Sito di Cengio

Anno
2025

Il Sito di Interesse Nazionale denominato “Cengio e Saliceto” è ubicato fra Piemonte e Liguria e comprende l’area occupata dall’ex stabilimento industriale “ACNA”, interamente nel comune di Cengio (SV), in territorio ligure, e l’area esterna, a valle dello stabilimento stesso, in territorio piemontese; tale ultima area è costituita dalla fascia fluviale ai lati della Bormida di Millesimo e comprende i territori di 17 comuni a partire dal comune di Saliceto (CN) fino al comune di Sessame (AT).

Il primo insediamento industriale sorge nel 1882 con la produzione di polvere pirica, nitroglicerina e dinamite. Dal 1900 al 1920 l’attività prosegue incentrata sulla fabbricazione di esplosivi. Negli anni ‘20 viene avviata la produzione di coloranti e acidi: a partire da quel periodo sono registrati fenomeni di contaminazione delle acque del fiume Bormida tali da determinare la chiusura dell’acquedotto di Cortemilia (CN) su ordine del Pretore. Nel 1928 la ditta prende il nome di ACNA (Azienda Coloranti Nazionali e Affini) S.p.A. con sede a Milano.

Poco prima della Seconda guerra mondiale gli agricoltori della vallata citano lo stabilimento per danni in quanto le acque del Bormida sono inutilizzabili a fini irrigui. Seguono denunce e verifiche ma solo negli anni ‘80 cessa la produzione di coloranti e prosegue quella di pigmenti.

ACNA era controllata dagli anni ’30 dalla Montecatini e ne seguì il destino passando negli anni ’60 al gruppo Montedison, quindi alla Enimont nel 1988 e dal 1991 sotto il controllo di EniChem. 

L’attività termina definitivamente nel corso del 1998.

La legge 426/98 individua l’area a rischio ambientale e prevede un programma di bonifica e ripristino; nel 1999 viene dichiarata la situazione di emergenza socio-ambientale con nomina di un Commissario Straordinario ad opera della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
 

Situazione della contaminazione

Le attività di caratterizzazione delle aree esterne, svolte con la collaborazione di Arpa Piemonte e Arpa Liguria e finalizzate a determinare la contaminazione di suolo, acque sotterranee, acque superficiali e sedimenti, sono proseguite fino al 2011, con approfondimenti su numerose aree interessate.

I contaminanti caratteristici del sito sono stati rilevati nelle acque del fiume Bormida con concentrazioni progressivamente ridotte nel tempo. Fra le sostanze caratteristiche si segnalano cloro benzeni, aniline, antrachinoni e naftalensolfonici.
 

Stato avanzamento della bonifica

Al fine di bonificare e mettere in sicurezza il sito nel corso dei decenni sono state effettuate numerose attività, già a partire dal 1984 (prime opere di contenimento per impedire la filtrazione delle acque di falda dall’area dello stabilimento verso l’esterno); successivamente alla caratterizzazione delle aree interne, negli anni 2000-2001, è stato realizzato su tutto il perimetro dello stabilimento lato fiume un diaframma che si intesta sul substrato marnoso impermeabile. Arpa e Regione Piemonte hanno prescritto inoltre una serie di interventi finalizzati ad eliminare gli ingressi di acqua nel sottosuolo dell’area dello stabilimento. 

Nei primi anni 2000 è stata realizzata la bonifica dei lagunaggi nell’area A1 dello stabilimento.

Nel 2005-2008 è stato attuato il progetto di Bonifica Pian Rocchetta (intervento certificato nel 2012, con previsione di monitoraggi post-operam); nel 2009 è stata effettuata la bonifica dei terreni siti nel comune di Saliceto, Località Pian Sottano mediante asporto di terreno di riporto, rifiuti e terreno contaminato. 

Nelle aree interne allo stabilimento è stata realizzata la bonifica mediante asportazione dei terreni contaminati presenti nella zona insatura e, parzialmente, in zona satura, asportazione dei rifiuti presenti, demolizione degli edifici sede delle lavorazioni. Tutti i materiali sono stati abbancati nella zona A1, destinata a messa in sicurezza permanente anche dei terreni contaminati asportati per la bonifica delle aree golenali all’esterno del sito, del sito di Pian Rocchetta e della zona di Pian Sottano (Comune di Saliceto). 

Nel 2016 sono stati rilevati in territorio ligure alcuni superamenti dei limiti di riferimento per diversi contaminanti organici nelle acque sotterranee della cosiddetta “Area Merlo”, esterna allo stabilimento ma rientrante nel perimetro del SIN. Sono state avviate le procedure di bonifica anche per quest’area (allo stato attuale, è in fase di realizzazione una sperimentazione pilota per l’attività di bonifica e l’istruttoria dell’analisi di rischio).
 

