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AZIONI NAZIONALI

Le azioni nazionali su Clima e Cambiamento climatico concorrono al raggiungimento degli Obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile e in particolare nell'Obiettivo 13:

Promuovere azioni, a tutti i livelli, per combattere il cambiamento climatico

GLI IMPEGNI DELL’ITALIA PER LA RIDUZIONE DELLE EMISSIONI DI GAS SERRA

Decreto Clima

Con l’adozione del cosiddetto “Decreto Clima” (D.L. 14 ottobre 2019, n. 111, convertito con modificazioni dalla L. 12 dicembre 2019, n. 141) sono state poste le basi per la definizione di una politica strategica nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici e il miglioramento della qualità dell'aria. Si tratta del primo decreto-legge italiano totalmente ambientale. Il decreto, in breve, prevede:
  • Buono mobilità: per le città e le aree sottoposte a infrazione europea sulla qualità dell’aria, sono stanziati fondi per la rottamazione dell’auto e moto particolarmente inquinanti; il buono potrà essere rinvestito in servizi ambientalmente sostenibili (abbonamenti al trasporto pubblico, acquisti di bici, servizi di mobilità condivisi…);
  • Corsie preferenziali per i comuni da realizzazione, prolungare, ammodernare o mettere a norma, per agevolare il trasporto pubblico;
  • Trasporto scolastico ecologico agevolato da finanziamenti per mezzi ibridi, elettrici…
  • Riforestazione urbana con fondi per la piantumazione e il reimpianto di alberi, di silvicoltura, creazione di foreste urbane e periurbane nelle città metropolitane;
  • Nascita delle ZEA (zone economiche ambientali), che corrispondono ai parchi nazionali con agevolazioni e vantaggi fiscali per i comuni all’interno degli stessi e l’apertura di attività imprenditoriali ecosostenibili;
  • Stop alle infrazioni ambientali per discariche abusive e depurazioni delle acque, rafforzando i commissari che si occupano di bonificarle;
  • Programma Italia Verde, finanziando progetti green e premiando ogni anno la città Capitale Verde d’Italia, riconoscendo chi avrà presentato i progetti più innovativi ed efficaci;
  • Trasparenza dei dati ambientali grazie all’utilizzo di un database pubblico che raccolga i dati (raccolti da soggetti pubblici o concessionari di servizi pubblici) riguardanti l’inquinamento atmosferico, la qualità dell’aria e delle acque e quelli riguardanti altre tipologie di inquinamento
  • Vendita sfusa incentivata, dotando i negozi di green corner con detergenti per la casa e la persona e alimenti sfusi, e promuovendo l’apertura di nuovi negozi interamente “green”;
  • Campagna di informazione green nelle scuole, con un fondo destinato a finanziare progetti, iniziative, programmi, campagne;
  • Macchinette mangia plastica con finanziamenti per comuni ed esercizi commerciali che vogliano dotarsene;
  • Caschi verdi per l’ambiente per la tutela e salvaguardia ambientale delle aree nazionali protette e delle altre aree riconosciute in ambito internazionale per il particolare pregio naturalistico
  • Trasformazione del CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica) in CIPESS (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile);
  • Fondo per il rimboschimento e la tutela ambientale e idrogeologica delle aree interne;
  • Fondo qualità dell’aria rifinanziato “prenotando” le risorse che affluiranno sul bilancio del Ministero dell’ambiente dalle “aste verdi”.

Il decreto prevede l’istituzione presso il MATTM di un tavolo permanente interministeriale   sull'emergenza climatica. Questo gruppo, composto da un rappresentante del Ministero medesimo e di ciascuno dei Ministeri delle politiche agricole alimentari e forestali, della salute, dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, avrà la finalità di monitorare, e adeguare ai risultati e le azioni del Programma strategico nazionale, senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica.

Il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC)

Le novità contenute nel Decreto-legge sul Clima, nonché quelle sugli investimenti per il Green New Deal, sono state recepite dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC). Questo documento è stato pubblicato nel dicembre 2019 dal Ministero dello Sviluppo Economico, che si è occupato di predisporlo insieme al Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Scopo del PNIEC è dunque quello di contribuire a livello nazionale alla realizzazione di un cambiamento nella politica energetica e ambientale dell’Unione europea. Per far ciò, il Piano stabilisce gli obiettivi dell’Italia al 2030, che si strutturano su 5 linee d’intervento su:

  1. La decarbonizzazione,
  2. L’efficienza energetica,
  3. La sicurezza energetica,
  4. Lo sviluppo del mercato interno dell’energia,
  5. La ricerca, l’innovazione e la competitività. 

Nella seguente tabella sono illustrati i principali obiettivi su energia e clima dell’UE e dell’Italia al 2020 e al 2030.

Strategia Italiana di lungo termine sulla riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra

 Questo documento individua i possibili percorsi per raggiungere a livello nazionale al 2050, una condizione di “neutralità climatica”, nella quale le residue emissioni di gas a effetto serra sono compensate dagli assorbimenti di CO2 e dall’eventuale ricorso a forme di stoccaggio geologico e riutilizzo della CO2.

