Fattori che influenzano lo stato della risorsa
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AGRICOLTURA


L'argomento Agricoltura rientra negli Obiettivi dell'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile in particolare nell'Obiettivo 2:

Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile

L’agricoltura è la prima e più antica forma di gestione del territorio da parte dell’uomo.
Tra tutti i settori produttivi, quello agricolo è senz’altro quello a più stretto contatto con l’ambiente e più dipendente da esso.

Negli ultimi anni, l’introduzione dei mezzi meccanici e delle sostanze chimiche di sintesi ha modificato il volto dell'agricoltura, trasformandola in pochi decenni in un’attività di produzione di tipo quasi industriale. Questo fenomeno ha portato a una vera e propria trasformazione nell'utilizzo del suolo: da un lato troviamo terreni pianeggianti, occupati da colture intensive impoverite dal punto di vista ecologico, dall’altro i sistemi marginali con la loro biodiversità naturale, agraria, culturale, ormai in via di estinzione, destinati alla lenta ricolonizzazione che però difficilmente ritornerà a buoni livelli di biodiversità e stabilità ecologica.
Il livello di biodiversità presente nei terreni agricoli è molto diverso in relazione alla tipologia di coltura presente e alle sue modalità di gestione. Alcuni esempi:
  • i seminativi irrigui e, tra questi, le coltivazioni di mais sono gli ambienti agrari con la minor diffusione di specie selvatiche e indici di biodiversità più preoccupanti. In questi ambienti occorre invertire la tendenza in corso;
  • i seminativi non irrigui, quali ad esempio i campi di grano, pur con un maggior numero di specie selvatiche di interesse rispetto ai seminativi irrigui hanno un loro impatto significativo sull’ecosistema. 
Il ripristino di siepi e filari, la conservazione delle fasce di margine potrebbe migliorare in parte la situazione;
  • nei frutteti e nei vigneti il livello di biodiversità cresce leggermente, soprattutto nei vigneti situati in un mosaico ambientale in cui siano ancora presenti boschetti e prati, ambienti chiave per la maggior parte delle specie di uccelli;
  • i prati stabili e le coltivazioni con spazi naturali sono zone dove gli uccelli trovano riparo e cibo e la loro presenza è abbastanza numerosa. Se confinano con boschi e aree non coltivate o in presenza di una rete di siepi e filari, questi habitat sono ancora più adatti a ospitare una fauna di particolare interesse;
  • le risaie sono un ambiente artificiale, ma sono anche l’ambiente naturale di un gran numero di uccelli che un tempo vivevano nelle aree umide delle nostre pianure, ormai bonificate e trasformate in terreni coltivabili. Così nelle risaie del novarese e vercellese sono presenti Aironi, tarabusi, ma anche Cavalieri d’Italia e Garzette.
    Le risaie svolgono anche un ruolo importante per gli uccelli migratori che in primavera sono visibili nelle vasche appena allagate, in cui trovano nutrimento per proseguire il loro viaggio verso l’Europa settentrionale.
    Le tecniche colturali devono necessariamente orientarsi alla conservazione di questo importante polmone di biodiversità, soprattutto per la tutela di Anfibi e Libellule, naturali competitori di insetti molesti quali le Zanzare.

sau (SUPERFICIE AGRICOLA UTILIZZATA)

