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aree in frana
Figura 1
Fonte: Arpa Piemonte
In rosso le frane per le quali sono disponibili informazioni di secondo livello di approfondimento.
Figura 2
La frana di Mondovì del 29/12/2017
Figura 3
Figura 4
Il versante su cui si è sviluppata la frana, noto per la presenza di movimenti franosi più o meno evoluti, è oggetto di monitoraggio da parte di Arpa Piemonte a partire dal 2012, attraverso misure inclinometriche e piezometriche.
dissesto idrogeologico in Italia
Attività sismica
Figura 5
Fonte: Arpa Piemonte
Tabella 1
Mappatura Amianto Naturale
Figura 6
Le linee rosse tratteggiate delimitano la zona con maggiore presenza di mineralizzazione di tremolite.
Figura 7
Attività valanghiva
Figura 8
Foto: giornale “La Guida”
Figura 9
Fonte: Arpa Piemonte
Figura 10
Figura 11
incidenti da valanga
Figura 12
Fonte: Arpa Piemonte
Figura 13
CRITICITA’ IDROLOGICHE ED IDRAULICHE del 2017
Rilievo morfologico evento del 21-26 novembre 2016
Figura 14
Fonte: Arpa Piemonte
Figura 15
Figura 16
Figura 17
Figura 18
Figura 19
Il ruolo della vegetazione nei corsi d'acqua
Figura 20
RISCHI NATURALI
La regione, densamente popolata (oltre 4 milioni di abitanti), economicamente attiva e sede di importanti infrastrutture e reti di comunicazione, risulta fragile nella sua esposizione ai rischi naturali. S’intende per rischio naturale il numero atteso di perdite umane, feriti, danni alle proprietà e interruzioni di attività economiche, in conseguenza di processi d’instabilità che naturalmente si sviluppano sul territorio.
Il Piemonte, situato al margine occidentale della pianura padana, è occupato per circa il 49% del suo territorio dai rilievi montuosi delle Alpi e degli Appennini, che lo delimitano su tre lati come un arco. Tale struttura morfologica rende peculiare il clima della regione, che risulta zona di scontro delle masse d'aria continentali provenienti dalla piana del Po, dell'umidità proveniente dal Mediterraneo e delle correnti atlantiche nord-occidentali. I rilievi favoriscono i processi di convezione delle masse umide e la conseguente intensificazione delle precipitazioni che a loro volta determinano fenomeni di allagamento nelle aree fluviali, di piene torrentizie e l’innesco di frane lungo i versanti.
Analizzando i dati storici del periodo 1850-2000, la regione è statisticamente colpita in settori diversi da eventi alluvionali (intendendo come tali quelli che interessano almeno due bacini idrografici) con ricorrenze medie di un evento ogni 18 mesi circa.
Il Piemonte, situato al margine occidentale della pianura padana, è occupato per circa il 49% del suo territorio dai rilievi montuosi delle Alpi e degli Appennini, che lo delimitano su tre lati come un arco. Tale struttura morfologica rende peculiare il clima della regione, che risulta zona di scontro delle masse d'aria continentali provenienti dalla piana del Po, dell'umidità proveniente dal Mediterraneo e delle correnti atlantiche nord-occidentali. I rilievi favoriscono i processi di convezione delle masse umide e la conseguente intensificazione delle precipitazioni che a loro volta determinano fenomeni di allagamento nelle aree fluviali, di piene torrentizie e l’innesco di frane lungo i versanti.
Analizzando i dati storici del periodo 1850-2000, la regione è statisticamente colpita in settori diversi da eventi alluvionali (intendendo come tali quelli che interessano almeno due bacini idrografici) con ricorrenze medie di un evento ogni 18 mesi circa.
Nel settore Alpino, particolari condizioni nivo-meteorologiche possono inoltre causare un’altra tipologia di processi d’instabilità naturale: le valanghe.
Il territorio regionale è altresì soggetto a terremoti: il contesto tettonico e i regimi geodinamici attivi portano la regione ad essere sede di attività sismica, generalmente modesta dal punto di vista energetico, ma notevole come frequenza. I terremoti nell’area si verificano principalmente lungo due direttrici, note come arco sismico piemontese e arco sismico brianzonese, convergenti verso sud nelle Alpi Marittime.
La prima segue l’andamento dell'arco alpino occidentale nella sua parte interna, in corrispondenza del massimo gradiente orizzontale della gravità presente in prossimità del margine di contatto tra i rilievi alpini e la pianura piemontese occidentale.
La seconda, caratterizzata da una maggiore dispersione, segue l'allineamento dei massicci cristallini esterni, lungo il Fronte Pennidico. Una diffusa sismicità, seppur con minori frequenze, caratterizza anche i rilievi centrali e sud-orientali della regione, in particolare nell’Appennino settentrionale.
Il territorio regionale è altresì soggetto a terremoti: il contesto tettonico e i regimi geodinamici attivi portano la regione ad essere sede di attività sismica, generalmente modesta dal punto di vista energetico, ma notevole come frequenza. I terremoti nell’area si verificano principalmente lungo due direttrici, note come arco sismico piemontese e arco sismico brianzonese, convergenti verso sud nelle Alpi Marittime.
La prima segue l’andamento dell'arco alpino occidentale nella sua parte interna, in corrispondenza del massimo gradiente orizzontale della gravità presente in prossimità del margine di contatto tra i rilievi alpini e la pianura piemontese occidentale.
La seconda, caratterizzata da una maggiore dispersione, segue l'allineamento dei massicci cristallini esterni, lungo il Fronte Pennidico. Una diffusa sismicità, seppur con minori frequenze, caratterizza anche i rilievi centrali e sud-orientali della regione, in particolare nell’Appennino settentrionale.
aree in frana
Il SIFraP (Sistema Informativo Fenomeni Franosi in Piemonte) è la componente della Banca dati Geologica di Arpa che raccoglie le informazioni relative ai dissesti di versante (avvenuti in passato o in atto) documentati e/o riconoscibili attraverso il rilevamento diretto o il telerilevamento. Le informazioni sono organizzate secondo diversi livelli di approfondimento. Il primo livello è stato compilato per oltre 36.700 fenomeni franosi rilevati in Piemonte e permette di ottenere un indicatore sullo stato del territorio: la percentuale di territorio in frana (comunemente indicata come indice di franosità). Il significato di tale indice non è da intendersi in termini di incremento o decremento annuale, in quanto la sua variazione nel tempo è quasi impercettibile; inoltre l’aumento della superficie in frana non è generalmente legata unicamente all’attivazione di nuovi fenomeni franosi ma spesso ad un
miglioramento della conoscenza del territorio. L’indice di franosità tuttavia rappresenta un importante indicatore a scala comunale, provinciale e regionale della vulnerabilità del territorio collinare/montano. La raccolta d’informazioni al 2° livello di approfondimento (attualmente disponibili per 639 fenomeni franosi), invece, permette di ottenere un quadro maggiormente dettagliato in merito ai fenomeni franosi di maggior rilevanza che nel corso dell’anno hanno interessato il Piemonte.
Nel corso del 2017 è proseguita l'attività di approfondimento sui siti oggetto di monitoraggio da parte di Arpa Piemonte. Il lavoro è propedeutico all'analisi critica sulla significatività dei sistemi di monitoraggio e finalizzato alla razionalizzazione della rete. Attualmente oltre 300 approfondimenti al 2° livello sono relativi a frane monitorate da Arpa Piemonte.
