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SALUTE 

Gli effetti sulla salute dell’inquinamento atmosferico

Una vasta e solida letteratura epidemiologica disponibile sull’argomento è sufficiente per un giudizio fondato sugli effetti sulla salute dell’inquinamento atmosferico.
Sebbene i meccanismi fisiopatologici attraverso cui gli inquinanti esercitano effetti negativi sulla salute umana presentino ancora qua e là alcuni punti da chiarire, molto è stato già chiarito ed è ormai consolidata l’evidenza che l’esposizione all’inquinamento atmosferico abbia effetti gravi; la maggior parte dei paesi europei vive ancora in condizioni molto lontane da quelle auspicabili per realizzare un vero intervento di prevenzione, come indicato dall’organizzazione Mondiale della Sanità già nel 2006.

Gli studi epidemiologici presentano due approcci principali:
1. Effetti a breve termine: osservabili a pochi giorni di distanza dai picchi di esposizione
2. Effetti a lungo termine: osservabili dopo esposizioni di lunga durata e a distanza di tempo (anni)

Gli effetti a breve termine vengono generalmente valutati osservando le fluttuazioni dello stato di salute della popolazione sia con co-morbilità che senza, durante i “picchi” di inquinamento: in questo frangente si assiste ad un aumento della mortalità per cause cardiache e respiratorie.
Gli effetti a lungo termine vengono invece studiati attraverso studi di coorte: osservando lo stato di salute di soggetti che vivono in contesti diversi, si valutano a livello individuale alcuni fattori di rischio che possono essere “confondenti” rispetto agli inquinanti atmosferici, come il fumo di tabacco e l’esposizione lavorativa; i soggetti arruolati vengono poi seguiti nel tempo e viene valutata la mortalità e la morbosità in relazione alla diversa esposizione ambientale.
Il particolato atmosferico è ritenuto ad oggi l’indicatore che più coerentemente si associa con gli esiti sulla salute, specialmente quando è misurato in termini di particelle inalabili (PM10) o respirabili (PM2,5); sempre più rilevanza assume il monitoraggio del particolato ultrafine (PM0,1).
L’indicatore maggiormente utilizzato negli ultimi anni è stato il PM2,5, corrispondente alle particelle di diametro aerodinamico medio pari a 2,5 micron o inferiori.
Nel complesso, a carico della mortalità naturale, le stime di rischio disponibili riportano, per ogni incremento di 10 µg/m3 della concentrazione di PM2,5 a breve termine, un aumento della mortalità compreso tra 0,3-0,5% (nel giro di pochi giorni successivi ad incrementi di breve durata) e a lungo termine un aumento del 6%-7% (nell’arco di 10-15 anni in presenza di incrementi di lunga durata). Per quanto riguarda le stime di impatto su scala nazionale, nel nostro Paese il 7% circa di tutte le morti per cause naturali è stato imputato all’inquinamento atmosferico. Tra le cause di morte in eccesso rientrano parte delle patologie cardiovascolari, respiratorie e tumorali, in primis il tumore del polmone. A rafforzare la cancerogenicità vi sono considerazioni in relazione alla presenza di molti cancerogeni nel particolato, con il polmone come organo bersaglio: gli IPA, ma anche i metalli pesanti, quali cromo, arsenico, nichel, e le fibre di amianto. Evidenze epidemiologiche robuste indicano quindi effetti dannosi per l’apparato respiratorio dovuti ad esposizione ad inquinanti atmosferici, anche per valori ambientali inferiori a quelli consentiti dagli standard internazionali.

Nell’ambito del XII Rapporto ISPRA su qualità dell’ambiente urbano a dicembre 2016 è stata pubblicata a cura anche di ARPA Piemonte la parte relativa a Gli effetti sulla salute dell’inquinamento atmosferico (Capitolo 2)

Le sostanze principali che si ritiene siano principalmente coinvolte oggi negli effetti sulla salute sono: il particolato, l’NO2 e l’ozono (O3).

Il particolato (PM)
Gli effetti negativi del particolato (PM) sulla salute sono gli effetti meglio documentati. Si tratta di un’esposizione massiva: oltre l'80% della popolazione nella Regione Europea dell'OMS (compresa l'Unione Europea, UE) vive in città con livelli di PM ben al di sopra di quelli indicati come accettabili dalle linee guida OMS sulla qualità dell'aria, che affermano esplicitamente che "le emissioni di inquinanti atmosferici nocivi dovrebbero essere evitati, prevenuti e ridotti nella maggior misura possibile".
Nell’ultimo decennio è stato osservato tuttavia un trend in costante calo per quanto riguarda le concentrazioni medie di particolato nei paesi nell'UE, anche se l'inquinamento da PM continua a rappresentare un problema gravoso per la salute umana, riducendo l'aspettativa di vita di quasi 9 mesi (in media) in Europa.

È la dimensione delle particelle il determinante principale degli effetti sulla salute umana.
Le particelle di dimensioni maggiori di 10 µm raramente raggiungono il tratto respiratorio intermedio, coinvolgendo prevalentemente naso e faringe: in questo tratto provocano broncospasmo, iperreattività bronchiale con produzione di muco, con conseguenze particolarmente severe soprattutto in pazienti con BPCO, enfisema o asma allergico preesistente.
Le particelle con un diametro inferiore ai 5-6 µm possono depositarsi nei tratti più distali, cioè nei bronchioli e negli alveoli e causare infiammazione, broncocostrizione e fibrosi, con peggioramento importante della funzionalità respiratoria.

Figura 1 - Principali effetti del particolato sull’albero respiratorio

Fonte: Università di Modena

I gas: biossido di azoto (NO2) e ozono (O3)

Il biossido di azoto (NO2), agisce prevalentemente sulle vie aeree inferiori: sebbene i meccanismi biochimici mediante i quali l’NO2 esercita i suoi effetti dannosi non siano del tutto chiariti, è ormai noto che induce grave danno alle membrane cellulari attraverso reazioni di ossidoriduzione. In seguito all’esposizione a NO2 si osserva un aumento dell’incidenza delle malattie polmonari, come ad esempio una riduzione della funzionalità respiratoria, broncospasmo ed aumento della suscettibilità alle infezioni sia batteriche che virali.
L’ozono, che ha media solubilità, colpisce il tratto intermedio dell’albero bronchiale, dove, attraverso complesse reazioni chimiche, agisce danneggiando le membrane degli organuli cellulari, le cellule e i tessuti. Gli effetti acuti riguardano principalmente secchezza e irritazione di gola e naso con aumento della produzione di muco e della reattività bronchiale, tosse, faringiti e laringiti. L’esposizione prolungata, può altresì causare fibrosi polmonare, severo peggioramento della funzionalità respiratoria ed effetti sul sistema endocrino.

Figura 2 - Gli effetti dei gas inquinanti sull’albero respiratorio

Fonte: Università di Modena

Impatto dell’inquinamento atmosferico:
i casi evitabili, le misure di salute e le procedure di calcolo

Per stima di impatto si intende in epidemiologia (ambientale) il calcolo dei casi evitabili correlati ad una data esposizione (ambientale) mitigabile o rimuovibile.

