Fattori che influenzano lo stato della risorsa
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SPECIE INVASIVE

Il Regolamento UE indica per specie esotica: “qualsiasi esemplare vivo di specie, sottospecie o taxon inferiore di animali, piante, funghi o microrganismi spostato al di fuori del suo areale naturale; sono compresi le parti, i gameti, i semi, le uova o i propaguli di tale specie, nonché gli ibridi, le varietà o le razze che potrebbero sopravvivere e successivamente riprodursi”.
È essenziale notare che, in questa normativa, l’invasività di un specie esotica viene commisurata solo ai suoi effetti negativi sugli ecosistemi. È una piccola rivoluzione copernicana che, almeno in linea di principio, antepone la salvaguardia dell’ambiente agli interessi umani, denotando la consapevolezza ormai diffusa che non vi può essere sviluppo duraturo in un ambiente degradato.
Da sempre l’uomo, nelle sue migrazioni e colonizzazioni, ha favorito involontariamente o volontariamente il trasporto di vegetali e di animali in tutto il Mondo. Bisogna però ricordare che ogni organismo riveste, nel luogo d’origine, un ruolo preciso, in quanto occupa una ben definita nicchia ecologica, in equilibrio con gli altri elementi dell’ambiente; soprattutto è limitato, nel numero, dai rapporti di competizione e di predazione con organismi di specie diverse.
L’introduzione di una specie alloctona in un nuovo ambiente può concludersi con l’insuccesso dell’operazione, in quanto l’organismo non trova le giuste condizioni per nutrirsi e riprodursi, oppure provocarne una eccessiva espansione, per mancanza di predatori o di altri fattori limitanti analoghi a quelli che, nel territorio di origine, ne limitavano la proliferazione. Raramente le specie introdotte si inseriscono in modo armonico nell’ambiente, nella maggior parte dei casi concorrono ad accelerare i processi di degrado ambientale determinando, in caso di naturalizzazione della nuova specie, l’estinzione o la riduzione dell’areale di distribuzione di quelle indigene.

PRESSIONE SPECIE INVASIVE

Per quanto riguarda la pressione specie invasive, l’analisi deve riguardare sia le specie animali che le specie vegetali alloctone e/o invasive acquatiche o ripariali.
Per il Piemonte, sulla base del giudizio esperto, è stata considerata la presenza del pesce siluro e del gambero rosso Procambarus Clarkii.

Figura 1
Acque superficiali. Pressione Specie invasive - anno 2015

Figura 2
Acque superficiali. Percentuale di Corpi Idrici con pressione significativa per Specie invasive - anno 2015

Fonte: Arpa Piemonte

Come si evince dal grafico, per le acque superficiali, la pressione Specie Invasive è una pressione significativa per il 19% dei CI (su un totale di 597 CI su cui è stata fatta l’analisi delle pressioni).

la fauna ittica dei corsi d'acqua

In Piemonte, la presenza di fauna ittica alloctona nei corsi d’acqua, come risulta dal monitoraggio effettuato nel 2009, rappresenta circa il 40% delle specie, dato estremamente elevato che fornisce la misura della situazione di alterazione delle comunità naturali. La presenza e la diffusione dei pesci alloctoni costituisce, quasi certamente infatti, un processo irreversibile.

