CAMBIAMENTI CLIMATICI E IMPATTI SULLA SALUTE UMANA
Clima e Salute
I dati climatici previsionali dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), il foro intergovernativo sul mutamento climatico, sono preoccupanti: negli ultimi 100 anni la temperatura media globale è salita di 0,74°C e in Europa l’aumento tra la fine del ventesimo secolo e gli inizi del ventunesimo è stimato tra i 2,3 e i 6°C. I cambiamenti climatici esporranno le popolazioni ad alterazioni della disponibilità e della qualità di acqua, aria, cibo, prodotti agricoli e mezzi di sussistenza. Durante il ventunesimo secolo il rendimento delle coltivazioni in Asia centrale potrebbero ridursi del 30% e questo comporterebbe un incremento della malnutrizione e lo spostamento incontrollato di intere popolazioni verso altre aree.
A questo occorre aggiungere la riduzione della disponibilità di acqua, i diffusione di nuove malattie per la migrazione dei vettori e dei patogeni e le variazioni della temperatura, che agiscono prima di tutto sulle popolazioni rurali più povere. L’area mediterranea è considerata particolarmente a rischio, basti pensare che in Italia, negli ultimi 50 anni, si è registrato un decremento delle precipitazioni del 14%. Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna sono le aree più colpite, ma anche le regioni settentrionali sono esposte a cambiamenti potenzialmente impattanti anche sulla salute umana.
Per integrare le conoscenze dei ricercatori in merito agli effetti dei cambiamenti climatici sulla salute e per avviare un nuovo programma di ricerca, l’Oms aveva già organizzato nel 2008 a Madrid un meeting di esperti al quale hanno partecipato oltre 80 scienziati provenienti da tutto il mondo ((e di cui sono disponibili anche i materiali audio e video).
L’incontro di Madrid aveva permesso di identificare 5 aree prioritarie di ricerca:
1. interazioni del clima con altri fattori che condizionano lo stato di salute, come sviluppo economico, urbanizzazione e accessibilità delle cure;
2. determinazione di effetti diretti (impatto a breve termine) e indiretti (impatto a lungo termine, come carenza di acqua e spostamenti delle popolazioni) dei cambiamenti climatici;
3. analisi dell’efficacia degli interventi a breve termine;
4. stima degli effetti sulla salute delle altre politiche per la lotta ai cambiamenti climatici, come la produzione dei biocarburanti;
5. rafforzamento dei sistemi sanitari.
Nel corso del 2015 l’OMS ha pubblicato infine un apposito volume dedicato agli effetti sanitari dei cambiamenti climatici, tra cui particolare importanza hanno le ondate di calore estremo estive, la cui frequenza è in aumento anche in Italia, come documentato anche sul sito del Ministero della Salute.
Lo stato delle conoscenze e i fattori di rischio
Studi epidemiologici in Europa e USA hanno evidenziato un impatto delle temperature estreme sulla salute in termini di incremento della mortalità e dei ricoveri ospedalieri soprattutto per cause cardiovascolari e respiratorie. Arpa Piemonte da diversi anni monitora gli effetti a breve termine delle temperature estreme (caldo, freddo) e ha collaborato allo sviluppo di metodologie di analisi di serie temporali. I risultati di tali progetti permettono di stimare l'incremento di mortalità e di ricoveri ospedalieri associati alle temperature estreme del periodo estivo e invernale, di analizzare variazioni geografiche e temporali del fenomeno.La mortalità correlata al caldo è dominata dalle differenze tra gli estremi delle temperature con il clima medio - specialmente precocemente in estate quando le persone non si sono ancora abituate alle temperature più alte - piuttosto che con l’aumento graduale delle temperature medie. Previsioni sul clima futuro suggeriscono che gli aumenti degli estremi in paragone alle temperature medie possono avvenire soprattutto nelle latitudini medie.
Inoltre, l’effetto delle ondate di caldo è esacerbato nelle grandi città a causa dell’effetto isolante urbano. Come l’area e la popolazione urbana cresce, sembra probabile che cresca anche la vulnerabilità alla mortalità da caldo.
