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AREE NATURALI TUTELATE

L'argomento Biodiversità rientra in un obiettivo dell'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile sottoscritta nel settembre 2015 dai Governi dei 193 Paesi dell'ONU.

Obiettivo 15: Proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell'ecosistema terrestre, gestire sostenibilmente le foreste, contrastare la desertificazione, arrestare e far retrocedere il degrado del terreno e fermare le politiche di diversità biologica.

Approvazione Misure di Conservazione sito specifiche e Piani di Gestione

Nel 2017 il processo per l’approvazione delle Misure di Conservazione sitospecifiche è stato ultimato e, conseguentemente, il MATTM ha emanato i relativi Decreti, designando 122 ZSC.
Contestualmente è stata avviata l’attività di aggiornamento, perfezionamento ed approvazione degli studi propedeutici ai Piani di Gestione dei siti della Rete Natura 2000, ai fini della loro approvazione. Ai sensi dell’art. 42 della l.r. 19/2009, le bozze dei Piani sono state rese disponibili per la consultazione e l’espressione delle eventuali osservazioni, da parte degli aventi diritto. 
Nel corso dell’anno 2018 sono stati approvati 23 Piani di Gestione con provvedimenti della Giunta Regionale.
Sul sito della Regione Piemonte sono consultabili tutti i documenti approvati.

GESTIONE E PROCESSO DI DELEGA

Per una più efficace conservazione degli habitat e delle specie, alla base dell’individuazione dei Siti di Rete Natura 2000, nell’ottica di una gestione più vicina alle esigenze del territorio e a una maggiore integrazione con le attività socio-economiche locali, è continuata l’attività per l’affidamento in delega della gestione dei Siti. L’affidamento è stato avviato mediante il confronto con gli Enti di gestione delle Aree naturali protette e gli altri soggetti deputati previa consultazione dei Comuni interessati e dei portatori di interesse, ai sensi dell’articolo 41 della l.r. 19/2009. Nel2018 e nei primi mesi del 2019 sono stati affidati in delega   54 Siti Rete Natura 2000 a diversi Enti di Gestione delle Aree protette regionali ed alla Città Metropolitana di Torino.

La definizione della Rete Ecologica Regionale

La Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile si è posta l’obiettivo di ridurre dal 50% al 30% le specie animali e vegetali minacciate, arrestando la perdita di biodiversità, garantendo una gestione sostenibile delle risorse naturali e creando una comunità con territori resilienti.
Nel corso del 2013 si sono avviate le attività propedeutiche alla creazione del gruppo di lavoro interdirezionale sulla Rete Ecologica Regionale.
Con la DGR n. 27-7183 approvata il 3 marzo 2014 è stato formalizzato tale gruppo di lavoro in cui è previsto il supporto tecnico scientifico della Struttura "Ambiente e Natura" di Arpa Piemonte.
L'obiettivo del gruppo di lavoro è coordinare, partendo dal livello regionale, l'implementazione del disegno di Rete Ecologica Regionale contenuto negli strumenti di pianificazione regionale e previsto dalla LR 19/2009 "Testo unico sulla tutela delle aree naturali e della biodiversità".

Al fine di raggiungere questo obiettivo, la Regione Piemonte ha preso parte al progetto Novara in Rete, assieme a Lipu (capofila), Provincia di Novara, Arpa Piemonte e Università di Pavia. Obiettivo: consolidare e approfondire le conoscenze utili a definire la Rete Ecologica della Provincia di Novara.
Il progetto è stato finanziato dalla fondazione Cariplo, nell'ambito del bando "Area Ambiente - Piano d'azione: Promuovere la sostenibilità ambientale a livello locale".

La ricerca, finalizzata all'individuazione delle Aree prioritarie per la conservazione della biodiversità nella Provincia di Novara, si è basata sull'ottenimento delle informazioni dirette da parte dei maggiori esperti presenti sul territorio.
Ecco qualche numero del progetto: quasi tre anni di lavoro; 270 mila Euro di budget; 26 esperti che hanno partecipato ai gruppi di lavoro; 21 aree sorgenti di biodiversità; 1.174 immagini utili per attestare 847 passaggi faunistici.