Monitoraggio e controllo

Nelle aree interne ed esterne allo stabilimento è presente una capillare rete di monitoraggio delle acque sotterranee per tenere sotto controllo l’eventuale fuoriuscita di contaminanti dalle aree confinate; i campionamenti avvengono secondo un Protocollo di monitoraggio concordato con gli Enti competenti, attualmente con frequenza minima trimestrale. 

Nel 2017, a seguito di alcune criticità emerse dopo gli eventi alluvionali del 2016, è stato ritenuto opportuno armonizzare i monitoraggi effettuati da Eni Rewind, Arpa Liguria e Arpa Piemonte, inserendo uno strumento aggiuntivo costituito dal “Protocollo di monitoraggio sulla verifica della qualità delle acque del fiume Bormida” firmato il 29 novembre 2017 che vede impegnati Regione Liguria, Regione Piemonte, Arpa Liguria, Arpa Piemonte, i comuni di Cengio e Saliceto e Eni Rewind, nel controllo e nello scambio reciproco di dati di monitoraggio relativi alle acque superficiali in corrispondenza di alcuni punti strategici lungo il corso del Fiume Bormida e relativi alle acque sotterranee in corrispondenza dei piezometri maggiormente significativi. I controlli conseguenti al protocollo non hanno rilevato criticità significative nelle acque del fiume Bormida in territorio piemontese.

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Sito di Pieve Vergonte

Capitolo
Siti contaminati
Anno
2025

Il sito industriale oggetto di bonifica è ubicato nel territorio del Comune di Pieve Vergonte, in provincia di Verbania, nella media Val d’Ossola, in destra orografica del fiume Toce. Confina a nord con la SP n.117, ad est con la SS n. 33 del Sempione, a nord-est con la ferrovia Novara/Domodossola e ad ovest con l’abitato di Pieve Vergonte. L’area dello stabilimento si estende su una superficie totale di circa 37 ettari, dei quali circa 20 sono occupati da attività produttive condotte attualmente dalla Società Altair Chemical.

Lo stabilimento industriale è sorto attorno al 1915 e le lavorazioni inizialmente erano volte alla produzione di cloro e gas ad uso bellico; successivamente venne sviluppata la produzione di clorurati organici, di arsenico e suoi derivati. Nel dopoguerra venne avviata la produzione di DDT. Nello stesso periodo erano attive le seguenti produzioni: linea cloro-soda con celle Krebbs, acido solforico con forni di arrostimento di pirite, oleum, acido clorosolfonico, ammoniaca sintetica da cracking di metano, solfuro di carbonio, cloralio, acido ossalico, acido formico, fertilizzanti a base di N-P-K, mono e diclorobenzeni, solfato ammonico e tetracloruro di carbonio. Il 30 giugno 1996 è stata fermata la produzione di DDT e il 30 giugno 1997 sono state fermate le produzioni di cloralio e acido clorosolfonico.

Dalle numerose campagne di indagini svolte negli anni (1995-2006) è stato possibile caratterizzare il sito per la contaminazione dei terreni (suolo superficiale e profondo) e le acque di falda. L’area risulta contaminata in massima parte da: Arsenico, Mercurio, altri metalli (Piombo, Rame, Zinco, Vanadio, Selenio, Nichel, Antimonio, Cadmio), DDT e suoi derivati, Esaclorobenzene, Esaclorocicloesani, Idrocarburi clorurati alifatici e aromatici, Benzene, Idrocarburi leggeri e pesanti, Idrocarburi policiclici aromatici, Policlorobifenili, Diossine e Furani.

L’approvazione del Progetto Operativo di Bonifica (POB) è avvenuta nell’ottobre 2013.

Il soggetto che ha in capo la bonifica del sito è la società Eni Rewind S.p.A.

Il progetto prevede interventi su terreni e acque sotterranee contaminate per un arco temporale complessivo di circa 12 anni.

Per quanto riguarda gli interventi sui terreni, è prevista l’escavazione dei terreni contaminati e il confinamento in sito in un impianto della capacità di circa 680.000 m3, oltre alla realizzazione di un impianto di soil washing.

Per quanto riguarda gli interventi sulle acque sotterranee, sono previsti interventi per contenere idraulicamente il flusso di acqua che scorre sotto il sito, ridurre la massa di contaminante presente anche nelle aree sorgenti e preservare la risorsa idrica incontaminata. I lavori sono stati avviati nel corso del 2016.

Nel corso dei lavori si è resa necessaria una variante al progetto principalmente per l’aumento della volumetria dei terreni risultati contaminati;

Per ciascuna delle componenti ambientali atmosfera, rumore, acque superficiali e sotterranee, vegetazione, fauna ed ecosistemi è previsto un monitoraggio progettato per fasi (ante operam, in corso d’opera, post operam) e cadenzato considerando l’avanzamento spaziale e temporale delle principali attività connesse agli interventi previsti nel progetto operativo di bonifica.

La prima fase della variante è stata approvata dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica con Decreto del Direttore della Direzione Generale Economia Circolare e Bonifiche n. 77 del 25 settembre 2024. I lavori previsti dalla Fase I sono stati avviati.