Nel corso del 2017 è proseguita l'attività di approfondimento sui siti oggetto di monitoraggio da parte di Arpa Piemonte. Il lavoro è propedeutico all'analisi critica sulla significatività dei sistemi di monitoraggio e finalizzato alla razionalizzazione della rete. Attualmente oltre 300 approfondimenti al 2° livello sono relativi a frane monitorate da Arpa Piemonte.
Figura 1
Fenomeni franosi analizzati al 2° livello di approfondimento SIFRAP
Fonte: Arpa Piemonte
In rosso le frane per le quali sono disponibili informazioni di secondo livello di approfondimento.
Figura 2
Servizio “SIFraP - Sistema Informativo Frane in Piemonte “
Il servizio rende disponibile le informazioni estratte dal SIFraP relative a fenomeni franosi di varia tipologia presenti sul territorio regionale.
La frana di Mondovì del 29/12/2017
Nel corso della mattina di venerdì 29 dicembre 2017, tra le 10.00 e le 10.30, nel rione Piazza del comune di Mondovì si è verificato un movimento franoso adiacente verso sud agli edifici dell'Istituto Alberghiero.
La frana, modesta dal punto di vista dimensionale, è riconducibile ad un colamento rapido che ha coinvolto principalmente i materiali di copertura, essenzialmente materiali di riporto. Il materiale franato si è spostato verso valle lungo il ripido versante e dopo circa 40 metri ha impattato contro l'edificio della palestra "di Metavia".
La frana, modesta dal punto di vista dimensionale, è riconducibile ad un colamento rapido che ha coinvolto principalmente i materiali di copertura, essenzialmente materiali di riporto. Il materiale franato si è spostato verso valle lungo il ripido versante e dopo circa 40 metri ha impattato contro l'edificio della palestra "di Metavia".
Figura 3
Mondovì. Dettaglio frana del 29 dicembre 2017 e Panoramica frana del 29 dicembre 2017
Nel pomeriggio, circa 8 ore dopo l'attivazione del fenomeno, si è verificato il crollo di una pertinenza della scuola (portineria in disuso e scala di sicurezza) a causa dello scalzamento subito dalle sue fondazioni; non si sono prodotti danni sostanziali alla struttura scolastica vera e propria, ma l'accesso a tale edificio dalla strada comunale Via Tortora è stato parzialmente compromesso.
Come conseguenza della frana l'Istituto scolastico è stato dichiarato inagibile e Via Tortora chiusa al traffico.
Arpa Piemonte, coinvolta sin dai primi momenti dell'emergenza, sulla base dei rilievi effettuati, ha integrato il nuovo dissesto all’interno della propria banca dati delle frane (SIFRAP)
Come conseguenza della frana l'Istituto scolastico è stato dichiarato inagibile e Via Tortora chiusa al traffico.
Arpa Piemonte, coinvolta sin dai primi momenti dell'emergenza, sulla base dei rilievi effettuati, ha integrato il nuovo dissesto all’interno della propria banca dati delle frane (SIFRAP)
Figura 4
Mondovì. frana 29 dicembre 2017
Il versante su cui si è sviluppata la frana, noto per la presenza di movimenti franosi più o meno evoluti, è oggetto di monitoraggio da parte di Arpa Piemonte a partire dal 2012, attraverso misure inclinometriche e piezometriche.
dissesto idrogeologico in Italia
Il rapporto Ispra sul dissesto idrogeologico in Italia fornisce il quadro di riferimento aggiornato sulla pericolosità per frane e alluvioni sull’intero territorio nazionale e presenta gli indicatori di rischio relativi a popolazione, famiglie, edifici, imprese e beni culturali.
Si aggiorna lo scenario del dissesto idrogeologico in Italia: nel 2017 è a rischio il 91% dei comuni italiani (88% nel 2015) e oltre 3 milioni di nuclei familiari risiedono in queste aree ad alta vulnerabilità. Aumenta la superficie potenzialmente soggetta a frane (+2,9% rispetto al 2015) e quella potenzialmente allagabile nello scenario medio (+4%); tali incrementi sono legati a un miglioramento del quadro conoscitivo effettuato dalle Autorità di Bacino Distrettuali con studi di maggior dettaglio e mappatura di nuovi fenomeni franosi o di eventi alluvionali recenti.
Complessivamente, il 16,6% del territorio nazionale è mappato nelle classi a maggiore pericolosità per frane e alluvioni (50 mila km2). Quasi il 4% degli edifici italiani (oltre 550 mila) si trova in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata e più del 9% (oltre 1 milione) in zone alluvionabili nello scenario medio. Sono oltre 7 milioni le persone che risiedono nei territori vulnerabili: oltre 1 milione vive in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata (PAI – Piani di Assetto Idrogeologico) e più di 6 in zone a pericolosità idraulica nello scenario medio (ovvero alluvionabili per eventi che si verificano in media ogni 100-200 anni). I valori più elevati di popolazione a rischio si trovano in Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Lombardia, Veneto e Liguria.
Le industrie e i servizi posizionati in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata sono quasi 83 mila, con oltre 217 mila addetti esposti a rischio. Il numero maggiore di edifici a rischio si trova in Campania, Toscana, Emilia-Romagna e Lazio. Al pericolo inondazione, sempre nello scenario medio, si trovano invece esposte ben 600 mila unità locali di impresa (12,4% del totale) con oltre 2 milioni di addetti ai lavori, in particolare nelle regioni Emilia-Romagna, Toscana, Veneto, Lombardia e Liguria dove il rischio è maggiore.
Minacciato anche il patrimonio culturale italiano. I dati dell’ISPRA individuano nelle aree franabili quasi 38 mila beni culturali, dei quali oltre 11 mila ubicati in zone a pericolosità da frana elevata e molto elevata, mentre sfiorano i 40 mila i monumenti a rischio inondazione nello scenario a scarsa probabilità di accadimento o relativo a eventi estremi; di questi più di 31 mila si trovano in zone potenzialmente allagabili anche nello scenario a media probabilità. Per la salvaguardia dei Beni Culturali, è importante stimare il rischio anche per lo scenario meno probabile, tenuto conto che, in caso di evento, i danni prodotti al patrimonio culturale sarebbero inestimabili e irreversibili.
I comuni a rischio idrogeologico: in nove Regioni (Valle D’Aosta, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Molise, Basilicata e Calabria) abbiamo il 100% dei comuni è a rischio. L’Abruzzo, il Lazio, il Piemonte, la Campania, la Sicilia e la Provincia di Trento hanno percentuali di comuni a rischio tra il 90% e il 100%.
Si aggiorna lo scenario del dissesto idrogeologico in Italia: nel 2017 è a rischio il 91% dei comuni italiani (88% nel 2015) e oltre 3 milioni di nuclei familiari risiedono in queste aree ad alta vulnerabilità. Aumenta la superficie potenzialmente soggetta a frane (+2,9% rispetto al 2015) e quella potenzialmente allagabile nello scenario medio (+4%); tali incrementi sono legati a un miglioramento del quadro conoscitivo effettuato dalle Autorità di Bacino Distrettuali con studi di maggior dettaglio e mappatura di nuovi fenomeni franosi o di eventi alluvionali recenti.
Complessivamente, il 16,6% del territorio nazionale è mappato nelle classi a maggiore pericolosità per frane e alluvioni (50 mila km2). Quasi il 4% degli edifici italiani (oltre 550 mila) si trova in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata e più del 9% (oltre 1 milione) in zone alluvionabili nello scenario medio. Sono oltre 7 milioni le persone che risiedono nei territori vulnerabili: oltre 1 milione vive in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata (PAI – Piani di Assetto Idrogeologico) e più di 6 in zone a pericolosità idraulica nello scenario medio (ovvero alluvionabili per eventi che si verificano in media ogni 100-200 anni). I valori più elevati di popolazione a rischio si trovano in Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Lombardia, Veneto e Liguria.