 Una prima considerazione è relativa alla mole di dati circa il rischio per l’uomo per i determinanti ambientali: sono ormai condivise le stime di rischio a breve e a lungo termine per l’esposizione agli inquinanti comunemente registrati in atmosfera desumibili da autorevoli revisioni recentemente condotte, quali:
Review of evidence on health aspects of air pollution – REVIHAAP
Review of evidence on health aspects of air pollution – REVIHAAP Project
"Health Risks of Air Pollution in Europe - HRAPIE

Il presupposto per condurre un’analisi di impatto risiede infatti nel poter considerare l’associazione tra determinante ed effetti avversi per la salute di natura causale. Quindi, per calcolare l’impatto è necessario conoscere:

 ·         il livello di esposizione di cui si vuole valutare l’impatto (ad esempio la Concentrazione dell’ inquinante per l’unità statistica/amministrativa in studio);
·         la composizione della popolazione oggetto della indagine (ad esempio il numero di soggetti residenti o, per studi specifici, la distribuzione per genere e per fascia di età);
·         il profilo di salute di tale popolazione al baseline (ad esempio i tassi grezzi di mortalità/morbosità delle patologie per le quali si vuole ottenere il calcolo dei casi attesi);
·         le funzioni di rischio o funzioni concentrazione-risposta (ad esempio Rischi Relativi per gli esiti di cui si vuole valutare la quota evitabile, es Tumore del Polmone per gli effetti a lungo termine);
-         la soglia/e per la quale presuppongo una assenza di effetto (ad esempio è possibile utilizzare valori osservati nella distribuzione dei valori in studio oppure limiti imposti da Direttive, Leggi, al di sopra dei quali presuppongo l’esistenza di rischi per la salute).

La stima può riguardare i casi attesi a breve termine o per esposizioni di lunga durata, considerando quindi anche la latenza delle patologie. Inoltre possono essere esaminate condizioni espositive passate, in atto o prevedibili (scenari) partendo dai dati del presente. I casi di decesso sono spesso definiti come decessi prematuri.
Il confronto di stime provenienti da ricercatori o gruppi di lavoro differenti può essere quindi molto complicato, così come problematica può essere la comprensione di testi elaborati con forti esigenze di brevità e perentorietà (“60.000 morti premature sono dovute all’inquinamento atmosferico in Italia!”).
In ogni caso, a fianco ad ogni stima di questo tipo andrebbe sempre considerata una informazione sia circa le diverse incertezze incontrate nel calcolo, sia circa la incertezza della stima dei casi attesi, facendo riferimento ad esempio ad intervalli di confidenza o di credibilità. È più corretto commentare queste informazioni alla luce di un intervallo atteso o di una percentuale attesa (decessi attesi annui/tutti i decessi) per poter disporre di una quantificazione di minima, piuttosto che affidare la comunicazione a numeri puri.

Esempi e riflessioni sono riportati nella Relazione Stato Ambiente 2017

La procedura di calcolo descritta è stata implementata per il calcolo del carico di malattia attribuibile a scenari di inquinamento futuri, partendo dalle concentrazioni registrate nella nostra Regione attualmente ed in passato. I primi risultati di queste procedure sono riportati nel capitolo “La valutazione degli impatti sanitari relativi agli scenari di qualità dell’aria” del Piano Regionale per la Qualità dell’Aria della Regione Piemonte.

La metodologia di calcolo già adottata per il progetto CCM VIIAS unitamente ai risultati del progetto LIFE MED HISS, che sono aggiornabili e contestualizzati al territorio regionale grazie alla disponibilità di flussi sanitari correnti, forniscono ad oggi le basi per una proficua integrazione tra le componenti ambientali e sanitarie. Entrambi i progetti sono stati illustrati nella Relazione Stato Ambiente 2017

Nel prosieguo delle attività a supporto del Piano regionale di Qualità dell’Aria, in collaborazione con il Dipartimento Tematico Sistemi Previsionali, si promuove l’applicazione della metodologia presentata per esiti differenti dalla mortalità, agli scenari di Piano, valorizzando i risultati modellistici realizzati con il Sistema Integrato di Qualità dell’aria ottenuti con gli scenari emissivi tendenziali più aggiornati e soprattutto, con lo scenario emissivo di Piano.

Il documento è scaricabile sul sito di Regione Piemonte alla pagina dedicata al Piano della Qualità dell'aria.
Vedi anche la pagina relativa alle Risposte di Aria.

Mappatura Inquinamento atmosferico a Torino: i modelli LUR

Per la conduzione di studi epidemiologici sugli effetti a lungo termine sulla salute umana dell'inquinamento atmosferico è utile la valutazione dell'esposizione della popolazione a livello di indirizzo di residenza. È ovvio che stime di esposizione meno accurate, basate su medie di contesto, avranno un più basso valore predittivo della reale esposizione della popolazione.
Lo studio Escape (1,2,3) ha proposto per la città di Torino, sulla base del metodo Land Use Regression (LUR, 4), le equazioni di stima delle concentrazioni di vari componenti dell’inquinamento atmosferico, compresa la parte metallica del particolato. Tali equazioni si basano su parametri tratti da alcune componenti ambientali (topografia, demografia, prossimità e intensità dalla sorgente, uso del territorio,.) e sono state derivate dalle misure medie annuali riscontrate in 40 siti di campionamento selezionati (tre campagne di misura per 14 giorni, distribuite nell’anno 2010-2011). Le stime previste dallo studio Escape hanno riguardato NO2, NOx, PM10, PM2.5, PM grossolano e le componenti metalliche presenti nel PM10 e PM2.5. A titolo di esempio si riportano qui i risultati ottenuti per NO2; PM10; PM2,5 e Ferro nel PM10, a livello dei 127.705 indirizzi, anche non abitativi, riscontrati nella città di Torino. Le componenti ambientali circostanti ogni indirizzo, calcolate in un cerchio individuato dalla metodologia adottata e necessarie per la stima degli inquinanti qui considerati, riguardano il traffico stradale, la densità del tessuto urbano, le aree verdi semi-naturali o a bosco e la densità di popolazione.
Ad esempio la stima delle concentrazioni di NO2 è basata su 4 componenti ambientali: carico totale di traffico stradale, dato dalla somma dell’intensità di traffico moltiplicata per la lunghezza di tutti i segmenti in un raggio (buffer) di 1 km, lunghezza totale delle strade principali (>5.000 veicoli al giorno) in un buffer di 100 m, tessuto urbano continuo e discontinuo (CLC code 111 112) in un buffer di 300 m e territori boschivi e ambienti semi-naturali (CLC code 311-331) in un intorno di 5 km.
Le componenti ambientali qui considerate sono descritte in tabella 1. Le equazioni applicate producono una stima validata per l’anno 2010 e sono riportate in tabella 2.
Le rappresentazioni delle componenti ambientali utilizzate sono riportate nelle figure 1-2, secondo una categorizzazione in quintili (circa 25.000 indirizzi per colore). Sono stati scelti colori esplicativi del gradiente della componente rappresentata. Ad esempio il colore marrone corrisponde ad un’area maggiormente edificata, tenendo conto della dimensione del raggio considerato nel calcolo.
La concentrazione degli inquinanti stimata è rappresentata nella figura 3, ancora in quintili.

Tabella 1
Componenti ambientali utilizzate

Denominazione

Descrizione

Fonte

u.m.