Gli impatti potenziali delle tendenze a lungo termine sulla salute delle temperature medie, per esempio, sulla incidenza della malaria nelle terre montagnose dell’Africa, non sono state misurate in modo riproducibile. I dati disponibili al momento non permettono un controllo robusto dei fattori non climatici interferenti come le influenze socio-economiche, i quadri immunitari e gli effetti della resistenza ai farmaci. Comunque, le regioni al confine con aree ad alta endemicità di malattie sensibili al clima, dove al momento le temperature limitano la distribuzione geografica delle malattie (come la malaria nelle regioni montagnose dell’Africa) potrebbero essere a rischio in un clima più caldo.
Studi1 delle influenze climatiche sulle malattie infettive si sono principalmente incentrati sull’influenza dell’ENSO (El Nino Southern Oscillation). Si è trovato che ENSO è correlato alle incidenze di malaria in Sud America, la febbre della rift valley in Africa dell’est, la febbre dengue in Tailandia, la sindrome polmonare da Hantavirus nel sud-ovest degli USA, la malattia diarroica dei bambini in Perù e il colera in Bangladesh. Non è chiaro in questo stadio se il riscaldamento globale aumenterà significativamente l’ampiezza della variabilità da ENSO, ma se ciò avverrà, ci si aspetta che le regioni che circondano gli oceani Pacifico e Indiano siano le più vulnerabili nei rischi per la salute ai cambiamenti associati.
L’utilizzo della terra e i cambiamenti della superficie terrestre, inoltre, possono amplificare gli effetti degli eventi climatici estremi, sia sui risultati diretti sulla salute (per esempio sulla mortalità da caldo), sia sulle malattie infettive mediate ecologicamente in qualsiasi regione del mondo. Perciò, per valutare accuratamente gli impatti dei cambiamenti climatici futuri sulla salute, devono essere considerate anche le previsioni sui cambiamenti nell’uso della terra.
Arpa Piemonte contribuisce in particolare alle conoscenze sugli effetti del caldo, sorvegliando l’andamento della mortalità estiva nelle città capoluogo di provincia Piemontesi dal 2005.
1 Nature, vol. 438, 2005, pag.310-317; Jonathan A. Patz, Diarmid Campbell-Lendrum, Tracey Holloway & Jonathan A. F
Le strategie per combattere il degrado ambientale
Uno degli aspetti più critici del fenomeno in corso riguarda le disparità con cui i cambiamenti climatici colpiscono le diverse popolazioni: il divario tra le aree più povere e più vulnerabili e i Paesi industrializzati viene amplificato dai problemi legati al clima e inasprisce una situazione già di per sé difficile. La consapevolezza della necessità di adottare delle misure per minimizzare gli effetti dei cambiamenti climatici sta crescendo e con essa stanno emergendo nuove strategie per fare fronte al degrado ambientale. Le politiche legate all’energia, all’agricoltura e allo sfruttamento del suolo, non possono prescindere da analisi di tipo sanitario e sociale che tengano conto delle esigenze delle popolazioni svantaggiate. Condizionando l’agricoltura, l’allevamento, la distribuzione delle specie e la diffusione delle malattie, il clima ha ripercussioni importanti sulla sicurezza alimentare e sulla salute: il degrado ambientale, infatti, riduce la disponibilità di acqua e cibo e rischia di esacerbare la malnutrizione e le malattie ad essa legate.Le sfide dei sistemi sanitari
“Non si tratta di stabilire se sia o meno necessaria un’azione per la salute pubblica”, ha dichiarato Marc Danzon, direttore regionale dell’Oms Europa, “si tratta semmai di decidere cosa fare e come farlo”. I sistemi sanitari devono essere in grado di rispondere alle emergenze rafforzando il controllo e la protezione della salute (assicurando acqua pulita, misure igieniche adeguate, cibo e monitoraggio delle malattie), aumentando il livello di competenza professionale, fornendo informazioni opportune alla popolazione e difendendo le politiche di riduzione delle emissioni”. Quanto prima agiremo, tanto più alti saranno i benefici che ne trarremo e tanto più bassi i costi che dovremo sostenere, conclude Danzon.L’urgenza di avviare nuovi programmi di ricerca e strategie politiche innovative è proporzionale alla portata degli effetti dei cambiamenti climatici. “Le sfide che si aprono”, afferma Cathrine Geslaine-Lanéelle, direttore esecutivo dell’Efsa, “coinvolgono la sicurezza di cibo e mangimi, così come la salute di piante e animali”. Lo stesso ricorda Ezzeddine Boutrif, direttore della divisione di Protezione della nutrizione e dei consumatori della Fao: “I cambiamenti climatici hanno le loro maggiori implicazioni nella produzione del cibo e nell’alimentazione. Per garantire la disponibilità di cibo e acqua è necessario capire gli effetti del clima su ogni anello della catena alimentare e saper farvi fronte con un approccio multidisciplinare”.