Al fine di quantificare e qualificare lo sforzo che l’Italia deve compiere è stato tracciato uno Scenario di riferimento che centra gli obiettivi previsti dal Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC), adottando dinamiche esogene di PIL e popolazione e integrando gli effetti dei cambiamenti climatici, in termini di variazioni potenziali dei gradi giorno, di resa delle colture e di frequenza degli incendi.

Partendo dal gap emissivo emerso dallo Scenario di riferimento è stato elaborato uno Scenario di decarbonizzazione per raggiungere al 2050 la neutralità climatica. Tre sono le principali categorie: 

  1. Riduzione della domanda di energia, connessa in particolare ad un calo dei consumi per la mobilità privata e dei consumi del settore civile; 
  2. Cambio radicale nel mix energetico a favore delle rinnovabili, coniugato ad una profonda elettrificazione degli usi finali e alla produzione di idrogeno;
  3. Aumento degli assorbimenti garantiti dalle superfici forestali ottenuti attraverso la gestione sostenibile, il ripristino delle superfici degradate e interventi di rimboschimento, accompagnato, eventualmente, dal ricorso a forme di stoccaggio geologico e riutilizzo della CO2.

Gli scenari delineati non tengono ancora conto dell’impatto dell’emergenza sanitaria legata al virus SARS-CoV-2, che verrà valutata in un prossimo aggiornamento della Strategia.

La strategia, nell’individuare i percorsi di decarbonizzazione, evidenzia anche alcune criticità (tecniche, operative, economiche, sociali) che devono essere affrontate per arrivare alla neutralità climatica. In particolare, la disponibilità e diffusione di diverse tecnologie, che dipendono da orientamenti e scelte di investimento, la conciliazione delle esigenze di forte sviluppo delle fonti rinnovabili con altri obiettivi di natura ambientale e paesaggistica, la disponibilità alla modifica di comportamenti e abitudini individuali, nonché all’accettazione di interventi di natura anche invasiva sul patrimonio infrastrutturale.

In questo contesto, l’implementazione dell’adattamento avrà un ruolo importante nel consentire il

raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica al 2050. L’adattamento, infatti, insieme allo sviluppo

sostenibile e all’economia circolare, crea le condizioni esogene per modificare in modo sostanziale i

consumi energetici (per quantità e qualità), sia in termini di riduzione della domanda, sia di

efficientamento, ma anche di ri-orientamento della produzione e di sviluppo di nuove tecnologie, e porre le

premesse per un efficace processo di decarbonizzazione. 

Di seguito, due delle infografiche presentate in Strategia rispetto al Bilancio energetico nazionale del 2018 e quello previsto dallo Scenario di decarbonizzazione per il 2050.

GLI IMPEGNI DELL’ITALIA PER L’ADATTAMENTO

La Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (SNAC)

La Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici è stata formalmente approvata nel 2015. Il documento è stato costruito sulla base degli indirizzi generali, dei principi e degli obiettivi della strategia europea, a conclusione di un percorso di approfondimento e consultazione durato circa due anni e che ha visto coinvolti la comunità scientifica, le regioni, gli stakeholder e il MATTM.

La SNACC fa un quadro delle conoscenze scientifiche a livello nazionale in merito agli scenari climatici futuri, alle vulnerabilità e impatti sulle risorse naturali e sui settori socioeconomici potenzialmente impattati. Parallelamente individua possibili misure da adottare per ridurre i rischi ed aumentare la resilienza dei sistemi naturali ed antropici, avanzando un elenco di possibili azioni soft, verdi e grigie declinate per ogni settore. Il documento pone attenzione anche a trarre vantaggio dalle eventuali opportunità.

Il documento individua, altresì, due ambiti territoriali di particolare interesse in relazione alla loro vulnerabilità e importanza sotto il profilo ambientale economico e sociale: l’area alpina e appenninica e il distretto del Po, proponendo un Piano di azione per le Alpi.

L’approvazione della Strategia Nazionale rientra nella condizionalità ex ante prevista per l’erogazione dei fondi europei dell’attuale programmazione 2014-2020.

Il Piano nazionale di adattamento al cambiamento climatico (PNACC)

A maggio 2016 è stata avviata l’elaborazione del Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC) per dare attuazione alla SNAC. È, infatti, sempre più condivisa l’urgenza di individuare azioni e programmare interventi coerenti con le strategie di adattamento se si intende, concretamente, lavorare al contrasto del cambiamento climatico.

Il Piano, elaborato dal lavoro del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, ha carattere di indirizzo generale: interferendo con le attività di pianificazione di competenza di altre Amministrazioni Pubbliche nazionali e locali, non può infatti avere carattere prescrittivo. Il PNACC si pone comunque come strumento di supporto agli enti nazionali, regionali e locali per individuare e scegliere le azioni più efficaci nelle differenti aree climatiche, tenendo conto delle criticità che le connotano maggiormente.  