Raggio cerchio (buffer, m)

LDRES

tessuto urbano discontinuo

CORINE **

m2

5.000

HLDRES

tessuto urbano continuo e discontinuo

CORINE **

m2

300

NATURAL

territori boschivi e ambienti semi-naturali

CORINE **

m2

1.000, 5.000

POP

Numero di abitanti

Anagrafe

n

300

MAJORROADLENGTH

lunghezza stradale totale delle strade principali* nel buffer

Società 5T ***

m

100

TRAFMAJORLOAD

carico totale di traffico sulle strade principali* contenute nel buffer (intensità di traffico x lunghezza di tutti i segmenti)

Società 5T***

Veh.day-m

50

TRAFLOAD

carico totale di tutto il traffico stradale nel buffer (somma dell’intensità di traffico x lunghezza di tutti i segmenti)

Società 5T***

Veh.day-m

1000


* strade principali: strada con intensità di traffico giornaliero >5.000 mvh/24h
** Uso del suolo 2010 con dettaglio 2m
*** medie orarie dei flussi di traffico lungo i principali assi stradali della Città, per il periodo compreso tra il 1 marzo 2006 e il 31 marzo 2007

Tabella 2
Equazioni di stima degli inquinanti

Inquinante

Modello LUR

Varianza spiegata (R2)

Concentrazione misurata (μg/m3) *

Concentrazione stimata

 (μg/m3) **

NO2

19,95

+ 7,79E-8 x TRAFLOAD_1000

+ 3,53E-2 x MAJORROADLENGTH_100  

+ 5,63E-5 x HLDRES_300

-  4,46E-7 x NATURAL_5000

78%

53,3

[15,6 - 83,7]

51,6

[7,4-97,8]

PM10

38,33

+ 2,01E-3 x POP_300

-  3,49E-7 x NATURAL_5000

+ 1,07E-2 x MAJORROADLENGTH_100

78%

43,1

[31,5 – 57,8]

45,4

[27,0-62,5]

PM2.5

24,90

-  7,03 × 10−6 × NATURAL_1000

+ 9,40 × 10−7 × TRAFMAJORLOAD_50

+ 1,63 × 10−7 × LDRES_5000

71%

29.3

[22,7-36,3]

26,2

[7,7-33,7]

Ferro (nella frazione di PM10)

735,1

- 2,2E-05 x NATURAL5000

+2,3E-01 x POP_300

+9,6E-01 x MAJORROADLENGTH_100

89%

1,343

[0,378-2,599]

1,619

[0,022-3,178]


*Media [minimo-massimo] misurata in 40 siti distribuiti (traffico, fondo)
**Media [minimo-massimo] stimata per 127.705 indirizzi

Figura 3
Distribuzione dei componenti ambientali per la stima degli inquinanti

Figura 4
Concentrazioni stimate degli inquinanti considerati


La forma della distribuzione degli inquinanti, stimati a livello di indirizzo, rappresenta le aree con maggiore pressione delle componenti ambientali considerate e ricalca la dimensione del buffer e il peso rivestito entro l’equazione, dato dal relativo coefficiente. Le stime ottenute sono consistenti con le 40 misure effettuate in Torino per la definizione delle equazioni, ovviamente con un maggior grado di dispersione. Il guadagno informativo rispetto a misure medie sull’intera città è evidente e permette di attribuire il livello di esposizione a ogni singolo cittadino per il 2010 e, con tecniche di estrapolazione, anche per altri periodi storici, permettendo la stima della dose di esposizione in rapporto ai periodi di permanenza all’indirizzo, nel caso di mobilità residenziale. Certamente la vera esposizione individuale potrebbe essere ulteriormente migliorata disponendo di informazioni relative all’ambiente di lavoro, alla mobilità e alle caratteristiche dell’abitazione.
Le stime così ottenute sono state applicate in uno studio relativo agli effetti della esposizione residenziale sullo stato di salute della popolazione di Torino, utilizzando l’ampia base di dati costituita dallo Studio Longitudinale Torinese (SLT, 5, 6). Le analisi sono in corso di approfondimento e pubblicazione.

Bibliografia
1) Eeftens M, Beelen R, de Hoogh K, et al. Development of land use regression models for PM(2.5), PM(2.5) absorbance, PM(10) and PM(coarse) in 20 European study areas; results from the ESCAPE study. Environ Sci Technol 2012; 46: 11195-205.
2) Beelen R, Hoek G, Vienneau D, et al. Development of NO2 and NOx land use regression models for estimating air pollution exposure in 36 study areas in Europe - the ESCAPE project. Atmos Environ 2013; 72: 10-23.
3) de Hoogh K, Wang M, Adam M, et al. Development of Land Use Regression Models for Particle Composition in Twenty Study Areas in Europe. Environ Sci Technol, 2013; 47: 5778–86.
4) Briggs D, Collins S, Elliot P, Fischer P, Kingham S, Lebret E, Pryl K, Hv Reeuwijk Smallborne K, Avd Veen Mapping urban air pollution using GIS: a regression-based approach. 1997 Int. J. Geogr. Inf. Sci. 11, 699–718.
5) Costa G, Demaria M Un sistema longitudinale di sorveglianza della mortalità secondo le caratteristiche socio-economiche, come rilevate ai censimenti di popolazione: descrizione e documentazione del sistema. Epid Prev 1988, 36:37-47.
6) Demaria M, Zengarini N, Carná P, Ferracin E, Onorati R Lo Studio Longitudinale Torinese: uno strumento per descrivere le storie di salute dei torinesi. In: Costa G, Stroscia M, Zengarini N, Demaria M 40 anni di salute a Torino. Spunti per leggere i bisogni e i risultati delle politiche. Milano, Inferenze 2017; 326-333.

Ambiente e Salute nel PNP 2014-2018: rete nazionale di epidemiologia ambientale, valutazione di impatto integrato sull’ambiente e salute, formazione e comunicazione (EpiAmbNet)

Il Centro nazionale per la Prevenzione e il controllo delle malattie (CCM) del Ministero della Salute, ha finanziato nel 2016 il progetto
Ambiente e Salute nel PNP 2014-2018: rete nazionale di epidemiologia ambientale, valutazione di impatto integrato sull’ambiente e salute, formazione e comunicazione (EpiAmbNet) nell’area progettuale Azioni di sistema, per le Patologie legate all’ambiente e agli stili di vita.

Il progetto intende rafforzare il contributo della epidemiologia sul tema Ambiente e Salute secondo le linee indicate dal nuovo Piano Nazionale della Prevenzione (PNP) 2014-2018, attraverso il coinvolgimento e il lavoro congiunto delle strutture ambientali e sanitarie.
L’integrazione delle attività tra il settore ambientale e quello sanitario è di importanza fondamentale per proteggere la salute dai rischi derivanti dalla contaminazione ambientale e per garantire luoghi abitativi e di lavoro che tutelino la salute dei residenti e dei lavoratori.

Non si può ignorare infatti che sui temi ambiente e salute si registrino ancora numerosi aspetti critici nelle attribuzioni delle competenze tra strutture Arpa e SSN, una formazione generale su questi aspetti ancora carente ed eterogenea, e differenze inter-regionali che rendono necessari programmi di azione e di formazione coordinati, coerenti e non settoriali.

Il PNP presenta il Macro obiettivo 8 Ambiente e Salute offrendo, per la prima volta, l’occasione del potenziamento e della standardizzazione a livello nazionale delle esperienze virtuose su questo tema già disponibili a livello di alcune regioni, inserendole in modo organico nel contesto istituzionale delle attività del sistema ambientale e della salute.

Il PNP individua alcune aree (Macro Obiettivi) sulle quali è opportuna e necessaria un’attività coordinata a guida centrale di tutte le regioni. Esse riguardano:
M.O. 8.2: il potenziamento della sorveglianza epidemiologica;
M.O. 8.4: sviluppare modelli e relazioni istituzionali per la valutazione degli impatti sulla salute dei fattori inquinanti;
M.O. 8.5: sviluppare le conoscenze tra gli operatori della Sanità e dell’Ambiente;
M.O. 8.6: comunicare il rischio in modo strutturato e sistematico.