Un indicatore della diffusione dell’attività agricola sul territorio è la SAU (Superficie Agricola Utilizzata); secondo i dati dell’Anagrafe Agricola Unica aggiornati al 2019, la SAU in Piemonte, ripartita nelle tre categorie di uso del suolo “Seminativi e orti familiari”, “Coltivazioni permanenti” e “Coltivazioni foraggere” (figura 1), ammonta a 895.826,34 ettari.
La categoria seminativi e orti familiari comprende i cereali, le colture industriali e le orticole, concentrate soprattutto in pianura (prevalentemente irrigue), in collina e nei fondivalle. Le coltivazioni permanenti sono costituite per più del 50% da vigneti, concentrati nelle colline del Piemonte meridionale (Langhe e Monferrato) e in areali più ridotti in provincia di Torino, Novara e Biella. La restante parte è costituita da fruttiferi (in prevalenza nocciolo in Langhe e Monferrato; castagno da frutto nelle vallate alpine; melo, actinidia, pesco e altre pomacee e drupacee nell’areale frutticolo di pianura a sinistra Po in provincia di Cuneo e Torino e nei fondivalle). Alla categoria delle coltivazioni foraggere corrispondono sia quelle temporanee sia i prati permanenti e i pascoli, situati prevalentemente negli areali collinari e montani, i primi, e quasi esclusivamente in montagna, i secondi.
Complessivamente i seminativi evidenziano una consistente diminuzione, da 482 mila ettari nel 2008 a 407 mila ettari nel 2019. Le coltivazioni foraggere presentano una diminuzione tra gli anni 2013 e 2017 e le coltivazioni permanenti rimangono su valori complessivamente stazionari.

Figura 1
Superficie Agricola Utilizzata (SAU) in Piemonte - anni 2008-2019

Fonte: Anagrafe Agricola Unica  K=1000

SAU INVESTITA DA COLTIVAZIONI BIOLOGICHE


Si registra in Piemonte un costante aumento della SAU investita da coltivazioni biologiche: tra il 2015 e il 2019, in particolare, questo aumento è stato pari ad un +48% circa, in quanto si è passati da 32.042,10 a 61.782,45 ettari di SAU complessivamente coltivati secondo il metodo biologico.
Per quanto riguarda la ripartizione rispetto ai diversi utilizzi del terreno, riportati nella tabella 1, l’incremento maggiore riguarda le superfici in regime biologico coltivate a seminativi, che tra il 2015 ed il 2019 sono raddoppiate.

Tabella 1
Superficie Agricola Utilizzata (SAU) investita da coltivazioni biologiche in Piemonte
Anni 2015-2019

Utilizzo del terreno

2015

2016

2017

2018

2019

Seminativi e orti familiari

    17.933,37

    23.076,22

    29.553,54

    34.565,30

    36.156,22

Coltivazioni permanenti

       5.087,92

       5.978,30

       8.134,59

       9.595,94

    10.699,00

Prati permanenti e pascoli

       9.020,81

    10.789,80

    13.652,32

    14.487,72

    14.927,23

Totale ettari

    32.042,10

    39.844,33

    51.340,45

    58.648,96

    61.782,45

Fonte: Anagrafe Agricola Unica

NUMERO E DISTRIBUZIONE AZIENDE AGRICOLE


L'agricoltura piemontese presenta una grande varietà di indirizzi produttivi, principalmente come conseguenza dell'elevata variabilità degli ambienti e dei fattori pedoclimatici nei quali essa viene praticata.
La fotografia che si ricava dall'Anagrafe Agricola del Piemonte nel 2019 (tabella 2 e figura 2) non si discosta significativamente da quella degli anni precedenti.
L'orientamento tecnico-economico (OTE) di un'azienda è determinato dal peso economico relativo delle diverse attività di coltivazione e di allevamento in essa praticate. Un'azienda è specializzata in una determinata attività se da quest'ultima ricava oltre i 2/3 della sua produzione complessiva; se nessuna attività prevale, l'azienda è definita a OTE misto (es.: cerealicolo-zootecnico).
Mentre le aziende specializzate nei seminativi di pieno campo (cereali, piante industriali, legumi secchi, ecc.) e nelle coltivazioni permanenti (vite, fruttiferi e vivai) sono le più numerose, la SAU è coltivata soprattutto dalle prime e dalle aziende specializzate in allevamenti di erbivori (bovini e ovicaprini); quest'ultime detengono il maggior numero di animali in termini ponderali (unità di bestiame adulto - UBA), seguite dalle aziende specializzate in granivori (suini e avicoli) e da quelle specializzate in seminativi di pieno campo. Il valore della produzione è invece più omogeneamente distribuito.
La grande variabilità pedoclimatica del Piemonte si riflette anche nella caratterizzazione territoriale degli OTE (figura 3): la zona altimetrica di pianura fa registrare i pesi relativi maggiori per tutti gli indicatori presi in considerazione, tranne il numero di aziende che è maggiormente rappresentato in collina.

