CLIMA
L''Agenda 2030 per Sviluppo Sostenibile con l'Obiettivo 13 si prefigge di "Adottare misure urgenti per combattere il cambiamento climatico e le sue conseguenze"
INTRODUZIONE
In particolare, l’Agenda riconosce che il cambiamento climatico rappresenta una delle più grandi minacce allo sviluppo, e i suoi effetti, estesi e senza precedenti, pesano in modo sproporzionato sui più poveri e più vulnerabili. L’Obiettivo 13: Adottare misure urgenti per combattere il cambiamento climatico e le sue conseguenze, chiede un’azione urgente non solo per combattere il cambiamento climatico e i suoi impatti, ma anche per costruire una società più resiliente ai rischi legati al clima e ai disastri naturali. Un recente lavoro di review e valutazione strutturata di esperti evidenzia come il cambiamento climatico possa impedire il raggiungimento di ben 72 target attraverso i 16 SDG (il 42% dei target), mentre la lotta al cambiamento climatico può contribuire a rafforzare tutti e 17 gli SDG.
Secondo l’ultimo rapporto del Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC), pubblicato ad agosto del 2021, gli scienziati rilevano cambiamenti nel clima della Terra in ogni regione e in tutto il sistema climatico. Molti di questi cambiamenti sono senza precedenti in migliaia, se non centinaia di migliaia di anni, e alcuni tra quelli che sono già in atto sono irreversibili in centinaia o migliaia di anni. Tuttavia, forti e costanti riduzioni di emissioni di anidride carbonica (CO2) e di altri gas serra limiterebbero i cambiamenti climatici. Se, da una parte, grazie a queste riduzioni, benefici per la qualità dell’aria sarebbero rapidamente acquisiti, dall’altra, potrebbero essere necessari 20-30 anni per vedere le temperature globali stabilizzarsi.
Secondo questo nuovo documento, a meno che non ci siano riduzioni immediate, rapide e su larga scala delle emissioni di gas serra, limitare il riscaldamento a circa 1,5°C o addirittura 2°C sarà un obiettivo fuori da ogni portata. Le emissioni di gas serra provenienti dalle attività umane sono responsabili di circa 1,1°C di riscaldamento rispetto al periodo 1850-1900. Mediamente nei prossimi 20 anni, secondo il rapporto, la temperatura globale dovrebbe raggiungere o superare 1,5°C di riscaldamento.
I rapporti annuali del Programma Ambientale delle Nazioni Unite, denominati Emissions Gap Report, presentano un’analisi dettagliata degli impegni di riduzione delle emissioni a livello globale e di quelli ulteriori necessari a limitare il riscaldamento globale, ricordando che anche il path con cui si arriva a stimare l’incremento finale è fondamentale, perché superamenti, anche temporanei, delle soglie di 1.5°C o 2°C, possono determinare impatti irreversibili.
Figura 1
Situazione complessiva nell’anno 2021
Adattamento e Mitigazione sono le due strategie, complementari e sinergiche, per ridurre e gestire gli impatti negativi del cambiamento climatico e sfruttarne eventuali opportunità. Sostanziali riduzioni nelle emissioni nelle prossime decadi possono ridurre il rischio climatico nel XXI° secolo e oltre, aumentare la probabilità di un efficace adattamento, ridurre i costi e le sfide della mitigazione nel lungo termine e contribuire a uno sviluppo sostenibile e resiliente al cambiamento climatico. Un video dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) spiega tutto questo in parole semplici.
L’adattamento è necessario per affrontare gli impatti che le emissioni prodotte ad oggi dai paesi industrializzati determinano e determineranno nei prossimi anni, anche con politiche di mitigazione aggressive e si costruisce attraverso la definizione di una serie di misure che riducano la vulnerabilità dei sistemi - naturale e antropico - e ne incrementino la resilienza affinché i danni siano minimizzati, sfruttando tutte le risorse di cui dispone la società umana (naturali, culturali, sociali, psicologiche, economiche e istituzionali).
