Torna su
Sono 193 i Paesi membri dell’ONU che hanno sottoscritto nel 2015 l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, riconoscendo tra gli Obiettivi anche la “Lotta contro il cambiamento climatico”. L’Obiettivo 13 mira, infatti, a promuovere le azioni a tutti i livelli per combattere il cambiamento climatico.
L’accordo globale sul Clima: COP21
L’Accordo di Parigi, pietra miliare del percorso di implementazione della UNFCCC del 1990, mira a rafforzare la risposta mondiale alle minacce del cambiamento climatico in un contesto di sviluppo sostenibile e di eradicazione della povertà, ponendo tre grandi obiettivi generali:
L’Accordo sottolinea dunque la volontà comune di agire contestualmente sia sul fronte della mitigazione sia su quello dell’adattamento, nella consapevolezza che, a prescindere dalle azioni virtuose che saranno intraprese per la riduzione delle emissioni in atmosfera di gas ad effetto serra, i cambiamenti climatici sono comunque in atto e produrranno rilevanti impatti sull’ambiente e sui settori socioeconomici.
Mitigazione e adattamento sono azioni tra loro complementari, entrambe necessarie e urgenti, dalle quali possono scaturire significative sinergie.
Ogni Stato è chiamato, secondo le sue possibilità e condizioni di sviluppo, ad esplicitare le modalità con le quali si impegna a concorrere al raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Al contrario di quanto avvenuto per il Protocollo di Kyoto, i Paesi hanno presentato dei Contributi Nazionali Volontari (INDCs), che, in seguito alla ratifica dell’accordo, hanno assunto carattere prescrittivo, diventando Contributi Determinati su Base Nazionale (NDCs).
Aderendo, gli Stati si sono impegnati a ratificarlo secondo le procedure previste dai rispettivi ordinamenti nazionali; la fase di formale ratifica dell’Accordo, apertasi alle Nazioni Unite il 22 aprile 2016, si è conclusa il 21 aprile 2017 con la firma da parte di 175 Paesi, ben oltre il numero minimo di Paesi previsto dallo stesso Accordo. È entrato in vigore il 4 novembre 2016 quando le condizioni da soddisfare si sono verificate: almeno il 55% dei Paesi che rappresentano almeno il 55% delle emissioni globali di gas a effetto serra ha sottoscritto l'Accordo.
L'Italia lo ha ratificato il 27 ottobre 2016, giusto in tempo per l'inizio della Cop22 in Marocco.
L’Accordo, nel prevedere strumenti e meccanismi per facilitarne l’implementazione (capacity building e cooperazione internazionale), richiede agli Stati di predisporre un inventario nazionale delle fonti e degli assorbimenti delle emissioni antropogeniche di gas ad effetto serra e di produrre rapporti biennali nei quali inserire anche notizie in merito agli impatti dei cambiamenti climatici e agli adattamenti.
Entro il 2023 sarà redatto un primo “bilancio globale” circa i progressi fatti a scala planetaria per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo, bilancio che verrà aggiornato periodicamente informando la revisione dei Contributi Nazionali al fine di renderli più ambiziosi e coerenti con gli obiettivi dell’Accordo stesso.
L’Accordo prevede la possibilità di recedere non prima di tre anni dalla sua entrata in vigore, previa notifica al Segretariato ONU che diventa efficace solo dopo un anno rispetto alla data di ricevimento della notifica da parte del Segretario.
Nel 2017 il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato il recesso degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi. Tuttavia, gli USA sono ancora formalmente parte dell’Accordo, proprio in virtù del suddetto meccanismo di recesso che non consentirà al Paese di ritirarsi prima del novembre 2020.
L’Unione Europea è in prima linea negli sforzi internazionali in vista di un Accordo globale sul clima. Si è, infatti, impegnata per dar vita ad una coalizione di paesi sviluppati e in via di sviluppo per perseguire obiettivi ambiziosi nel contrasto al cambiamento climatico contribuendo così a determinare il risultato positivo della conferenza di Parigi.
