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PAESAGGIO

IL PAESAGGIO IN PIEMONTE

Il Piano Paesaggistico Regionale (Ppr) rappresenta il documento di riferimento per la conoscenza e il governo del sistema paesaggistico piemontese.
Il Ppr fonda le proprie scelte sull’analisi strutturale del territorio regionale, individuando i sistemi di relazioni di diversa complessità e caratterizzazione, indicando come sistema primario quello definito dai rapporti che si instaurano tra le dinamiche naturali dell’ecosistema, quelle vegetazionali e faunistiche, e gli aspetti climatici, idrogeomorfologici e pedologici.
L’analisi effettuata restituisce un panorama del territorio piemontese, articolato in diverse tipologie paesaggistiche, originate dalla stessa collocazione geografica situata alla testata del bacino padano. Tale posizione risulta determinante per la tipologia dei processi di morfogenesi, di costituzione dei lineamenti geomorfologici e di copertura delle terre. Ne discende un mosaico estremamente variegato di paesaggi, molti dei quali presentano caratteri di unicità nel contesto delle regioni circostanti, mentre altri vi si raccordano con continuità.
Il Piemonte ha infatti una tale complessità e articolazione del territorio da potersi presentare come un sistema di paesaggi identitari molto differenziati tra loro.

Figura 1 e 2
Tavola P1 del Ppr - Quadro strutturale e legenda


L’arco alpino, che racchiude e incornicia la pluralità dei paesaggi regionali assume un il carattere unificante; il rapporto della corona alpina con l’area centrale della regione e la città capitale non si esaurisce nella sola straordinaria relazione visiva (esaltata dalla sequenza delle alte vette e dei ghiacciai, e ricorrente nell’iconografia storica), ma assume rilievo sotto molteplici profili, da quello ecologico, a quello dell’infrastrutturazione storica e recente, a quello economico e produttivo, a quello della diversificazione nel tempo e nello spazio delle culture locali.
Gli sfondi montani e collinari costituiscono inoltre lo sfondo panoramico della pianura intramontana: nessuna regione padana è consolidata nell’immagine panoramica come il Piemonte, a partire dalle centinaia di belvedere e di itinerari di cornice o di crinale che consentono profonde visuali, per interi comprensori fino ad alcune città; occorre inoltre sottolineare la potenzialità delle aperture visuali fruibili dai punti di osservazione del paesaggio.

Il sistema idrografico e più precisamente  il “sistema dei fiumi” convergenti a raggiera sul Po che solca centralmente la testata del bacino padano; il disegno dei fiumi, leggibile da punti di vista elevati, ricorre nell’iconografia storica e spiega in larga misura la morfogenesi della regione, le sue “responsabilità” ecologiche nei confronti dell’intero bacino, i suoi processi di sviluppo economico e produttivo. Il sistema fluviale costituisce inoltre l’ossatura portante della rete ecologica regionale.

Figura 3
L'arco alpino (sinistra) e il "sistema" dei fiumi (destra)


Il pedemonte, la cui rilevanza nei processi di strutturazione insediativa spiega l’origine del nome stesso della regione. Si tratta di una fascia cruciale di tensione tra l’ecologia “naturale” della fascia montana e quella “antropica” della pianura, teatro privilegiato della proto-industrializzazione agli sbocchi delle vallate alpine. Oggi particolarmente esposta alle dinamiche diffusive di espansione urbana, che tendono a chiudere ogni varco di connessione e a cancellare progressivamente il ricco sistema di relazioni percettive.