Nel corso del 2016 è terminato il monitoraggio ante operam ed è pertanto in corso il monitoraggio della realizzazione delle opere di bonifica, iniziate ufficialmente nell’aprile 2017. Arpa Piemonte provvede allo svolgimento delle proprie attività istituzionali operando sia nella supervisione delle attività di campo e validazione delle risultanze analitiche di Eni Rewind S.p.A., sia direttamente con il prelievo e l’analisi di campioni di diverse matrici.

Infine, benché l’amianto non sia uno degli inquinanti caratteristici del sito, dopo il recente rinvenimento di terreni con presenza di amianto di origine antropica in una porzione del sito, gestiti all’interno del cantiere di bonifica, l’amianto è stato inserito fra le sostanze contaminanti di interesse per il sito.

Sito di interesse nazionale di Pieve Vergonte, denominazione convenzionale delle aree - Fonte Eni Rewind
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Effetti al suolo a seguito di eventi nel 2024

Anno
2025
Effetti al suolo delle Nevicate de 2-4 e 9-11 marzo 2024 e delle Precipitazione intense Pasqua 2024
 

Questi eventi hanno determinato effetti al suolo principalmente caratterizzati da attività valanghiva spontanea, descritta nel capitolo dedicato.

Effetti al suolo dell'evento di giugno 2024

Dopo una primavera eccezionalmente carica di neve, a fine giugno 2024 una circolazione depressionaria in arrivo dalla penisola iberica ha eroso il bordo occidentale di un promontorio di alta pressione nordafricana che si estendeva su tutta la penisola italiana. L’evoluzione a scala sinottica ha determinato un marcato aumento dell’instabilità atmosferica a partire dalle ore centrali del 29 giugno, con innesco di rovesci e temporali intensi che si sono generati per più ore sulle medesime zone, con picchi di precipitazione tra le valli di Lanzo, Orco, di Cogne e poi  Valtournenche, Valle Anzasca, alta Ossola e le vallate di confine in territorio svizzero. 

In particolare, a Macugnaga (VB), gran parte degli abitati di Staffa e Pecetto è stata sommersa da detriti e fango a causa dell'esondazione del rio Tambach. L'evento ha coinvolto numerose abitazioni, attività commerciali, negozi e strutture ricettive, causando danni anche ai sottoservizi e lasciando molte zone senza acqua potabile, luce e gas. Il fenomeno è dettagliatamente descritto nella scheda SIFraP - Sistema Informativo Frane in Piemonte.

Sempre a Macugnaga una trentina di turisti sono rimasti bloccati nei rifugi ai piedi del Monte Rosa a causa dell'uscita dall'alveo del fiume Anza in più punti nella zona dell'alpe Burki.  Per una descrizione approfondita degli effetti al suolo si veda la relazione di evento pubblicata da Arpa Piemonte. 

Vista dall'alto del centro di Macugnaga, gravemente colpito dal trasporto solido del rio Tambach. Il cerchio evidenzia il punto in cui è avvenuta l'ostruzione dell'alveo, mentre in rosso è indicato il percorso seguito temporaneamente dalla piena

Le piogge sono state particolarmente intense in alta quota, interessando diffusamente il bacino glacializzato del Belvedere, come descritto nel capitolo dedicato all'evoluzione dell'ambiente glaciale

Effetti al suolo dell'evento di settembre 2024 

A inizio settembre 2024, una circolazione depressionaria centrata sulle isole britanniche si è mossa verso sud facendo il suo ingresso sul Mediterraneo occidentale, convogliando flussi umidi dai quadranti meridionali verso il nord-ovest italiano. Questa configurazione sinottica ha determinato l’attivazione di rovesci e temporali sparsi sulle zone montane piemontesi che si sono progressivamente estesi al resto della regione. Nella notte tra il 4 e il 5 settembre, le correnti, di scirocco in quota e da est-sudest negli strati medio-bassi dell’atmosfera, hanno subito un deciso rinforzo e, interagendo con l’orografia piemontese, hanno causato rovesci temporaleschi localmente molto forti e stazionari. Le precipitazioni più abbondanti si sono verificate nel torinese, con valori cumulati superiori a 200 mm nelle Valli di Lanzo e in Val Chisone (alcune stazioni hanno registrato valori massimi con tempi di ritorno superiori a 200 anni). 

La Città Metropolitana di Torino è stata quella più colpita dall’evento: si segnala in particolare la Val Chisone, la Valle di Susa, la Val Cenischia e le Valli di Lanzo. Diffusi dissesti hanno interessato una fascia sud-nord dalla Val Chisone alla Valle Orco con danni alla viabilità e con una persona dispersa, travolta dalla piena del Torrente Orco. In particolare, nel Comune di Mattie, in Valle di Susa, si è verificato un fenomeno di flusso iperconcentrato lungo il torrente Gerardo, che è esondato in più punti, causando inondazioni e la rimozione di due ponti: uno in corrispondenza della borgata Combe e l'altro nella borgata Giordani. Più a valle, l’esondazione del torrente ha interessato anche la strada provinciale 24, nella località Santa Petronilla, nel comune di Bussoleno. Per una descrizione approfondita degli effetti al suolo si veda la relazione di evento pubblicata da Arpa Piemonte e la scheda SiFraP relativa. 