L’Accordo di Parigi si presenta, dunque, come un ponte tra le politiche odierne e la neutralità rispetto al clima entro la fine del secolo.
Le COP dopo Parigi
La Proclamazione ha, inoltre, invitato tutti gli attori non statali a unirsi per un’azione e mobilitazione immediata e ambiziosa anche per partecipare al partenariato di Marrakech per il Global Climate Action, lanciato nel corso del Summit. Il partenariato supporta i governi e gli attori non statali verso la riduzione delle loro emissioni di GHG rapidamente e supporta le nazioni più vulnerabili.
Tra le molte iniziative, è importante segnalare il lancio della Piattaforma dei percorsi verso il 2050 che sostiene e condivide risorse per i Paesi che desiderano sviluppare strategie a lungo termine di forte riduzione delle emissioni di carbonio. Già 28 Stati, 15 città, 15 regioni e 196 imprese hanno aderito alla piattaforma. Tra queste anche la Regione Piemonte attraverso la Coalizione Under2Mou.
La COP22 ha anche fissato le procedure e il piano di lavoro che definiscono le modalità con cui continuare nel lavoro di implementazione dell’Accordo di Parigi.
Un buon risultato è stato raggiunto sul fronte dell’adattamento, mettendo a disposizione delle Parti una guida e un registro per comunicare le loro azioni in merito all’adattamento agli impatti dei cambiamenti climatici. A Katowice, è intervenuta anche Greta Thunberg, la giovane attivista svedese del movimento giovanile Fridays for future, portando all'attenzione dei decisori politici il suo punto di vista in merito all'inadeguatezza della loro azione nei confronti del cambiamento climatico al fine di garantire il futuro del nostro pianeta e delle generazioni che verranno.
Il Summit non ha però condiviso il modo in cui i Paesi aumenteranno i loro obiettivi di taglio delle emissioni. Al momento attuale, infatti, gli impegni dei singoli Stati garantirebbero un aumento delle temperature mondiali di ben 3 °C rispetto i livelli preindustriali, ossia 1,5 gradi in più rispetto quanto consigliato dal Report dell’IPCC del 2018. Il rapporto speciale dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) sancisce, infatti, che mantenere il riscaldamento globale a 1,5 °C rispetto a 2 °C potrebbe limitare molti impatti e quindi diminuire i danni su persone ed ecosistemi naturali.
La Conferenza di Madrid, la più duratura nella storia delle COP, si è però conclusa con risultati deludenti. Durante la Conferenza, infatti, non è stato trovato il consenso riguardo alla regolazione globale del mercato del carbonio accompagnata da una contabilità trasparente e capace di evitare i doppi conteggi. Il contendere riguarda in particolare la contabilizzazione delle azioni di mitigazione effettuate in altre parti del mondo. L’intesa non è stata trovata neanche riguardo agli aiuti per i “Loss and damage” dei Paesi più deboli, finalizzati ad incrementare il sostegno finanziario delle nazioni più ricche e sviluppate alle economie più povere del Pianeta e particolarmente colpite dal cambiamento climatico. Non è, infatti, stato formalizzato nessun impegno a fornire i 50 miliardi di dollari richiesti entro il 2022 per i territori colpiti da catastrofi climatiche.
Il testo conclusivo della COP25 sottolinea, comunque, l'urgenza di una maggiore ambizione al fine di garantire il massimo sforzo possibile di mitigazione e adattamento da parte di ogni Stato.
Le decisioni sul mercato del carbonio e sulla riduzione delle emissioni sono però state rimandate alla Conferenza sul clima di Glasgow, che avrebbe dovuto chiudere la fase preliminare del processo avviato a Parigi e inaugurare quella, ben più difficoltosa, della sua applicazione concreta.