Il sistema dei paesaggi agrari (la risaia, il vigneto, il frutteto, il sistema misto della fascia pedemontana) definito da trasformazioni antropiche, assume un ruolo dominante nella caratterizzazione alla scala locale, in primo luogo per le forme del paesaggio agrario e in misura complementare per l’interazione del paesaggio agrario stesso con le forme dell’insediamento storico (le cascine di pianura e di collina, i nuclei di valle, di terrazzo  montano e di crinale collinare) e dei percorsi storici (i percorsi montani dei valichi, le strade medioevali e sabaude indirizzate ai centri e ai complessi monumentali).
Il sistema urbano, più precisamente la gerarchia dei centri in cui si è articolata nei secoli la struttura insediativa regionale. Nonostante i grandi cambiamenti intervenuti nel corso dell’ultimo mezzo secolo (anche in virtù dell’“iper-polarizzazione” esercitata dal capoluogo regionale) abbiano reso quasi irriconoscibile l’antico rapporto tra le città e la campagna, il  ruolo dei centri urbani e in particolare delle “città  capitali” resta fondamentale nei processi di strutturazione dello spazio regionale e incrocia positivamente quello della matrice naturale.
In tal senso l’area metropolitana torinese, più precisamente quella “corona verde” in cui l’antica “corona di  delitie”, creata dal potere sabaudo attorno alla città capitale, si fonde con le trame complesse dell’organizzazione agricola periurbana e  con l’ossatura ecologica “a mano aperta” del sistema fluviale, in un insieme straordinariamente ricco di risorse e di fattori di degrado e destrutturazione.

Figura 4
Il pedemonte (sinistra) e la Corona Verde (destra)


Al contrario i centri minori, pedemontani soffrono per la perdita di identità della forma urbana, la sempre minore riconoscibilità degli elementi distintivi dei bordi e degli ingressi, scomparsi nella omogeneità banale delle espansioni urbanizzative recenti che costituiscono anche elemento di compromissione del paesaggio rurale perturbano.

Figura 5
Il sistema urbano


La complessità dei vari sistemi paesaggistici, insediativi, infrastrutturali e ambientali, riconosciuti dal Piano, è saldamente interrelata alla matrice rappresentata dal ricco sistema dei beni paesaggistico tutelati per legge quali fiumi, laghi, boschi ecc. (ex legge Galasso), dai 365 beni paesaggistici individuati per decreto, (a cui corrispondono specifiche prescrizioni d’uso per la loro conservazione e tutela) e da quelli individuati ai sensi degli articoli da 138 a 141 del Codice del paesaggio (es. Ex Tenimenti Mauriziani, Passerano Marmorito, Isola d’Asti) che rappresentano i primi casi in Piemonte di Dichiarazioni di notevole interesse pubblico emanate ai sensi del Codice.

I Paesaggi rurali storici

Il Piemonte presenta ancora un grande patrimonio di paesaggi rurali storici legati a pratiche agricole tradizionali, evolutesi sulla base di tecniche ingegnose, diversificate e a basso o nullo ricorso ad energie non rinnovabili, che ne hanno consentito attraverso i secoli il continuo adattamento alle condizioni ambientali ed economiche, spesso difficili.
Molti di essi oggi versano in condizioni critiche che ne minacciano le fondamenta, ma continuano pur nelle difficoltà a mantenere le caratteristiche principali, fornendo prodotti e servizi eco sistemici, contribuendo in questo modo alla qualità della vita e producendo paesaggi di grande bellezza.
Il Piano Paesaggistico Regionale, riconosce e dà ampio risalto alla loro valenza ed alla lettura delle sue componenti sull’intero territorio regionale, essendo il paesaggio piemontese permeato dagli aspetti legati alla condizione agricola delle terre.
La tutela dei paesaggi rurali storici rientra tra le priorità strategiche identificate dalla Politica Agraria Comune (PAC) dell’Unione Europea per la politica di sviluppo rurale, essendo ricompresa nella Focus area 4A del Regolamento 1305/2013 (salvaguardia, ripristino e miglioramento della biodiversità, dell’agricoltura ad alto valore naturalistico, nonché dell’assetto paesaggistico dell’Europa).
A livello nazionale il Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mipaaf) ha promosso le azioni locali di valorizzazione del territorio istituendo l’Osservatorio Nazionale del Paesaggio Rurale, delle pratiche agricole e conoscenze tradizionali (ONPR), con decreto 17070 del 2012.