È necessario costruire un portfolio di opzioni di adattamento e mitigazione, perché nessuna azione singola è sufficiente, e integrare le azioni nell’ottica di perseguire lo sviluppo sostenibile, attraverso un processo adattivo. Il rafforzamento della capacità di resilienza della società agli impatti del cambiamento climatico rappresenta anche un'opportunità di investimento in un'economia a basse emissioni di carbonio ed efficiente dal punto di vista dell’utilizzo delle risorse (green economy, economia circolare), che sempre di più si sta affermando creando nuove opportunità di fare impresa e posti di lavoro.
Ma la sfida più grande è che mitigazione e adattamento per essere implementate efficacemente, richiedono un cambiamento di paradigmi culturali, anche radicali, come non considerare più il passato come guida per il presente, gestire l’incertezza e renderla un elemento di valore, tenere conto dell’impronta complessiva delle attività antropiche incluso il potenziale negativo, riconoscere che sono gli assetti e le infrastrutture della società umana che si collocano nell’ambiente naturale e non viceversa.
La mitigazione del cambiamento climatico
C’è ancora una possibilità di definire un percorso di mitigazione per limitare il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C a fine del XXI° secolo relativamente ai livelli dell’era pre-industriale, o meglio ancora entro 1,5°C. Questo percorso richiede una sostanziale e urgente riduzione delle emissioni di gas serra entro il 2030 arrivando ad annullare le emissioni di CO2 e di altri gas ad effetto serra a lunga persistenza già nel 2050, e addirittura arrivare a emissioni negative, attraverso sistemi di cattura e stoccaggio della CO2. Raggiungere questo ambizioso obiettivo di riduzione delle emissioni richiede una rapida transizione dei sistemi energetici e produttivi e pone sostanziali sfide tecnologiche, economiche, sociali e istituzionali, sfide che diventano sempre più grandi e più costose, più si ritarda a implementare le azioni di mitigazione.
Opzioni di mitigazione sono applicabili in tutti i principali settori economici, in particolare limitare, se non azzerare, l’utilizzo di combustibili fossili - nella produzione di energia, trasporti e industria - rappresenta la misura più efficace, soprattutto se integrata con misure per ridurre il consumo di energia, aumentare l’efficienza energetica e sfruttare la cogenerazione. L’associazione con azioni di riforestazione mirate e pratiche agricole che favoriscano il sequestro di carbonio nel suolo contribuisce alla diminuzione netta delle emissioni.
Il Green Deal Europeo e la Legge europea sul clima si pongono come obiettivo principale l’azzeramento delle emissioni globali al 2050 (neutralità climatica), con l’obiettivo intermedio al 2030 di ridurle di almeno il 50-55% rispetto ai livelli del 1990. Questo obiettivo viene affrontato in particolare per la produzione di energia elettrica, che è responsabile del 75% delle emissioni dei gas serra all’intero dell’Unione Europea, e nel ridurre l’utilizzo dell’energia stessa, attraverso risparmio energetico e maggiore efficienza, dai processi produttivi, alle costruzioni al sistema dei trasporti. Ma introduce anche meccanismi fiscali, norme per evitare la ricollocazione geografica delle emissioni, revisione del quadro normativo per le infrastrutture energetiche e investimenti mirati.
La decarbonizzazione dell’economia necessita anche di una modifica profonda e di ampia scala delle abitudini alimentari, di spostamento e dei consumi delle società più sviluppate, l’applicazione stringente delle compensazioni di carbonio e dei meccanismi di pricing, il riconoscimento, anche economico, dei benefici su scala più ampia derivanti dalla mitigazione.
La Regione Piemonte si è impegnata a ridurre entro il 2030 del 50% le emissioni di gas che provocano l'effetto serra rispetto alle emissioni del 1990 con l’adesione al protocollo Under 2Coalition.