Tabella 2
Distribuzione percentuale per orientamento tecnico-economico (OTE) di: numero di aziende, SAU, UBA e produzione standard

OTE - PS

Aziende (n.)

SAU (ha)

UBA Eurostat (n.)

PS (euro)

1. Seminativi

14.778

344.679,36

165212

687.873.662

2. Ortofloricoltura

1.566

17.294,66

1599

216.348.285

3. Colture permanenti

14.219

98.564,10

15972

735.566.026

4. Erbivori

7.407

313.855,60

486248

822.038.469

5. Granivori

498

16.449,66

176005

853.668.653

6-8. OTE miste

6.866

111.311,39

96.170

418.129.075

Totale

45.334

902.155

941.207

3.733.624.170

Fonte: Anagrafe Agricola Unica

Figura 2
Distribuzione percentuale per orientamento tecnico-economico (OTE) di: numero di aziende, SAU, UBA e produzione standard - anno 2019

Fonte: Anagrafe Agricola Unica

Figura 3
Distribuzione percentuale per zona altimetrica di: numero di aziende, SAU, UBA e produzione standard. – anno 2019

Fonte: Anagrafe Agricola Unica

Aree agricole e forestali ad alto valore naturale
High nature value [(HNV) farming and forestry].
Aggiornamento della definizione e valutazione

Nel 2013 Ipla (Istituto per le Piante da Legno e l’Ambiente), su incarico della Direzione Agricoltura della Regione Piemonte, ha elaborato una proposta per l’individuazione delle aree agricole e forestali ad alto valore naturale (HNV) nell’ambito dei lavori preparatori del Programma di sviluppo rurale (PSR) 2014-2020.

L’evoluzione delle HNV è infatti uno degli indicatori di impatto del PSR. La proposta si è tradotta nell’individuazione provvisoria come HNV di alcune tipologie di uso del suolo (per la SAU: prati permanenti e pascoli, risaie e mosaici colturali complessi). La necessità di adeguare l’individuazione delle HNV alle richieste avanzate dalla Commissione europea e dal valutatore indipendente del PSR ha portato nel 2017 a un nuovo incarico per l’affinamento dell’indicatore HNV, fondato su un procedimento che consentisse a basso costo un aggiornamento periodico e semiautomatico dell’individuazione delle aree a partire da informazioni già disponibili nell’ambito dei sistemi informativi regionali.

L’approccio sviluppato da Ipla a seguito di una condivisione della metodologia all’interno di un gruppo di lavoro costituito da rappresentanti delle Direzioni regionali Agricoltura e Ambiente, Arpa Piemonte, CSI, IRES Piemonte e di Ipla è basato sull’utilizzo integrato di informazioni derivanti dai fascicoli aziendali dell’Anagrafe agricola unica del Piemonte, dal Sistema informativo forestale regionale (SIFOR) e dalla BDTRE, dalle ortofoto Agea e dalle Banche dati naturalistiche regionali (BDNR).