Secondo la definizione dell’ONPR per paesaggio rurale di interesse storico, si intende una “porzione di territorio classificata come rurale, che pur continuando il suo processo evolutivo conserva evidenti testimonianze della sua origine e della sua storia, mantenendo un ruolo nella società e nell’economia.”
In pratica sono sistemi di usi del suolo che rispondono a precisi assetti di organizzazione spaziale dell’attività agricola e mostrano caratteristiche di tradizionalità e/o storicità per caratteristiche di dimensione e forma degli appezzamenti e loro bordature (siepi, muretti), ordinamento colturale (colture, forme di allevamento, sistema o architettura dell’impianto, tecniche agronomiche), sistemazioni idraulico-agrarie (muretti a secco, terrazzamenti, ciglionamenti, ecc..), presenza di manufatti del patrimonio di architettura rurale e di insediamenti di uso agricolo, forestale e pastorale.

La tutela dei paesaggi rurali tradizionali di interesse storico non può avvenire tramite l’imposizione di vincoli, che non possono impedirne l’abbandono, ma solo se le comunità locali ne riconoscono l’importanza e vengono attivati processi di integrazione tra vendita di prodotti agro-alimentari, turismo rurale e valorizzazione del paesaggio.

Una concreta possibilità di tutela del paesaggio è offerta dalla normativa nazionale e va sotto il nome di “Registro Nazionale dei Paesaggi Rurali storici” che è stato costituito presso il Ministero al fine di identificare e catalogare sul territorio nazionale “i paesaggi rurali tradizionali o di interesse storico, le pratiche e le 
conoscenze tradizionali, definendo la loro significatività, integrità e vulnerabilità, tenendo conto sia di valutazioni scientifiche, sia dei valori che sono loro attribuiti dalle comunità, dai soggetti e dalle popolazioni interessate”.
L’iter previsto per il loro riconoscimento prevede una verifica dei requisiti di ammissibilità da parte dell'Osservatorio Nazionale del Paesaggio rurale, l’approvazione in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni e infine ad un Decreto a firma del Ministro, contenente la menzione che esplicita i motivi del riconoscimento.
L’iscrizione di un territorio nel Registro nazionale dà modo non solo di poter essere selezionato per l’inserimento nella Rete UNESCO, ma anche di attivare una serie di strumenti per rendere la conservazione del paesaggio tradizionale un fattore competitivo a favore delle imprese agricole e turistiche: dall’introduzione di marchi per dare alle produzioni agro-alimentari potere di mercato, allo sviluppo del turismo verde e alla possibilità di accedere ad incentivi erogati dal Piano di Sviluppo Rurale per la gestione e manutenzione del paesaggio, ma anche all’individuazione di percorsi tecnologici innovativi compatibili con la sua conservazione.
Per godere di questa redditività, occorre un radicale cambiamento di visione, che pone l’uomo al centro del contesto agricolo non più come soggetto che turba l’ecosistema esistente con una forma di agricoltura intensiva ma, al contrario, come artefice principale nel mantenimento della biodiversità e nella conservazione del paesaggio.

Tra i 14 paesaggi ad oggi riconosciuti in Italia non figurano territori piemontesi, ma tre candidature sono pervenute in questi anni di prima operatività: i Paesaggi terrazzati viticoli alle falde del Mombarone (Anfiteatro Morenico di Ivrea), I Ciabòt d’Alta Langa e gli Alpeggi della Raschera. Altri territori regionali si sono attivati per presentare una candidatura come le Terre del Boca, senza però ancora essere arrivati a concretizzarla.
Redigere il dossier di presentazione non è un’operazione né semplice né breve; sono necessari studi territoriali a vari step con descrizioni comparate tra anni ’50 e oggi della proprietà fondiaria, dell’assetto economico e produttivo e degli elementi di significatività (persistenza, unicità, integrità) del paesaggio storico, con valutazioni della loro integrità e degli elementi di vulnerabilità (fragilità intrinseca degli assetti paesaggistici), degli aspetti compositivi e visivi, delle attività di conservazione e promozione della civiltà contadina, il tutto corredato da un’importante rappresentazione cartografica.