In particolare, la Regione intende intraprendere azioni che mirino alla riduzione dei gas attraverso:- politiche di incentivazione nell'utilizzo di mezzi ad emissioni zero e con la progressiva riduzione nell'utilizzo dei mezzi con motorizzazione endotermica, sia per quanto riguarda il trasporto pubblico locale, sia per quanto riguarda la mobilità privata e commerciale;
- riqualificazione energetica del sistema edificio-impianto, con particolare attenzione al patrimonio edilizio realizzato tra gli anni ‘60 e gli anni ‘90 per ridurre il fabbisogno di riscaldamento domestico;
- abbattimento delle emissioni nel settore industriale attraverso l'applicazione delle BAT (Best Available Techniques) ai nuovi stabilimenti o alla riqualificazione impiantistica di quelli esistenti;
- abbattimento delle emissioni nel comparto agricolo con l'applicazione di BAT di settore, in particolare al sistema dei reflui zootecnici.
L'adattamento al cambiamento climatico
L’Adattamento punta a ridurre gli impatti negativi dei cambiamenti climatici, incluso quelli in atto e inevitabili a causa del ritardo nella risposta del sistema terra-atmosfera alle emissioni dei gas serra, ma anche a trarre beneficio da eventuali opportunità.
L’adattamento è molto efficace sul breve termine, mentre all’aumentare dell’entità del cambiamento le opzioni per un adattamento efficace diminuiscono e i costi associati - anche sociali - aumentano, specialmente in presenza di una maggiore magnitudo e rapidità del cambiamento. Considerare una prospettiva di lungo termine, nel contesto dello sviluppo sostenibile, aumenta la probabilità che tempestive azioni di adattamento possano ampliare in futuro e rendere la società sempre più resiliente, equa e inclusiva.
Opzioni di adattamento esistono in tutti i settori, ma i contesti per la loro implementazione e la potenziale riduzione dei rischi connessi con il clima, differiscono da settore a settore e tra le diverse aree del pianeta. Arpa Piemonte ha fornito un assessment climatico che riguarda l’analisi dei dati passati con la valutazione di indicatori specifici per capire l’influenza locale del riscaldamento globale sulla regione Piemonte, e un rapporto che, utilizzando la modellistica climatica più avanzata disponibile oggi, stima l’entità del cambiamento atteso sulla regione in funzione degli scenari emissivi globali, mettendo in luce le principali criticità. A partire da questi dati la Regione Piemonte sta costruendo dal 2017 la Strategia Regionale sul Cambiamento Climatico.
Le azioni e le iniziative di adattamento ai cambiamenti climatici devono essere definite e messe in atto a livello nazionale ma soprattutto regionale e locale. Infatti gli impatti dei cambiamenti climatici sono specifici per ogni territorio e richiedono un approccio intersettoriale sinergico e coordinato tra i diversi livelli di governo. Le strategie di adattamento devono essere contestualizzate per l’area di applicazione e devono contare sulle risorse, materiali e immateriali, del territorio, e contare sulla loro accettazione.
Alcune opzioni di adattamento implicano benefici ambientali complessivi, anche su vasta scala, creando importanti sinergie con le politiche di sostenibilità ambientale perché riducono la pressione sui sistemi naturali, permettono alla natura di conservare le sue caratteristiche o di evolversi in modo duraturo, cioè preservando l'avvenire, contribuiscono alla conservazione degli ecosistemi che incidono direttamente sui sistemi di regolazione del clima e sono all'origine di una moltitudine di beni e di servizi essenziali per l'uomo.
Con DGR n. 24-5295 del 3 luglio 2017, la Regione Piemonte si è impegnata ad elaborare la Strategia Regionale sul Cambiamento Climatico, che prevede la predisposizione di un documento di orientamento delle diverse politiche di settore (Piani e Programmi), verso obiettivi strategici, già propri della Regione, con l’obiettivo di incidere sia sulle cause sia sugli effetti del cambiamento climatico.
A tal fine, si è costituito un Gruppo di Lavoro (DD n. 131/A1003B del 28 agosto 2017), composto da funzionari provenienti da diverse Direzioni regionali, che si avvale del contributo scientifico di Arpa Piemonte. Obiettivo iniziale del Gruppo, coordinato dalla Direzione Ambiente, Governo e Tutela del Territorio – Settore Progettazione Strategica e Green Economy (PSGE), è programmare le attività da porre in essere per la realizzazione della Strategia sopra citata nonché stabilire gli strumenti di gestione del gruppo.