Tabella 1
FAUNA ITTICA

SPECIE AUTOCTONE SPECIE ALLOCTONE
Anguilla Aspio
Alborella Barbo d’oltralpe
Barbo Carassius sp
Barbo canino Carpa
Cavedano Gardon
Gobione Pseudorasbora
Lasca Rodeo amaro
Sanguinerola Misgurno
Savetta Gambusia
Scardola Persico sole
Tinca Persico trota
Triotto Trota fario
Vairone Trota iridea
Cobite Pesce gatto
Bottatrice Siluro
Spinarello Salmerino di fonte (lacustre)
Cagnetta Lucioperca (lacustre)
Ghiozzo padano
Persico reale
Luccio
Trota marmorata
Temolo
Scazzone
Oltre alle specie presenti da tempo nelle acque piemontesi (trote fario e iridea, persico sole, carassio, pesce gatto, persico trota, salmerino di fonte, lucioperca e carpa), nell’ultimo decennio ne sono comparse altre che si sono rapidamente affermate, costituendo popolazioni strutturate e in grado di sopravvivere o addirittura di espandersi su porzioni sempre più vaste del reticolo idrografico.
La trota fario è la forma alloctona maggiormente diffusa, ma risulta eclatante la rapida diffusione della pseudorasbora, campionata nel 2009, nel 33% delle stazioni della rete di monitoraggio.
Altre recenti acquisizioni sono il barbo europeo e il rodeo amaro, assenti anni addietro in occasione dei campionamenti effettuati nell’ambito della Carta Ittica Regionale (1991). Il rodeo amaro è ben rappresentato nei corsi d’acqua di pianura del Piemonte orientale, ma è riuscito a risalire il Po e la Dora Baltea, dove forma popolazioni sufficientemente abbondanti.
Il barbo d’oltralpe è ormai stabilmente insediato nel basso corso del Po e ha colonizzato tutto il bacino del Tanaro, risparmiando soltanto la porzione di reticolo idrografico più a monte. Fortunatamente meno diffuse risultano le specie gardon, aspio e abramide, anch’esse non segnalate dalla Carta Ittica Regionale.
La gambusia è stata rinvenuta soltanto nel Grana di Valenza,
in provincia di Alessandria; si potrebbe quindi considerare del tutto accidentale nelle acque correnti piemontesi; tuttavia non è da escludere il rischio di formazione di popolazioni stabili.
Merita sottolineare la presenza molto diffusa e sempre più abbondante del genere Carassius (carassio e pesce rosso), ormai consolidata in tutti i corsi d’acqua di pianura.
La specie giunta recentemente nelle acque piemontesi che tuttavia desta maggiori preoccupazioni è il siluro, rinvenuto in oltre l’8% delle stazioni, ma in rapida espansione e con formazione di popolazioni abbondanti e spesso dominanti.
Le prove della sua naturalizzazione risalgono al 1978 per il bacino del Po; da quegli anni in poi si è progressivamente diffuso, fino a diventare una delle specie ittiche dominanti. Si è ormai ampiamente affermato nel basso corso del Po e nel basso e medio bacino del Tanaro, dove è una delle specie più comuni. La presenza del siluro costituisce una grave minaccia per le popolazioni delle specie autoctone.
La pressione sull’ecosistema fluviale creata da questa specie è così importante da essere inserita come problematica all’interno del Piano di Gestione del Distretto idrografico del Fiume Po (Direttiva 2000/60/CE) adottato il 17 dicembre 2015. La gestione del siluro è infatti una delle misure inserite come attività che coinvolge l’intero bacino del Po.

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Piante acquatiche e Myriophyllum aquaticum nelle acque del Po a Torino