Nel frattempo, altri quattro territori regionali, che erano stati individuati per il Piemonte da una ricerca propedeutica al Registro promossa dal Ministero con 14 università italiane ed alcuni Enti di ricerca internazionali (pubblicata come "Catalogo nazionale dei paesaggi rurali storici" 2010, ed. Laterza), hanno sperimentato per conto della Rete Rurale Nazionale e dell’ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) un percorso di valorizzazione del loro paesaggio, tramite la redazione di mappe condivise via web con il tool Google My Maps, realizzate da ARPA Piemonte.
Si tratta di due paesaggi nella pianura risicola vercellese: la Baraggia vercellese e biellese il Bosco delle Sorti della Partecipanza di Trino, ed altrettanti nelle colline dell’Alta Langa: il Sistema policolturale della Valle Uzzone e i Pascoli arborati di Roccaverano. Questi paesaggi sono stati selezionati dalla Rete Rurale Nazionale come caso pilota nazionale per realizzare un progetto ad hoc che mira a sensibilizzare le popolazioni locali e i soggetti pubblici o privati interessati alla divulgazione dei contenuti informativi afferenti ai territori.
Le mappe sono visualizzabili assieme ad altre 80 distribuite in tutto il Paese sul sito di Reterurale, dove è visibile anche la mappa di un quinto paesaggio storico “Altipiano della Vauda” realizzata da ISMEA.
Sulle mappe sono localizzati, con icone che rimandano a brevi testi descrittivi e foto, elementi del paesaggio raggiungibili in auto o a piedi secondo le indicazioni fornite dal navigatore di Google Maps. Gli elementi sono articolati secondo una struttura in 7 livelli informativi corrispondenti a diversi tipi di icone
  • Usi del suolo tradizionali
  • Sistemazioni idraulico agrarie
  • Edifici rurali storici
  • Altri luoghi di interesse
  • Produzioni tipiche locali
  • Aspetti geomorfologici
  • Luoghi di interesse nelle vicinanze

Questo strumento, oltre a rendere fruibili ai visitatori su canali di comunicazione ad ampio raggio e di facile accesso, le 
caratteristiche dei paesaggi, consente anche di attivare percorsi di promozione, attraverso la cooperazione territoriale per implementare quella multifunzionalità agricola che è strategica per lo sviluppo in chiave moderna di un’efficace e capillare custodia di questi paesaggi.

Nel corso del 2020 Arpa Piemonte si sta occupando in collaborazione con gli enti territoriali e i portatori d’interessi locali di valorizzare le mappe realizzate sotto gli aspetti ambientali, sociali, didattici e culturali al fine di attuare in modo organico strategie di tutela.

Interessarsi alla tutela e valorizzazione dei paesaggi rurali storici è molto importante sotto il profilo ambientale, perché non sono solo parte integrante del patrimonio culturale ed elemento identitario fondamentale per lo sviluppo del turismo rurale, ma anche come testimonianza di modi sostenibili di coltivare nelle peculiari condizioni geomorfologiche e climatiche che caratterizzano le diverse parti del territorio. Inoltre favoriscono la conservazione e il presidio dell’assetto idrogeologico e possono svolgere attraverso la promozione delle produzioni agro-alimentari del territorio un ruolo importante per la transizione ad un’agricoltura più attenta ai valori della biodiversità, sia quella delle varietà coltivate sia quella associata agli ecosistemi naturali che storicamente si sono coevoluti con le coltivazioni, soprattutto in un territorio come quello italiano, erede di una lunga storia di cultura agricola.