Vista da elicottero della parte alta della frazione Giordani, in centro alla foto le spallette del ponte asportato, subito a valle le erosioni che hanno danneggiato le difese spondali, nella parte alta si riconosce la briglia di quota 710, con un grande blocco depositato sull’orlo.

In linea generale, in tutte le zone interessate dall’evento numerosi torrenti del reticolo secondario sono stati riattivati, già alle alte quote, dalle intense precipitazioni, determinando erosione delle incisioni, con conseguente deposito e sovralluvionamento a valle da parte di materiale lapideo e vegetale. Nelle zone di alta quota, l’evento pluviometrico del 5 settembre 2024 ha prodotto effetti generalizzati nelle aree glacializzate delle Valli di Lanzo e della Valle Orco, dove le piogge hanno interessato gli alti versanti determinando l’attivazione di numerose colate detritiche. In tale contesto alcuni ghiacciai sono stati coinvolti dai processi di instabilità, come descritto nel capitolo dedicato all'evoluzione dell'ambiente glaciale

In Valle Orco, ai piedi del piccolo lembo meridionale Ghiacciaio del Carro Occidentale, una importante colata detritica ha profondamente inciso la morena frontale per una lunghezza di 650 m e una larghezza di 20-30 m; il materiale detritico asportato è stato deposto al piede dei salti rocciosi, in due ampi accumuli, da 2400 metri fino a circa 2150 metri di quota, nei pressi dell’Alpe Mandetta.

Vista panoramica della conca meridionale del ghiacciaio del Carro Occidentale interessata dalla colata detritica del 05/09/2024, dettagli nel testo (foto PNGP, 11 settembre 2024). 1) ghiacciaio; 2) grande incisione prodotta nella morena, tra le quote 2750 m e 2450 m che termina a ridosso di una bancata rocciosa; 3) primo accumulo di colata, al piede del salto roccioso, esteso per circa 19.000 m2 tra le quote 2400 m e 2270 m; non visibile nella foto, un secondo accumulo esteso per circa 36.000 m2 tra le quote 2250 m e 2150 m, è stato messo in posto nei pressi dell’Alpe Mandetta.
Eventi di colata detritica del 30 luglio – 1° agosto 2024 osservati dalla rete di monitoraggio sperimentale del Rio Frejus (Bardonecchia, TO)

A seguito dell’evento di colata detritica del 13 agosto del 2023 avvenuto lungo l’asta del Rio Frejus, che ha causato severi danni alle infrastrutture dell’abitato di Bardonecchia, suscitando grande preoccupazione tra la popolazione, sono state intraprese alcune iniziative di mitigazione da parte di numerosi enti territoriali locali e regionali.

In particolare, ARPA Piemonte ha collaborato in veste di consulente scientifico ad un progetto con lo scopo di realizzare un sistema di monitoraggio sperimentale per le colate detritiche del Rio Frejus.

ARPA Piemonte in collaborazione con il DIATI del Politecnico di Torino ha messo a disposizione le proprie competenze per identificare e caratterizzare le aree sorgenti di sedimento che potenzialmente possono alimentare i fenomeni di colata detritica. Lo studio di caratterizzazione del bacino del Rio Frejus ha messo in evidenza le principali aree di innesco delle colate detritiche all’interno del bacino, definendo il comportamento di tali fenomeni sulla base della lunga serie di eventi storici di colata detritica occorsi tra il 1914 e il 2023.

I risultati di tale studio hanno permesso di ottimizzare la progettazione di un sistema di monitoraggio sperimentale, realizzato all’interno del progetto SAFE (Sistema Avanzato FranE), cofinanziato dall'ecosistema NODES (Nord-Ovest Digitale e Sostenibile) nell'ambito di Spoke 4 "Montagna digitale e sostenibile", con Emisfera Soc. Coop. (partner capofila) e Corintea Soc. Coop. come partner esecutivo.

Il sistema di monitoraggio che è stato realizzato è costituito da diverse tipologie di sensori diversamente distribuiti all’interno del bacino del Rio Frejus. La rete di sensori include tre pluviometri (RM) installati in testata di bacino, rispettivamente a quota 1764 metri s.l.m. (RM1, alla chiusura del sottobacino del Rio Comba Frejus), 2055 metri s.l.m. (RM3, monitoraggio del sottobacino del Rio Merdovine) e 2648 metri s.l.m. (RM2, monitoraggio del sottobacino del Rio Gaudet), in modo da registrare i valori di pioggia responsabili dell’innesco delle colate detritiche. Altri sensori di diversa tipologia sono stati installati più a valle per monitorare la propagazione e l'evoluzione del flusso detritico. In particolare, i sensori sono stati organizzati in cinque stazioni di monitoraggio, di seguito elencate e distribuite come mostrato nella figura seguente:

Stazione 1 (1731 m s.l.m.): monitoraggio del canale principale del Rio Frejus (alla confluenza con il Rio Merdovine, Rio Gaudet e Rio Comba Frejus), dotata di un sensore sismico (EQ1) e di un accelerometro (ACM1).

