stato
Torna su

TERRITORIO PROTETTO


L’argomento Territorio Protetto rientra in un Obiettivo dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile in particolare l'Obiettivo 15:

Proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre



La tematica la vita sulla terra oltre ad essere prevista dall'Agenda 2030 all'obiettivo 15 è anche tra gli indicatori del BES del Dominio Ambiente.

la biodiversità

I dati sulla biodiversità in Piemonte evidenziano che il territorio piemontese è caratterizzato da una grande varietà di specie animali e vegetali. La presenza in Piemonte di 3 zone biogeografiche (alpina, continentale e mediterranea) garantisce un buon livello di biodiversità malgrado l’elevato grado di urbanizzazione, la presenza antropica diffusa e un elevato consumo di suolo.

In sintesi:
  • Specie vegetali: sono presenti più di 4.200 specie (Fonte: Banche Dati Naturalistiche della Regione Piemonte); inoltre per quanto riguarda le piante vascolari il Piemonte è la regione italiana più ricca di specie;
  • Fauna: 400 specie di uccelli, 113 specie di mammiferi, 56 di rettili e anfibi, 81 di pesci, 3730 di invertebrati, 20 di altri gruppi (Fonte: Banche Dati Naturalistiche della Regione Piemonte).

Studi recenti condotti su tutto l’arco alpino hanno evidenziato che le Alpi sud occidentali sono l’area che ospita la più elevata diversità floristica e il maggior numero di specie endemiche e rare della flora di alta montagna di tutte le Alpi.

Una problematica che minaccia la biodiversità regionale è rappresentata dalla presenza di un elevato numero di specie esotiche vegetali e animali.

Per quanto riguarda la componente vegetale, le entità censite sono 371, si tratta di un valore che corrisponde al 36% delle 1.023 specie vegetali esotiche segnalate in Italia e che colloca il Piemonte al terzo posto in Italia come numero di specie esotiche presenti.

Tuttavia la biodiversità si distribuisce in maniera disomogenea sul territorio a causa di diversi fattori di frammentazione sia naturali che antropici (principalmente l’incremento del consumo di suolo, la presenza antropica diffusa, lo sviluppo dell’agricoltura intensiva). Questi fattori determinano una riduzione del livello di biodiversità e del livello di connessione ecologica del territorio e quindi aumentano il rischio di estinzione di singole specie e una generale riduzione del livello di resilienza del territorio. Se le aree in cui si trovano distribuite le specie vengono connesse tra loro mediante dei corridoi ecologici, si creano i presupposti per ridurre il livello di frammentazione e isolamento delle popolazioni mediante la creazione di quella che viene definita Rete Ecologica.
GLI ASPETTI POSITIVI

La varietà di habitat e specie ancora presenti sul territorio regionale
La presenza di 3 zone biogeografiche (alpina, continentale e mediterranea) garantisce una notevole varietà di ambienti e di specie sul territorio piemontese; infatti, malgrado le diverse pressioni ambientali è presente ancora un buon livello di biodiversità.

La percentuale di territorio sottoposto a protezione
Il territorio sottoposto a protezione costituito da RN2000 + Aree Protette + Altre Aree (Zone contigue e Zone naturali di salvaguardia) si estende per 459.052 ettari complessivi interessando più del 18% del territorio regionale,rappresentando così la base della Rete Ecologica Regionale.

SISTEMA REGIONALE AREE PROTETTE e RETE NATURA 2000

La Regione Piemonte ha riconosciuto dal 1975 l'importanza dell'ambiente naturale in quanto valore universale attuale e per le generazioni future. Il Testo unico sulla tutela delle aree naturali e della biodiversità (LR 19/2009 s.m.i.), ha ridefinito le modalità per la conservazione della biodiversità e per la gestione dei territori facenti parte della rete ecologica regionale. Sono state istituite con legge regionale 104 Aree protette gestite da 12 Enti strumentali della Regione Piemonte e da enti locali - per un totale di 152.013 ettari - che si sommano a due Parchi Nazionali: il Gran Paradiso (istituito nel 1922) e la Val Grande (istituito nel 1992) che interessano complessivamente una superficie di 48.527 ettari. In totale quindi le aree protette insistenti sul territorio della Regione Piemonte hanno una superficie complessiva di 200.540 ettari.