In questo modo i paesaggi rurali storici possono diventare una sorta di laboratorio per pratiche colturali che tendono verso un concetto di benessere e salute che agisce su più livelli rispetto alle tecniche produttive e varietà che si sono diffuse nel nostro paese dal secondo dopoguerra che a fronte degli innegabili benefici sulla qualità della vita hanno prodotto omologazione ambientale, progressiva perdita delle specificità produttive e l’abbandono delle aree rimaste marginali a questi modelli, provocandone la perdita di saperi e cultura.

Figura 6
Baraggia Vercellese

Figura 7
Baraggia Biellese

Figura 8
Bosco delle Sorti della Partecipanza di Trino

Figura 9
Sistema policolturale della Valle Uzzone

Figura 10
San Benedetto Belbo, epicentro del paesaggio I ciabot d’Alta Langa

Il Sistema degli indicatori paesaggistici

Gli indicatori proposti dal Ppr integrano e sviluppano le analisi effettuate mediante il set di indicatori utilizzati per il Piano Territoriale Regionale (Ptr). Mentre questi ultimi permettono di quantificare e analizzare le principali criticità e pressioni che gravano sul territorio, sia nei contesti più naturali che in quelli più fortemente antropizzati, gli indicatori del Ppr dovranno consentire di evidenziare lo stato di fatto delle componenti ambientali, ecologiche e paesaggistiche, in relazione a tali pressioni e criticità.
Sono state individuate due categorie di indicatori: indicatori di contesto e indicatori di attuazione.

La prima categoria - indicatori di contesto - è finalizzata a descrivere in termini qualitativi e quantitativi il quadro ambientale e paesaggistico entro cui il Piano si colloca. Nella fase di predisposizione del Ppr gli indicatori di contesto hanno fornito la base conoscitiva necessaria per garantire una  reale  sinergia  tra  procedimento di piano e  procedimento  di  valutazione: nella definizione delle strategie e degli obiettivi, nell’individuazione delle linee d’azione e delle loro priorità, nella scelta  delle  alternative  percorribili,  nonché  nei  processi  di comunicazione, informazione e partecipazione dei soggetti con competenza ambientale necessari ad assicurare trasparenza e sussidiarietà. In fase di monitoraggio gli  stessi indici potranno configurarsi, invece,  come strumenti idonei a misurare le trasformazioni dello scenario regionale indotte dall’attuazione del Piano, rappresentando quindi indicatori di tendenza. La loro applicazione permetterà di tenere sotto controllo l’andamento dello stato  del  territorio e comprendere come le politiche del Ppr si interfaccino con l’evoluzione del contesto, anche al fine di verificare se quest’ultima possa essere tale da richiedere un riorientamento del Piano stesso.
Gli indicatori di contesto costituiscono, in sintesi, una sorta di  filo conduttore  tra  la valutazione operata in fase di redazione del Ppr e la valutazione che dovrà accompagnare la sua attuazione e gestione.