I primi documenti e risultati del lavoro disponibili a questo collegamento: https://climapiemonte.wordpress.com/.
I primi lavori portati avanti da parte del gruppo di lavoro avanti sono l’avvio dell’inserimento della tematica del clima nella pianificazione regionale, sia dal punto di vista delle emissioni, per cui per le misure dei nuovi piani regionali (qualità dell’aria, trasporti ed energia) sono state calcolate le variazioni delle emissioni dei gas climalteranti, sia dal punto di vista dell’adattamento (energia e tutela delle acque), per evidenziare le misure settoriali che concorrono ad aumentare la resilienza ai potenziali impatti del cambiamento climatico.
Un’attività specifica è stata effettuata relativamente alla biodiversità vegetale, attraverso il confronto con esperti del settore per individuare, attraverso una forma di lavoro collaborativo, sia i potenziali impatti del cambiamento climatico sia le misure da adottare per minimizzare gli effetti negativi e le azioni che dovranno essere intraprese anche a livello di governance.
Un confronto continuo è stato realizzato con la Città di Torino, che ha lavorato in modo assiduo nell’ultimo anno per formulare il Piano di Adattamento della Città, in modo da garantire il raccordo tra i diversi livelli di governo del territorio.
Arpa Piemonte ha fornito un assessment climatico che riguarda l’analisi dei dati passati con la valutazione di indicatori specifici per capire l’influenza locale del riscaldamento globale sulla regione Piemonte, e un rapporto che, utilizzando la modellistica climatica più avanzata disponibile oggi, stima l’entità del cambiamento atteso sulla regione in funzione degli scenari emissivi globali, mettendo in luce le principali criticità.
Arpa Piemonte ha pubblicato il Portale del Clima in Piemonte, che contiene più di 350 indicatori relativi agli andamenti climatici del passato e agli scenari; questo strumento si propone di diventare il riferimento informativo sullo stato delle conoscenze sul clima della nostra regione, offrendo la possibilità di consultare e interrogare i dati attraverso un’interfaccia di semplice utilizzo.
Sulla base di queste attività è stato approvato, con D.G.R. del 27 novembre 2020, n. 66-2411 il Documento di Indirizzo "Verso la Strategia regionale sul Cambiamento Climatico - finalità, obiettivi e struttura" che intende fornire i primi indirizzi per la stesura della Strategia Regionale sul Cambiamento Climatico (SRCC) a partire da quanto emerge dal quadro regolamentare internazionale, nazionale e locale, dai trend climatici attuali del Piemonte e dai relativi scenari. In particolare, il Documento descrive l’articolazione in cui dovrà essere strutturata la SRCC, che costituisce un tassello e nello stesso tempo si alimenterà dalla Strategia per lo Sviluppo Sostenibile e sancirà in modo inequivocabile l’impegno del Piemonte nel contrasto al cambiamento climatico, con l’obiettivo di raggiungere la neutralità climatica al 2050 come indicato dalla Commissione Europea. Il primo stralcio della Strategia regionale sul Cambiamento Climatico (SRCC) è stato approvato il 18 febbraio 2022 con Deliberazione della Giunta Regionale.
IL CLIMA A LIVELLO GLOBALE
Le concentrazioni di gas a effetto serra sono cresciute a partire dall’era preindustriale raggiungendo livelli che non hanno precedenti nella storia dell’umanità. La concentrazione di anidride carbonica, metano e protossido di azoto è aumentata dal 1750 ad oggi rispettivamente del 40%, 150% e 20%, raggiungendo i valori più elevati degli ultimi 800.000 anni. Le concentrazioni di anidride carbonica in atmosfera, che sono ormai costantemente al di sopra dei 400 ppm dal novembre del 2015, hanno raggiunto la media annuale di 417 ppm nel 2021. Il tasso di crescita delle emissioni nel 2021 è stato di +2.7 ppm, mentre nel 2020 era stato lievemente rallentato, passando dai +2.48 ppm nel 2019 ai +2.31 ppm del 2020. Queste variazioni non modificano il tasso di crescita medio, che è incrementato di circa il 30% negli ultimi 60 anni e del 50% rispetto al periodo preindustriale.