Al fine di dare supporto alle Regioni, come primo obiettivo è in via di costruzione la rete nazionale di epidemiologia ambientale, che si è concretizzata nella creazione di una mappa che ha la doppia finalità di rappresentare i centri attivi in Italia sul tema (e le reti delle collaborazioni instaurate) ed il vasto repertorio di articoli scientifici, report, rapporti istituzionali o di progetto, prodotti dai nodi di epidemiologia ambientale attivi in Italia nel periodo 2012-2016. A tal proposito è possibile consultare (leggendo le istruzioni per una opportuna navigazione!) il sito del progetto

Nel mese di novembre 2017 a Bologna si è avuto un primo convegno della rete nazionale di epidemiologia ambientale, i cui interventi e presentazioni sono stati resi pubblici e scaricabili.

Il progetto ha dedicato particolare attenzione ai temi della formazione proponendo nel biennio 2017-2018 tre diversi moduli formativi:
- il primo modulo, "Salute e Ambiente", presenta lo stato delle conoscenze sui principali fattori di rischio ambientali;
- il secondo modulo, "Epidemiologia ambientale", offre un quadro complessivo delle applicazioni dell'epidemiologia nello studio del rapporto salute e ambiente;
- il terzo modulo, "Valutazione di impatto sulla salute da esposizioni ambientali: dalla stima degli impatti alla comunicazione del rischio", presenta i princìpi e i metodi della VIIAS, intesa come Valutazione Integrata dell'Impatto su Ambiente e Salute e metodi di comunicazione del rischio sui temi trattati.
Utilizzando materiale didattico standardizzato e validato con la collaborazione della Associazione Italiana di Epidemiologia (AIE), i moduli sono stati presentati in tutte le regioni partecipanti (Lazio, Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana, Puglia, Sicilia), dando la possibilità a circa 600 operatori di frequentare nel complesso tali iniziative, tutte accreditate ECM (per dettagli consultate il sito specifico.
Nel corso della erogazione di queste iniziative di formazione è emerso un profondo bisogno conoscitivo sui temi presentati, motivo per cui sono allo studio repliche dei corsi.
Arpa Piemonte ad esempio ha organizzato il Workshop 2018 a Torino, dedicato prevalentemente agli operatori dell’Ambiente, dopo che una prima edizione era stata principalmente dedicata alle ASL ed Università nel corso del mese di novembre 2017.

Sempre a Torino, grazie ad una stretta collaborazione tra Università degli studi di Torino, la Città della Salute e della Scienza di Torino / CPO Piemonte, Arpa Piemonte e Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e valle d’Aosta, si è tenuto il modulo "Epidemiologia ambientale".

Infine, la linea progettuale dedicata alla comunicazione ha come obiettivo quello di formulare il Documento guida di comunicazione sul rischio ambientale per la salute, documento rivolto prevalentemente agli operatori dei Dipartimenti di Prevenzione delle Aziende Sanitarie Locali e delle Direzioni Regionali degli Assessorati alla Sanità. L'obiettivo è di presentare in forma sintetica e divulgativa le conoscenze maturate in tema di comunicazione del rischio su ambiente e salute e fornire indicazioni di supporto alla gestione operativa di processi di comunicazione. Il documento sarà disponibile entro la fine progetto, avvalendosi anche dei processi di comunicazione che hanno interessato alcuni casi studio implementati nel modulo sulla Valutazione di Impatto.

In estrema sintesi, l’aspirazione comune è che il binomio “Ambiente e salute” sia presente in tutte le politiche nazionali e regionali migliorando il monitoraggio degli inquinanti e rafforzando la sorveglianza epidemiologica.

Il progetto aveva una durata biennale (giugno 2016-giugno 2018), con una concessione di proroga fino a dicembre 2018, soprattutto per consentire di erogare iniziative di formazione sui diversi fronti ad un numero di operatori soddisfacente in relazione al bisogno conoscitivo emerso.
Le attività coinvolgono una serie di enti eterogenei tra di loro quali: il Dipartimento di Epidemiologia del Lazio (coordinatore), la AOU Città della Salute e della Scienza di Torino del CPO Piemonte, il Dipartimento Tematico Epidemiologia e salute Ambientale di Arpa Piemonte, la Direzione Tecnica-CTR Ambiente Salute di Arpa Emilia-Romagna; la Azienda USL della Romagna Regione Emilia-Romagna, il Servizio di Epidemiologia Ambientale Arpa Marche, l’ ISPO Toscana, il CNR di Pisa, l’Osservatorio Epidemiologico della Regione Sicilia, il Dipartimento Ambiente e Prevenzione Primaria, il Reparto di Epidemiologia Ambientale dell’Istituto Superiore di Sanità.

Ulteriori aggiornamenti sono resi disponibili sul sito di Epiambnet.

per una lettura sul binomio Ambiente e Salute si invita alla lettura della lettera sul sito della Rivista Epidemiologia & Prevenzione.

Il programma SPoTT : Sorveglianza sulla salute della popolazione nei pressi del termovalorizzatore di Torino


Prosegue l’attività del programma SPoTT (Sorveglianza sulla salute della Popolazione nei pressi del Termovalorizzatore di Torino), iniziata nel 2013 a seguito della costruzione di uno dei più grandi impianti per combustione di rifiuti presenti in Europa, a Torino, in zona Gerbido. Il progetto prende corpo con l’obiettivo di creare un sistema di sorveglianza che consenta di valutare gli effetti avversi sulla salute dell’inquinamento ambientale nelle aree circostanti il termovalorizzatore di Torino. L’esistenza di margini di incertezza riguardanti gli effetti sanitari delle attività umane genera in tutti i cittadini preoccupazione, dunque il programma SPoTT ha l’obiettivo di informare tempestivamente tutti i soggetti interessati sui possibili rischi, attraverso l’aggiornamento di un sito internet dedicato, ospitato sulle pagine del Centro regionale di Documentazione per la Promozione della Salute - Regione Piemonte (DoRS).
Questo lavoro di monitoraggio condotto dal programma SPoTT si chiuderà a fine 2019.

L’impianto di termovalorizzazione può operare in assetto esclusivamente elettrico oppure in assetto cogenerativo, cioè fornendo sia energia elettrica che energia termica per il teleriscaldamento: il recupero dell’energia contenuta nei rifiuti consente di risparmiare circa 70.000 tonnellate l’anno di combustibile fossile. Ad inizio 2018 il termovalorizzatore non è ancora in assetto cogenerativo ma totalmente elettrico.

L’attività di SPOTT rientra in tre Obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile sottoscritta nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU.

Obiettivo 3
: Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età


Biomonitoraggio
Nel corso del 2016 è iniziata l'ultima fase di SPOTT: circa 400 persone, 200 residenti nell’area di ricaduta delle emissioni dell’impianto (ossia a Beinasco, Grugliasco, Orbassano e Rivalta), 200 torinesi residenti nel quartiere Mirafiori, 13 allevatori e un gruppo di dipendenti sia di TRM che di imprese in appalto hanno effettuato nei mesi di giugno e luglio l'ultima fase di prelievi prevista dal Protocollo SPoTT.
Si tratta di un importante appuntamento utile a valutare se ci siano state modifiche nella quantità di alcuni inquinanti presenti nell'organismo, a tre anni dall'avvio dell'impianto del Gerbido.
Inoltre, poiché rispetto al progetto iniziale è risultato evidente che le mansioni potenzialmente più esposte alle sostanze pericolose vengono affidate ad imprese esterne con contratti in appalto (di primo o secondo livello), a fine aprile si sono conclusi i prelievi per 30 lavoratori di alcune ditte in appalto operanti presso il Termovalorizzatore, in un primo momento non coinvolte dal piano di biomonitoraggio.