Le industrie e i servizi posizionati in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata sono quasi 83 mila, con oltre 217 mila addetti esposti a rischio. Il numero maggiore di edifici a rischio si trova in Campania, Toscana, Emilia-Romagna e Lazio. Al pericolo inondazione, sempre nello scenario medio, si trovano invece esposte ben 600 mila unità locali di impresa (12,4% del totale) con oltre 2 milioni di addetti ai lavori, in particolare nelle regioni Emilia-Romagna, Toscana, Veneto, Lombardia e Liguria dove il rischio è maggiore.
Minacciato anche il patrimonio culturale italiano. I dati dell’ISPRA individuano nelle aree franabili quasi 38 mila beni culturali, dei quali oltre 11 mila ubicati in zone a pericolosità da frana elevata e molto elevata, mentre sfiorano i 40 mila i monumenti a rischio inondazione nello scenario a scarsa probabilità di accadimento o relativo a eventi estremi; di questi più di 31 mila si trovano in zone potenzialmente allagabili anche nello scenario a media probabilità. Per la salvaguardia dei Beni Culturali, è importante stimare il rischio anche per lo scenario meno probabile, tenuto conto che, in caso di evento, i danni prodotti al patrimonio culturale sarebbero inestimabili e irreversibili.
I comuni a rischio idrogeologico: in nove Regioni (Valle D’Aosta, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Molise, Basilicata e Calabria) abbiamo il 100% dei comuni è a rischio. L’Abruzzo, il Lazio, il Piemonte, la Campania, la Sicilia e la Provincia di Trento hanno percentuali di comuni a rischio tra il 90% e il 100%.
Attività sismica
Nel corso del 2017 la rete sismica regionale ha rilevato circa 820 terremoti di magnitudo maggiore o uguale a 1,0 ML, di cui 111 localizzati internamente ai confini piemontesi e 80 entro 25 km.
All’interno del territorio regionale i terremoti usualmente interessano prevalentemente le Alpi Occidentali, con una distribuzione allineata in corrispondenza del massimo gradiente gravimetrico presente lungo il margine di contatto tra i rilievi alpini e la pianura piemontese occidentale.
Circa il 60% dei terremoti osservati in Piemonte si sono verificati tra le Alpi Cozie meridionali e le Alpi Marittime, in particolare dalla Valle Stura alla Valle Varaita, fino a 20 km di profondità. Poco meno deI 20% dei sismi è stato localizzato nelle Alpi del Torinese, entro i 15 km di profondità. Nel resto del territorio regionale la sismicità è stata più diradata, comprendendo anche una dozzina di eventi a profondità maggiore di 20 km.
L'indicatore Movimenti sismici è previsto dall'Agenda 2030 all'obiettivo 13. Lotta contro il cambiamento climatico
All’interno del territorio regionale i terremoti usualmente interessano prevalentemente le Alpi Occidentali, con una distribuzione allineata in corrispondenza del massimo gradiente gravimetrico presente lungo il margine di contatto tra i rilievi alpini e la pianura piemontese occidentale.
Circa il 60% dei terremoti osservati in Piemonte si sono verificati tra le Alpi Cozie meridionali e le Alpi Marittime, in particolare dalla Valle Stura alla Valle Varaita, fino a 20 km di profondità. Poco meno deI 20% dei sismi è stato localizzato nelle Alpi del Torinese, entro i 15 km di profondità. Nel resto del territorio regionale la sismicità è stata più diradata, comprendendo anche una dozzina di eventi a profondità maggiore di 20 km.
L'indicatore Movimenti sismici è previsto dall'Agenda 2030 all'obiettivo 13. Lotta contro il cambiamento climatico
Figura 5
Terremoti - anno 2017
Fonte: Arpa Piemonte
Tabella 1
Distribuzione dei terremoti rilevati nel 2017 internamente ai confini regionali
Sismicità in Piemonte (ML≥1) - anno 2017 |
||||
Settori geografici piemontesi |
N. sismi (ML≥1) |
Magnitudo (ML) |
Profondità |
Terremoti con magnitudo ≥ 3 ML |
Rilievi alpini sud-occidentali |
64 |
1.0-3.3 |
3-20 |
Valle Stura (Demonte, CN), 3,3ML, 11 km, 8 aprile 9:52 UTC |
Rilievi alpini nord-occidentali |
19 |
1.0-2.2 |
3-15 |
- |
Rilievi alpini nord-orientali |
5 |
1.1-1.7 |
5-10 |
- |
Settori sud-orientali |
6 |
1.0-2.9 |
9-19 |
- |
Rilievi meridionali |
5 |
1.0-2.0 |
4-11 |
- |
Rilievi collinari centrali |
2 |
1.1-1.7 |
20-23 |
- |
Pianura orientale |
0 |
- |
- |
- |
Pianura occidentale |
6 |
1.0-2.9 |
20-37 |
- |
Torinese |
1 |
1,5 |
31 |
- |
Settori sud-orientali |
3 |
1.3-1.4 |
28-46 |
- |
Fonte: Arpa Piemonte
Mappatura Amianto Naturale
La mappatura completa delle zone del territorio nazionale interessate dalla presenza di amianto deriva dalla Legge n. 257 del 1992, che ha messo al bando tutti i prodotti contenenti amianto, vietandone la produzione e l’utilizzo, e dal Decreto 18 marzo 2003 n.101 del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, che ne stabilisce il modus operandi.
Nel 2004 la Regione Piemonte ha affidato ad Arpa l’esecuzione delle attività di mappatura della presenza di amianto sul territorio, svolta principalmente tra il 2004 e il 2006 e attualmente in fase di revisione e aggiornamento.
Il progetto di mappatura dell’amianto naturale nasce a seguito del DM n.101 del 18 marzo 2003 “Regolamento per la realizzazione di una mappatura delle zone del territorio nazionale interessate dalla presenza di amianto, ai sensi dell’articolo 20 della legge 23 marzo 2001, n. 93” che prevede, come specificato nell’allegato A - categoria 3 “Criteri per la mappatura della presenza di amianto nell’ambiente naturale”, la mappatura di ammassi rocciosi caratterizzati dalla presenza di amianto e delle attività estrattive (in esercizio o dismesse) relative a rocce e minerali con presenza di amianto o comunque ubicate in aree indiziate per la presenza di amianto.
La mappatura dell'amianto naturale deriva dall'analisi di diverse fonti informative relative alla presenza di rocce basiche e ultrabasiche che possono essere sede di locali concentrazioni di minerali asbestiformi ai sensi del DM n.101 del 18 marzo 2003.
Nel 2004 la Regione Piemonte ha affidato ad Arpa l’esecuzione delle attività di mappatura della presenza di amianto sul territorio, svolta principalmente tra il 2004 e il 2006 e attualmente in fase di revisione e aggiornamento.
Il progetto di mappatura dell’amianto naturale nasce a seguito del DM n.101 del 18 marzo 2003 “Regolamento per la realizzazione di una mappatura delle zone del territorio nazionale interessate dalla presenza di amianto, ai sensi dell’articolo 20 della legge 23 marzo 2001, n. 93” che prevede, come specificato nell’allegato A - categoria 3 “Criteri per la mappatura della presenza di amianto nell’ambiente naturale”, la mappatura di ammassi rocciosi caratterizzati dalla presenza di amianto e delle attività estrattive (in esercizio o dismesse) relative a rocce e minerali con presenza di amianto o comunque ubicate in aree indiziate per la presenza di amianto.