Stazione 2 (1688 m s.l.m.): monitoraggio del canale principale del Rio Frejus (a valle della confluenza con il Rio Merdovine, Rio Gaudet e Rio Comba Frejus), equipaggiata con un sensore sismico (EQ4), un accelerometro (ACM4) e un misuratore di livello (WLM1).

Stazione 3 (1711 m s.l.m.): monitoraggio del canale principale del Rio Frejus (a valle della confluenza con il Rio Merdovine, Rio Gaudet e Rio Comba Frejus), equipaggiata con un cavo a strappo (PC1).

Stazione 4 (1680 m s.l.m.): monitoraggio del sottobacino del Rio Gautier (vicino alla confluenza con il canale principale del Rio Frejus), equipaggiata con un sensore sismico (EQ2), un accelerometro (ACM2) e un misuratore di livello (WLM2).

Stazione 5 (1613 m s.l.m.): monitoraggio del canale principale del Rio Frejus (a valle della confluenza con il Rio Gautier), equipaggiata con un sensore sismico (EQ3) e un accelerometro (ACM3).

Distribuzione dei sensori per il monitoraggio delle colate detritiche del Rio Frejus, dove GTW1 e GTW2 rappresentano due gateway che garantiscono la trasmissione dei dati senza interruzioni e una comunicazione in tempo reale tra i sensori e il centro di raccolta dati.

I dati raccolti dal sistema di monitoraggio durante l'estate del 2024 hanno documentato una serie di eventi di colata detritica. In particolare, tra il 30 luglio e il 1° agosto diversi temporali hanno interessato il bacino del Rio Frejus causando l’evento di colata detritica più rilevante il 30 luglio, osservato nel centro abitato di Bardonecchia alle 21:10 (ora locale). La colata detritica, di modesta magnitudo, ha provocato lievi danni alle opere idrauliche di recente costruzione.

In questo evento, la cella temporalesca ha attraversato le Alpi Cozie con direzione ovest-est interessando la parte superiore del bacino del Rio Frejus tra le 19:00 e le 21:00 (ora locale). Il temporale ha fatto registrare un massimo di 48,7 millimetri di pioggia alla testa del sottobacino del Rio Merdovine, secondo le osservazioni del radar meteorologico regionale.

La cellula temporalesca ha interessato la testa del bacino del Rio Frejus tra le 19:00 e le 21:00 (ora locale), caratterizzata da un'intensità di 24,4 mm/h, come stimato dal radar meteorologico di ARPA Piemonte. I 48,7 millimetri (cella in rosso scuro sulla mappa) corrispondono alla posizione del valore massimo di pioggia accumulata, dove il principale centro di scroscio ha interessato parte della testata del sottobacino del Rio Merdovine.

Un flusso di fango e detriti è transitato attraverso il conoide alluvionale, su cui è edificato parte dell’abitato di Bardonecchia, tra le 21:30 e le 22:00, depositando materiale nel letto del canale senza esondare.

Il flusso di fango e detriti ha raggiunto Bardonecchia (nell'area di conoide alluvionale) durante l'evento temporalesco del 30 luglio.

Più a monte nel bacino, lungo il canale principale del Rio Frejus il flusso detritico ha causato erosioni spondali e deposizione di detriti grossolani con una frazione fine composta prevalentemente da sedimenti argillosi, siltosi e subordinatamente sabbiosi.

(A) Area di innesco del flusso di detriti alla testa del sottobacino del Rio Merdovine. (B) Tracce del passaggio del flusso detritico appena a monte della confluenza tra il Rio Merdovine e il canale principale del Rio Frejus.

Il 31 luglio 2024, una nuova cella temporalesca ha interessato il bacino del Rio Frejus, innescando un evento di colata detritica molto diluita, transitata lungo il canale del Rio Frejus tra la mezzanotte e l’una del 1° agosto 2024 senza alcun disagio per l’abitato di Bardonecchia. Questo evento è stato caratterizzato infatti da una magnitudo decisamente inferiore rispetto al precedente.
Entrambi gli eventi sono stati registrati dai sensori del sistema di monitoraggio, identificando il sottobacino del Rio Merdovine come area di origine di entrambe le colate detritiche. Infatti, il sensore di livello WLM2, posizionato nel sottobacino del Rio Gautier, non ha riportato variazioni significative. 

Lungo il canale principale del Rio Frejus, il sensore di livello WLM1 ha rilevato variazioni in corrispondenza degli eventi; nei grafici mostrati nelle immagini successive, è infatti possibile osservare l'evoluzione temporale dei fenomeni.