Patricia Espinosa, segretario esecutivo delle Nazioni Unite per i cambiamenti climatici, ha dichiarato: “il COVID-19 è oggi la minaccia più urgente alla vita umana, ma non possiamo dimenticare che il cambiamento climatico è quella principale di lungo termine.”
Figura 7
L’adesione al Protocollo comporta un obbligo di reporting periodico delle azioni attivate in coerenza con gli impegni assunti. Per rendicontare i dati relativi alle emissioni verificate sul proprio territorio la Regione Piemonte ha utilizzato dal 2018 la sezione States and Regions della piattaforma CDP - Carbon Disclosure Project.
I progressi fatti dalla Coalizione negli ultimi 5 anni sono riportati nel Report dedicato: si è passati da 12 a 220 membri a livello globale, il 15% tra loro ha adottato l’obiettivo di neutralità climatica ed è stato raggiunto un potenziale di 4.6 - 5.0 Gt di riduzione delle emissioni di CO2eq annue, entro il 2030 (circa il 15% delle emissioni globali annue).
CDP – Carbon Disclosure Project
Figura 8
Nel grafico qui riportato vengono presentate le proiezioni delle emissioni di gas serra al 2050: la curva rossa proietta gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra (GHG) degli Stati e Regioni aderenti a CDP, mostrando la tendenza prevista dal 2017 al 2050. Questa è confrontata con la traiettoria delle emissioni dei Contributi Determinati su Base Nazionale (NDC) fino al 2030 – definiti con la ratifica dell’Accordo di Parigi – dei sette paesi in cui si trovano quegli Stati e Regioni: Australia, Brasile, Canada, Unione Europea, Messico, Norvegia e Stati Uniti (curva azzurra). La curva verde indica, invece, la traiettoria delle emissioni prevista che Stati e Regioni dovrebbero seguire per mantenere il riscaldamento globale a 1,5 °C. Nel breve termine, gli impegni dei governi di Stati e Regioni che hanno aderito al CDP (curva rossa) sono più ambiziosi delle loro controparti nazionali (curva azzurra) ma è evidente che occorrono comunque impegni più ambiziosi al fine di ottenere le necessarie riduzioni delle emissioni per limitare il riscaldamento globale a 1,5 ° C al di sopra dei livelli preindustriali.
Figura 9
ACCORDI INTERNAZIONALI
L’argomento Clima e Cambiamento climatico rientra negli Obiettivo dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile e in particolare nell'Obiettivo 13:
Promuovere azioni, a tutti i livelli, per combattere il cambiamento climatico
Promuovere azioni, a tutti i livelli, per combattere il cambiamento climatico
Sono 193 i Paesi membri dell’ONU che hanno sottoscritto nel 2015 l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, riconoscendo tra gli Obiettivi anche la “Lotta contro il cambiamento climatico”. L’Obiettivo 13 mira, infatti, a promuovere le azioni a tutti i livelli per combattere il cambiamento climatico.
L’accordo globale sul Clima: COP21
L’ Accordo sul clima è stato adottato nel dicembre 2015 a Parigi nel corso dei lavori della Conferenza delle Parti dell’UNFCCC - Convenzione Quadro dell’ONU sui cambiamenti climatici - (COP21) con il consenso unanime dei 197 Paesi rappresentati presso le Nazioni Unite. Si tratta del primo accordo universale e giuridicamente vincolante sul clima, che ha posto le basi per un’azione globale di contenimento della crescita della temperatura media del pianeta entro limiti ritenuti accettabili e, al contempo, per limitare gli impatti negativi dei cambiamenti climatici attraverso l’adattamento.