Le emissioni di gas serra continuano ad aumentare a livello globale: la pandemia di COVID-19 ha portato a un calo senza precedenti del 5.4% delle emissioni di CO2 nel 2020, con un calo più contenuto delle emissioni totali di GHG. Dal 1850 al 2020, le emissioni cumulative di CO2 fossile per il periodo 1850-2020 sono state di 455 ± 25 GtC. In questo periodo, il 46% delle emissioni di CO2 fossile proveniva dal carbone, il 35% dal petrolio, il 14% da quelle naturali. A livello globale, si stima che le emissioni globali di CO2 fossile aumenteranno del 4.9% nel 2021 fino a 9.9 GtC (36.4 GtCO2), tornando vicino ai livelli di emissione del 2019 di 10.0 GtC (36.7 GtCO2). L'aumento globale delle emissioni nel 2021 per tipo di combustibili fossili è del +5.7% per carbone, +4.4% per il petrolio e +4.3% per il gas naturale (dati da Global Carbon Budget, 2021).
A livello complessivo, si stima che dal 1850 al 2020 le emissioni complessive di CO2 siano state pari a 2420 +/- 240 GtCO2, pari a 660 +/- 65 GtC - miliardi di tonnellate di carbonio rilasciati in atmosfera. Nel 2020 le emissioni totali di CO2 antropogenica da combustibili fossili più il cambiamento nell'uso del suolo sono state pari a 10.2 ± 0,8 GtC (37.2 ± 2.9 GtCO2), mentre per il 2021 prevediamo che le emissioni globali di CO2 antropiche da cambiamenti nell'uso del suolo e dei fossili saranno di circa 10.5 GtC (38.5 GtCO2).
Sulla base del tasso di incremento annuo delle emissioni di gas serra e l’incremento di temperatura, è possibile stimare quello che viene detto Carbon Budget, cioè quanto è possibile ancora emettere per limitare l’incremento di temperatura media globale al 2100. Dall’inizio del 2020, il carbon budget rimanente per limitare l’incremento di temperatura a 2°C con il 66% di probabilità è pari a 985 Gt CO2. Questo si riduce a 395 (235) Gt CO2 se il limite di incremento del riscaldamento è di 1.5°C, con una probabilità del 50% (o del 66%). C’è molta incertezza relativamente a questi dati, importante è comunque notare che nessuna stima autorevole si espone a dare una probabilità del 90% e che, il carbon budget disponibile, al tasso di emissione del 2019, tenderà ad esaurirsi nei prossimi 10-12 anni.
Sulla base dei dati disponibili per il 2021 in Italia, come conseguenza della ripresa delle attività economiche, ci si attende un incremento delle emissioni di gas serra a livello nazionale; infatti, nel 2021 le emissioni sul territorio nazionale sono aumentate del 4,8% rispetto al 2020 a fronte di un incremento del PIL pari al 6,1% rispetto al 2019, le emissioni di gas serra sono diminuite del 4,2%.
Nel complesso si può notare che è previsto un incremento delle emissioni di gas serra come conseguenza della ripresa della mobilità e delle attività economiche. Per alcuni settori si prevede un incremento delle emissioni, in particolare per l’industria (8.4%) e trasporti (11.1%). In decrescita la produzione di energia a causa della riduzione nell’uso del carbone (-1.5%). La produzione industriale è aumentata nel secondo trimestre del 2021 del 14.6 % in confronto allo stesso periodo del 2020. Per quanto riguarda i trasporti su strada i consumi di benzina, gasolio, e GPL sono aumentati rispettivamente del 14%, 12% e 5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. I consumi di gas per il riscaldamento domestico e commerciale sono aumentati del 6.5% nel secondo trimestre 2021 rispetto allo stesso periodo del 2020. Per le emissioni dall’agricoltura e della gestione dei rifiuti, nel 2021 non sono previsti scostamenti rilevanti rispetto all’anno passato.