Nel periodo giugno 2013-aprile 2015 sono state condotte le prime due fasi (prima dell’assunzione e dopo un anno di lavoro) del programma di biomonitoraggio umano dei lavoratori previsto da SPoTT. Il biomonitoraggio è consistito in prelievi di urine e sangue per la ricerca di metalli, metaboliti idrossilati degli idrocarburi policiclici aromatici (OH-IPA), policlorobifenili (PCB) e diossine (PCDD, PCDF).
Inoltre sono stati determinati i comuni parametri ematochimici di base, utili ad un inquadramento dello stato di salute generale, oltre che una selezione di test ormonali; infine e stata eseguita la misurazione della pressione arteriosa e della funzionalità respiratoria.
Con un’intervista sono stati raccolti dati anamnestici e individuali sulla storia lavorativa e sulle abitudini alimentari e voluttuarie insieme a informazioni per la valutazione della percezione del rischio. Parallelamente sono state condotte due campagne di monitoraggio ambientale per definire l’esposizione all’interno dell’impianto.

Nel mese di aprile 2016 è stato prodotto il Report n°4 “Biomonitoraggio dei lavoratori addetti all’impianto di termovalorizzazione dei rifiuti di Torino. Risultati sui livelli di bioaccumulo di metalli e inquinanti organici dopo un anno dall’avvio dell’impianto”.

Lo studio ha riportato gli esiti del confronto dopo un anno dall’assunzione (T1) rispetto alle corrispondenti concentrazioni negli stessi soggetti misurate un anno prima (T0). Tutti i risultati riguardano i dipendenti TRM e un piccolo gruppo di lavoratori di un’impresa incaricata della sola fase di avvio, per un totale di 55 soggetti. Hanno partecipato alla fase T1 46 lavoratori, cioè l’84% dei lavoratori partecipanti alla fase iniziale (T0). Le determinazioni di PCB e diossine sono disponibili solo al baseline (prima dell’assunzione): il successivo controllo infatti e previsto dopo tre anni dall’assunzione.
I risultati delle analisi effettuate dopo un anno di attività lavorativa presso l’impianto, permettono di fare confronti con i valori riscontrati prima dell’avvio dell’impianto e di iniziare a fare alcune considerazioni. La maggior parte dei 18 metalli urinari e il piombo nel sangue presentano al T1 concentrazioni più basse di quelle osservate al T0 sia per i lavoratori impegnati sulle linee di incenerimento sia per il personale amministrativo e dirigenziale. Come anche osservato nella popolazione residente vicino all’impianto, soltanto il cromo presenta una tendenza all’aumento ad un anno dall’avvio ma questi risultati non sono attribuibili all’ambiente di lavoro: le misurazioni effettuate in aria dentro l’impianto rilevano una concentrazione di metalli in tracce uguale al fondo d’area o sotto i limiti di rilevabilità.

Tabella 3 
Metalli presenti nelle urine e piombo nel sangue tra il Tempo 0 e il Tempo 1

 

Mediana

 

Parametro

T0

T1

p-value

Arsenico µg/L

18.71

14.02

0.195

Berillio µg/L

0.17

0.11

0.025

Cadmio µg/L

0.75

0.53

0.010

Cobalto µg/L

0.24

0.21

0.572

Cromo µg/L

0.17

0.19

0.199

Rame µg/L

11.76

10.42

0.028

Mercurio µg/L

1.62

1.22

0.550

Iridio ng/L

1.71

0.99

<0.001

Manganese µg/L

0.11

0.12

0.579

Nichel µg/L

1.42

1.17

0.792

Palladio ng/L

22.71

21.59

0.801

Platino ng/L

4.68

2.58

<0.001

Rodio ng/L

20.60

17.17

0.282

Antimonio µg/L

0.08

0.06

0.184

Stagno µg/L

0.71

0.37

<0.001

Tallio µg/L

0.39

0.28

0.034

Vanadio µg/L

0.03

0.03

0.441

Zinco µg/L

588.80

307.16

<0.001

Piombo µg/L

20.65

20.57

0.898



Nell’ottobre 2016 è stato redatto il Report n°5 “Biomonitoraggio della popolazione residente nell’area limitrofa all’impianto di termovalorizzazione dei rifiuti di Torino. Risultati sui livelli di bioaccumulo di IPA dopo un anno dall’avvio dell’impianto".

ll rapporto illustra i risultati delle determinazioni dei principali metaboliti ossidrilati di IPA (OH-IPA) in campioni di urina raccolti al T1 e li confronta con quelli relativi ai campioni di urina raccolti al T0.
Nel complesso i residenti nel territorio dell’ASLTO3 (area prossima all’inceneritore) e quelli dell’ASLTO1 (area situata al di fuori delle ricadute dell’inceneritore) presentano livelli di idrossi-IPA confrontabili. Differenze statisticamente significative si evidenziano solo per l’1-idrossifenantrene (1-OH-PHEN) e per il 3-idrossifenantrene (3-OH-PHEN) che, tuttavia, forniscono un contributo non rilevante (4%) alla somma degli OH-IPA analizzati.
L’analisi delle concentrazioni urinarie di OH-IPA nel campione di popolazione studiata, a un anno di distanza dall’avvio del termovalorizzazione di Torino, non indica effetti apprezzabili ascrivibili alle emissioni dell’impianto. Infatti, i livelli complessivi degli OH-IPA in studio così come quelli relativi ai singoli metaboliti presentano in entrambe le ASL, dopo un anno dall’entrata in funzione dell’inceneritore, concentrazioni significativamente più basse di quelle precedentemente osservate. Tale riduzione, analogamente a quella riscontrata per i metalli urinari, è da ascrivere almeno in parte alla diminuzione delle concentrazioni di particolato atmosferico verificatesi tra i due periodi, legata a fattori meteorologici differenziali. Nelle figure si evidenziano inoltre valori statisticamente significativi più elevati nei fumatori e valori tendenzialmente più alti nelle donne e nelle persone esposte al traffico.
I valori riscontrati sul gruppo di allevatori sono in linea con quelle ottenute sui residenti, nonostante il numero dei soggetti sia limitato.

Figura 5
Boxplot dei valori di Σ10OH-PAH al T1 divisi per ASL, abitudine al fumo, genere e livello di esposizione a traffico

Fonte: Arpa Piemonte

Immagine in alto a sinistra: confronto tra i residenti nel territorio dell’ASLTO3 (area prossima all’inceneritore) e quelli dell’ASLTO1 (area situata al di fuori delle ricadute dell’inceneritore). Si evidenziano valori tendenzialmente più alti in ASL TO1 che in ASL TO3, in ogni caso i valori sono confrontabili.
Immagine in alto a destra: confronto nell'ambito dei residenti in funzione degli stili di vita. Si evidenziano valori nei fumatori significativamente più alti per tutti gli OH-IPA.
Immagine in basso a sinistra: confronto tra generi. Valori tendenzialmente più alti nelle donne rispetto agli uomini.
Immagine in basso a destra: confronto tra i residenti esposti o meno al traffico stradale. Valori più alti nei fortemente esposti a traffico 