La mappatura dell'amianto naturale deriva dall'analisi di diverse fonti informative relative alla presenza di rocce basiche e ultrabasiche che possono essere sede di locali concentrazioni di minerali asbestiformi ai sensi del DM n.101 del 18 marzo 2003.
In particolare le fonti utilizzate sono:
È importante evidenziare che i minerali di amianto non sono distribuiti in maniera ubiquitaria all’interno dei litotipi ad alta probabilità di occorrenza di minerali di amianto, ma sono spesso associati a delle zone intensamente fratturate.
- la carta geologica regionale redatta a scala1:100.000;
- la carta geologica a scala locale (1:50.000 - 1:25.000);
- i permessi di ricerca e le concessioni minerarie
- le informazioni relative ai depositi di versante derivanti dalla banca dati di Arpa Piemonte, significative alla scala 1:100.000 e che si sviluppano per la maggior parte su litologie a maggiore probabilità di contenere minerali di amianto;
- il database dei punti di prelievo di campioni con accertata presenza naturale di amianto.
- Classe di probabilità alta
- Classe di probabilità medio-alta
- Classe di probabilità media
- Classe di probabilità medio-bassa
- Classe di probabilità bassa
È importante evidenziare che i minerali di amianto non sono distribuiti in maniera ubiquitaria all’interno dei litotipi ad alta probabilità di occorrenza di minerali di amianto, ma sono spesso associati a delle zone intensamente fratturate.
Figura 6
Località Tortore, Lanzo (TO). Zona tettonica con mineralizzazioni di tremolite con dettagli del minerale affiorante lungo piani di frattura (foto dettaglio 1) e lisciviato e depositato sul suolo (foto dettaglio 2)
Le linee rosse tratteggiate delimitano la zona con maggiore presenza di mineralizzazione di tremolite.
Si sottolinea che la cartografia geologica prodotta riporta come informazione di base gli areali in cui, in relazione alle rocce riconosciute in affioramento o sub-affioramento, potrebbero rinvenirsi mineralizzazioni di amianto: essa quindi non indica se l’amianto è presente o meno in una determinata area. La determinazione dell’effettiva presenza o assenza dei minerali classificati come amianto può essere infatti effettuata solo attraverso un rilievo geologico di dettaglio in sito e dall’analisi petrografico-mineralogica dei campioni prelevati.
Figura 7
Mappatura amianto in Piemonte
Riferimenti normativi
Art. 23 del DLgs n. 277 del 15 agosto 1991” Attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell'art. 7 della legge 30 luglio 1990, n. 212.” Pubblicato sul Supplemento Ordinario alla Gazzetta Ufficiale 27 agosto 1991, n. 200.
Art. 23 del DLgs n. 277 del 15 agosto 1991” Attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell'art. 7 della legge 30 luglio 1990, n. 212.” Pubblicato sul Supplemento Ordinario alla Gazzetta Ufficiale 27 agosto 1991, n. 200.
Attività valanghiva
Dal mese di gennaio 2017 fino a fine stagione invernale 2016-17 l’attività valanghiva spontanea è stata piuttosto modesta e non sono state segnalate valanghe di particolare rilievo.
Al contrario, all’inizio della stagione invernale 2017-2018 e in particolare nel mese di dicembre 2017, sono state osservate numerose valanghe spontanee che hanno interessato, in alcuni casi, la viabilità di fondovalle. Le nevicate hanno raggiunto la pianura e sono state più intense sui settori meridionali e sud occidentali diminuendo progressivamente di intensità spostandosi verso nord. A causa delle abbondanti nevicate, l’attività valanghiva spontanea ha subito una brusca intensificazione con valanghe che, in particolare in Valle Gesso, hanno interessato la viabilità di fondovalle: le frazioni Tetti Gaina, Sant’Anna di Valdieri, San Lorenzo e Desertetto sono rimaste isolate. Soltanto nella tarda serata di domenica è stato aperto un passaggio nelle tre zone di accumulo che hanno interrotto la provinciale per le Terme (figura 8). La prima zona di accumulo, la più grande, ha raggiunto la strada subito dopo il bivio Terme-Entracque, la seconda ha coinvolto la strada poco a valle del paravalanghe e la terza ha coinvolto lo stesso paravalanghe. La provinciale di Desertetto è, invece, stata interrotta poco oltre San Lorenzo da una valanga che nel suo tragitto ha trasportato numerosi alberi e ha divelto il guardrail.
Al contrario, all’inizio della stagione invernale 2017-2018 e in particolare nel mese di dicembre 2017, sono state osservate numerose valanghe spontanee che hanno interessato, in alcuni casi, la viabilità di fondovalle. Le nevicate hanno raggiunto la pianura e sono state più intense sui settori meridionali e sud occidentali diminuendo progressivamente di intensità spostandosi verso nord. A causa delle abbondanti nevicate, l’attività valanghiva spontanea ha subito una brusca intensificazione con valanghe che, in particolare in Valle Gesso, hanno interessato la viabilità di fondovalle: le frazioni Tetti Gaina, Sant’Anna di Valdieri, San Lorenzo e Desertetto sono rimaste isolate. Soltanto nella tarda serata di domenica è stato aperto un passaggio nelle tre zone di accumulo che hanno interrotto la provinciale per le Terme (figura 8). La prima zona di accumulo, la più grande, ha raggiunto la strada subito dopo il bivio Terme-Entracque, la seconda ha coinvolto la strada poco a valle del paravalanghe e la terza ha coinvolto lo stesso paravalanghe. La provinciale di Desertetto è, invece, stata interrotta poco oltre San Lorenzo da una valanga che nel suo tragitto ha trasportato numerosi alberi e ha divelto il guardrail.
Figura 8
Sant’Anna di Valdieri. Operazioni di evacuazione della borgata - 04/12/2017 (a sinistra) Paravalanghe ormai sgombro dalla valanga - 18/12/2017 (a destra)
Foto: giornale “La Guida”
Pochi giorni dopo, l’ingresso di una saccatura polare sulla Spagna ha determinato, nelle giornate del 10 e 11 dicembre, un intenso flusso perturbato con nuove nevicate moderate o forti su tutto l’arco alpino piemontese. Le precipitazioni sono state accompagnate da venti meridionali forti, molto forti in quota.
Le brusche oscillazioni della quota neve e l’intensificazione della ventilazione sono state le cause predisponenti per il distacco delle valanghe spontanee segnalate in Valle Stura e Valle Maira.
In data 11 dicembre 2017, lungo la SP 422 che collega Stroppo e Acceglio, nei pressi di Monte Marmora, una valanga ha interessato la sede stradale per una larghezza di 20 metri con uno spessore di circa 2 metri. La valanga si è staccata 440 metri al di sopra della strada mentre a valle di essa si è originata la zona di accumulo. Sempre dallo stesso pendio esposto a Nord-Nord-Est, in prossimità delle Balze del Montone, un altro canalone poco inciso è stato sede di una valanga di dimensioni più ridotte che ha comunque interessato la SP422 circa 260 metri prima della deviazione per Marmora-Canosio. In questo caso la sede stradale è stata interessata per 10 metri di larghezza con un accumulo di circa 2 metri. Sempre nella stessa data, non distante dalle altre 2 valanghe, è stato segnalato un altro evento valanghivo a circa 280 metri dalla deviazione Marmora-Canosio. In questo caso la SP 422 è stata occupata per 40 metri di larghezza con accumuli superiori a 3 metri (figura 9). La zona di distacco è situata 200 metri a monte della strada ed è caratterizzata da un pendio scosceso privo di vegetazione dal quale si staccano più valanghe di ridotte dimensioni che confluiscono in un unico impluvio a monte della carreggiata.