Perché la provincia di Novara? I processi di degrado si possono arrestare solamente con il miglioramento della funzionalità delle connessioni ecologiche e con la protezione dei collegamenti naturali tra l'area prealpina e la pianura. La provincia di Novara presenta caratteristiche che la rendono particolarmente interessante per il dualismo innato di quel territorio: lungo il Ticino e il Lago Maggiore ci sono centri urbani di medie dimensioni che la rendono simile alla zona pedemontana lombarda, mentre la parte sud è immersa in un contesto agricolo che la proietta verso la Pianura Padana.
Dato che la varietà del paesaggio è uno degli ingredienti principali della biodiversità, è facile comprendere come questa porzione di territorio si presti perfettamente a un progetto che connette contesti naturali e socioeconomici differenti, che tuttavia possono essere complementari.
La metodologia adottata, volta a identificare e cartografare le aree più importanti per la conservazione della biodiversità, è stata sviluppata precedentemente in Lombardia, Veneto, nei Carpazi e in altre aree del mondo e si può riassumere in questi sei punti:
  1. Identificazione delle aree sorgenti di biodiversità applicando il metodo espert based già utilizzato in Regione Lombardia (Bogliani et al, 2007)
  2. Applicazione a scala provinciale della metodologia regionale di riferimento per l'individuazione degli elementi della rete ecologica regionale (metodologia elaborata da Regione Piemonte e Arpa Piemonte e approvata dalla Giunta Regionale con la DGR n. 52 – 1979 del 31 luglio 2015 “Legge regionale del 29 giugno 2009, n. 19 "Testo unico sulla tutela delle aree naturali e della biodiversità". Approvazione della metodologia tecnico-scientifica di riferimento per l'individuazione degli elementi della rete ecologica regionale e la sua implementazione.”)
  3. Conseguente individuazione delle situazioni di maggiore criticità (es. restringimenti, previsioni in contrasto, infrastrutture impattanti) e delle maggiori criticità della matrice diffusa e delle aree sorgenti
  4. Analisi della rete ecologica attualmente identificata dal PTP a partire dalle componenti faunistiche e vegetazionali in base a quanto emerso dai precedenti approfondimenti
  5. Monitoraggio delle componenti faunistiche e vegetazionali di maggior rilievo
  6. Studio di fattibilità per gli interventi di deframmentazione del territorio in presenza di infrastrutture viarie o insediative su varchi critici
Gli ecosistemi non conoscono confini amministrativi e politici, dunque è necessario dotare le amministrazioni locali di strumenti conoscitivi utili a integrare e uniformare le politiche di pianificazione territoriale. La frammentazione del territorio e la distruzione degli habitat sono infatti la causa principale della perdita di biodiversità.
Il concetto di rete ecologica non nasce con questo lavoro: esso è già presente nell'ambito della pianificazione territoriale e paesaggistica a livello comunale, provinciale e regionale. Eppure, i diversi livelli politici e amministrativi non sempre creano strumenti di regolamentazione integrabili tra loro, a causa di scale di dettaglio non sempre uniformi, ma soprattutto per l'assenza di un approccio metodologico univoco.

Per ulteriori informazioni è possibile visitare l'apposita pagina del sito della Regione Piemonte, da cui è possibile scaricare tutti gli allegati progettuali.
La metodologia completa è presente come allegato alla suddetta DGR e sul sito dell'Arpa Piemonte.

I fontanili della pianura vercellese come caposaldo della rete ecologica nell’agroecosistema risicolo