Occorre però rammentare che il regime di tutela della biodiversità in Piemonte si traduce non solo nella identificazione di Parchi e Riserve naturali, quali aree naturali protette in senso territoriale e giuridico, ma anche nella presenza di siti della rete Natura 2000 (SIC - Siti di Importanza Comunitaria, ZSC - Zone Speciali di Conservazione e ZPS - Zone di protezione Speciali) istituiti ai sensi della Direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 21/05/92, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (direttiva Habitat), e della direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 30/11/09, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (direttiva Uccelli), nonché delle disposizioni nazionali in materia (DPR 357/1997- Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche). L'identificazione sul territorio regionale di 152 siti della Rete Natura 2000 che si sovrappongono territorialmente in molti casi, ma non in tutti, ai territori delle aree naturali protette piemontesi, ha comportato la protezione di altri territori, per un totale, comprensivo di altre zone importanti per la biodiversità (Aree contigue, Zone naturali di salvaguardia e altre aree) di 459.052 ettari complessivi interessando più del 18% del territorio regionale.

Tabella 1
Superficie territorio tutelato in Piemonte

Tipo di area

numero siti

ettari (ha)

% su superficie regionale

Aree Naturali Protette(*)

104

200.540

7,90

Altre aree (**)

26

54.440

2,14

Rete Natura 2000 (***)

 152

403.974

15,91

Totale

 

459.052

18,08


(*) 28 Parchi naturali regionali, 2 Parchi nazionali (considerando solo la porzione piemontese del Gran Paradiso), 67 Riserve naturali regionali
(**) 13 Aree Contigue, 13 Zone naturali di salvaguardia, 7 Riserve speciali e i corridoi Ecologici e altre aree importanti per la biodiversità
(***) 122 ZSC, 11 SIC, 51 ZPS

                                                                                           Fonte: Regione Piemonte

Ulteriori informazioni sono disponibili sul sito regionale pagina sulla biodiversità e aree naturali

Figura 1
La Rete Ecologica in Piemonte


Fonte: Regione Piemonte

Consulta il geoportale per la visualizzazione delle Zone Umide in Piemonte

La presenza della farfalla Zerinthia polyxena nella media Valle Susa

Si è concluso nel 2019 l’iter di studio e monitoraggio previsto dal protocollo sottoscritto in data 2 ottobre 2018 tra TELT e Regione Piemonte per l’approfondimento della situazione del popolamento del Lepidottero Zerynthia polyxena in Val Clarea in ottemperanza delle prescrizioni della DGR n. 17-6445 del 2 febbraio 2018 e delle Delibere CIPE 19/2015, 30/2018 e 39/2018 (in particolare le prescrizioni 135, 136 e 137) in merito all’ampliamento del cantiere de La Maddalena del progetto della Nuova Linea Ferroviaria Torino Lione - Sezione internazionale.
Lo studio effettuato dal Laboratorio di Zoologia del Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi dell’Università di Torino, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università per la parte di ecologia della pianta nutrice ha preso in considerazione, oltre alle aree richieste dalla prescrizione CIPE 135 ricadenti nel raggio di 2.5 km dal cantiere de La Maddalena, anche quelle ricadenti nel comune di Salbertrand, dove la farfalla era stata segnalata storicamente presente.

Figura 2 
Delibera CIPE: Area di studio per la farfalla Zerynthia polyxena

Fonte: DBIOS Università di Torino

La ricerca ha potuto determinare con precisione la numerosità delle varie popolazioni, il loro stato di salute e la capacità di spostamento tra le varie aree, grazie ad uno sforzo di campionamento intenso che cha ha previsto la presenza a tempo pieno per tutto il ciclo riproduttivo della specie (3 mesi) di diversi operatori specializzati che hanno compiuto uscite giornaliere e continuative per tutto il periodo catturando, geolocalizzando e marcando individualmente gli esemplari adulti di Zerynthia polyxena.
È stato inoltre allestito un laboratorio specializzato all’interno del museo “La Maddalena” a Chiomonte, dove è stato possibile eseguire esperimenti volti alla comprensione della scelta di ovideposizione su tre diverse possibili piante nutrici e studiare il tasso di accrescimento e sviluppo dei bruchi alimentati su diverse piante nutrici del genere Aristolochia. La vicinanza del laboratorio all’area di studio ha garantito un ottimale svolgimento delle attività sia di quelle in campo che quelle nello stesso laboratorio.