Per molti a Torino, l’estate 2016 è stata l’”estate delle alghe” o l’”estate in cui le acque del Po erano verdi”. È stata infatti notevole l’attenzione di giornali e televisioni, non solo locali, sullo sviluppo di piante acquatiche nelle acque del Po nel tratto tra la diga Michelotti e il ponte di corso Dante.
La proliferazione di piante acquatiche nel periodo estivo in questo tratto di fiume è in realtà un fenomeno che si ripete negli ultimi anni da quando è stata realizzata nel 2009 la sovraelevazione della diga dei Murazzi con dispositivo pneumatico gonfiabile, per rendere più facilmente navigabile il fiume a monte. La realizzazione di tale opera ha determinato un rallentamento della corrente e ha portato all’instaurarsi di condizioni ecologiche idonee allo sviluppo di una notevole varietà di specie vegetali acquatiche che hanno trovato, nelle acque calde, lente, e ricche di sostanze nutritive del Po a monte della diga, le condizioni idonee per svilupparsi fino ad arrivare a colonizzare gran parte delle acque soprattutto nella zona dei Murazzi.
Anche se la maggior parte degli organi di stampa e di gran parte dei non addetti ai lavori, ha utilizzato il termine “alghe” per descrivere le piante presenti nel Po, è importante evidenziare che la comunità vegetale era caratterizzata non da alghe (organismi vegetali semplici unicellulari e pluricellulari che non presentano una differenziazione in radice, fusto e chioma) ma da piante acquatiche superiori tipiche di acque stagnanti e/o a lento corso: la patina verde galleggiante che copiriva gran parte della superficie del fiume era costituita da diverse specie di Lemnaceae (piante galleggianti, con piccole foglie lenticolari) mentre le acque in profondità erano principalmente occupate da esemplari di Myriophyllum spicatum, Ceratophyllum demersum, e specie dei generi Callitrche e Potamogeton.
Lo sviluppo notevole di vegetazione acquatica ha determinato problemi soprattutto alle società di canottaggio che nel tratto di fiume dai Murazzi al Ponte di Corso Dante, avevano una minor superficie di acqua libera e navigabile. Da un punto di vista della tutela ambientale invece la situazione non aveva destato particolari allarmi o preoccupazioni fino a quando nel mese di giugno non è stata rilevata per la prima volta in Piemonte la presenza di diversi esemplari di Myriophyllum aquaticum (segnalazioni di M. Minciardi M. dell’ENEA e di Selvaggi A. di IPLA).

Si tratta di una pianta acquatica originaria del Sud America e introdotta in Italia nella seconda metà del secolo scorso che è riconosciuta a livello internazionale come specie fortemente invasiva degli ambienti acquatici (è compresa nell’”Elenco delle specie invasive di rilevanza unionale” del Regolamento Europeo n. 1143/2014 ed è inclusa nelle Black List delle specie esotiche invasive vegetali della Regione Piemonte), colonizza infatti stagni, laghi e altri corpi idrici con acque ferme o lentamente fluenti, ma è segnalata anche come invasiva di canali irrigui e del reticolo idrografico minore. Myriophyllum aquaticum altera significativamente le caratteristiche chimiche e fisiche degli ambienti che invade (ad es. riduzione della luminosità, consumo dell’ossigeno disciolto, occupazione dello spazio disponibile…). L’alterazione dell’ambiente fisico ha conseguenze negative su molte comunità di organismi (altre piante acquatiche, alghe, invertebrati, pesci) e determina un generale impoverimento della biodiversità di questi ambienti.
È una specie molto utilizzata come pianta ornamentale in fontane, stagni privati e acquari. L’introduzione in natura è legata principalmente allo scarico delle acque derivanti dalla pulizia degli acquari.
In seguito alla scoperta della presenza di Myriophyllum aquaticum, constatati i rischi di invasione ulteriore del territorio regionale o sovraregionale, il “Gruppo regionale specie esotiche vegetali” ha provveduto a segnalare la presenza della specie agli organi competenti (Comune di Torino, Ministero dell’Ambiente e ISPRA) e a comunicare le più idonee modalità di intervento per effettuare in tempi brevi l’eradicazione manuale della specie. Si è deciso di effettuare un’attenta e circoscritta rimozione manuale delle piante comprensive dell’apparato radicale escludendo il controllo della vegetazione acquatica mediante sfalcio meccanico al fine di evitare di diffondere la specie, in grado di rigenerarsi a partire da frammenti della pianta. L’azione di rimozione manuale delle piante ripetuta a distanza di poche settimane ha permesso di ridurre significativamente la biomassa accumulata durante i mesi estivi. Tuttavia, date le caratteristiche di invasività della specie, unitamente alla peculiarità del luogo di infestazione (il più grande fiume d’Italia con presenza di corrente fluviale anche significativa), è possibile che gli interventi attuati non siano stati risolutivi. Al fine di verificare l’efficacia di tali interventi è stato quindi organizzato, a partire dalla primavera del 2017, un sistema di monitoraggio per controllare l’eventuale ricomparsa della specie nella zona dei Murazzi e nelle aree a valle, lungo il Po e nelle aree perifluviali, fino al confine regionale.

Per maggiori informazioni sul gruppo di lavoro si veda il sito di Regione Piemonte alla pagina dedicata