La Provincia di Vercelli partner del progetto europeo “WeTNeT - Gestione coordinata e rete delle zone umide del Mediterraneo”, finanziato dalla Comunità Europea nell’ambito del Programma Interreg-MED, sta sviluppando un processo negoziato e volontario per il miglioramento della qualità ambientale e paesaggistica della bassa pianura risicola vercellese identificata quale zona umida da tutelare e valorizzare. L’area di progetto, di superficie complessiva pari a circa 700 km2 è compresa nelle aree idrografiche Basso Po e Basso Sesia e coincide indicativamente con l’ambito di paesaggio n. 24 “Pianura vercellese” del Piano Paesaggistico regionale (PPr), dal quale sono stati esclusi i comuni non risicoli. Attraverso l’applicazione di un sistema di regole e proposte condivise, che si rifanno alle Linee guida regionali per l’attuazione dei Contratti di fiume e lago, sarà sperimentato per la prima volta in Italia un Contratto di Zona Umida della Pianura Risicola Vercellese, coinvolgendo in questa definizione anche le risaie, come ecosistemi umidi artificiali che in determinate condizioni possono avere valenza di aree agricole di alto valore naturale, le cosiddette aree HNVF ai sensi della politica agricola comunitaria.
Il processo di analisi ha evidenziato una serie di problematiche e criticità alle quali il progetto, anche tramite la definizione di scenari alternativi, tende a dare risposte concrete attraverso la proposta di obiettivi e azioni. Tra le questioni di governance affrontate vi sono la riduzione perdita della biodiversità e ripristino del paesaggio, la qualità delle risorse idriche e la pianificazione delle compensazioni ecologiche. Un ruolo determinante nel miglioramento della qualità ambientale dell’ecosistema risicolo e della sua valorizzazione in chiave turistica e fruitiva, è stato riconosciuto alla Rete di connessione paesaggistica e in particolare alla Rete ecologica, individuata negli strumenti di pianificazione ai vari livelli di governo del territorio. Rispetto a tale tema, il Contratto di zona umida può configurarsi quale strumento per promuovere intese tra Comuni e soggetti pubblici e privati per promuovere l’attuazione integrata degli elementi della rete ecologica, della rete culturale e della rete di fruizione sociale così come definite dall’art. 42 delle norme di PPr.
Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale attribuisce al Sistema delle Reti Ecologiche un ruolo strategico per la riqualificazione delle aree agricole a bassa eterogeneità che caratterizzano l’area di progetto, distinguendo la Rete in una “prima Zona” (serbatoi di Naturalità) e, strettamente interconnessa alla prima, una “seconda Zona”, che è sostanzialmente una rete di progetto. Le norme di piano definiscono indirizzi, direttive e prescrizioni di tutela e miglioramento/incremento degli elementi della rete. L’individuazione della rete di progetto a scala locale è stata effettuata approfondendo l’analisi del ruolo svolto in essa dai fontanili, ambienti di risorgiva che nella Pianura Padana in sinistra idrografica del Po si estendono in modo pressoché continuo, e con una profondità variabile tra i tre e i trenta chilometri, dalla Dora Baltea sino all’Isonzo.
Con il supporto tecnico di Arpa Piemonte è stato effettuato un censimento dei fontanili presenti nella zona di maggior diffusione, tra Crescentino ed Olcenengo, che ha permesso di individuare 169 fontanili (figura 1) che sono stati registrati nella Banca Dati regionale delle Zone umide.
Il rilevamento della vegetazione riconducibile ai fontanili nel reticolo irriguo a valle dei fontanili della, unito al rilievo degli elementi strutturalmente funzionali alla connettività ecologica lungo le sponde dei corpi idrici a valle delle teste di fontanile, ha consentito di individuare i fossi e canali più importanti ai fini della rete ecologica (figura 2, parti in rosso), aggiornando con nuovi elementi la rete ecologica di secondo livello adottata dal Piano Territoriale della Provincia di Vercelli (parti in viola), strutturalmente connessa con la rete regionale di primo livello.
Il loro recepimento a livello di scala comunale, dovrebbe consentire di implementare azioni di tutela dei fontanili e interventi di rafforzamento della compagine vegetale naturale le aste dei fontanili in modo da costituire corridoi ecologici funzionali.

Figura 1
Uso del suolo nell’area di studio e fontanili censiti.
Sullo sfondo l’uso del suolo (in turchese le coltivazioni a riso)

Figura 2
Confronto fra rete ecologica precedentemente esistente (in viola) e nuova rete ecologica realizzata (in rosso)