Figura 3
Bruco di Zerynthia che si alimenta su pianta nutrice del genere Aristolochia



Fonte: DBIOS Università di Torino

In contemporanea sono stati realizzati 79 rilievi per analizzare le condizioni microclimatiche della pianta nutrice del genere Aristolochia. Sono stati quindi rielaborati parametri vegetazionali, copertura forestale, parametri stazionali e climatici, che hanno consentito di definire le condizioni idonee per la specie e per la sua pianta nutrice, in modo anche da direzionare eventuali attività di habitat restoration.

Sono state riconosciute 5 sottopopolazioni distinte e non comunicanti, ricadenti nei comuni di Giaglione, Chiomonte e Salbertrand e specificatamente in aree a prato-pascolo formatisi su ex-coltivi, ed in parte soggette ad un processo di abbandono. Le sottopopolazioni indagate sono risultate estremamente frammentate e con densità molto basse. In generale anche gli altri parametri utilizzati per stimare il grado di salute delle sottopopolazioni risultano essere bassi, in particolare il tasso di dispersione tra gli individui come conseguenza di una possibile diminuzione della variabilità genetica.
Lo studio demografico, l'identificazione della pianta nutrice dei bruchi (rilevati esclusivamente su A. pallida) e l'individuazione delle caratteristiche di microhabitat hanno consentito di definire tramite tecniche di Population Viability Analysis (PVA) la probabilità di sopravvivenza a medio e lungo termine della specie nelle aree, calcolare la capacità portante dei siti (carrying capacity) e la sottrazione di habitat nei diversi scenari dei possibili ampliamenti del cantiere de La Maddalena.
Tutte le sottopopolazioni sono risultate vitali nel medio e lungo termine, ad eccezione di quella del cantiere de La Maddalena, a condizione che le modalità di gestione attuali rimangano invariate.
Nell’area del fondovalle Clarea la sottopopolazione si sviluppa in un piccolo terrazzo in sinistra Clarea in corrispondenza del bordo del previsto ampliamento e in zone strettamente adiacenti. In assenza di intervento, a causa del progredire della colonizzazione boschiva degli ambienti erbacei dove si sviluppa la pianta nutrice e del ridotto contingente di individui, è prevista la sua estinzione naturale in circa 40 anni. La realizzazione del cantiere ne determinerebbe invece l’estinzione in circa 2 anni.

Figura 4
Area di habitat della farfalla limitrofa al cantiere della Maddalena


Fonte: DBIOS Università di Torino

A tal fine si è studiata una modifica del cantiere che salvaguarderebbe una parte dell'habitat consentendo di allungare il periodo di sopravvivenza a circa 7 anni. Tale periodo consentirebbe un adeguato margine temporale per effettuare la traslocazione della pianta nutrice e dei bruchi provenienti dalla parte coinvolta nell’espansione del cantiere, in ambienti predisposti con interventi di diradamento forestale in aree individuate in prossimità e ritenute ecologicamente idonee realizzando anche radure a formare un corridoio ecologico che faciliti gli spostamenti degli adulti in ricerca di nuovi ambienti. Una tale operazione, mai tentata finora in Italia su popolazioni di lepidotteri ha possibilità di garantire la sopravvivenza della popolazione a medio e lungo termine, solo se tempestiva e continuamente monitorata per un periodo di tre anni, valutando i risultati ed eventualmente rivedendo gli interventi in itinere.
Il Tavolo Tecnico regionale ha ritenuto lo studio svolto esauriente nel soddisfare i requisiti di approfondimento scientifico enunciati nelle prescrizioni CIPE, ampliando le riflessioni e le prospettive che hanno guidato la stesura delle stesse. Dagli esiti dello studio emerge la necessità di tutelare la popolazione della Maddalena e, nonostante i risultati consentirebbero di non attivare obbligatoriamente le conseguenze della prescrizione 135 in quanto l’esistenza di altre sottopopolazioni vitali in valle costituirebbe premessa per altre colonizzazioni, la concreta definizione di interventi di mitigazione sul layout del cantiere e di miglioramento dell'habitat nell'intorno, consente di dare seguito ai disposti delle prescrizioni 136 e 137.
Il progetto esecutivo dell’intervento compensativo, redatto sulla base delle linee guida fornite dall’Università di Torino, è stato quindi approvato dal Tavolo Tecnico regionale dando modo di dare immediato seguito all’inizio lavori di restauro ecologico nella stagione attualmente in corso.
Nel frattempo, TELT ha verificato a livello progettuale la fattibilità della riduzione del perimetro del nuovo cantiere avviandone la revisione del progetto.