L’Accordo di Parigi, pietra miliare del percorso di implementazione della UNFCCC del 1990, mira a rafforzare la risposta mondiale alle minacce del cambiamento climatico in un contesto di sviluppo sostenibile e di eradicazione della povertà, ponendo tre grandi obiettivi generali:
- contenere la crescita della temperatura media globale della Terra ben al disotto dei 2 °C rispetto all’era preindustriale e fare ogni sforzo per limitare l’incremento entro 1,5 °C nella consapevolezza che ciò potrà significativamente ridurre rischi e impatti connessi con i cambiamenti climatici;
- accrescere la capacità di adattamento agli impatti avversi dei cambiamenti climatici, incrementare la resilienza e favorire uno sviluppo sostenibile a basso livello di emissioni in una modalità tale da non minacciare la produzione di cibo;
- costruire flussi finanziari coerenti con il percorso di uno sviluppo sostenibile dell’economia mondiale.
L’Accordo sottolinea dunque la volontà comune di agire contestualmente sia sul fronte della mitigazione sia su quello dell’adattamento, nella consapevolezza che, a prescindere dalle azioni virtuose che saranno intraprese per la riduzione delle emissioni in atmosfera di gas ad effetto serra, i cambiamenti climatici sono comunque in atto e produrranno rilevanti impatti sull’ambiente e sui settori socioeconomici.
Mitigazione e adattamento sono azioni tra loro complementari, entrambe necessarie e urgenti, dalle quali possono scaturire significative sinergie.
Ogni Stato è chiamato, secondo le sue possibilità e condizioni di sviluppo, ad esplicitare le modalità con le quali si impegna a concorrere al raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Al contrario di quanto avvenuto per il Protocollo di Kyoto, i Paesi hanno presentato dei Contributi Nazionali Volontari (INDCs), che, in seguito alla ratifica dell’accordo, hanno assunto carattere prescrittivo, diventando Contributi Determinati su Base Nazionale (NDCs).
Aderendo, gli Stati si sono impegnati a ratificarlo secondo le procedure previste dai rispettivi ordinamenti nazionali; la fase di formale ratifica dell’Accordo, apertasi alle Nazioni Unite il 22 aprile 2016, si è conclusa il 21 aprile 2017 con la firma da parte di 175 Paesi, ben oltre il numero minimo di Paesi previsto dallo stesso Accordo. È entrato in vigore il 4 novembre 2016 quando le condizioni da soddisfare si sono verificate: almeno il 55% dei Paesi che rappresentano almeno il 55% delle emissioni globali di gas a effetto serra ha sottoscritto l'Accordo.
L'Italia lo ha ratificato il 27 ottobre 2016, giusto in tempo per l'inizio della Cop22 in Marocco.
L’Accordo, nel prevedere strumenti e meccanismi per facilitarne l’implementazione (capacity building e cooperazione internazionale), richiede agli Stati di predisporre un inventario nazionale delle fonti e degli assorbimenti delle emissioni antropogeniche di gas ad effetto serra e di produrre rapporti biennali nei quali inserire anche notizie in merito agli impatti dei cambiamenti climatici e agli adattamenti.
Entro il 2023 sarà redatto un primo “bilancio globale” circa i progressi fatti a scala planetaria per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo, bilancio che verrà aggiornato periodicamente informando la revisione dei Contributi Nazionali al fine di renderli più ambiziosi e coerenti con gli obiettivi dell’Accordo stesso.
L’Accordo prevede la possibilità di recedere non prima di tre anni dalla sua entrata in vigore, previa notifica al Segretariato ONU che diventa efficace solo dopo un anno rispetto alla data di ricevimento della notifica da parte del Segretario.
Nel 2017 il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato il recesso degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi. Tuttavia, gli USA sono ancora formalmente parte dell’Accordo, proprio in virtù del suddetto meccanismo di recesso che non consentirà al Paese di ritirarsi prima del novembre 2020.
L’Unione Europea è in prima linea negli sforzi internazionali in vista di un Accordo globale sul clima. Si è, infatti, impegnata per dar vita ad una coalizione di paesi sviluppati e in via di sviluppo per perseguire obiettivi ambiziosi nel contrasto al cambiamento climatico contribuendo così a determinare il risultato positivo della conferenza di Parigi.