Clima e malattie trasmesse da vettori
A livello nazionale, l’interesse è focalizzato principalmente su Chikungunya, Dengue, Zika e malattia West Nile, malattie che si sono già presentate sul territorio italiano ed europeo in forma autoctona. Mentre Chikungunya, Dengue e Zika sono trasmesse principalmente da zanzare del genere Aedes e hanno come ospite esclusivo l’uomo, la malattia West Nile viene trasmessa dalle zanzare del genere Culex e ha l’uomo e altri mammiferi come ospiti occasionali.
La presenza di queste malattie sono la testimonianza di un pericoloso intreccio tra globalizzazione e cambiamenti climatici.
Data la complessità delle attività di sorveglianza e intervento su tutto il comparto, la Regione Piemonte si è dotata di un Piano per la prevenzione e il contrasto delle malattie trasmesse da vettori e, da alcuni anni, attua un Piano regionale per la lotta alle zanzare che prevede il monitoraggio della presenza di vettori, la sorveglianza dei casi di Chikungunya, Dengue, Zika e malattia West Nile nell’uomo e negli animali, gli interventi di disinfestazione in zone in cui è presente la malattia nell’uomo o negli animali, gli interventi di controllo degli eventuali focolai, la campagna di informazione alla popolazione, la formazione degli operatori sanitari.
Il monitoraggio stagionale delle specie e delle dinamiche di popolazione delle zanzare viene effettuato sia in ambito urbano sia non urbano anche attraverso la georeferenziazione regionale dei punti di maggior rischio di diffusione della zanzara tigre (come i punti di commercio e di trattamento di copertoni esausti).
Informazioni di dettaglio alla pagina di Epicentro, portale dell'epidemiologia per la sanità pubblica.
Figura 1
Ciclo di trasmissione del West Nile Virus
Durante il 2018 sono stati segnalati: 9 casi di Dengue, nessun caso di Zika e di Chikungunya in persone residenti o domiciate in Piemonte. Si tratta di casi confermati secondo il criterio indicato nella circolare ministeriale emanata ogni anno a inizio della stagione estiva.
Dei 9 casi confermati di Dengue, in Piemonte, 6 si sono verificati nel periodo di maggiore attività del vettore (giugno – ottobre). Si tratta unicamente di casi sporadici importati. Le diagnosi riguardano esclusivamente viaggiatori, italiani in 8 casi su 9, provenienti da Paesi con trasmissione accertata di Dengue: Thailandia, Filippine, India, Indonesia, Angola e Cuba.
In Europa negli ultimi anni il West Nile Virus (WNV) è stato responsabile di epidemie in Italia, in Ungheria, in Romania, in Grecia, nella Federazione Russa e nell’area balcanica. Nel 2018, nei Paesi dell’Europa centro-meridionale, è stato registrato un aumento della circolazione del WNV con 1.503 casi umani complessivamente segnalati nell’anno di cui 595 diagnosticati nel nostro Paese.
Nel 2018, durante il periodo compreso tra fine luglio e fine ottobre, in Piemonte sono stati registrati 68 casi umani di infezione da West Nile virus (WNV), di cui 2 successivamente disconfermati.
La regione Piemonte, già da alcuni anni, in base all’andamento epidemiologico in ambito umano, veterinario ed entomologico è definita area geografica ad alto rischio di trasmissione di WNV. Questo ha reso necessario l’avvio di azioni dirette alla riduzione del rischio di trasmissione che includono sia misure di prevenzione sia azioni mirate contro il vettore. L’obiettivo di prevenzione che il Piano regionale si pone è quello di ridurre il rischio di trasmissione del West Nile virus (WNV) dalla persona infetta ad altre persone (trasfusione di sangue o emocomponenti, trapianti, trasmissione verticale) e dall’insetto vettore all’uomo.
In regione, è attiva una sorveglianza integrata entomologica, veterinaria e umana in base ai cui esiti (prima positività per West Nile virus in pool di zanzare o in avifauna o in equidi o segnalazione di un caso umano) si attivano le misure di prevenzione della trasmissione trasfusionale.
Per approfondimenti consulta il Rapporto del SEREMI.