasenda

Nelle risaie convenzionali la ricchezza di specie di Libellule ha subito un crollo nei campi di controllo a seguito del trattamento con un fungicida a base di Triciclazolo, al quale non è corrisposto un analogo crollo nelle risaie di sperimentazione. Allo stesso modo le rane verdi nelle risaie sono state rilevate in quantità (sia di numero di individui che di larve) nettamente superiori nei campi di sperimentazione rispetto a quelli di controllo.

Per le Farfalle diurne vi sono specie che caratterizzano esclusivamente l’ambiente delle risaie a gestione biologica quali Pieris napi, Coenonympha pamphilous e Inachis io. È interessante notare come Lycaena dispar, specie tutelata dalla Direttiva Habitat in forte contrazione nel resto d’Europa e specie chiave dell’ambiente di risaia , contribuiscaa spiegare circa il 7% di tale dissomiglianza.

Per i Chirotteri il 79% dei contati acustici è avvenuto nelle risaie biologiche ma è soprattutto a livello di valutazione dell’attività trofica che si sono avute le differenze più significative con un’attività di caccia molto intensa nelle risaie non trattate, dove sono stati rilevati il 98% dei feeding buzz, evidenziando l’elevato valore trofico che hanno in condizioni non alterate le risaie per i Chirotteri.

Anche i test ecotossicologici dei suoli e delle acque, corredati da analisi chimiche, hanno evidenziato un minor livello di tossicità delle risaie non trattate seppur con alcune eccezioni che richiedono ulteriori approfondimenti anche per verificare possibili contaminazioni ambientali degli ambienti di risaia. In una risaia dopo trattamento con erbicida il test eco tossicologico con alga delle acque della camera è risultato tossico. In generale tutti i prodotti fitosanitari utilizzati nelle risaie convenzionali oggetto di studio presentavano frasi di rischio e, in alcuni casi Frasi di precauzione per l’ambiente SPe, che indicano effetti tossici e/o molto tossici per le specie legate all’ambiente acquatico e pertanto non utilizzabili in aree protette e siti Natura 2000, come indicato dalle Linee guida di attuazione del PAN (Misura n. 13).

Figura 4
Orchidea nei filari di una vigna a Loazzolo

I risultati emersi dalle indagini nei vigneti non mettono in evidenza delle chiare differenze fra i vigneti biologici e quelli convenzionali probabilmente a causa della matrice ambientale in cui sono inseriti che influisce sulla presenza di biodiversità nei vigneti considerati. L’area interessata dai monitoraggi dei vigneti appartiene a due aree viticole ben distinte: il Roero (con il SIC “Boschi e rocche del Roero”) complesso collinare a matrice prevalentemente sabbiosa di bassa quota, e l’Alta Langa astigiano-alessandrina ( con il SIC “Langhe di Spigno Monferrato”), caratterizzata da strati alterni di marne e di arenarie, e clima più secco e meno predisponente alle malattie fungine dell’uva e da una marcata eterogeneità e ricchezza di habitat.

In alcuni casi per i vigneti convenzionali, che presentavano nelle immediate adiacenze elementi che costituiscono habitat per le specie (rio, ambienti boschivi, ecc.) gli indicatori dei Lepidotteri e dei Chirotteri, sono risultati migliori mettendo in evidenza un numero superiore di specie rispetto all’analogo biologico. Anche i risultati delle diatomee e della pedofauna hanno fornito risultati speculari e contradditori. Tuttavia nel periodo di campionamento le condizioni climatiche e la piovosità possono aver influito sulla risposta di questi indicatori, pertanto sono necessari approfondimenti per validarne l’efficacia. Solo la valutazione dello stato della flora e della vegetazione, in particolare per il numero di elementi di pregio e di infestanti ed annuali, è risultata essere efficace, mettendo i evidenza una maggiore quantità di specie adattate ai sistemi agricoli, comprese specie resistenti all'uso ripetuto di erbicidi, che tendono ad aumentare in condizioni di forte disturbo e alterazione ambientale. di questo tipo di indicatori.

Nelle acque prossime ai due vigneti convenzionali indagati sono stati evidenziati livelli che superano la soglia di significatività dell’ecotossicità in un caso in concomitanza con i trattamenti obbligatori di insetticida per la lotta alla Flavescenza Dorata, nell’altro nel primo periodo piovoso al termine della stagione dei trattamenti.

Nel 2016 le campagne sono state ripetute dall’Università di Torino e ISPRA in alcuni dei siti presi in considerazione nel 2015, i dati sono in attesa di pubblicazione da parte del Ministero dell’Ambiente e del Territorio.

Figura 5
Vigneto a Loazzolo nel biotopo "Forteto della Luja"

La biodiversità a tavola: il progetto Parchi da Gustare

I territori controllati e protetti come i parchi piemontesi possono essere scrigni di biodiversità anche a tavola. I menu delle aree protette propongono prodotti sani e cucinati secondo la tradizione, nel segno della collaborazione fra ristoratori e produttori di una terra rigogliosa, sia sotto il profilo ambientale che dal punto di vista eno-gastronomico. Il progetto Parchi da Gustare nel cui ambito si è sviluppata l’iniziativa “Il Menu del Parco” ha come obiettivo il riconoscimento dei prodotti dei parchi piemontesi per il loro valore da un punto di vista, ambientale, culturale e ed economico. Per questi motivi, l’iniziativa è un tassello importante per promuovere un’economia sostenibile nelle aree protette del Piemonte, ricche di fascino, natura e cultura.
Il progetto della Regione Piemonte Parchi da gustare, cominciato nel 2015, punta a promuovere un’economia sostenibile basata sui legami virtuosi esistenti tra Enti parco e imprenditori locali. Da questo progetto è nata la pubblicazione omonima “Parchi da gustare” (scaricabile gratuitamente dal sito www.piemonteparchi.it e stampata in edizione limitata), un numero speciale della rivista regionale Piemonte Parchi che ha raccontato un patrimonio di sapori e saperi di ben 34 parchi e segnalato i produttori e i ristoratori che collaborano con le Aree protette piemontesi, per far conoscere l’esperienza di un gusto non omologato, frutto di un faticoso lavoro di tutela e di collaborazione.