Sempre l’11 dicembre 2017 ma in alta Valle Stura, quattro valanghe hanno ostruito la SS21 del Colle della Maddalena chiusa con Ordinanza: una di esse ha distrutto il guardrail per oltre 60 metri (figura 10).
Le brusche oscillazioni della quota neve e l’intensificazione della ventilazione sono state le cause predisponenti per il distacco delle valanghe spontanee segnalate in Valle Stura e Valle Maira.
In data 11 dicembre 2017, lungo la SP 422 che collega Stroppo e Acceglio, nei pressi di Monte Marmora, una valanga ha interessato la sede stradale per una larghezza di 20 metri con uno spessore di circa 2 metri. La valanga si è staccata 440 metri al di sopra della strada mentre a valle di essa si è originata la zona di accumulo. Sempre dallo stesso pendio esposto a Nord-Nord-Est, in prossimità delle Balze del Montone, un altro canalone poco inciso è stato sede di una valanga di dimensioni più ridotte che ha comunque interessato la SP422 circa 260 metri prima della deviazione per Marmora-Canosio. In questo caso la sede stradale è stata interessata per 10 metri di larghezza con un accumulo di circa 2 metri. Sempre nella stessa data, non distante dalle altre 2 valanghe, è stato segnalato un altro evento valanghivo a circa 280 metri dalla deviazione Marmora-Canosio. In questo caso la SP 422 è stata occupata per 40 metri di larghezza con accumuli superiori a 3 metri (figura 9). La zona di distacco è situata 200 metri a monte della strada ed è caratterizzata da un pendio scosceso privo di vegetazione dal quale si staccano più valanghe di ridotte dimensioni che confluiscono in un unico impluvio a monte della carreggiata.
Sempre l’11 dicembre 2017 ma in alta Valle Stura, quattro valanghe hanno ostruito la SS21 del Colle della Maddalena chiusa con Ordinanza: una di esse ha distrutto il guardrail per oltre 60 metri (figura 10).
Figura 9
Vista d’insieme delle tre valanghe che hanno interessato la SP422 - 11 dicembre 2017
Fonte: Arpa Piemonte
Figura 10
Colle della Maddalena. Danni al guardrail causati dalla valanga sulla statale - 11 dicembre 2017
Fonte: Arpa Piemonte
In figura 11 viene riportato il Servizio Informativo in Piemonte (SIVA), strumento di analisi e consultazione di dati cartografici, data base alfanumerici, fotografie e documenti storici associati, periodicamente aggiornato alla luce degli eventi valanghivi stagionali e del reperimento di nuovi dati.
Figura 11
Servizio “SIVA - Sistema Informativo Valanghe in Piemonte “
incidenti da valanga
Durante la stagione invernale 2016-17 sono stati registrati in totale 9 incidenti da valanga di cui per l’anno 2017 uno è avvenuto a metà gennaio, quattro a febbraio e l’ultimo a fine marzo.
Nei mesi di novembre e dicembre 2017 non sono stati segnalati ulteriori incidenti.
Per quanto concerne la distribuzione spaziale dei soli incidenti registrati nel corso del 2017, si è verificato un incidente in ciascuno dei seguenti settori: Alpi Cozie Nord, Cozie Nord di confine, Cozie Sud, Cozie Sud di confine, Marittime Occidentali e Marittime Orientali. La maggior parte degli incidenti (3 casi su 7) si sono verificati con grado di pericolo “3-Marcato”, due incidenti sono avvenuti con grado di pericolo “4-Forte” e uno con “1-Debole” in aumento per riscaldamento diurno.
In totale nel 2017 sono state travolte 17 persone, 11 delle quali sono rimaste illese, 5 sono state ferite e 1 è deceduta. Tutte le valanghe sono state provocate, ad eccezione di
Nei mesi di novembre e dicembre 2017 non sono stati segnalati ulteriori incidenti.
Per quanto concerne la distribuzione spaziale dei soli incidenti registrati nel corso del 2017, si è verificato un incidente in ciascuno dei seguenti settori: Alpi Cozie Nord, Cozie Nord di confine, Cozie Sud, Cozie Sud di confine, Marittime Occidentali e Marittime Orientali. La maggior parte degli incidenti (3 casi su 7) si sono verificati con grado di pericolo “3-Marcato”, due incidenti sono avvenuti con grado di pericolo “4-Forte” e uno con “1-Debole” in aumento per riscaldamento diurno.
In totale nel 2017 sono state travolte 17 persone, 11 delle quali sono rimaste illese, 5 sono state ferite e 1 è deceduta. Tutte le valanghe sono state provocate, ad eccezione di
una, nei pressi della cascata del Martinet (Sampeyre -CN), distaccatasi per sovraccarico naturale (forte nevicata). Gli incidenti sono avvenuti a quote medio basse, comprese tra 1.900 e 2.400 metri, e hanno coinvolto prevalentemente scialpinisti in discesa. La valanga che ha determinato le conseguenze più drammatiche è stata provocata l’11 febbraio 2017 in Valle Stura. In tarda mattinata un gruppo di 4 scialpinisti ha intrapreso la discesa della Testa di Fontanile (Demonte -CN) ed è entrato in un canale con pochi alberi che parte direttamente dalla vetta, ad una quota di circa 1.950 metri. Il passaggio di uno sciatore sul fianco sinistro orografico della zona ha provocato il distacco del lastrone di circa 50-60 cm di spessore. La valanga provocata, del tipo “a lastroni di superficie”, si è incanalata, con un’inclinazione di circa 30°, ed è stata caratterizzata da un fronte di circa 50 metri e si è arrestata dopo circa 100 metri di dislivello (figura 12).
Figura 12
Valle Stura. Vista frontale della valanga (a sinistra), dettaglio della zona di distacco (a destra) - 11 febbraio 2017
Fonte: Arpa Piemonte
La freccia indica il punto d’ingresso dello sciatore, la linea arancione il perimetro della zona di distacco e il cerchio indica dove è stata trovata la vittima.
Durante il suo scorrimento la valanga ha investito e seppellito completamente uno sciatore e lo ha trascinato per circa 100 metri di dislivello, un altro sciatore è stato coinvolto parzialmente e ha terminato la sua corsa contro un larice mentre altre 2 persone pur se trascinate per qualche decina di metri verso valle sono riuscite a liberarsi autonomamente e sono risultate illese. Lo sciatore completamente sepolto è stato individuato mediante ARTVA sotto 70 cm di neve dai compagni che hanno provveduto al disseppellimento, purtroppo non è sopravvissuto alla valanga.
Figura 13
Distribuzione del numero di incidenti nelle ultime 33 stagioni invernali
Per maggiori dettagli relativi alla stagione 2016-2107 consultare gli aggiornamenti futuri sul sito di Arpa Piemonte nella sezione “pubblicazioni”.
Per un report completo vedi rendiconto nivometrico.
Per un report completo vedi rendiconto nivometrico.