A marzo 2018 è stato pubblicato sul sito di SPoTT il “Report n.7 - Biomonitoraggio dei lavoratori addetti all’impianto di termovalorizzazione dei rifiuti di Torino”. Risultati sui livelli di bioaccumulo di metalli dopo tre anni dall’avvio dell’impianto
Gli addetti al termovalorizzatore non presentano contaminazioni da metalli. Dopo tre anni dall’entrata in funzione, i livelli di metalli rilevati nelle urine degli addetti alle lavorazioni del termovalorizzatore sono tutti sotto i limiti di esposizione professionale. Questi dati sono ulteriormente confermati dalle rilevazioni ambientali in impianto che mostrano concentrazioni di metalli in aria inferiori al limite di rilevabilità strumentale e quindi non evidenziano la presenza di un’esposizione professionale.
Il campione era composto da 35 lavoratori del termovalorizzatore, presenti all’apertura del termovalorizzatore e che continuano a lavorare dentro l’impianto. Analizzando i risultati a tre anni dall’assunzione, si riscontra che la maggior parte dei metalli indagati presenta concentrazioni significativamente più basse di quelle osservate precedentemente. Fanno eccezione il manganese, il platino e l’antimonio per cui i valori dell’ultimo sono più alti dei valori iniziali; questo trend in aumento è verosimilmente da attribuirsi a esposizioni complesse relative sia all’ambiente sia allo stile di vita.
Contestualmente, preso atto che le mansioni potenzialmente più esposte alle sostanze pericolose erano state prevalentemente affidate a imprese con contratti in appalto, si sono coinvolti anche 30 lavoratori appartenenti a 4 imprese in appalto operanti continuativamente nelle aree potenzialmente più inquinate (avanfossa, area scorie, fossa rifiuti). I risultati sono in linea con quelli riscontrati per i lavoratori del termovalorizzatore operanti sulle linee, eccetto per berillio e piombo che mostrano concentrazioni più elevate ancorché in linea a quelli segnalati in letteratura per lavoratori in altri impianti di incenerimento, ed arsenico, manganese e platino che rivelano invece concentrazioni inferiori.
Inoltre, sia per i 35 lavoratori del termovalorizzatore, sia per i 30 lavoratori delle ditte in appalto, tutti i metalli analizzati presentano concentrazioni inferiori ai valori limite di esposizione occupazionale.
Pertanto, dai risultati ottenuti, i tecnici ritengono che, in assenza di particolari emergenze ambientali, in futuro sia utile continuare ad avvalersi dei soli monitoraggi dell’aria in ambiente di lavoro come strumento di controllo delle esposizioni lavorative senza procedere a ulteriori monitoraggi biologici.

Mercurio
A causa della rilevazione di contenuti anomali di Mercurio nelle emissioni del termovalorizzatore ad ottobre 2016, è stato notevolmente ridotto, per alcune settimane, il volume di rifiuti conferiti all’impianto del Gerbido.
Il Gruppo SPoTT ha pubblicato un documento con considerazioni di carattere tossicologico sul mercurio e una sintesi dei risultati del mercurio urinario riscontrati nelle prime due campagne di campionamento del programma SPoTT.
Dalle analisi effettuate finora sulla popolazione residente, si evidenzia che dopo un anno dall’entrata in funzione dell’impianto (2014) il Hg urinario presenta concentrazioni più basse di quelle osservate nei prelievi del 2013. Tale diminuzione è statisticamente significativa ed è stata riscontrata sia nei soggetti residenti in prossimità dell’impianto (Asl TO3) sia nei residenti a Torino (Asl TO1).
I valori di Hg urinario riscontrati sono in linea con i principali studi e campagne di monitoraggio condotti nella popolazione generale non esposta a emissioni da inceneritori effettuati in Italia e nel mondo. Questi dati verranno aggiornati non appena saranno disponibili i risultati delle analisi di monitoraggio effettuate nel luglio 2016.
Per il Hg sono disponibili valori guida (prodotti dalla Commissione Tedesca per il biomonitoraggio umano) che aiutano a stabilire l’esistenza di un rischio potenziale per la salute e la necessità di ulteriori attività di monitoraggio della popolazione. Dal confronto con tali valori guida, nessun soggetto denota un’esposizione al Hg legata alla manifestazione di possibili rischi per la salute.
(Esposizione a mercurio: rischi per la salute e risultati SPoTT)

Riconoscimenti
Segnaliamo che il gruppo di lavoro SPoTT ha avuto numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali:
- partecipazione al primo convegno della Rete nazionale di epidemiologia ambientale EpiAmbnet tenutosi a Bologna il 7 e 8 novembre 2017 col titolo "Ambiente e salute: un impegno per ridurre gli impatti sulla salute delle esposizioni ambientali" con il Report n.6 Monitoraggio epidemiologico degli effetti sulla salute dell'inceneritore dei Torino - Effetti a breve termine.
- XLI Convegno Associazione Italiana di Epidemiologia (AIE) (Ottobre 2017) svolto tra il 25 e il 27 ottobre 2017, a Mantova, focalizzato sul tema della comunicazione e della partecipazione attiva in campo epidemiologico con il Report n.6 Monitoraggio epidemiologico degli effetti sulla salute dell'inceneritore dei Torino - Effetti a breve termine.
- SPOTT al Convegno della Regione Emilia Romagna "Aria e Salute" (Ottobre 2017). Il Programma SpoTT è stato di recente presentato al convegno Aria & Salute: gli studi e la comunicazione svoltosi a Forlì il 13 ottobre e organizzato da ARPA e ASL Emilia Romagna.
- Sul numero 5(40) della rivista Epidemiologia e Prevenzione (Dicembre 2016) è stato pubblicato l’articolo scientifico Sorveglianza sulla salute della popolazione nei pressi del termovalorizzatore di Torino (SPoTT): presentazione del programma di sorveglianza.
- La prestigiosa rivista Environmental Monitoring and Assessment (Novembre 2016) ha pubblicato l’articolo: Biomonitoring and exposure assessment of people living near or working at an Italian waste incinerator: methodology of the SPoTT study.
- I risultati del programma SPoTT di biomonitoraggio degli OH-IPA sono stati discussi all’interno del seminario satellite “Inceneritori e salute: il contributo dell’epidemiologia italiana alla conoscenza dell’impatto sulla salute e alle azioni di sanità pubblica (Coordinatori: Antonella Bena, Fabrizio Bianchi)” all’interno del XL Congresso dell’associazione italiana di epidemiologia, svoltosi a Torino dal 19 al 21 ottobre 2016.
- SPoTT è Stato inoltre presentato al 28° congresso della Società internazionale di Epidemiologia Ambientale (ISEE) svoltosi a Roma dal 1° al 4 settembre 2016 con 2 poster: "Risk perception of people involved in biomonitoring of the general population living near an Italian incinerator” e “Metal levels in urine samples and in air particulate matter in Turin metropolitan area (Italy): a comparison study”.
- Pubblicazione su Environmental Research, prestigiosa rivista scientifica internazionale, Aprile 2016. Il Biomonitoraggio condotto dal Programma SPoTT contribuisce a definire i valori di riferimento italiani per diversi metalli in una popolazione che vive in una zona urbana industrializzata, afferma, Beatrice Bocca, chimica dell’Istituto Superiore di Sanità che lavora nel gruppo SPoTT. 

I risultati, i report e le pubblicazioni sono pubblicati sul sito SPOTT.