Gli obiettivi del progetto si possono riassumete in due punti:

  • rispondere al segmento di domanda turistica, sia italiana sia straniera, che in una vacanza è interessata non solo alla vacanza attiva e al contatto con l’ambiente, ma anche ai prodotti del territorio e alla conoscenza delle tradizioni del luogo. Incentivare lo sviluppo di un turismo basato maggiormente sull’esperienza del territorio come legame destinato a svilupparsi, dall’apprezzamento del paesaggio, all’accezione più ampia, che coniughi la fruizione della natura con la curiosità prima e la conoscenza poi degli aspetti culturali del luogo;
  • lavorare perché le Aree protette costituiscano un volano di sviluppo economico nei territori di loro competenza (in coerenza con quanto indicato nelle premesse dell’Atlante socio economico delle Aree Protette italiane) L’attività si deve svolgere promuovendo innanzitutto la ricerca, la valutazione dei prodotti e delle attività che incentivino la conservazione della biodiversità per poi procedere con una attività continuativa per la valorizzazione delle iniziative economiche che operano in questo ambito. Mettere in rete le attività che oggi alcune Aree protette promuovono nel territorio di propria competenza in  modo di rappresentare un patrimonio di conoscenza per tutte le aree protette nel loro complesso.

Il progetto Parchi da Gustare è stato predisposto al fine di rispondere ai seguenti obiettivi dell’Agenda 2030 della Strategia Nazionale per lo sviluppo Sostenibile
  • buona salute
  • buona occupazione e crescita economica
  • consumo responsabile
  • partnerhip per gli obiettivi

i manuali per le specie e gli habitat di interesse comunitario

L’Italia è particolarmente ricca di biodiversità: la fauna italiana, ad esempio, è stimata in oltre 58.000 specie, di cui circa 55.000 di invertebrati e 1.812 di Protozoi, che insieme rappresentano circa il 98% della ricchezza di specie totale, nonché 1.258 specie di Vertebrati (2%).
Il 19 e 20 ottobre 2016, a Roma, ha avuto luogo la presentazione delle schede di monitoraggio di tutte le specie e gli habitat italiani di interesse comunitario, che rappresentano uno strumento operativo per la redazione del 4° Rapporto per il periodo 2013 – 2018, che è stato reso possibile dal contributo finanziario del Ministero dell’Ambiente. Complessivamente sono state prodotte 489 specie di monitoraggio, relative alle specie animali e vegetali e agli habitat tutelati dalla Direttiva. Tutte le schede sono state elaborate da ISPRA in coordinamento con Ministero dell’Ambiente, Regioni e Province Autonome, e con il supporto dei maggiori esperti, afferenti alle principali Società Scientifiche Nazionali.
Il lavoro è suddiviso in tre manuali tematici: specie vegetali, specie animali e habitat.

SPECIE ANIMALI
Il volume contiene 151 schede, che descrivono sinteticamente tecniche e protocolli di monitoraggio per tutte le 215 specie animali di interesse comunitario presenti in Italia (62 invertebrati, 30 pesci d’acqua dolce, 71 anfibi e rettili e 52 mammiferi). Tutte le schede sono state riviste ed integrate dai tecnici delle Regioni e Province Autonome del Paese, che sono gli enti responsabili del monitoraggio ai sensi della Direttiva Habitat, ed in questo dialogo ISPRA ha anche assicurato un costante contatto con il Ministero dell’Ambiente.


SPECIE VEGETALI

Con 118 schede, il volume descrive tecniche e protocolli di monitoraggio per tutte le specie vegetali italiane di interesse comunitario (107 piante vascolari, 10 briofite, 1 lichene). La conservazione della diversità vegetale è una garanzia di salvaguardia degli equilibri ecosistemici nel futuro e della sopravvivenza di batteri, funghi, animali e dell’uomo. Infatti, le piante stanno alla base del funzionamento degli ecosistemi e, nell’ottica di un continuo cambiamento climatico, geomorfologico e anche di uso del suolo da parte dell’uomo, solo il mantenimento della straordinaria varietà e variabilità delle specie oggi esistenti può rispondere alle sfide future. Questo Manuale costituisce un ulteriore passo avanti, proponendo dati inediti e fornendo una nuova definizione, messa a punto a livello nazionale, di protocolli di monitoraggio dello stato di conservazione delle specie, in accordo con quanto richiesto dalla Direttiva Habitat.


HABITAT

Il volume contiene 124 schede, che descrivono sinteticamente tecniche e protocolli di monitoraggio per tutti i tipi di habitat naturali di interesse comunitario presenti in Italia (21 Habitat costieri e dune, 15 Habitat d’acqua dolce, 16 Arbusteti e macchie, 15 Formazioni erbose, 8 Torbiere e paludi, 10 Habitat rocciosi, 39 Habitat forestali). Il valore aggiunto di questo lavoro sta nella rete di dialogo e collaborazione tra i vari soggetti coinvolti, elemento essenziale affinché le competenze tecnicoscientifiche forniscano un reale supporto alle attività di monitoraggio e tutela delle specie e degli habitat.