CRITICITA’ IDROLOGICHE ED IDRAULICHE del 2017
L’analisi, condotta a scala regionale, evidenzia il numero di situazioni in cui si è verificato un evento di moderata o elevata criticità per il rischio idrogeologico ed idraulico in almeno una zona di allerta, ai sensi della classificazione adottata in Piemonte dal “Disciplinare per la gestione organizzativa e funzionale del sistema di allertamento regionale ai fini di protezione civile” approvato con Delibera di Giunta Regionale del 23 marzo 2005, n. 37-15176.
Il 2017 è risultato solo il 4° anno più siccitoso degli ultimi 60 anni; le precipitazioni cadute nel corso dell’anno, sulla parte del bacino del fiume Po chiuso a valle della confluenza con il Ticino, sono state pari a circa 724 mm: tale dato è inferiore del 26 % rispetto al valore storico di riferimento (trentennio 1961-1990).
Gli unici due eventi temporaleschi che si sono verificati in Piemonte nel corso del 2017 sono avvenuti entrambi a giugno. Arpa Piemonte ne ha seguito l’evolversi attraverso il Centro Funzionale Regionale che ha garantito l’attività di previsione e monitoraggio dei fenomeni ad essi associati, a sup-porto del sistema di Protezione Civile Regionale.
Eventi temporaleschi del 3-5 giugno 2017
Nei giorni antecedenti l’evento del 3-6 giugno 2017, il Piemonte è stato interessato da un robusto promontorio di alta pressione di origine africana che ha determinato temperature ben al di sopra della norma del periodo, in particolare nei valori massimi ed ha favorito l’accumulo di umidità nei bassi strati atmosferici.
Sabato 3 giugno, in particolare dal pomeriggio, una saccatura atlantica si è approssimata all’arco alpino nordoccidentale indebolendo decisamente l’alta pressione presente sul Piemonte ed innescando una serie di rovesci temporaleschi sparsi sulle zone montane e pedemontane alpine, con locale sconfinamento nelle pianure adiacenti, in particolare del torinese.
Dalla serata di domenica 4 giugno, il flusso in quota sul Piemonte è diventato di natura ciclonica, mentre la saccatura presente sulla Penisola Iberica ha scalzato l’aria calda ivi presente. L’ingresso di aria più fresca sulle Alpi ha favorito la formazione di cumulonembi a forte sviluppo verticale che hanno dato origine a temporali pre-frontali localmente molto forti. Lunedì 5 giugno, la saccatura è entrata definitivamente nel bacino del Mediterraneo, con il suo centro principale di bassa pressione che è scivolato lungo le coste del nord Africa e con il ramo umido secondario che è transitato sul Piemonte.
La massima intensità oraria di pioggia, pari a 65,8 mm/h, è stata registrata dal pluviometro ubicato nel Comune di Lanzo (TO). Anche sui pluviometri di Varisella (TO) e Lanzo (TO) i massimi orari di precipitazioni sono risultati significativi e pari a 50,6 mm/h. Nella pianura del torinese sono stati registrati 49 mm in un’ora dal pluviometro di Rivoli la Perosa (TO) e 45 mm dal pluviometro di Venaria Ceronda (TO). Particolarmente intensa è stata anche la precipitazione massima oraria di Asti pari a 43,4 mm/h.
Le precipitazioni dell’evento a carattere temporalesco e localmente intense non hanno prodotto innalzamenti significativi dei livelli dei corsi d’acqua.
Per maggiori dettagli e approfondimenti consulta la relazione di evento.
Eventi temporaleschi del 25-28 giugno 2017
Tra il 25 e il 28 giugno 2017, il Piemonte è stato interessato dal veloce transito di due successive onde depressionarie di origine atlantica. Tali impulsi hanno determinato un deciso aumento dell’instabilità atmosferica, interrompendo le condizioni di tempo stabile e soleggiato associate alla presenza di un robusto promontorio di alta pressione di origine africana. L’area di alta pressione aveva stazionato per giorni sull’Europa centro-occidentale causando sul Piemonte temperature ben al di sopra della media del periodo.
Mentre il sud della Regione è stato interessato da precipitazioni modeste, a partire dal torinese si è registrato un progressivo aumento degli apporti meteorici con massimi di oltre 200 mm nella bassa val Sesia e sulle aree dei laghi d’Orta e Maggiore. Le durate più critiche sono state quelle oraria e tri-oraria, caratterizzate da tempi di ritorno di oltre 50 anni a Cesara (VB) e tra 20 e 50 anni altrove. Nel torinese, a Corio (TO) il tempo di ritorno della precipitazione massima oraria è stata di circa 50 anni, mentre sul medesimo intervallo a Torino Vallere si stima un tempo di ritorno di circa 20 anni.
Per maggiori dettagli e approfondimenti consulta la relazione di evento.
Il 2017 è risultato solo il 4° anno più siccitoso degli ultimi 60 anni; le precipitazioni cadute nel corso dell’anno, sulla parte del bacino del fiume Po chiuso a valle della confluenza con il Ticino, sono state pari a circa 724 mm: tale dato è inferiore del 26 % rispetto al valore storico di riferimento (trentennio 1961-1990).
Gli unici due eventi temporaleschi che si sono verificati in Piemonte nel corso del 2017 sono avvenuti entrambi a giugno. Arpa Piemonte ne ha seguito l’evolversi attraverso il Centro Funzionale Regionale che ha garantito l’attività di previsione e monitoraggio dei fenomeni ad essi associati, a sup-porto del sistema di Protezione Civile Regionale.
Eventi temporaleschi del 3-5 giugno 2017
Nei giorni antecedenti l’evento del 3-6 giugno 2017, il Piemonte è stato interessato da un robusto promontorio di alta pressione di origine africana che ha determinato temperature ben al di sopra della norma del periodo, in particolare nei valori massimi ed ha favorito l’accumulo di umidità nei bassi strati atmosferici.
Sabato 3 giugno, in particolare dal pomeriggio, una saccatura atlantica si è approssimata all’arco alpino nordoccidentale indebolendo decisamente l’alta pressione presente sul Piemonte ed innescando una serie di rovesci temporaleschi sparsi sulle zone montane e pedemontane alpine, con locale sconfinamento nelle pianure adiacenti, in particolare del torinese.
Dalla serata di domenica 4 giugno, il flusso in quota sul Piemonte è diventato di natura ciclonica, mentre la saccatura presente sulla Penisola Iberica ha scalzato l’aria calda ivi presente. L’ingresso di aria più fresca sulle Alpi ha favorito la formazione di cumulonembi a forte sviluppo verticale che hanno dato origine a temporali pre-frontali localmente molto forti. Lunedì 5 giugno, la saccatura è entrata definitivamente nel bacino del Mediterraneo, con il suo centro principale di bassa pressione che è scivolato lungo le coste del nord Africa e con il ramo umido secondario che è transitato sul Piemonte.
La massima intensità oraria di pioggia, pari a 65,8 mm/h, è stata registrata dal pluviometro ubicato nel Comune di Lanzo (TO). Anche sui pluviometri di Varisella (TO) e Lanzo (TO) i massimi orari di precipitazioni sono risultati significativi e pari a 50,6 mm/h. Nella pianura del torinese sono stati registrati 49 mm in un’ora dal pluviometro di Rivoli la Perosa (TO) e 45 mm dal pluviometro di Venaria Ceronda (TO). Particolarmente intensa è stata anche la precipitazione massima oraria di Asti pari a 43,4 mm/h.
Le precipitazioni dell’evento a carattere temporalesco e localmente intense non hanno prodotto innalzamenti significativi dei livelli dei corsi d’acqua.