AREE DI VERDE URBANO

In relazione alle aree di verde urbano, dal 2014 al 2018 non si è assistito a variazioni nell’ambito delle singole città capoluogo.

È stata calcolata la presenza di aree verdi nelle città capoluogo di provincia come incidenza percentuale sulla superficie comunale.

La maggior incidenza di aree verdi sulla superficie urbanizzata delle città risulta a carico della città di Torino con il 15,3%. Il valore più basso è nella città di Alessandria con il 1,7%.

Figura 5
Densità di verde urbano nei comuni capoluogo di provincia/città metropolitana - Anni 2014-2018

Fonte: Istat

(1) Il totale delle aree verdi per i comuni di Torino e Verbania è stato cacolato al netto delle sovrapposizione tra le aree naturali protette e le aree verdi urbane (è consentito fare la somma di queste aree per il calcolo dell'indicatore di densità totale delle aree verdi).

Tutela degli insetti impollinatori previste dal Piano di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei fitofarmaci

Gli insetti impollinatori, e in particolare api e farfalle, sono di fondamentale importanza per il servizio ecosistemico dell’impollinazione, essenziale per la produttività agricola, la conservazione della biodiversità delle piante spontanee e la produzione di miele. Più dell’80% delle colture agricole e della flora spontanea dipende dall’impollinazione entomofila. Negli ultimi decenni si è assistito a un forte declino di questi insetti in tutto il mondo, dovuto a diverse cause che provocano la diminuzione delle specie e degli individui, tra cui l’utilizzo di prodotti fitosanitari in agricoltura.

Il Ministero dell’Ambiente dal 2015 ha finanziato un progetto, tuttora in corso, che terminerà a luglio 2020, coordinato da ISPRA e svolto in collaborazione con Arpa Piemonte, Università di Torino (Dipartimenti DBIOS e DISAFA), Università di Roma Tor Vergata (DIBIOS), finalizzato alla sperimentazione l’efficacia delle misure del Piano d’Azione Nazionale sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (PAN- DM 22/1/2014) per la tutela degli ecosistemi acquatici e della biodiversità nelle aree protette e nei Siti Natura 2000.

Il progetto ha preso in considerazione diverse tipologie di colture in Piemonte (vigneti e risaie) e nel Lazio (noccioleti e seminativi). Al fine di sperimentare l’efficacia di tali misure, grazie alla disponibilità di numerose aziende, sono stati selezionati campi gestiti con il metodo biologico (detti “biologici”) e campi in cui vengono effettuati trattamenti fitosanitari (detti “convenzionali) pressoché omologhi fra loro per le principali caratteristiche dell’ambiente in cui sono inseriti. In ciascuno di questi campi sono stati effettuati i campionamenti di diverse specie considerate indicatrici in quanto sensibili agli effetti dei prodotti fitosanitari.
Per effettuare il monitoraggio degli Apoidei (che includono api da miele e api selvatiche) e delle farfalle, in ciascun campo sperimentale sono stati effettuati dei censimenti mediante transetti lungo il quale sono state annotate le specie vegetali in fioritura, utili per gli impollinatori.

Per quanto riguarda le visite degli Apoidei sui fiori, sia in risaia sia in vigneto, cumulando i dati del biennio 2018-2019, si evidenzia un numero significativamente maggiore di individui che hanno bottinato nei campi “biologici” rispetto a quelli “convenzionali”. Lo stesso risultato si è ottenuto nell'agroecosistema noccioleto.