Confronto tra i valori registrati dal pluviometro RM1 e i valori di livello misurati nel canale Rio Frejus dal sensore WLM1 tra il 30 e il 31 luglio.
Confronto tra i valori registrati dal pluviometro RM2 e i valori di livello misurati nel canale Rio Frejus dal sensore WLM1 tra il 31 luglio e il 1° agosto.

Il sensore RM1 ha registrato 15 millimetri di pioggia in meno di 30 minuti (corrispondente ad un’intensità oraria di 30 millimetri) prima dell'osservazione del passaggio del flusso detritico, mentre RM2 ha misurato un valore inferiore, pari a 10 millimetri, nello stesso intervallo temporale, corrispondente a un'intensità oraria di 20 millimetri. Entrambi i valori di intensità oraria registrati dai pluviometri sono confrontabili con le stime del radar meteorologico. Tali intensità hanno raggiunto e superato il valore minimo di soglia per l’attivazione di colate detritiche assegnato al bacino del Rio Frejus, in accordo con la caratterizzazione del bacino del Rio Frejus proposta da ARPA Piemonte.

Analizzando i valori dell'altezza del flusso registrati da WLM1, sono state identificate le caratteristiche dei flussi detritici e delle loro fronti. Nel caso dell'evento del 30 luglio, ad esempio, è stato registrato un aumento di 1,5 metri durante il passaggio della colata alle 21:10. Gli accelerometri contestualmente hanno registrato valori di accelerazione molto elevati, confermando l'alto contenuto energetico del flusso.

Confronto tra i valori registrati dall'accelerometro ACM1 lungo l'asse z e i valori di livello misurati nel canale del Rio Frejus dal sensore WLM1 tra il 30 e il 31 luglio.
Confronto tra i valori registrati dall'accelerometro ACM1 lungo l'asse z e i valori di livello misurati nel canale del Rio Frejus dal sensore WLM1 tra il 31 luglio e il 1° agosto.

Il confronto delle misurazioni provenienti dalle varie stazioni di monitoraggio ha consentito di stimare il tempo di transito del fronte del flusso detritico e di calcolare la sua velocità media, risultata di circa 2,3 m/s nel tratto tra ACM1 e WLM1. La velocità osservata è compatibile con un flusso detritico coesivo, caratterizzato da una reologia visco-plastica, in accordo con la classificazione dei bacini e dei processi che in questi avvengono proposta da ARPA Piemonte.

Grazie alla presenza del sistema di monitoraggio di neo-installazione, è stato possibile ottenere una quantificazione dei parametri che caratterizzano il comportamento delle colate detritiche del Rio Frejus, grazie alla quale sono stati confermati i risultati ottenuti dai lavorio di ricerca precedentemente svolti da ARPA Piemonte e dal Politecnico di Torino finalizzati all’identificazione dei fattori che influenzano l’innesco e il comportamento delle colate detritiche nei piccoli bacini montani delle Alpi occidentali.

La pubblicazione completa delle metodologie impiegate e dei risultati ottenuti è liberamente consultabile.

 

Informazioni e risorse aggiuntive

From Alpine Catchment Classification to Debris Flow Monitoring - Cantonati, F., Lissari, G., Vagnon, F., Paro, L., Magnani, A., Rossato, I., Donati Sarti, G., Barresi, C., & Tiranti, D. (2025). GeoHazards, 6(1), 15. https://doi.org/10.3390/geohazards6010015

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Geologia e nivologia

Pollini e Aria

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Arpa Piemonte, attraverso la struttura semplice Epidemiologia Ambientale, svolge attività di coordinamento della rete di monitoraggio dei pollini allergenici e della pubblicazione settimanale del bollettino pollinico.

A livello nazionale Arpa Piemonte aderisce alla rete POLLnet che è la rete di monitoraggio aerobiologico istituzionale del Sistema delle Agenzie Ambientali, e fa parte del Sistema Informativo Nazionale Ambientale (SINAnet). Questa Rete è stata istituita nel 2010 ed è finalizzata:

  • in campo ambientale, ad integrare il monitoraggio della qualità dell'aria,contribuire sia alla stima della biodiversità delle specie vegetali sia alla valutazione di fenomeni legati ai cambiamenti climatici;
  • in campo sanitario, a produrre informazioni di estrema utilità nella diagnostica, nella clinica e nella terapia, contribuendo alla ricerca e alla prevenzione delle patologie allergiche respiratorie.

I pollini sono gli elementi maschili (gametofiti maschili) a cui è affidato il compito di fecondare gli ovuli delle piante superiori (Fanerogame o piante a fiore). 

Le dimensioni dei pollini variano a seconda delle specie di piante, da un minimo di 10 micron come quello delle Urticaceae ad un massimo di 200 micron come quello delle Pinaceae (200 micron equivalgono a 0,2 millimetri).  

Gli allergeni sono contenuti nell'intina, che lo strato più interno della parete del granulo pollinico, e nei granuli di amido.