Per maggiori dettagli e approfondimenti consulta la relazione di evento.
Eventi temporaleschi del 25-28 giugno 2017
Tra il 25 e il 28 giugno 2017, il Piemonte è stato interessato dal veloce transito di due successive onde depressionarie di origine atlantica. Tali impulsi hanno determinato un deciso aumento dell’instabilità atmosferica, interrompendo le condizioni di tempo stabile e soleggiato associate alla presenza di un robusto promontorio di alta pressione di origine africana. L’area di alta pressione aveva stazionato per giorni sull’Europa centro-occidentale causando sul Piemonte temperature ben al di sopra della media del periodo.
Mentre il sud della Regione è stato interessato da precipitazioni modeste, a partire dal torinese si è registrato un progressivo aumento degli apporti meteorici con massimi di oltre 200 mm nella bassa val Sesia e sulle aree dei laghi d’Orta e Maggiore. Le durate più critiche sono state quelle oraria e tri-oraria, caratterizzate da tempi di ritorno di oltre 50 anni a Cesara (VB) e tra 20 e 50 anni altrove. Nel torinese, a Corio (TO) il tempo di ritorno della precipitazione massima oraria è stata di circa 50 anni, mentre sul medesimo intervallo a Torino Vallere si stima un tempo di ritorno di circa 20 anni.
Per maggiori dettagli e approfondimenti consulta la relazione di evento.
Rilievo morfologico evento del 21-26 novembre 2016
Tra il 21 e il 25 novembre 2016 il Piemonte è stato interessato da precipitazioni intense, con valori di pioggia cumulata totale che hanno superato i 500 mm in corrispondenza della testata della Valle Tanaro, nel Pinerolese e nelle Valli di Lanzo e con valori comunque superiori ai 300 mm su tutti i settori prealpini occidentali e settentrionali, e sulle zone di confine con la Liguria. La rete idrografica principale e secondaria ha causato numerosi fenomeni di allagamento, con diffuse interruzioni della viabilità e con l'interruzione di collegamenti ferroviari e coinvolgimento di numerosi centri abitati.
Al fine di pervenire ad un quadro delle conoscenze più approfondito, strutturato e condiviso, nel corso del 2017 è stato istituito un Gruppo di Lavoro informale tra Arpa Piemonte, Regione Piemonte e CNR IRPI di Torino. L'obiettivo è stato quello di produrre una base dati condivisa dei danni e degli effetti al suolo (figura 14) e una cartografia di dettaglio sui corsi d’acqua principali (figura 15). Tutti i dati rilevati sono stati raccolti e sistematizzati all'interno della Banca dati Geologica di Arpa Piemonte e condivisi tra i vari enti. I prodotti sono distribuiti sul geoportale dell’Agenzia mediante servizio webGIS dedicato.
Al fine di pervenire ad un quadro delle conoscenze più approfondito, strutturato e condiviso, nel corso del 2017 è stato istituito un Gruppo di Lavoro informale tra Arpa Piemonte, Regione Piemonte e CNR IRPI di Torino. L'obiettivo è stato quello di produrre una base dati condivisa dei danni e degli effetti al suolo (figura 14) e una cartografia di dettaglio sui corsi d’acqua principali (figura 15). Tutti i dati rilevati sono stati raccolti e sistematizzati all'interno della Banca dati Geologica di Arpa Piemonte e condivisi tra i vari enti. I prodotti sono distribuiti sul geoportale dell’Agenzia mediante servizio webGIS dedicato.
Figura 14
Ubicazione e distribuzione territoriale dei fenomeni più significativi inseriti all'interno della banca dati geologica
Fonte: Arpa Piemonte
In totale sono stati censiti quasi mille fenomeni di dissesto che hanno determinato danni alle infrastrutture di vario tipo e interruzioni alla viabilità. Di questi circa i 2/3 sono legati all’attività fluviale e fluvio-torrentizia mentre il restante terzo è causato da fenomeni franosi. Si tratta nella maggior parte dei casi di piene fluviali legate ai corsi d’acqua principali, seguiti da fenomeni di trasporto in massa dovute all’idrografia secondaria e di piene di torrenti di basso ordine. Le infrastrutture interessate sono state per la maggior parte le vie di comunicazione, seguite da nuclei e centri abitati.
Figura 15
Rilievo morfologico di dettaglio degli effetti della piena. Zona di confluenza tra Bormida e Tanaro a nord di Alessandria
Figura 16
Distribuzione dei tipi di processi di dissesto rilevati
Fonte: Arpa Piemonte
Sui corsi d’acqua principali interessati dall’evento è stato effettuato un rilievo morfologico di dettaglio che ha permesso di raccogliere informazioni in merito alle aree inondate/allagate, ai principali depositi e processi erosivi, agli elementi morfologici significativi e ai massimi battenti idrometrici raggiunti.
Le attività di rilevamento sono state effettuate mediante sopralluoghi diretti di terreno, fotointerpretazione, raccolta e analisi di informazioni quali fotografie e registrazioni di varia natura e dall’analisi di voli effettuati con i droni. In particolare sono state utilizzate le fotografie da volo aereo effettuato da CGR, per conto di Regione Piemonte, nei giorni immediatamente successivi all’evento, sulle aste del Tanaro e del Bormida (da Acqui a confluenza con il Tanaro), sul Chisola (da Cumiana a Moncalieri) e sulla Dora Riparia nel tratto da Buttigliera Alta ad Alpignano. Nelle aree non coperte dal volo il dettaglio di rilievo è risultato necessariamente minore, anche se le immagini satellitari ottiche messe a disposizione a partire da meta 2017 da Google hanno permesso di integrare in modo significativo la mappatura.
I dati satellitari (COSMO SkyMed e Sentinel), disponibili grazie ai servizi di mappatura satellitare operativi a livello nazionale in collaborazione con l'Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e la Fondazione CIMA, e a livello europeo nell’ambito del programma Copernicus Emergency Management Service (EMS), sono risultati di particolare importanza nelle fasi preliminari di rilievo, permettendo di effettuare una prima mappatura delle aree interessate dalle piene del Po e del Tanaro.
Le attività di rilevamento sono state effettuate mediante sopralluoghi diretti di terreno, fotointerpretazione, raccolta e analisi di informazioni quali fotografie e registrazioni di varia natura e dall’analisi di voli effettuati con i droni. In particolare sono state utilizzate le fotografie da volo aereo effettuato da CGR, per conto di Regione Piemonte, nei giorni immediatamente successivi all’evento, sulle aste del Tanaro e del Bormida (da Acqui a confluenza con il Tanaro), sul Chisola (da Cumiana a Moncalieri) e sulla Dora Riparia nel tratto da Buttigliera Alta ad Alpignano. Nelle aree non coperte dal volo il dettaglio di rilievo è risultato necessariamente minore, anche se le immagini satellitari ottiche messe a disposizione a partire da meta 2017 da Google hanno permesso di integrare in modo significativo la mappatura.
I dati satellitari (COSMO SkyMed e Sentinel), disponibili grazie ai servizi di mappatura satellitare operativi a livello nazionale in collaborazione con l'Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e la Fondazione CIMA, e a livello europeo nell’ambito del programma Copernicus Emergency Management Service (EMS), sono risultati di particolare importanza nelle fasi preliminari di rilievo, permettendo di effettuare una prima mappatura delle aree interessate dalle piene del Po e del Tanaro.