L’Accordo di Parigi si presenta, dunque, come un ponte tra le politiche odierne e la neutralità rispetto al clima entro la fine del secolo.
Le COP dopo Parigi
La strada di azione e implementazione dell’Accordo di Parigi è iniziata durante la 22esima Conferenza delle parti sul cambiamento climatico (COP 22), tenutasi a Marrakech a novembre 2016 e definita “La conferenza dell’azione”. Due le tematiche principalmente discusse: i piani della trasparenza e i piani di revisione. Come risultato, le quasi 200 nazioni partecipanti hanno adottato la “Proclamazione di Marrakech di azione per il clima e lo sviluppo sostenibile”, che ha messo in luce la volontà dei partecipanti di lavorare insieme per la rapida entrata in vigore dell’Accordo di Parigi.
La Proclamazione ha, inoltre, invitato tutti gli attori non statali a unirsi per un’azione e mobilitazione immediata e ambiziosa anche per partecipare al partenariato di Marrakech per il Global Climate Action, lanciato nel corso del Summit. Il partenariato supporta i governi e gli attori non statali verso la riduzione delle loro emissioni di GHG rapidamente e supporta le nazioni più vulnerabili.
Tra le molte iniziative, è importante segnalare il lancio della Piattaforma dei percorsi verso il 2050 che sostiene e condivide risorse per i Paesi che desiderano sviluppare strategie a lungo termine di forte riduzione delle emissioni di carbonio. Già 28 Stati, 15 città, 15 regioni e 196 imprese hanno aderito alla piattaforma. Tra queste anche la Regione Piemonte attraverso la Coalizione Under2Mou.
La COP22 ha anche fissato le procedure e il piano di lavoro che definiscono le modalità con cui continuare nel lavoro di implementazione dell’Accordo di Parigi.
La COP23, tenutasi a Bonn nel novembre 2017, è stata finalizzata ad analizzare i risultati raggiunti e a ri-orientare obiettivi ed azioni di mitigazione climatica globale. La Conferenza non ha però portato a risultati eclatanti.
Durante la COP23 sono state definite le procedure per arrivare alla revisione degli impegni degli Stati per il taglio delle emissioni di gas serra.
Durante la COP23 sono state definite le procedure per arrivare alla revisione degli impegni degli Stati per il taglio delle emissioni di gas serra.
Gli impegni presi a Parigi sono stati considerati quasi certamente insufficienti per raggiungere l'obiettivo dell'Accordo stesso (mantenere il riscaldamento globale entro i 2 gradi dai livelli preindustriali, possibilmente entro 1,5 gradi) e sono stati perciò valutati da riaggiornare.
La revisione degli impegni nazionali di decarbonizzazione è poi stata l'obiettivo della COP24 di Katowice tenutasi nel novembre 2018. La scelta di svolgerla in una città che è tra i più importanti centri carboniferi della Polonia, avrebbe voluto fornire esempio di economia “in transizione” verso una maggiore sostenibilità. Ad oggi a Katowice, tuttavia, il centrale ruolo economico del carbone rimane ancora evidente.
La revisione degli impegni nazionali di decarbonizzazione è poi stata l'obiettivo della COP24 di Katowice tenutasi nel novembre 2018. La scelta di svolgerla in una città che è tra i più importanti centri carboniferi della Polonia, avrebbe voluto fornire esempio di economia “in transizione” verso una maggiore sostenibilità. Ad oggi a Katowice, tuttavia, il centrale ruolo economico del carbone rimane ancora evidente.
Il negoziato ONU di Katowice si è concluso con l’adozione del ‘Katowice Climate Package’: le linee guida per attuare l’Accordo di Parigi. Il ‘Katowice Climate Package’ contiene norme e linee guida dettagliate per attuare l’Accordo globale sul clima adottato a Parigi nel 2015. Il pacchetto stabilisce innanzitutto in che modo i Paesi forniranno informazioni sui loro contributi nazionali per ridurre le emissioni (i cosiddetti Nationally Determined Contributions o NDC) comprese le misure di mitigazione e adattamento e i dettagli sulla finanza climatica destinata alle economie in via di sviluppo.