La temperatura media globale nel 2021 è stata di 1.21 ° C al di sopra della temperatura media dal 1850 al 1900, un periodo spesso utilizzato come riferimento preindustriale per gli obiettivi di temperatura globale.?Il 2021 è risultato il sesto anno più caldo dal 1850 ed è stato simile al 2018 e al 2015, mentre è stato più freddo del 2020 a causa della presenza de La Niña. In ogni caso gli ultimi otto anni sono stati i più caldi osservati.
Si stima che se il riscaldamento continua con lo stesso tasso di crescita che ha registrato negli ultimi 20 anni, è probabile che l’incremento di 1.5°C della temperatura media globale si verifichi tra il 2030 e la prima metà del secolo, in funzione degli sforzi che saranno applicati per ridurre le emissioni. Se questi saranno stringenti proprio nella fase iniziale, ossia nei prossimi dieci anni, sarà possibile dimezzare il contributo antropico al riscaldamento globale nel periodo 2020-2040. Viceversa, anche il tempo a disposizione per un adattamento efficace non sarà sufficiente, in particolare per gli elementi più vulnerabili.
La temperatura superficiale dell’oceano è aumentata di quasi 1.5°C rispetto alla media 1971-2000 con un tasso di incremento importante negli ultimi anni (+0.76°C nel 2020, con un tasso nel periodo 2000-2020 di 0.18°C per decade). Nel 2021 la temperatura superficiale dell’oceano è stata la settima più calda. Il Mar Mediterraneo mostra un trend in aumento dal 1982 ad oggi di 0.3°C ogni 10 anni, con un incremento complessivo dal 1982 al 2021 di 1.2°C.
Il livello globale medio del mare dal 1900 è cresciuto di circa 20 cm e, nel periodo 1993-2021, attraverso le misure da satellite, si stima che l’incremento sia di circa 3.3 mm/anno. Lungo le coste europee l’innalzamento è di circa 2-3 mm/anno ad eccezione della zona del Baltico, dove è superiore ai 3 mm.
Anche la criosfera mostra in modo drammatico gli effetti del riscaldamento globale: l’estensione e il volume dei ghiacci si sono ridotti (tra il 2006 e 2015 la Groenlandia ha perso massa glaciale a un tasso di 278 ± 11 Gt/anno, il ghiaccio dell’Antartide a un tasso di 155 Gt/anno, e gli altri ghiacciai complessivamente a un tasso di 220 Gt/anno , equivalente rispettivamente a 0.77 mm/anno, 0.43 mm/anno e 0.61 mm/anno di aumento del livello medio globale del mare), la copertura nevosa nell’emisfero nord è diminuita (la copertura nevosa dell’Artico in giugno è diminuita di circa il 13% ogni 10 anni dal 1967, in altre aree la variazione è diminuito lo spessore, l’estensione e la durata della copertura nevosa, specialmente a quote più basse, con tassi differenti) e il permafrost è in sempre maggiore degradazione (si stima che la temperatura del permafrost dal 1980 ad oggi, sia aumentata raggiungendo valori record, e dal 2007 al 2016 tale incremento si possa stimare a livello globale, in 0.29 °C, considerando le zone polari e le montagne più elevate. Nel 2020 l’estensione dei ghiacci dell’Artico nel mese di settembre è stata la seconda più bassa in assoluto della serie storica e i record di temperatura registrati nella regione Artica (dove nel 2020 sono stati registrati i più grandi incrementi di temperatura, fino a 5 °C rispetto al valore medio 1981-2000, nella regione artica siberiana) hanno determinato la fusione dei ghiacci sia marini sia sulla terra. I ghiacciai della Groenlandia hanno perso nell’estate 2020 circa 152 Gt di ghiaccio, valore inferiore alla media e a quello dell’anno precedente (329 Gt). Nel 2021 lo scioglimento del ghiaccio marino è stato meno estremo rispetto ad altri anni recenti, anche se è di molto superiore rispetto a quello che era tipico 30 anni fa.