La seconda categoria - indicatori di attuazione - è finalizzata a valutare tanto il livello di attuazione del Piano, ovvero il rispetto delle sue tempistiche e delle sue condizioni di realizzazione (efficienza), quanto il livello di raggiungimento dei suoi obiettivi, ossia la sua capacità di risposta (efficacia).
Tali indicatori consentiranno quindi di monitorare le procedure previste e innescate dal Ppr e la realizzazione delle attività a esse connesse, nonché l’effettivo rapporto tra queste e i cambiamenti delle variabili paesaggistiche e ambientali; essi si configurano, quindi, quali indicatori di tipo prestazionale.
Entrambe le categorie di indicatori saranno applicate secondo un approccio di  tipo processuale, fondato sul confronto tra diverse serie storiche. L’analisi diacronica sarà, inoltre, corredata da considerazioni relative alla distribuzione spaziale dei dati, così da evidenziare le dinamiche evolutive del territorio piemontese nel tempo e nello spazio e verificare l’efficacia degli scenari di intervento programmati dalle politiche del Ppr.
Un’ultima annotazione riguarda la possibilità di affinare e rivedere, durante l’attuazione del monitoraggio, il set di indicatori selezionati, se necessario, per dare riscontro sia a eventuali cambiamenti intervenuti sul contesto regionale, sia a possibili problemi insorti con l’attuazione del Piano.
Ciò premesso, nell’ambito del Piano paesaggistico regionale si è scelto di considerare il paesaggio come la risultante di diverse componenti, nella convinzione che se scomposto nei suoi aspetti costitutivi e analizzato da più punti di vista, seppur settoriali, esso possa essere affrontato con metodi di valutazione formalizzati.
Sono stati quindi individuati nove indicatori afferenti a differenti profili di lettura, che corrispondono a diverse dimensioni del paesaggio e complessivamente consentono di coglierne lo stato naturalistico-ambientale, quello territoriale o di uso del suolo e quello storico-culturale. nel complesso. L’analisi congiunta di tali dimensioni consente anche valutazioni di ordine percettivo.
La scelta effettuata risulta, inoltre, pienamente coerente con l’approccio concettuale e metodologico alla base del Ppr; le dimensioni considerate ricalcano, infatti, i quattro assi tematici che hanno costituito l’impalcatura logica del Piano: dagli approfondimenti condotti per la definizione del quadro conoscitivo, all’organizzazione dei dati nella rappresentazione cartografica delle componenti paesaggistiche, fino alla struttura dell’apparato normativo.
Come già evidenziato, gli indici selezionati integrano e sviluppano il set di indicatori individuati dal Piano di monitoraggio del Ptr, focalizzando l’attenzione sulla dimensione paesaggistica del territorio regionale.

Si propone di seguito l’elenco degli indicatori selezionati:

  • patrimonio forestale (PF);
  • qualità del bosco (QB);
  • diversità ecologica o evenness (E);
  • presenza di aree a elevata biodiversità per la classe dei mammiferi (Biomod);
  • consumo di suolo complessivo (CSC);
  • consumo di suolo a elevata potenzialità produttiva (CSP);
  • presenza di aree a elevata connettività ecologica (Fragm);
  • biopotenzialità territoriale (BTC);
  • stato di conservazione dei beni paesaggistici (CBP);
  • variazione della percezione paesaggistica” (VPP).

In termini operativi, gli indicatori di contesto sono misurati a livello di Ambito di paesaggio, così da sviluppare approfondimenti analitici direttamente riferibili all’articolazione territoriale effettuata dal Ppr. Unica eccezione è rappresentata dall’indice sullo stato di conservazione dei beni paesaggistici (CBP), la cui valutazione entro confini territoriali definiti, quali gli ambiti di paesaggio, sarebbe risultata fuorviante.
È utile però evidenziare che l’applicazione per Ambiti di paesaggio, che in alcuni casi individuano realtà estremamente eterogenee, può risentire di processi di compensazione tra i valori unitari degli indici, che talvolta uniformano situazioni differenti tra di loro.
Così, ad esempio, l’indice di biopotenzialità territoriale (BTC) dell’Ambito dell’area metropolitana torinese, caratterizzato nelle sue propaggini settentrionali dalla presenza diffusa di aree boscate che si contrappongono agli habitat antropici della pianura, presenta valori di sintesi analoghi a quelli che contraddistinguono gli Ambiti  della monocultura intensiva.