Aspetti metodologici
I principali passi seguiti per raggiungere gli obiettivi stabiliti, sintetizzati nello schema metodologico di figura 2 possono essere così riassunti:
  • nuova applicazione del metodo e degli algoritmi messi a punto per il report prodotto nel 2013, secondo i 3 criteri di individuazione delle aree HNV riportati nelle linee guida della Commissione europea per gli indicatori di impatto dello sviluppo rurale (Andersen, 2003): 1) land cover (uso del suolo agricolo e altre coperture del territorio); 2) elementi dell’agroecosistema (formazioni lineari, fasce fluviali) e mosaico colturale, quali costituenti habitat e connessioni ecologiche funzionali; 3) presenza di specie d’interesse conservazionistico (flora, fauna).

  • Superamento del land cover utilizzato nel 2013 (derivato dal SIFOR, 2004) che, pur molto dettagliato al livello di unità cartografica, presenta una legenda strutturata con elevato dettaglio per i boschi e le formazioni lineari ma con un numero ridotto di tipologie di colture agrarie, e soprattutto non è aggiornato né aggiornabile a basso costo. Sono state quindi utilizzate diverse fonti di classificazione delle coperture del suolo nel frattempo resesi disponibili e soggette ad aggiornamenti periodici non onerosi. In ordine gerarchico: a) riparto colturale (SAU e superfici forestali) desunto dai fascicoli aziendali, con una o più classi colturali registrate per le singole particelle catastali, disponibile per tutte le aziende agricole che aderiscono alle misure di politica agricola comunitaria o nazionale (rappresentanti oltre il 95% della SAU complessiva) in formato numerico GIS, fornito dal CSI-Piemonte; b) boschi, altre superfici forestali (arboricoltura da legno) e formazioni lineari non costituenti bosco (siepi campestri e filari) utili per definire la connettività ecologica aggiornati a cura di Ipla per conto del Settore regionale Foreste in formato GIS (SIFOR BDTRE, 2016); c) superfici agricole e altri usi del suolo desunti dalla fotointerpretazione generale periodicamente aggiornata dall’Agea (refresh triennale). Ai fini della connotazione delle aree HNV per il PSR i risultati possono così essere aggiornati in base alle variazioni colturali e all’adesione alle varie misure per i singoli mappali catastali, e poi interpretati a scala territoriale a livello di foglio di mappa. I 3 diversi livelli informativi adottati per adeguare la definizione delle coperture del suolo (fascicoli aziendali su base catastale, carta forestale aggiornata e fotointerpretazione AGEA) ai fini di individuare le aree HNV in modo dettagliato presentano il rilevante problema di dover sovrapporre in un GIS poligoni da diverse fonti e scale. Tra queste in particolare il catasto non ha una coerenza di unità cartografica di riferimento (nel land cover 2004 era di 1 ettaro), presentando mappali di dimensioni diversissime, da pochi 
metri quadrati (aree a colture intensive o zone policolturali) a centinaia di ettari (montagna). Il territorio regionale è stato suddiviso in celle elementari di 20 m di lato (400 m2 di superficie, corrispondente al DEM regionale e confrontabile con i mappali catastali più piccoli). Per fare dialogare le diverse fonti è stata creata una legenda collegante le classi colturali da fascicoli aziendali, da carta forestale e land cover regionale e da fotointerpretazione Agea.
  • Parametrizzazione del valore naturale di ciascuna classe colturale e di copertura del territorio sulla base di valutazioni esperte (matrice di confronto a coppie) e loro attribuzione degli impatti delle pratiche agricole-pastorali (lavorazioni del suolo, concimazioni, fitofarmaci, irrigazione) mediante indici sintetici da 1 a 5, desunti dai conti colturali disponibili (rete RICA). In merito è rilevante evidenziare come le risaie (13% della SAU) ed i noccioleti (in grande espansione) dal punto di vista ecosistemico, ovvero della biodiveristà, sono potenzialmente ad HNV, tuttavia l’elevato impatto delle attuali pratiche colturali ordinarie ne fa scendere drasticamente il valore di naturalità. Ad ogni cella elementare sono stati così attribuiti la copertura del suolo/classe colturale e il relativo valore di naturalità; per la rappresentazione a scala regionale le celle sono state raggruppate in macrocelle quadrate di 100 m di lato (1 ettaro, comprendente 25 celle elementari) per un totale di 2,5 milioni di celle per l’intero territorio (nel 2013 era stato adottato un passo di 1000 m).