Figura 6
Confronto tra il numero di individui di Apoidei registrati in agroecosistemi biologici e convenzionali: risaia, vigneto e noccioleto- anni 2018-2019

Fonte: progetto coordinato da ISPRA e svolto in collaborazione con Arpa Piemonte, Università di Torino (Dipartimenti DBIOS e DISAFA), Università di Roma Tor Vergata (DIBIOS)

Figura 7
Apoidei in visita sui fiori presenti in risaia, vigneto e noccioleto

Ape
Foto margherita: Vincenzo Ferri, (l'apoideo è una Andrena sp.). Foto tarassaco: Monica Vercelli

In merito alle farfalle, nelle aziende a conduzione biologica è stata rilevata una maggiore diversità di farfalle, misurata come numero di specie e numero di individui. Più nel dettaglio, la ricchezza di farfalle in vigneto è stata rilevata molto alta, infatti sono state campionate un totale di 62 specie, corrispondenti a quasi ¼ delle farfalle del Piemonte. Inoltre, nei campi “biologici”, in tutte le colture analizzate, è stato registrato un numero di individui nettamente maggiore rispetto a quelli “convenzionali”.

L’area risicola, molto semplificata e omogenea, ha mostrato valori di diversità bassa (in termini di numero di specie). Ciononostante, la differenza tra “biologico” e “convenzionale” in queste colture è particolarmente accentuata, poiché il diserbo chimico di argini e canali provoca la riduzione di risorse trofiche, contribuendo a rendere l’ambiente di risaia inospitale per le farfalle ed anzi, spesso, diventando una “trappola ecologica”. Una gestione agricola che prevede, invece, un limitato o nullo apporto di prodotti fitosanitari permette lo sviluppo e il mantenimento di più numerose ed abbondanti piante erbacee, tra le quali le farfalle possono trovare piante nutrici per le loro larve e fonti di nettare da adulte.
Le risaie oggetto di tale progetto di monitoraggio ospitano, infine, una specie di interesse comunitario, Lycaenadispar, inserita negli allegati II e IV della Direttiva Habitat, che si nutre di alcune specie del genere Rumex, pianta igrofila che cresce lungo argini e canali.

Dai risultati ottenuti relativi al numero di specie vegetali utili agli impollinatori, emerge che le aziende “biologiche”, attraverso le pratiche agronomiche che attuano, garantiscono una presenza maggiore di fioriture utili agli impollinatori, anche in periodi in cui nell’ambiente non ci sarebbero risorse a disposizione.
Sia in risaia che in vigneto e noccioleto, il più alto numero di specie vegetali in fioritura utili agli impollinatori si è registrato nelle aziende “biologiche” rispetto a quelle “convenzionali”.Talvolta, è stata rilevata anche una discreta biodiversità vegetale in vigneti e risaie “convenzionali” che mantengono fasce inerbite o attuano alcune delle misure previste dal PAN. La riduzione dei trattamenti chimici operata in alcune aziende “convenzionali” influisce sicuramente sulle fonti di cibo disponibili per gli impollinatori.

Figura 8
Confronto tra il numero di individui di farfalle registrati (2018+2019) in agroecosistemi biologici e convenzionali: risaia , vigneto e noccioleto.

Fonte: Fonte: progetto coordinato da ISPRA e svolto in collaborazione con Arpa Piemonte, Università di Torino (Dipartimenti DBIOS e DISAFA), Università di Roma Tor Vergata (DIBIOS)

Figura 9
Licena delle Paludi (Lycaenadispar) specie protetta dalla normativa Europea,
registrata durante i campionamenti in risaia

Farfalla
Foto: Michela Audisio

Figura 10
Altra farfalla identificata nei campi sperimentali

Farfalla
Foto: Francesca Martelli

Per consultare il documento completo, consulta la rivista Bee Cool (pag 44).
Gli autori del documento sugli impollinatori sono: Susanna D’Antoni1, Monica Vercelli2, Michela Audisio3, Valter Bellucci1, Pietro Bianco1 Vincenzo Ferri4, Michela Gori1, Luisa Nazzini1, Enrico Rivella5, Monica Chiusolo5 Simona Bonelli3

1ISPRA - Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, Dipartimento per il monitoraggio e la tutela dell’ambiente e per la conservazione della biodiversità
2Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari, Università degli Studi di Torino
3Dipartimento di Scienzedella Vita e Biologia dei Sistemi, Università degli Studi di Torino
4 Dipartimento di Biologia, Università Roma 2 “Tor Vergata”
5Arpa Piemonte