Nell’area risicola della Bassa vercellese il fontanile si distingue dal resto della rete irrigua per la qualità delle acque e grazie alle sue condizioni termiche costanti può ospitare un pool di specie sia botaniche che faunistiche che costituiscono nell’ambito del territorio monoculturale risicolo un prezioso serbatoio di biodiversità da cui non si può prescindere nell’impostare strategie di rafforzamento della rete ecologica e di connessione tra i siti Natura 2000. Purtroppo, la loro stretta interdipendenza con l’ambiente coltivato, li espone a diversi tipi di impatti, dalla sottrazione di habitat lungo le sponde, all’utilizzo come recettore dei coli delle risaie, di fatto così degradando diversi ambienti. Da qui l’importanza di un monitoraggio che possa supportare accordi e politiche di conservazione nell’ambito del Contratto di Zona Umida e le misure del Piano di Sviluppo Rurale per la costituzione di elementi naturaliformi (Misura 4.4.1) e di sostegno alle aziende agricole in Rete Natura 2000 o rientranti nella definizione di Aree Agricole di Alto Valore Naturale.
Il fontanile può definirsi un microambiente artificialmente mantenuto in condizioni utili all’uomo; infatti è una modificazione di un suolo di pianura caratterizzato dalla presenza di una risorgiva naturale, al fine di imbrigliarne le acque e irreggimentarle nelle rogge che da essi defluiscono per alimentare la rete irrigua o per bonificare le zone paludose. L’origine di queste particolari opere di regimazione delle acque di superficie, risale all’ XI-XII secolo per prosciugare le zone palustri che caratterizzavano la padania. Con l’avvento della risicoltura la funzione irrigua è diventata prevalente.
Caratteristiche delle acque di risorgiva sono l'elevata limpidezza e la costanza termica mantenuta durante tutto l'arco dell'anno, con escursioni minime. Esse sono dovute alla provenienza sotterranea dell’acqua, che garantisce il riparo dalle variazioni climatiche superficiali e quindi è approssimativamente uguale alla media annua di quella dell’aria. Queste acque sgorgano a temperature che in media si aggirano intorno ai 10°-16°C, con escursioni termiche annuali raramente superiori ai 5°- 6°C, fredde d’estate (massimi in ottobre) e relativamente tiepide d’inverno (minime in febbraio-marzo).
La portata, ancorché lievemente influenzata dal regime delle piogge, è continua-costante, così le variazioni di livello, legate al gettito delle polle, almeno nell’arco dell’anno sono minime. Anche la limpidezza può essere considerata costante.
L'habitat dei fontanili è caratterizzato da vegetazione erbacea perenne formata da macrofite acquatiche a sviluppo prevalentemente subacqueo e da un pool di specie animali legate ecologicamente alla presenza dell’acqua o della vegetazione dei bordi di tali ambienti.
Tali piante sono riconducibili all’habitat dei “Fossi e canali a lento corso con vegetazione acquatica” tutelato dalla Direttiva europea Habitat con il codice 3260.
La vegetazione acquatica forma tra i filoni di acqua limpida delle zattere di erbe fluitanti che, ancorate al fondo, abbandonano la loro chioma al flusso della corrente con un effetto paesaggistico anche rilevante, che può diffondersi nel territorio per lunghi tratti, in assenza di contaminazione da acque di risaia.
Nelle zone marginali dell’alveo sono possibili contatti con piccoli boschetti umidi o comunità erbacee delle bordure dei canali, che possono attrarre diverse specie animali legate alla presenza dell’acqua come avifauna acquatica (a volte in alcune teste circondate da alti alberi possono ospitare anche garzaie), Odonati, Lepidotteri (la Licena delle paludi Lycaena dispar specie in Direttiva Habitat), anfibi e rettili.

L’informazione ambientale come risposta

L’ambiente è un bene pubblico è in quanto tale può essere ottenuto solo collettivamente, in un contesto di responsabilità diffuse e universali. I “benefici ambientali” non sono appropriabili né commerciabili, e dunque la loro comunicazione risponde a logiche pubbliche e di servizio e non privatistiche e di mercato.
L’azione pubblica è resa difficile dal crescente contenuto tecnico dei problemi ambientali e dal fatto che le “risorse ambientali collettive” (acque, atmosfera, ozono, clima, biodiversità ecc.) hanno caratteri “fisici” che sono per definizione non circoscrivibili.
In tale contesto, dunque, l’informazione pubblica ambientale assume un ruolo fondamentale: dalla definizione dell’agenda alla corretta descrizione di ciascun intervento, tutto ciò che riguarda le politiche ambientali si incontra – e spesso si scontra – con sensibilità, visioni e percezioni a prima vista inconciliabili.
Per quanto riguarda la tematica relativa alle Aree naturali protette la Regione Piemonte si è dotata da anni di strumenti volti a facilitare i flussi comunicativi per avvicinare i cittadini ai temi trattati, utilizzando un approccio divulgativo su vasta scala orientato a informare, coinvolgere, educare e ascoltare.
Gli strumenti utilizzati si sono evoluti negli anni e alla storica rivista Piemonte Parchi sono state affiancati una newsletter settimanale e la presenza sui principali social, cercando di dare sostanza alla normativa che pone l’informazione ambientale tra i diritti fondamentali dei cittadini (Decreto legislativo del 19 agosto 2005, n. 195 in attuazione della direttiva comunitaria 2003/4/CEE) dando particolare rilievo al principio per cui l'informazione ambientale sia fornita “sistematicamente […] anche attraverso i mezzi di telecomunicazione e gli strumenti informatici, in forme o formati facilmente consultabili”. Il lavoro viene svolto con la convinzione che una informazione continuativa e strutturata possa essere non solo il veicolo per promuovere la funzione e la fruizione delle Aree naturali protette ma che possa fornire il supporto per facilitare la comprensione di leggi e regolamenti da parte di un pubblico più vasto.