I cambiamenti climatici osservati dal 1950 a oggi, compresi gli eventi estremi, hanno determinato impatti significativi sui sistemi naturali e antropici, dimostrando, da una parte, la loro elevata suscettibilità al clima che cambia e dall’altra, che le azioni per la riduzione della vulnerabilità adottate, ove possibili, sono largamente insufficienti a proteggere persone, beni e capitale naturale.
Nel 2021 ondate di calore eccezionali hanno colpito il Nord America occidentale nei mesi di giugno e luglio, con molti luoghi che hanno battuto i record delle stazioni. Nella Columbia Britannica centro-meridionale, ha raggiunto i 49.6 °C il 29 giugno, battendo il precedente record nazionale canadese di 4.6 °C ed è stata devastata da un incendio il giorno successivo.
Ci sono state anche ondate di calore multiple nel sud-ovest degli Stati Uniti. La Death Valley, in California, ha raggiunto i 54.4 ° C il 9 luglio, eguagliando un valore simile al 2020 come il più alto registrato al mondo almeno dal 1930. È stata l'estate più calda mai registrata negli Stati Uniti continentali.
Ci sono stati numerosi grandi incendi. L'incendio di Dixie nel nord della California, iniziato il 13 luglio, aveva bruciato circa 390.000 ettari entro il 7 ottobre, il più grande incendio singolo mai registrato in California.
Il caldo estremo ha colpito anche la regione mediterranea, ad esempio l'11 agosto, in Sicilia sono stati raggiunti i 48.8 °C, record europeo, mentre in Tunisia è stato raggiunto il record di 50.3 °C. Anche in Spagna sono stati misurati valori record (47.4 °C).
Grandi incendi si sono verificati in Algeria, Turchia meridionale e Grecia.
Condizioni anormalmente fredde hanno colpito molte parti degli Stati Uniti centrali e del Messico settentrionale a metà febbraio. Gli impatti più gravi sono stati in Texas, che generalmente ha registrato le temperature più basse almeno dal 1989. Un'anomala epidemia di freddo primaverile ha colpito molte parti d'Europa all'inizio di aprile.
Piogge estreme hanno colpito la provincia cinese di Henan dal 17 al 21 luglio. La città di Zhengzhou il 20 luglio ha ricevuto 201.9 mm di pioggia in un'ora (un record nazionale cinese), 382 mm in 6 ore e 720 mm per l'evento nel suo complesso, più della sua media annuale. Le inondazioni improvvise sono state collegate a più di 302 morti, con perdite economiche segnalate per 17.7 miliardi di dollari.
L'Europa occidentale ha subito alcune delle sue inondazioni più gravi mai registrate a metà luglio.
La Germania occidentale e il Belgio orientale hanno ricevuto da 100 a 150 mm su una vasta area il 14-15 luglio su un terreno già saturo, causando inondazioni e frane e oltre 200 morti.
Le piogge persistenti superiori alla media nella prima metà dell'anno hanno portato a inondazioni significative e di lunga durata nella parte settentrionale del sud America.
Una siccità significativa ha colpito gran parte del Sud America subtropicale per il secondo anno consecutivo. Le precipitazioni sono state ben al di sotto della media su gran parte del Brasile meridionale, Paraguay, Uruguay e Argentina settentrionale. La siccità ha portato a significative perdite agricole, esacerbate da un'epidemia di freddo alla fine di luglio, danneggiando molte delle regioni brasiliane di coltivazione del caffè. I bassi livelli dei fiumi hanno anche ridotto la produzione di energia idroelettrica e interrotto il trasporto fluviale.
I 20 mesi da gennaio 2020 ad agosto 2021 sono stati i più secchi mai registrati per gli Stati Uniti sudoccidentali.