  • Utilizzo delle segnalazioni di presenze di specie d’interesse conservazionistico; il quadro è stato aggiornato mediante le informazioni tratte dalle Banche dati naturalistiche regionali – BDNR, integrate ogni anno da nuove segnalazioni e dai rilievi effettuati per il monitoraggio ambientale del PSR (avifauna, lepidotteri) e dei siti della Rete Natura 2000 (specie target).

  • Utilizzo delle informazioni relative alle formazioni lineari e ai corsi d'acqua con vegetazione permanente spondale; la presenza di tali elementi lineari seminaturali che toccano le macrocelle in misura superiore a 25 m/ha fa aumentare il valore di naturalità delle coperture del suolo/colture, al punto da fare passare i seminativi ad aree HNV.

  • Valutazione dell'eterogeneità del mosaico colturale, mediante il raggruppamento delle classi colturali e dei boschi in 7 macroclassi ecologicamente omogenee. Ciascuna macrocella di 1 ettaro viene confrontata con le 8 che la toccano e dove la media pesata di macroclassi diverse presenti supera il valore 2,4 si definisce un mosaico funzionale per l’HNV; vengono esclusi i casi in cui le aree urbanizzate superano il 30%, indice di frammentazione ecologica, non funzionale.

Figura 4
Schema metodologico per la definizione delle aree agricole e forestali ad alto valore naturale (HNV)


A livello di SAU, considerati gli impatti delle pratiche agricole per ciascuna classe colturale, solo le praterie, i prato-pascoli montani ed i prati stabili risultano ad alto valore naturale (HNV) per il criterio land cover; associandovi il criterio della presenza significativa di formazioni lineari circa 60.000 ettari di seminativi passano ad HNV, e applicando il criterio del mosaico colturale altri 100.000 ha superano tale soglia. Con l’applicazione di tutti i criteri sopra descritti quasi il 20% della SAU diviene ad alto valore naturale (HNV).

I risultati sintetici dell’applicazione della procedura a scala regionale sono illustrati nella figura 5.

Figura 5
Indici di Valore Naturale (HNV)

Fonte: Regione Piemonte

LA MARGINALIZZAZIONE DELLE TERRE IN PIEMONTE

L’identificazione delle terre abbandonate o sottoutilizzate è un tema consolidato nel dibattito politico ed in quello tecnico-agronomico, sfociando in diverse iniziative di carattere normativo e di censimento cartografico delle superfici abbandonate.

La Regione Piemonte – Direzione Agricoltura, ha dato incarico all’IPLA (Istituto per le Piante da Legno e l’Ambiente) per l’avvio di un progetto volto alla realizzazione di una base conoscitiva, a scala catastale, sul grado di marginalità delle terre, per poter meglio supportare lo sviluppo e la valutazione di piani e programmi territoriali a scala regionale.

L’abbandono delle terre agricole è guidato da una molteplicità di fattori così riassumibili:
  • fattori ecologico-stazionali: sono quelli che derivano dai caratteri delle terre;
  • fattori strutturali dell’attività agricola: ricadono in questa categoria le caratteristiche della proprietà fondiaria e delle aziende agricole;
  • fattori del contesto regionale: ossia i fattori di tipo macroeconomico.

In figura 6 si riporta lo schema metodologico adottato per questo studio, redatto da IPLA, che prevede di utilizzare due distinti percorsi di analisi territoriale per pervenire all’individuazione delle terre marginali in Piemonte.

