Fattori che influenzano lo stato della risorsa
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AGRICOLTURA

Il comparto agricolo produce sia emissioni inquinanti dal punto di vista della qualità dell’aria (ammoniaca, particolato primario) che gas a effetto climalterante (metano, protossido di azoto).

Emissioni da agricoltura

Le emissioni di ammoniaca (NH3) dalle colture agricole sono distribuite in larga parte nel settore meridionale della provincia di Torino, nel cuneese e nel basso vercellese e, in parte minore, nel basso novarese e nell’alessandrino (figura 1). Le emissioni di particolato primario (PM10) risultano concentrate in un’unica vasta area a ridosso delle province di Vercelli e Novara, in quanto legate alla combustione a cielo aperto delle stoppie rimanenti dopo la mietitura dei cereali.
Per evidenziare i potenziali effetti dell’agricoltura non solo sulla qualità dell’aria, ma anche sui cambiamenti climatici, sono state rappresentate - sempre nelle carte tematiche di figura 1 - le emissioni di protossido di azoto (N2O) da agricoltura, suddivise a seconda dell’utilizzo o no di fertilizzanti nelle pratiche colturali, e le emissioni di metano (CH4) da risaie, senza l’utilizzo di fertilizzanti

1
Settori 10.01, 10.02 e 10.03, da classificazione SNAP.

Figura 1
Emissioni da agricoltura (PM10, NH3, NMVOC e CH4) - anno 2013

L’argomento Emissioni di ammoniaca prodotte dal settore agricolo rientra in un Obiettivo dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile sottoscritta nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU.

- Obiettivo 2: Sconfiggere la fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un'agricoltura sostenibile

Per evidenziare i potenziali effetti dell’agricoltura non solo sulla qualità dell’aria, ma anche sui cambiamenti climatici, sono state rappresentate - nelle carte tematiche di seguito riportate - le emissioni di protossido di azoto (N2O) da agricoltura, suddivise a seconda dell’utilizzo o no di fertilizzanti nelle pratiche colturali.

Figura 2
Emissioni da agricoltura di protossido di azoto (N2O) con e senza fertilizzanti - anno 2013

Nella tabella 1 vengono riportate le emissioni gassose complessive, considerando sia le colture agricole sia la zootecnia. La gestione delle colture agricole e la gestione dei reflui zootecnici presentano percentuali di emissioni simili (entrambe al 36%). In ambito provinciale il peso dei reflui zootecnici in provincia di Cuneo condiziona le emissioni di questa provincia (complessivamente 39%). Considerando invece solo il comparto agricolo, la provincia di Vercelli presenta le maggiori emissioni gassose, dovute essenzialmente alla coltura del riso.

Tabella 1
Riparto territoriale delle emissioni gassose (espresse come t CO2 equivalente l’anno) di origine agricola e zootecnica

Comparto

AL

AT

BI

CN

NO

TO

VCO

VC

Totale complessivo 

Gestione delle colture agricole, compresa fertilizzazione minerale

       122

         17

      45

        166

       284

       200

      10

        622

        1.467


37%

Gestione dei reflui zootecnici, dalla stalla alla distribuzione in campo

            62

         60

      29

        815

          56

        366

        6

         33

       1.431


36%

Emissioni fisiologiche degli animali ruminanti

         55

         50

       22

        551

         43

        328

        9

          22

       1.081


27%

Totale
complessivo

 238

127

 97

1.532

 384

 894

25

 680

3.978

 100%

 Percentuale

6%

3%

2%

39%

10%

22%

1%

17%

 100%

 

Fonte: stima IREA su dati 2013 Anagrafe regionale delle aziende agricole

I coefficienti emissivi vengono applicati al numero di capi allevati e alla superficie delle colture agricole di ciascun territorio.

Maggiori dettagli sono consultabili alla pagina web di Sistema Piemonte

L'ambiente di risaia: una possibile fonte di gas climalteranti e di particolato

Il riso è la coltura più importante al mondo per la nutrizione umana e la seconda per superficie coltivata con oltre 143 milioni di ettari, superata solamente dal frumento. In Europa il riso occupa circa 410.000 ettari, di cui oltre 116.000 in Piemonte, gestiti da oltre 2.000 aziende agricole.

Tabella 3
Caratteristiche delle aziende risicole - anno 2017

Province

Aziende
numero

Superficie totale ettari (ha)

AL

189

7.626

AT

 -

 -

BI

92

4.081

CN

9

197

NO

647

34.023

TO

4

122

VCO

 -

 -

VC

1.095

70.436

Piemonte

1.879

116.486

Fonte: Anagrafe agricola del Piemonte

In Italia il 75% della superficie a riso è coltivato in sommersione, poiché questo permette sia di soddisfare le esigenze idriche della coltura sia di svolgere una funzione termoregolatrice, limitando le escursioni termiche che la pianta subirebbe.
La situazione di anaerobiosi dell'ambiente sommerso è causa dell'emissione di metano (CH4), specialmente se le paglie vengono interrate in prossimità della sommersione, mentre, durante i drenaggi, la nitrificazione e denitrificazione microbica nel suolo producono protossido di azoto (N2O), soprattutto a seguito delle applicazioni di fertilizzanti azotati. A causa della peculiare tecnica colturale, il riso rappresenta, insieme alla zootecnia, uno dei settori agricoli caratterizzati da significative emissioni di gas serra.
Un ettaro coltivato a riso emette mediamente 3,52 kg di metano e 1,17 kg di protossido di azoto all'anno (metodologia Corinair).
A parità di quantità emessa, il metano ha un effetto serra sul clima circa 28 volte superiore a quello dell’anidride carbonica, il protossido oltre 300 volte superiore. Tecniche agronomiche alternative, volte ad una gestione ottimale dell’acqua e delle paglie per la mitigazione delle emissioni di CH4, possono essere adottate, ma non in tutti gli ambienti agrari; la ricerca scientifica lavora attivamente su questi temi da alcuni anni anche in Piemonte.

Un ulteriore fattore di pressione sulla qualità dell’aria è legato alla gestione delle paglie del riso. A causa della sua elevata percentuale di silice, la paglia di riso trova difficilmente un riutilizzo in zootecnia o nella produzione di energie rinnovabili, a differente delle paglie di altri cereali. In alcune tipologie di terreni, caratterizzati da una lenta degradazione della sostanza organica dei residui colturali, permane la tecnica tradizionale della bruciatura. Questo intervento è fonte di particolato, che nei mesi invernali, caratterizzati dall’inversione termica, ha un’estrema rilevanza sull’inquinamento atmosferico. La bruciatura, che è una pratica limitata a meno del 5% della superficie piemontese a riso, nell’ottica della tutela e della valorizzazione della sostanza organica del suolo agrario è in via di abbandono, anche grazie all’esplicito divieto previsto dalla LR 9/19 nel periodo tra il 1° settembre ed il 31 marzo di ogni anno.

Le stime fornite da Ente Nazionale Risi per il Piemonte indicano che la superficie seminata in asciutta è più che raddoppiata negli ultimi anni, passando dall’8 % della superficie complessiva a riso del 2010, al 19% nel 2016.