I fattori che influenzano la presenza di polline in atmosfera sono:

  • le condizioni climatiche del periodo che precede la fioritura perché condizionano la data di inizio del fenomeno;
  • le condizioni meteorologiche (vento, turbolenza dell'aria, pioggia, umidità ed irraggiamento) perché influiscono sulla fluttuazione della concentrazione atmosferica del polline.

L'aerobiologia è un ramo della biologia che si occupa della dispersione, del trasporto e della deposizione di particelle anemofile in atmosfera (particelle viventi e non quali batteri, alghe, funghi, pollini, virus, spore di felci e di muschi, insetti ed altra microfauna, insieme a particelle e gas generati da attività naturali e umane) in modo complementare alle ricerche chimiche e fisiche. L'insieme di queste particelle in sospensione, di varia origine, forma e dimensione, costituiscono l'aerosol atmosferico.

Il contributo che l'aerobiologia può dare, tramite il monitoraggio dei pollini e delle particelle aerodisperse, non è limitato soltanto al campo della medicina ed in particolare dell'allergologia, ma si estende anche ad altri settori quali l'agricoltura, la fitopatologia, la conservazione dei beni culturali, nonché allo studio della biodiversità, del clima e dell'inquinamento atmosferico.

Tuttavia, il suo primo e ancora principale utilizzo è nel campo dell’allergologia al fine di:

  • conoscere la concentrazione di particelle aerodisperse a fini diagnostici e terapeutici;
  • redigere calendari pollinici;
  • sviluppare modelli previsionali di emissione e trasporto dei pollini.
     
Anno
2025
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Radon: azioni di prevenzione e risanamento

Anno
2025
Normativa sul Radon

La protezione della popolazione dall’esposizione al radon è stabilita e regolata dalle seguenti norme:

Con l’emanazione del D.Lgs 101/2020, “Attuazione della Direttiva europea 2013/59/Euratom che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i rischi derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti”, è stato fissato un Livello di Riferimento di 300 Bq/m3 per i luoghi di lavoro e le abitazioni. Tale valore rappresenta in termini di media annuale un livello oltre il quale occorre procedere ad interventi di risanamento rivolti a limitare l’ingresso e l’accumulo del radon negli edifici. 

Il Valore di 300 Bq/m3 è definito come un Livello di Riferimento e non come un semplice limite di legge propriamente detto e al di sotto del quale si è giustificati a non intervenire in alcun modo.

In termini di miglioramento della salubrità degli ambienti di vita è invece sempre auspicabile cercare di ridurre la concentrazione di radon a cui si è esposti, anche a valori inferiori a 300 Bq/m3.

Alle regioni il medesimo D.Lgs 101/20 e smi attribuisce lo specifico compito di individuare le aree prioritarie cioè quei territori dove si prevede che la concentrazione media annua superi il livello di riferimento in un numero significativo di edifici. Fino all’adozione di un apposito Piano nazionale d’azione radon, previsto dall’art.10 del suddetto Decreto, per l’individuazione delle aree prioritarie si applica il criterio di cui all’art.11 comma 3, cioè si individuano a “rischio radon” le aree in cui almeno il 15% delle abitazioni al piano terra supera il Livello di Riferimento. In tali aree l’obbligo della misura nei Luoghi di Lavoro si estenderà anche ai piani seminterrati e ai piani terra. Nell’art.19 sono stabiliti, inoltre, gli interventi nelle aree prioritarie relativi al radon nelle abitazioni volti ad incentivare la misurazione del radon, con l’attuazione, dove necessario, degli opportuni interventi di risanamento.

La Legge regionale 5/2010 “Norme sulla protezione dai rischi da esposizione a radiazioni ionizzanti” prevede che la Regione si doti di strumenti idonei per l’individuazione, la prevenzione e la riduzione dei rischi connessi all’esposizione al gas radon e alla radioattività di origine naturale e che competono all’Arpa le attività di controllo ambientale della radioattività di origine naturale.

Deliberazione della Giunta Regionale 25 novembre 2022, n. 61-6054 “L.r. 5/2010. Individuazione, ai sensi dell’art.11, comma 3, del D.lgs. 101/2020, delle “aree prioritarie”, già "zone ad elevata probabilità di alte concentrazioni di attività di radon", ai sensi dell’art.10 sexies del D.lgs. 230/1995 e disposizioni attuative del Piano regionale di Prevenzione 2020-2025, di cui alla d.g.r. 16-4469 del 29.12.2021”.
 

Prevenire è meglio che curare

"Prevenire è meglio che curare" è un vecchio detto più che mai attuale per la problematica del radon negli edifici, specialmente oggi in cui i progetti di ristrutturazione edilizia indirizzati al risparmio energetico producono in generale un minor ricambio d’aria negli ambienti abitati. 

L’efficientamento energetico degli edifici, ad esempio tramite la messa in opera di serramenti a maggior tenuta, può infatti avere come rovescio della medaglia un significativo incremento della concentrazione di radon e di altri inquinanti indoor.