Le proiezioni climatiche continuano a mostrare un incremento della temperatura globale per la fine del XXI che difficilmente riuscirà a restare al di sotto dei 2°C se non si concretizzano urgentemente e, soprattutto si rafforzano gli impegni dei governi nazionali (NDC) e subnazionali per la mitigazione dei gas serra. Il contributo alla riduzione delle emissioni dovuto alle misure di prevenzione connesse alla pandemia da SARS-CoV-2 porteranno a una diminuzione al 2030 di sole 2-4 GtCO2eq, e molto dipenderà dall’applicazione delle politiche climatiche. Se da una parte, la ripresa post-emergenza rappresenta un’occasione unica per una trasformazione dell’economia nella direzione low-carbon, dall’altra la minore attenzione per le tematiche climatiche e la necessità di investimenti a breve termine per favorire l’immediata ripresa economica dei settori più colpiti rischia di non indirizzare i contributi alla mitigazione e resilienza climatica. Nonostante gli impegni annunciati per arrivare alla completa decarbonizzazione al 2050, gli impegni formali NCD non consentono, al momento, di limitare l’aumento della temperatura media globale al di sotto dei 2°C. Considerando le politiche attuali la temperatura globale è stimata aumentare di circa 3.5°C a fine secolo. In questo scenario, nella maggior parte delle regioni continentali, gli estremi caldi saranno più sempre più numerosi e le ondate di calore saranno più frequenti e dureranno più a lungo, con associati periodi siccitosi. Gli eventi estremi di precipitazione aumenteranno, anche in un clima mediamente più secco. La variabilità meteorologica inter-annuale è destinata ad aumentare, ponendoci di fronte ad una situazione che, per essere affrontata, richiede una grande flessibilità e una società decisamente più resiliente dell’attuale. Con tale incremento sono possibili cambiamenti irreversibili delle condizioni climatiche connesse alle grandi circolazioni atmosferiche e oceaniche che potranno modificare in modo permanente molti habitat ed ecosistemi.
IL CAMBIAMENTO CLIMATICO IN PIEMONTE - ANALISI STORICA
Al fine di supportare l’azione della pubblica amministrazione e delineare gli indirizzi della politica regionale sul tema del cambiamento climatico, è fondamentale definire un quadro delle conoscenze il più possibile esaustive sulle caratteristiche climatiche della regione e sulla loro variazione negli ultimi anni, nonché la stima dei possibili scenari futuri in funzione dell’efficacia delle azioni di mitigazione che, a livello globale, verranno intraprese. Il riscaldamento globale infatti determina modifiche al sistema climatico che localmente possono essere molto differenti: amplificate nelle zone di “hot spot” - di cui l’area Mediterranea e quella Alpina sono due esempi - e meno marcate in altre aree del globo. Capire come sta rispondendo il clima regionale al riscaldamento globale è determinante sia per la valutazione degli impatti settoriali, sia per dare priorità alle azioni di contrasto e di adattamento.
Il patrimonio storico di dati e informazioni climatiche disponibile sul Piemonte, unito alla capacità di trattamento ed elaborazione degli stessi, consente di evidenziare alcuni cambiamenti nelle variabili meteorologiche, sia sui trend di più lungo periodo sia sulla variabilità inter-annuale e gli eventi estremi.
Nella pagina Clima Stato viene rappresentata una sintesi dell’evoluzione del clima sulla regione, con le variazioni delle principali variabili climatiche degli ultimi 60 anni e alcuni indicatori climatici utili per comprendere l’effetto del cambiamento climatico sulle matrici ambientali e socio-economiche.
Nell'ambito delle attività legate alla costruzione della Strategia Regionale sui Cambiamenti Climatici, Regione Piemonte e Arpa hanno elaborato due report di ricerca che illustrano nel dettaglio l'andamento delle principali variabili climatiche: il primo consente di analizzare i cambiamenti climatici dal 1981 al 2010 e il secondo, attraverso l’utilizzo dei modelli regionali di ultima generazione disponibili a livello europeo, opportunamente trattati per adeguarli al clima del territorio regionale, consente di tracciare una proiezione di quella che sarà l’evoluzione climatica del Piemonte fino a fine secolo.
Sono disponibili anche le versioni integrali dell'Analisi clima regionale periodo 1981-2010 e l'Analisi scenari clima regionale periodo 2011-2100.
I dati dei report sono confluiti in 9 schede di sintesi che riassumono i dati del clima in Piemonte nelle infografiche in allegato.