Le Analisi di Visibilità come strumento di analisi paesaggistica

La Regione Piemonte con l’approvazione della DGR 26-2131 del 21/09/15 ha definito, con apposite Linee Guida operative, lo standard per l’adeguamento dei piani regolatori e dei regolamenti edilizi alle indicazioni di tutela inerenti il sito UNESCO “I Paesaggi vitivinicoli del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato” dando quindi avvio ad un processo di pianificazione alla scala locale con l’obiettivo di garantire la protezione ottimale dei valori di tale Sito.    
Tali Linee Guida forniscono una serie di indicazioni operative per lo svolgimento di indagini paesaggistiche propedeutiche alla revisione dei Piani regolatori comunali.         
L’analisi paesaggistica prevista, a livello comunale o di accorpamenti intercomunali, dovrà essere completa di Tavole d’Analisi, tra cui è prevista la Carta della sensibilità visiva, una cui prima elaborazione è stata realizzata dal Settore regionale Sistema Informativo Territoriale e Ambientale (SITA) sulla base dei dati segnalati dalle amministrazioni comunali coinvolte, con l’obiettivo di proporre ai Comuni stessi un supporto cartografico condiviso e coerente con i criteri di salvaguardia, riferito ad un contesto paesaggistico omogeneo e non condizionato da limiti comunali “artificiali”.        
L’analisi di visibilità (Viewshed Analysis) permette di valutare le aree visibili da uno o più punti di osservazione, o anche, viceversa, di determinare le aree da cui è possibile osservare un punto dato (figura 11).         
Con i moderni strumenti GIS, a partire da un modello digitale del terreno, è relativamente semplice condurre questo tipo di analisi, una volta determinati i punti di osservazione e stabiliti alcuni parametri.

Figura 11
Schema concettuale dell’analisi di visibilità

Il Settore SITA, utilizzando come punti di vista i Belvedere censiti nel Ppr ed il DTM regionale a maglia 25 x 25 m2 (figura 9), ha eseguito un’analisi di visibilità a livello regionale, con lo scopo di presentare un quadro preliminare delle condizioni di visibilità esteso a tutto l’ambito regionale e coerente coi contenuti del Piano Paesaggistico (Carta della sensibilità visiva).
La Carta della sensibilità visiva costituisce, quindi, una base di conoscenza cui far seguire altre analisi di maggiore dettaglio.
In particolare, per le zone ricadenti entro il Sito Unesco, è stata realizzata, a cura del Settore SITA in collaborazione con le Province ed i Comuni che hanno fornito ulteriori punti di belvedere in aggiunta ai belvedere censiti nel Ppr, la Carta della sensibilità visiva del sito UNESCO "I paesaggi vitivinicoli del Piemonte"  (in figura 12 la carta per la zona settentrionale).

Figura 12
Stralcio della Carta della sensibilità visiva del sito Unesco "I paesaggi vitivinicoli del Piemonte"



Per la realizzazione della Carta è stato utilizzato il DTM regionale ricampionato su una maglia di 25 m di lato, la posizione dei belvedere individuati dal PPR e dai singoli Comuni interessati. L’elaborazione è stata condotta completamente con strumenti Open Source (QGIS).
Nella rappresentazione fornita dalla Carta della sensibilità visiva del sito UNESCO il territorio è rappresentato attraverso una scala cromatica da trasparente a viola, in funzione del fatto che il singolo punto (quadrato di 25 m di lato) sia osservabile da nessuno o da molti belvedere presenti nell’arco di 5 km. (Figura 13).

Figura 13
Particolare della figura 12



Recentemente è stato pubblicato il Rapporto sullo stato delle politiche per il paesaggio a cura dell’Osservatorio Nazionale per la Qualità del Paesaggio e del Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MiBACT).
Con esso, per la prima volta in Italia, si provvede ad una ricognizione, il più possibile capillare e sistematica, del quadro estremamente vario e complesso delle politiche per il paesaggio (e dei loro esiti) attuate a vari livelli e da diversi attori (non solo istituzionali), anche indagando i nessi e le connessioni con altre politiche e strategie comunque incidenti sulle trasformazioni del territorio e sui suoi assetti paesaggistici (politiche ambientali, agricole, urbanistico-territoriali, strategia del turismo, politiche della ricerca e dell’educazione, formazione professionale dei tecnici ecc.).