Il Piano si propone di individuare le azioni prioritarie in materia di adattamento per i settori chiave identificati nella Strategia, specificando le tempistiche e i responsabili per l’implementazione delle azioni. Sono circa 350 le misure di adattamento avanzate al fine di contenere la vulnerabilità dei sistemi naturali, sociali ed economici e aumentare la capacità di adattamento degli stessi. Obiettivi del PNACC sono anche quelli di fornire indicazioni per migliorare lo sfruttamento delle eventuali opportunità e favorire il coordinamento delle azioni a diversi livelli.

Il Piano in sintesi:

  • contiene il quadro aggiornato delle tendenze climatiche in atto e le variazioni climatiche future a livello nazionale, identificando aree climatiche omogenee ossia porzioni di territorio caratterizzate da condizioni climatiche simili durante il periodo storico di riferimento e simili proiezioni di anomalie climatiche; 
  • analizza gli impatti attesi e le vulnerabilità di numerose risorse ambientali e settori socioeconomici, basando la propria analisi sulle componenti fondamentali per determinare il rischio legato ai cambiamenti climatici, ossia i pericoli, l’esposizione e la vulnerabilità (rifacendosi a quanto indicato dall’IPCC);
  • individua possibili azioni di adattamento e strumenti per il loro monitoraggio e per la valutazione dell’efficacia;
  • suggerisce una tempistica per l’attuazione delle azioni di adattamento e identifica possibili fonti di finanziamento a livello europeo, nazionale e regionale;
  • le azioni sono distinte per tipologia (Soft, Green e Grey) ed analizzate e valutate sulla base di alcuni criteri quali: efficacia, efficienza economica, effetti di secondo ordine, performance in presenza di incertezza, considerazioni per l’implementazione politica.

Il Ministero dell’Ambiente, per garantire la maggiore partecipazione possibile alla redazione di tale documento ha avviato nel 2017 una prima consultazione pubblica. Questa, attraverso la compilazione di un questionario on-line, ha permesso a tutti di poter segnalare le proprie idee e proposte su tale tema. Nel 2018 si è poi tenuta una seconda consultazione, portando ad una sostanziale condivisione del Piano da parte delle Regioni. La Regione Piemonte è stata coinvolta nel percorso istituzionale che è passato attraverso lo strumento della Conferenza Stato Regioni. In tale sede è stato predisposto, con il contributo di tutte le Regioni e il coordinamento della Regione Sardegna, un documento di osservazioni e proposte che è stato consegnato al Ministero per contribuire alle prossime fasi di costruzione del Piano. 

I risultati delle consultazioni sottolineano come il livello di governance regionale sia quello più indicato per indirizzare l’adattamento: le generali indicazioni nazionali - sebbene differenziate per macroregioni - devono, infatti, concretizzarsi in azioni a livello locale. Di conseguenza, questo compito spetta in primis agli enti regionali, mediante la definizione di una strategia regionale come strumento con cui delineare il quadro di attuazione della SNACC e del PNACC.

Dalle consultazioni è, inoltre, emersa l’esigenza che il PNACC venga sottoposto a Valutazione Ambientale Strategica (VAS). 

Nel mese di giugno 2020 è, dunque, stata trasmessa all’Autorità competente la richiesta di avvio della verifica di assoggettabilità a VAS del PNACC, a cui è seguita – e si è conclusa – la Consultazione sul Rapporto Preliminare Ambientale. Anche la Regione Piemonte si è espressa in tal senso, sottolineando però l’urgenza e l’esigenza di avere tale strumento di riferimento a livello nazionale approvato. Tra le altre note, il Piemonte ha evidenziato come il Rapporto Ambientale potesse svolgere, nel processo di approvazione del PNACC, un ruolo più ampio rispetto a quanto prescritto nel processo di VAS, suggerendo di rivedere alcuni contenuti del Piano. 

Il Piano per la transizione ecologica

A febbraio 2022 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la delibera con la quale il Comitato interministeriale per la transizione ecologica (CITE) ha approvato  Piano per la Transizione Ecologica ai sensi dell’articolo 57-bis, comma 3 e seguenti, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
Il Piano nazionale di transizione ecologica risponde alla sfida che l’Unione europea con il Green Deal ha lanciato al mondo: assicurare una crescita che preservi salute, sostenibilità e prosperità del pianeta con una serie di misure sociali, ambientali, economiche e politiche senza precedenti. Il Piano si sviluppa a partire dalle linee già delineato dal Piano di ripresa e resilienza (PNRR) proiettandole al completo raggiungimento degli obiettivi al 2050. Nella prima parte il Piano presenta la cornice legislativa europea e nazionale entro la quale trovano fondamento i macro-obiettivi da perseguire nei prossimi 30 anni e le leve economiche e politiche per renderla possibile.
Gli interventi riguardano:
  1. la decarbonizzazione;
  2. la mobilità sostenibile;
  3. il miglioramento della qualità dell’aria;
  4. il contrasto al consumo del suolo e al dissesto idrogeologico;
  5. il miglioramento delle risorse idriche e delle relative infrastrutture;
  6. il ripristino e il rafforzamento della biodiversità;
  7. la tutela del mare;
  8. la promozione dell’economia circolare, della bioeconomia e dell’agricoltura sostenibile.