Un buon risultato è stato raggiunto sul fronte dell’adattamento, mettendo a disposizione delle Parti una guida e un registro per comunicare le loro azioni in merito all’adattamento agli impatti dei cambiamenti climatici. A Katowice, è intervenuta anche Greta Thunberg, la giovane attivista svedese del movimento giovanile Fridays for future, portando all'attenzione dei decisori politici il suo punto di vista in merito all'inadeguatezza della loro azione nei confronti del cambiamento climatico al fine di garantire il futuro del nostro pianeta e delle generazioni che verranno.
Il Summit non ha però condiviso il modo in cui i Paesi aumenteranno i loro obiettivi di taglio delle emissioni. Al momento attuale, infatti, gli impegni dei singoli Stati garantirebbero un aumento delle temperature mondiali di ben 3 °C rispetto i livelli preindustriali, ossia 1,5 gradi in più rispetto quanto consigliato dal Report dell’IPCC del 2018. Il rapporto speciale dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) sancisce, infatti, che mantenere il riscaldamento globale a 1,5 °C rispetto a 2 °C potrebbe limitare molti impatti e quindi diminuire i danni su persone ed ecosistemi naturali.
La COP25 si è tenuta a Madrid nel dicembre 2019 sotto la presidenza del Cile dove, contrariamente a quanto stabilito, non ha potuto svolgersi a causa dei disordini sociali. La Conferenza aveva l’obiettivo chiave di completare diverse questioni relative alla piena operatività dell'Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, avendo la potenzialità di rappresentare una svolta nei negoziati. La COP25 avrebbe, infatti, dovuto fornire il manuale operativo necessario per l’entrata in vigore dell’Accordo nel 2020, stabilendo le regole per i mercati del carbonio e altre forme di cooperazione internazionale ai sensi dell'Articolo 6 dell’Accordo stesso.
La Conferenza di Madrid, la più duratura nella storia delle COP, si è però conclusa con risultati deludenti. Durante la Conferenza, infatti, non è stato trovato il consenso riguardo alla regolazione globale del mercato del carbonio accompagnata da una contabilità trasparente e capace di evitare i doppi conteggi. Il contendere riguarda in particolare la contabilizzazione delle azioni di mitigazione effettuate in altre parti del mondo. L’intesa non è stata trovata neanche riguardo agli aiuti per i “Loss and damage” dei Paesi più deboli, finalizzati ad incrementare il sostegno finanziario delle nazioni più ricche e sviluppate alle economie più povere del Pianeta e particolarmente colpite dal cambiamento climatico. Non è, infatti, stato formalizzato nessun impegno a fornire i 50 miliardi di dollari richiesti entro il 2022 per i territori colpiti da catastrofi climatiche.
Il testo conclusivo della COP25 sottolinea, comunque, l'urgenza di una maggiore ambizione al fine di garantire il massimo sforzo possibile di mitigazione e adattamento da parte di ogni Stato.
Le decisioni sul mercato del carbonio e sulla riduzione delle emissioni sono però state rimandate alla Conferenza sul clima di Glasgow, che avrebbe dovuto chiudere la fase preliminare del processo avviato a Parigi e inaugurare quella, ben più difficoltosa, della sua applicazione concreta.
La COP26 di Glasgow, programmata a novembre 2020, è tuttavia stata rinviata a causa del COVID-19, per garantirne uno svolgimento ambizioso e inclusivo. Con essa, sono stati rimandati anche la sessione preparatoria “Pre-COP26” e l’evento dedicato ai giovani: “Youth4Climate: Driving Ambition” previsti svolgersi in Italia.