Life KTE Envhealth Network

I progetti del programma europeo LIFE hanno tra le loro finalità richieste dalla Commissione Europea quella di trasferire i risultati scientifici e la loro ricaduta alla popolazione, alla comunità scientifica e ai decisori. I progetti Italiani LIFE accomunati dal nodo tematico “ambiente e salute” hanno maturato l’esigenza di discutere delle rispettive attività di supporto alla governance e al trasferimento e scambio di conoscenze riunendosi nella Rete “Knowledge Transfer and Exchange in Environment and Health" (KTE LIFE EnvHealth Network), con l’obiettivo di comprendere e definire gli strumenti più adeguati per supportare il processo decisionale informato dall’evidenza scientifica.
Arpa Piemonte con il progetto LIFE MED HISS costituisce un nodo della Rete insieme ad altri progetti del programma LIFE che affrontano tematiche legate alla relazione tra ambiente e salute.
La LIFE KTE EnvHealth Network è stata lanciata nell'aprile del 2016 durante l’Italian national thematic meeting on environment and health. È stata istituita per facilitare l'uso di strumenti condivisi, per scambiare e diffondere risultati scientifici, effettuare ricerche, sviluppare e testare modelli e strumenti per lo scambio di conoscenze su ambiente e salute, supportati dal contributo teorico e pratico della sociologia, dell'antropologia, delle scienze dell'informazione e della comunicazione.
Per la presentazione della Rete alla comunità scientifica è stato pubblicato un articolo sulla rivista Epidemiologia e Prevenzione 2018 42 (2): 167-170 “Un network di progetti LIFE per promuovere il trasferimento e lo scambio di conoscenze su ambiente e salute”. L’obiettivo comune dei progetti LIFE è, infatti, quello di supportare l’applicazione delle legislazioni ambientali nell’Unione, di fornire nuovi strumenti e conoscenze utili alla miglior protezione del territorio e delle comunità. Il trasferimento delle conoscenze ai decisori, al livello adeguato e in modo efficace, è quindi una funzione centrale. Per moltiplicare le energie di ciascuno dei progetti coinvolti, si promuove un lavoro di rete nazionale e internazionale, che prevede l’inclusione di altri progetti, un supporto metodologico, la circolazione dei materiali e delle pratiche di successo per moltiplicare le energie necessarie per ognuno dei progetti coinvolti (Cori, 2018).
La Rete è stata successivamente presentata al Convegno XLI Convegno ASSOCIAZIONE ITALIANA DI EPIDEMIOLOGIA (AIE) di Mantova 25 - 27 ottobre 2017 attraverso l’abstract Una rete di progetti LIFE per promuovere trasferimento e scambio di conoscenze in ambiente e salute.
Il 26 ottobre 2017 a Pisa, nell'ambito del Festival dell'innovazione in Sanità Pubblica la Rete Life KTE EnvHealth ha promosso il workshop "Ambiente e salute: metodi innovativi di comunicazione". Consulta gli interventi e le presentazioni del convegno e del workshop.

Esposizioni Professionali a polveri di farina negli Ambienti di Lavoro in Piemonte

Le lavorazioni della farina per la produzione di pane, focacce, biscotti e altri prodotti da forno possono determinare esposizione a polvere con rischio di sviluppare varie tipologie di malattie a carico dell'apparato respiratorio (quali riniti, asma bronchiale, alveoliti allergiche estrinseche). Alle malattie respiratorie si possono aggiungere manifestazioni cutanee. L'esposizione a polvere di farina di frumento può essere considerata inevitabile, diretta e ripetitiva per tutti gli addetti alla produzione di pane e altri prodotti da forno.
Alcuni studi epidemiologici affermano che l'asma e la rinite in soggetti esposti a farina sono tra le più frequenti patologie respiratorie di origine occupazionale.
In alcune casistiche è affermato che riniti accompagnate da disturbi congiuntivali interessano circa il 5-21% degli addetti alla produzione del pane e l'asma da farina di frumento è presente nello 0,5-7% degli addetti [1].
Il numero di ditte e di addetti assicurati a INAIL nel 2015 in Piemonte per mulini, pastifici e panifici sono risultate globalmente 2.681 con 8.130 addetti. Tra queste 2.492 sono panifici e, con i relativi 7.199 addetti assicurati, rappresentano la quota prioritaria (Banca dati INAIL).
Le malattie dell’apparato respiratorio che si riscontrano nel comparto della panificazione sono da ricondurre all’inalazione di macinati di cereali come il frumento (il più usato), mais, orzo, segale, avena e riso o di leguminose come la soia e il grano saraceno. Alcune proteine contenute nei loro chicchi sono in grado di indurre sensibilizzazione, determinando una risposta anomala con produzione di anticorpi specifici (IgE e IgG) e stimolando le cellule immunocompetenti e i loro mediatori implicati nel processo di infiammazione allergica immediata e persistente.
Le polveri dei cereali possiedono anche una generica azione infiammatoria essendo in grado di stimolare la liberazione di mediatori chimici dell’infiammazione e, se le polveri di farina sono contaminate da miceti, possono avere un’azione tossica indiretta. Questi ultimi due meccanismi sono correlati alla quantità di polvere inalata con una chiara relazione dose-risposta.
Il meccanismo di sensibilizzazione è in parte indipendente dalla quantità di polvere inalata, l’intensità dei sintomi dipende dalla risposta individuale, mentre aumenta la probabilità che si instauri una sensibilizzazione allergica all’aumentare della concentrazione di polveri presenti nell’ambiente di lavoro.
Arpa Piemonte, in collaborazione con le ASL del territorio piemontese, sta conducendo un progetto su un campione di industrie della panificazione di piccole, medie e grandi dimensioni e si articola su più livelli di azione.
• Azione 1: identificazione delle industrie di panificazione oggetto di sopralluogo e di monitoraggio, su territorio regionale.
• Azione 2: esecuzione dei sopralluoghi in azienda con l’intento di eseguire analisi del DVR (Documento di Valutazione dei Rischi), valutazione delle condizioni igienico-ambientali nelle imprese di panificazione con particolare attenzione alla concentrazione di polveri presenti durante le varie fasi di lavorazione; presenza/assenza d’impianti di aspirazione; modalità di esecuzione delle attività di pulizia degli ambienti; applicazione di procedure per la gestione del rischio (uso di dispositivi di protezione individuale - DPI, metodi di lavoro); valutazione della presenza (o meno) di protocollo accertamenti sanitari e modalità di esecuzione delle attività di sorveglianza sanitaria e dell’attività di formazione dei lavoratori.
• Azione 3: creazione di un’apposita Check list, per la raccolta dei dati in campo, e diffusione della stessa alle diverse realtà presenti sul territorio.
• Azione 4: esecuzione monitoraggi in campo con rilevazioni di tipo chimico (polveri inalabili) e microbiologico (carica batterica e micetica).
• Azione 5: coinvolgimento delle associazioni di categoria per illustrare gli obiettivi del progetto e diffondere il materiale informativo prodotto, in particolare per le piccole imprese.
• Azione 6: valutazione dei risultati ottenuti, considerazioni e strategie migliorative.

Nel secondo semestre del 2017 il progetto è stato condotto in collaborazione con due ASL del Piemonte e, ad oggi sono stati programmati ed effettuati 4 sopralluoghi e 3 campionamenti in realtà presenti sul territorio torinese.
Nel corso del 2018 si procederà con il coinvolgimento di nuove ASL operanti su territorio regionale e quindi con ulteriori sopralluoghi e monitoraggi.
Lo scopo ultimo del progetto sarà l’identificazione di soluzioni migliorative atte a ridurre lo sviluppo di patologie specifiche e/o malattie professionali legate all’uso di farine e cereali nei comparti della panificazione.

[1] “ Atti del Convegno di Bergamo ‘Asma occupazionale. Luci ed ombre - L’asma del panificatore quale modello applicabile’ Presentazione delle linee guida regionali nel settore della panificazione artigianale”, a cura di P. Marraccini, P. Leghissa , documenti pubblicati in Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, Volume XXXIII n°1 , gennaio/marzo 2011.

Esposizione professionale al manganese nelle operazioni di saldatura

L’esposizione professionale al manganese può portare ad effetti avversi sulla salute. Nella letteratura scientifica sono segnalati importanti effetti neurotossici a livello del sistema nervoso centrale. Gli organismi internazionali di riferimento individuano quindi limiti di esposizione per il manganese presente nelle polveri inalabili e in quelle respirabili.
I principali limiti di esposizione sono quelli indicati dalla ACGIH (American Conference of Governmental Industrial Hygenist - Stati Uniti) e dallo SCOEL (Scientific Commitee on Occupational Expositure Limits - Comuntà Europea).