Figura 17
Confronto tra le aree allagate rilevate dall’analisi dei dati radar derivanti dalla piattaforma satellitare Cosmo Skymed (in rosso) e i rilievi di terreno nella zona a nord della collina di Torino, Fiume Po
Fonte: Arpa Piemonte
La strutturazione delle informazioni raccolte all’interno della banca dati geologica ha permesso di effettuare in modo semplice un confronto tra gli effetti di questo evento e quelli passati. In figura 17 vengono confrontate le aree inondate/allagate tra i principali eventi alluvionali di riferimento e l’evento del novembre 2016 suddivise per bacino. Si noti come l’evento del novembre 2016 sia paragonabile (come area interessata) agli altri eventi alluvionali e nel caso del Chisola possa essere considerato come l’evento più significativo.
Figura 18
Confronto tra le superfici delle aree inondate/allagate tra i principali eventi alluvionali di riferimento e l’evento del novembre 2016 suddivise per bacino
Fonte: Arpa Piemonte
Confrontando le aree inondate/allagate in seguito all’evento del novembre 2016 con gli scenari di alluvione riportati nella Direttiva Alluvioni (Direttiva 2007/60/CE recepita con DLgs 49/10) si nota che nel bacino del Chisola sono state interessate aree al di fuori delle zone classificate con tempo di ritorno superiore ai 500 anni - Probabilità di alluvioni scarsa - (figura 19).
Figura 19
Confronto tra gli scenari di alluvione riportati nella direttiva alluvioni delle aree inondate/allagate e l’evento del novembre 2016
Fonte: Arpa Piemonte
Nella zona di confluenza con il Po a monte di Torino sono state interessate aree al di fuori delle zone classificate con tempo di ritorno superiore ai 500 anni (Probabilità di alluvioni scarsa).
Il ruolo della vegetazione nei corsi d'acqua
Si propone di seguito un quadro aggiornato sulle conoscenze e sugli studi relativi al ruolo della vegetazione nell'ambito della dinamica fluviale, con l’intento di inquadrare meglio una questione complessa, che solo grazie al supporto di adeguate valutazioni specialistiche basate su solidi fondamenti scientifici può essere compresa e affrontata all'interno di un processo di definizione delle politiche di salvaguardia dell'ambiente.
Consulta la relazione sul sito di Arpa
Consulta la relazione sul sito di Arpa
Figura 20
Dettaglio vegetazione intercettata dalle piglie di un ponte
Negli ultimi decenni, nonostante un crescente numero di studi abbia messo in evidenza il ruolo e i vantaggi della presenza del legno nei processi morfologici e sulla funzionalità degli ecosistemi, esiste ancora una consolidata pratica di asportazione del materiale legnoso in alveo, da una parte per scongiurare l'occlusione delle opere trasversali presenti lungo l'alveo e dall'altra per l'utilizzo della biomassa come fonte per il riscaldamento domestico.
All'interno del mondo scientifico ci sono diversi ambiti di studio relativi al ruolo della vegetazione legnosa “morta” presente in alveo, in base alla funzione e al valore del legname.
La vegetazione, in alveo e sulla piana inondabile, determina numerose interazioni con tutti i principali processi di modellamento geomorfologico (erosione, trasporto solido, sedimentazione), e di conseguenza con le forme fluviali, le variazioni indotte da tali processi e l'ecosistema acquatico.
Gli studi geomorfologici evidenziano come i diversi processi che interessano la dinamica del legno durante le inondazioni siano condizionati dalle caratteristiche peculiari di ciascun bacino idrografico e dalla portata della piena. Durante le piene minori, nella maggior parte dei sistemi fluviali, l’alimentazione di legno sembra limitata: soltanto pochi tronchi vengono mobilizzati (tra il 5 e 10%) e per brevi distanze. Durante piene maggiori (tempi di ritorno di 50-100 anni), il trasporto è notevole: il materiale legnoso proviene dall'erosione della piana inondabile (allargamento dell’alveo) e dall'instabilità dei versanti (frane e debris flow).
La letteratura disponibile evidenzia chiaramente quanto variabili siano i processi coinvolti nel trasporto del materiale legnoso e di conseguenza quanto impegnative siano la previsione e la gestione di tali processi. Entrano in gioco infatti la geologia e la morfometria del bacino, la gestione selvicolturale del territorio, la connettività tra i versanti e il corridoio fluviale e la potenza della piena, la quale influenza il grado di allargamento dell’alveo durante l’evento e quindi la quantità di legno “fresco” erosa resa disponibile al trasporto.
In Italia il recepimento delle normative europee Direttiva Quadro Acque 2000/60/CE e Direttiva Alluvioni 2007/60/CE ha imposto il duplice obiettivo di tutelare da un lato il ruolo della vegetazione come componente chiave degli ecosistemi fluviali e di valutare dall'altro il suo coinvolgimento nelle dinamiche di piena per prevedere gli interventi da attuare sul territorio per la riduzione del rischio. Le strategie di gestione per ridurre gli effetti negativi del trasporto di legno richiedono dunque un approccio multidisciplinare che, sull'intero bacino fluviale e a scala temporale adeguata, tenga conto dei processi idromorfologici, ecologici e dell'impatto sul sistema socio-economico.
All'interno del mondo scientifico ci sono diversi ambiti di studio relativi al ruolo della vegetazione legnosa “morta” presente in alveo, in base alla funzione e al valore del legname.
La vegetazione, in alveo e sulla piana inondabile, determina numerose interazioni con tutti i principali processi di modellamento geomorfologico (erosione, trasporto solido, sedimentazione), e di conseguenza con le forme fluviali, le variazioni indotte da tali processi e l'ecosistema acquatico.
Gli studi geomorfologici evidenziano come i diversi processi che interessano la dinamica del legno durante le inondazioni siano condizionati dalle caratteristiche peculiari di ciascun bacino idrografico e dalla portata della piena. Durante le piene minori, nella maggior parte dei sistemi fluviali, l’alimentazione di legno sembra limitata: soltanto pochi tronchi vengono mobilizzati (tra il 5 e 10%) e per brevi distanze. Durante piene maggiori (tempi di ritorno di 50-100 anni), il trasporto è notevole: il materiale legnoso proviene dall'erosione della piana inondabile (allargamento dell’alveo) e dall'instabilità dei versanti (frane e debris flow).
La letteratura disponibile evidenzia chiaramente quanto variabili siano i processi coinvolti nel trasporto del materiale legnoso e di conseguenza quanto impegnative siano la previsione e la gestione di tali processi. Entrano in gioco infatti la geologia e la morfometria del bacino, la gestione selvicolturale del territorio, la connettività tra i versanti e il corridoio fluviale e la potenza della piena, la quale influenza il grado di allargamento dell’alveo durante l’evento e quindi la quantità di legno “fresco” erosa resa disponibile al trasporto.
In Italia il recepimento delle normative europee Direttiva Quadro Acque 2000/60/CE e Direttiva Alluvioni 2007/60/CE ha imposto il duplice obiettivo di tutelare da un lato il ruolo della vegetazione come componente chiave degli ecosistemi fluviali e di valutare dall'altro il suo coinvolgimento nelle dinamiche di piena per prevedere gli interventi da attuare sul territorio per la riduzione del rischio. Le strategie di gestione per ridurre gli effetti negativi del trasporto di legno richiedono dunque un approccio multidisciplinare che, sull'intero bacino fluviale e a scala temporale adeguata, tenga conto dei processi idromorfologici, ecologici e dell'impatto sul sistema socio-economico.
Figura 21
Evento alluvionale novembre 1968 - Lanificio Botto Albino in fraz. Campore, Valle Strona (BI)
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