  1. Analisi dei fattori della marginalizzazione: riportata nella parte sinistra del cartogramma, definisce il grado di marginalizzazione “potenziale” delle terre. Questa analisi valuta a scala regionale lo stato della proprietà fondiaria (in termini di frammentazione e forma delle particelle catastali) e il livello di svantaggio naturale delle terre (inteso come sintesi fra acclività, clima e capacità d’uso dei suoli).
  2. Analisi delle dinamiche della marginalizzazione: riportata nella parte destra di figura 1, tale processo definisce i territori marginali analizzando l’eco-mosaico di usi delle terre e la sua relazione con i titoli di conduzione dei terreni contenuti nei fascicoli aziendali delle aziende agricole.

Figura 6
Schema metodologico dello studio

Fonte: Ipla

La base di partenza per le analisi territoriali è costituita dal dato geografico delle particelle catastali; tale dato, in relazione al numero di elementi geografici di cui è composto (circa 9,5 milioni di particelle catastali) ha richiesto l’impiego di un database relazionale per la sua gestione.

I due processi di analisi territoriale conducono alla redazione di una serie di documenti cartografici e relative basi dati:

  • la “Carta della proprietà fondiaria”, che descrive il livello di frammentazione della proprietà fondiaria in funzione della densità e della forma delle particelle catastali;
  • la “Carta dello svantaggio naturale delle terre”, che rappresenta in classi l’attitudine delle terre all’utilizzo agrario;
  • la “Carta dei fattori della marginalizzazione delle terre”, riportata in figura 7, che rappresenta la sintesi dei due documenti precedenti, rappresentando a scala di foglio catastale 4 progressivi livelli di intensità dei fattori della marginalizzazione delle terre;
  • la “Carta delle dinamiche della marginalizzazione”, che suddivide lo spazio regionale in 4 classi corrispondenti a diverse tipologie di relazione fra conduzione delle superfici agricole e naturalità dell’uso delle terre.

Figura 7
Carta dei fattori della marginalizzazione delle terre

La sintesi di questi due approcci è contenuta nella “Carta della marginalità delle terre” (figura 8) che classifica i fogli di mappa catastali in 4 contesti territoriali:

  • Terre non marginali (732.324 ha, 29,6% della superficie regionale): sono quelle caratterizzate da proprietà fondiaria poco frammentata e dalle forme prevalentemente regolari. Le caratteristiche dell’ambiente permettono l’utilizzo agrario di tali superfici, seppur con i limiti determinati dai fattori climatici e stazionali.
  • Aree a rischio di marginalizzazione (546.737 ha, 22,1% della superficie regionale): sono terre in cui l’attività agricola può essere pesantemente condizionata dai fattori naturali o dalle caratteristiche della proprietà fondiaria; in queste aree permane il rischio di marginalizzazione, poiché sono adatte ad una gamma limitata di colture.
  • Aree sottoutilizzate (804.128 ha, 32,5% della superficie regionale): sono quelle rispetto alle quali è prioritario implementare piani e programmi locali di recupero delle terre quali l’associazionismo fondiario. In montagna esse costituiscono buona parte degli alti versanti alpini a prateria; in pianura e collina queste superfici rappresentano spesso la cerniera tra ambiti con maggiori o minori caratteri di marginalità.
  • Aree Marginalizzate (390.379 ha, 15,8% della superficie regionale): sono terre caratterizzate da elevata frammentazione fondiaria e/o forti limitazioni naturali (suolo, pendenza, assolazione). Le dinamiche di abbandono di queste superfici riguardano ampie porzioni di territorio. L’applicazione di piani e programmi di recupero deve essere valutata localmente, poiché le limitazioni o le dinamiche di marginalizzazione sono spesso molto intense.

Figura 8
Carta della marginalità delle terre

Il progetto è finalizzato a supportare lo sviluppo dell’associazionismo fondiario e della costituenda Banca delle Terre, quali strumenti indispensabili per il rilancio dell’occupazione e dell’imprenditoria legate alle attività agricole e forestali nei territori marginali, anche a fronte della recessione economica.