Patricia Espinosa, segretario esecutivo delle Nazioni Unite per i cambiamenti climatici, ha dichiarato: “il COVID-19 è oggi la minaccia più urgente alla vita umana, ma non possiamo dimenticare che il cambiamento climatico è quella principale di lungo termine.”
Gli impegni dei Governi locali sul clima
Protocollo Under2- Memorandum of Understanding (U2_MOU)
Under2 Coalition
Protocollo Under2- Memorandum of Understanding (U2_MOU)
Under2 Coalition
Alcuni governi regionali, consapevoli dell’importante ruolo che tale livello di governo del territorio svolge in tema di clima e con il preciso intento di spingere gli Stati ad adottare un accordo ambizioso, nelle more della formazione dell’Accordo di Parigi hanno dato vita ad un protocollo denominato Under2-Memorandum of Understanding (U2_MOU) ora identificato come Under2Coalition. "Under2" si riferisce all'obiettivo di limitare il riscaldamento globale a meno di 2 °C necessario per evitare i catastrofici cambiamenti climatici, ma anche all'obiettivo di limitare le emissioni di gas a effetto serra a meno di 2 tonnellate annue pro capite entro il 2050.
Obiettivo del protocollo è, infatti, quello di ridurre il livello di emissioni di gas climalteranti in modo coerente con una traiettoria di riduzione al 2050 dell’80-95 % rispetto al 1990 e/o di raggiungere una emissione pro capite inferiore a 2 tonnellate entro il 2050.
Il Protocollo U2_Mou, al quale la Regione Piemonte ha formalmente aderito nel dicembre 2015, impegna i sottoscrittori ad attuare politiche ambiziose in materia di mitigazione e adattamento.
L’adesione al protocollo consente ai sottoscrittori di condividere conoscenze e know how e lavorare insieme per cercare soluzioni che comportino benefici per l’ambiente e l’economia. Gli Stati e le Regioni, in questo modo, sono fortemente incentivati ad intraprendere azioni ambiziose sul clima e influenzare gli altri governi a fare altrettanto.
Al protocollo hanno finora aderito oltre 220 governi - tra i quali alcune Regioni italiane (Basilicata, Emilia-Romagna, Lombardia, Marche, Piemonte, Sardegna e Veneto) - che rappresentano 1.3 miliardi di persone (16% della popolazione globale) e il 43% del PIL dell'economia globale.
Obiettivo del protocollo è, infatti, quello di ridurre il livello di emissioni di gas climalteranti in modo coerente con una traiettoria di riduzione al 2050 dell’80-95 % rispetto al 1990 e/o di raggiungere una emissione pro capite inferiore a 2 tonnellate entro il 2050.
Il Protocollo U2_Mou, al quale la Regione Piemonte ha formalmente aderito nel dicembre 2015, impegna i sottoscrittori ad attuare politiche ambiziose in materia di mitigazione e adattamento.
L’adesione al protocollo consente ai sottoscrittori di condividere conoscenze e know how e lavorare insieme per cercare soluzioni che comportino benefici per l’ambiente e l’economia. Gli Stati e le Regioni, in questo modo, sono fortemente incentivati ad intraprendere azioni ambiziose sul clima e influenzare gli altri governi a fare altrettanto.
Al protocollo hanno finora aderito oltre 220 governi - tra i quali alcune Regioni italiane (Basilicata, Emilia-Romagna, Lombardia, Marche, Piemonte, Sardegna e Veneto) - che rappresentano 1.3 miliardi di persone (16% della popolazione globale) e il 43% del PIL dell'economia globale.
Figura 7
I governi che hanno aderito al protocollo U2_Mou, secondo il più recente aggiornamento di luglio 2019
L’adesione al Protocollo comporta un obbligo di reporting periodico delle azioni attivate in coerenza con gli impegni assunti. Per rendicontare i dati relativi alle emissioni verificate sul proprio territorio la Regione Piemonte ha utilizzato dal 2018 la sezione States and Regions della piattaforma CDP - Carbon Disclosure Project.