Limiti ACGIH
Per il Manganese nel 2012 è stato introdotto un doppio limite
• 0,1 mg/m3 nella frazione inalabile
• 0,02 mg/m3 nella frazione respirabile
Il limite è definito su problematiche relative all’apparato nervoso centrale. Sino a quella data, il limite era di 0,2 mg/m3 nella frazione inalabile.

Limite SCOEL
Lo SCOEL nel 2011 (SCOEL/SUM/127 June 2011) ha definito anch’esso un duplice limite:
• 0,2 mg/m3 nella frazione inalabile
• 0,05 mg/m3 nella frazione respirabile

Il limite SCOEL è stato inserito nella direttiva del 2017 (DIRETTIVA 2017/164 della Commissione del 31 gennaio 2017) recante il quarto elenco di valori limite comunitari. Ancora non risulta recepito nella normativa italiana che potrebbe adottarlo o prevederne una sua eventuale riduzione, anche alla luce della valutazione dell'ACGIH.

Le concentrazioni di manganese nella frazione respirabile può risultare particolarmente rilevante durante le operazioni di saldatura. Il Manganese può essere presente anche negli ambienti outdoor. La “Agency for Toxic Substances and Disease Registry” (ATSDR) indica che I livelli medi di manganese in aria sono:
• 40 ng/m3 per le aree urbane
• < 10 ng/m3 per le aree rurali
I livelli ambientali sono comunque decisamente inferiori a quelli misurabili negli ambienti di lavoro.

Negli ultimi 18 mesi sono state effettuate, in collaborazione con i Servizi di Prevenzione per la sicurezza negli ambienti di lavoro delle ASLBI e ASLTO4, campagne di monitoraggio per la determinazione del manganese nelle polveri inalabili e in quelle respirabili, nonché dei metalli potenzialmente presenti (alluminio, arsenico, cadmio, cromo, ferro, molibdeno, nichel, piombo, rame, vanadio, zinco).

Le ditte individuate sono strutturate e operano in modo molto differenti tra loro, ma le operazioni di saldatura sono tutte realizzate in presenza di aspirazioni localizzate.
Le lavorazioni possono essere fortemente robotizzate (l’operatore carica e scarica i pezzi da saldare, ma non esegue la saldatura) o manuali (l’addetto in tal caso può eseguire operazioni di saldatura e/o di puntatura). Nelle ditte visionate le attività avvenivano in alcuni casi su produzioni standardizzate, in altre su singole commesse e molto diversificate in funzione della giornata lavorativa.

Ditta 1) Realizza componenti per autoveicoli e furgoni in tre reparti. Nel reparto dove avviene la lavorazione dell’acciaio, sono presenti 5 isole robotizzate semiautomatiche, 7 isole di puntatura semiautomatiche e 5 postazioni di puntatura/saldatura manuali. Sono installate cappe aspiranti sulle isole, aspirazioni localizzate sulle isole di puntatura e sulle postazioni manuali.

Ditta 2)
Realizza scaffali metallici per magazzini. Nell’unico reparto di saldatura sono presenti 6 linee di saldatura manuali con due addetti per linea e 3 isole robotizzate con due robot (1 di carico/scarico e 1 di saldatura). Sono installate cappe aspiranti sulle isole e aspirazioni localizzate sulle linee di saldatura manuali.

Ditta 3)
Realizza elementi di carpenteria e lamieristica meccanica per le acciaierie, industria siderurgica - carpenteria pesante in unico reparto. Sono presenti 12 postazioni di saldatura manuale, 3 postazioni di molatura e 2 postazioni di puntatura. Le postazioni di saldatura e di puntatura sono dotate di aspirazioni localizzate fisse o carrellate.

Ditta 4)
Realizza caldaie per impianti termici di grandi dimensione. In unico ambiente dove sono presenti aspirazioni localizzate fisse o carrellate. Sono installate 12 postazioni di saldature/molature manuali differenziate in “serpentine” e “ carpenteria”.

Sono stati effettuati 50 campioni, di cui 25 di frazione inalabile e 25 di frazione respirabile. Sebbene le concentrazioni di polveri non siano risultate mediamente elevate, sia nella frazione inalabile sia in quella respirabile sono stati riscontrati superamenti per il manganese del limite di esposizione (TLV-TWA dell’ACGH). Le maggiori criticità si sono riscontrate nella frazione respirabile con 10 superamenti del limite su 25 campioni.

L’esposizione a manganese nella frazione inalabile

(TLV-TWA ACGIH 0,100 mg/m3)

L’esposizione a manganese nella frazione respirabile
(TLV-TWA ACGIH 0,020 mg/m3)

Classe di esposizione

(mg/m3)

Classe di esposizione in rapporto al limite di esposizione

N° campioni

Percentuale

Classe di esposizione

(mg/m3)

Classe di esposizione in rapporto al limite di esposizione

N° campioni

Percentuale

0 – 0,010

< 10%

7

28 %

0 – 0,002

< 10%

3

12 %

0,011 – 0,050

11 – 50 %

12

48 %

0,003 – 0,010

11 – 50 %

6

24 %

0,051 – 0,100

51 – 100 %

5

20 %

0,011 – 0,020

51 – 100 %

6

24 %

> 0,100 mg/m3

> 100 %

1

4 %

> 0,020 mg/m3

> 100 %

10

40 %


Mentre i livelli di manganese nella saldatura robot sono relativamente contenuti sia nella frazione respirabile (0,005 mg/m3) sia in quella inalabile (0,007 mg/m3), i dati risultano decisamente rilevanti per le saldature manuali (sebbene via sia sempre una la presenza di aspirazioni localizzate) soprattutto nella frazione respirabile, con un dato medio di manganese pari a 0,028 mg/m3, dato superiore al limite. Il valore medio nella frazione inalabile è comunque superiore al 50 % del limite ACGIH.

Queste prime indagini confermano i risultati riscontrabili nella letteratura scientifica di una condizione di diffusa esposizione al manganese degli addetti alle saldature nelle officine meccaniche. Si conferma, inoltre, l’arricchimento del manganese nei fumi di saldatura, con una percentuale che può raggiungere punte anche del 10% della frazione respirabile.

Allo stato attuale, sono state individuate diverse possibili soluzioni per ridurre i livelli di esposizione. Date le differenti tecnologie riscontrate, in termini di dimensioni dei pezzi, automatizzazione e di standardizzazione delle attività, le soluzioni adottabili devono trovare il giusto grado di flessibilità alle realtà aziendali. Gli interventi principali riguardano comunque il potenziamento delle aspirazioni localizzate, il confinamento delle aree di lavoro automatizzate, l'utilizzo di postazioni aspirate adattabili alla produzione, la predisposizione di apposite aree di lavoro dove destinare particolari lavorazioni, la formazione e l'addestramento degli operatori all'utilizzo delle aspirazioni su bracci mobili, l'utilizzo di pistole di saldatura aspirate. Per quanto riguarda l'uso di DPI (Dispositivi di protezione individuale), si riscontra una presenza diffusa di mascherine filtranti per polveri, oltre all'uso di schermi per le radiazioni UV. Soprattutto nelle realtà meno standardizzate o dove gli interventi di prevenzione non riescono a ridurre le concentrazioni a livelli soddisfacenti, si ritiene che l'uso di caschi a ventilazione di aria filtrata possano rappresentare un utile strumento addizionale di protezione dei lavoratori.