I progressi fatti dalla Coalizione negli ultimi 5 anni sono riportati nel Report dedicato: si è passati da 12 a 220 membri a livello globale, il 15% tra loro ha adottato l’obiettivo di neutralità climatica ed è stato raggiunto un potenziale di 4.6 - 5.0 Gt di riduzione delle emissioni di CO2eq annue, entro il 2030 (circa il 15% delle emissioni globali annue).
CDP – Carbon Disclosure Project
CDP (Carbon Disclosure Project) è un’organizzazione non profit internazionale che fornisce a imprese, autorità locali, governi e investitori un sistema globale di misurazione e rendicontazione ambientale.
Il CDP offre un sistema per misurare, rilevare, gestire e condividere a livello globale le informazioni riguardanti il cambiamento climatico.
Sono quattro i programmi supportati da CDP:
Se ne aggiunge uno specifico programma dedicato a città e regioni, il Cities, States and Regions Program. Ogni anno CDP, in collaborazione con Under2_MOU, produce un Rapporto di Sintesi sulle Dichiarazioni di Stati e Regioni che hanno caricato i propri dati sulla piattaforma: è possibile consultare il Rapporto 2019.
La Regione Piemonte aderisce dal 2018 al programma dedicato a Città e Regioni, anno in cui ha iniziato a compilare il questionario messo a disposizione dalla piattaforma CDP dedicato alle emissioni di gas climalteranti sul territorio regionale. La compilazione del questionario permette di mantenere sotto controllo le performance della nostra Regione in termini di emissioni e il relativo contributo positivo o negativo alla mitigazione del cambiamento climatico.
Il CDP offre un sistema per misurare, rilevare, gestire e condividere a livello globale le informazioni riguardanti il cambiamento climatico.
Sono quattro i programmi supportati da CDP:
- Climate Change Program
- Water Program
- Forests Program
- Supply Chain Program
Se ne aggiunge uno specifico programma dedicato a città e regioni, il Cities, States and Regions Program. Ogni anno CDP, in collaborazione con Under2_MOU, produce un Rapporto di Sintesi sulle Dichiarazioni di Stati e Regioni che hanno caricato i propri dati sulla piattaforma: è possibile consultare il Rapporto 2019.
La Regione Piemonte aderisce dal 2018 al programma dedicato a Città e Regioni, anno in cui ha iniziato a compilare il questionario messo a disposizione dalla piattaforma CDP dedicato alle emissioni di gas climalteranti sul territorio regionale. La compilazione del questionario permette di mantenere sotto controllo le performance della nostra Regione in termini di emissioni e il relativo contributo positivo o negativo alla mitigazione del cambiamento climatico.
Figura 8
Gli Stati e le Regioni che hanno dichiarato i propri dati attraverso CDP
Nel grafico qui riportato vengono presentate le proiezioni delle emissioni di gas serra al 2050: la curva rossa proietta gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra (GHG) degli Stati e Regioni aderenti a CDP, mostrando la tendenza prevista dal 2017 al 2050. Questa è confrontata con la traiettoria delle emissioni dei Contributi Determinati su Base Nazionale (NDC) fino al 2030 – definiti con la ratifica dell’Accordo di Parigi – dei sette paesi in cui si trovano quegli Stati e Regioni: Australia, Brasile, Canada, Unione Europea, Messico, Norvegia e Stati Uniti (curva azzurra). La curva verde indica, invece, la traiettoria delle emissioni prevista che Stati e Regioni dovrebbero seguire per mantenere il riscaldamento globale a 1,5 °C. Nel breve termine, gli impegni dei governi di Stati e Regioni che hanno aderito al CDP (curva rossa) sono più ambiziosi delle loro controparti nazionali (curva azzurra) ma è evidente che occorrono comunque impegni più ambiziosi al fine di ottenere le necessarie riduzioni delle emissioni per limitare il riscaldamento globale a 1,5 ° C al di sopra dei livelli preindustriali.