I metodi per prevenire l’accumulo del radon in un’abitazione sono sostanzialmente gli stessi di quelli attuati per risanare situazioni esistenti ma, se realizzati in fase di costruzione, risultano assai meno onerosi.

Di seguito illustriamo brevemente alcuni semplici principi a cui si dovrebbero uniformare i progetti e i regolamenti edilizi per limitare l’accumulo del radon. Tali accorgimenti, se attuati su vasta scala, sono utili a produrre un generale abbassamento dell’esposizione al radon, migliorando così la qualità e la salubrità degli ambienti interni. 

Rimedi passivi di risanamento del radon - Fonte Arpa Piemonte

Agendo sul ricambio d’aria e sui meccanismi di ingresso del radon nelle strutture è possibile ridurre, con relativa facilità, la presenza del radon. 

A seconda dei casi può essere sufficiente aumentare l’aerazione naturale, oppure introdurre una ventilazione forzata, che può essere attuata direttamente nel locale o in un vespaio e nelle intercapedini. In ogni caso è fondamentale predisporre l’aerazione del vespaio in modo che possa eventualmente essere forzatamente aumentato il ricambio d’aria in un secondo tempo.

 È utile inoltre sapere che, spesso, in un locale abitato, è meglio immettere aria priva di radon dall’esterno piuttosto che aspirare l’aria dall’interno. Nel primo caso, infatti, si crea una leggera sovrappressione che ostacola l’ulteriore ingresso di radon dal pavimento e dalle pareti. Nel secondo caso, invece, c’è il rischio di richiamare altro radon dal suolo. Fortunatamente oggi, al riguardo, la tecnica offre scambiatori d’aria a recupero energetico che moderano fortemente la dispersione del calore. 

Un’ulteriore fronte nella lotta al radon è, poi, la continua evoluzione dei materiali edilizi rivolti all’isolamento e separazione dell’edificio dal suolo. 

Rimedi attiivi di risanamento del radon - Fonte Arpa Piemonte

Essi, anche se principalmente orientati all’isolamento termico, possono giocare a favore di una riduzione del radon, creando una barriera al suo passaggio. Occorre, però, assicurarsi che dispongano delle adeguate certificazioni a riguardo e siano poi posati a regola d’arte. 

Nelle situazioni in cui non è facile intervenire internamente all’edificio possono invece essere realizzati all’esterno i così detti “pozzetti radon”: cavità in cui i gas del suolo vengono aspirati (depressurizzazione del suolo) e il radon viene trascinato in esterno prima che possa insinuarsi all’interno dell’abitazione.

Si ricorda infine che nella normativa è stata introdotta la figura professionale dell’esperto in risanamento radon come riferimento per la parte progettuale degli interventi inerenti al radon sulla struttura di un edificio.

Nel 2022 la Regione Piemonte, con la Delibera della Giunta Regionale del 25 novembre 2022 n.61-6054, ha individuato dette aree prioritarie ai sensi dell’art. 11 del D.Lgs. 101/2020.

In tali aree definite a “rischio radon” l’obbligo della misura si estende anche ai piani seminterrati e piani terra. 

Per prevenire l’esposizione al radon negli edifici, Arpa Piemonte è disponibile per verificare l’efficacia delle azioni intraprese negli edifici in cui si è riscontrata un’elevata concentrazione di radon.

Informazioni e risorse aggiuntive

DECRETO LEGISLATIVO 31 luglio 2020, n. 101 Attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom e riordino della normativa di settore in attuazione dell'articolo 20, comma 1, lettera a), della legge 4 ottobre 2019, n. 117 https://www.normattiva.it/eli/id/2020/08/12/20G00121/CONSOLIDATED

Comunicato della Regione Piemonte Individuazione delle aree nelle quali la stima della percentuale di edifici situati al piano terra che superano i 300 Bq/m³ in termini di concentrazione media annua di attività di radon, è superiore al 15% (c.d. «aree prioritarie»). GU Serie Generale n.93 del 20-04-2023 https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2023/04/20/23A02331/sg

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 11 gennaio 2024. Adozione del piano nazionale d’azione per il radon 2023-2032. GU n.43 del 21 febbraio 2024 https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2024/02/21/24A00877/sg

Deliberazione della Giunta Regionale 25 novembre 2022, n. 61-6054 L.r. 5/2010. Individuazione, ai sensi dell’art.11, comma 3, del D.lgs. 101/2020, delle “aree prioritarie”, gia' "zone ad elevata probabilita' di alte concentrazioni di attivita' di radon", ai sensi dell’art.10 sexies del D.lgs. 230/1995 e disposizioni attuative del Piano regionale di Prevenzione 2020-2025, di cui alla d.g.r. 16-4469 del 29.12.2021. http://www.regione.piemonte.it/governo/bollettino/abbonati/2023/02/attach/dgr_06054_1050_25112022.pdf

  Geoportale Arpa Piemonte https://geoportale.arpa.piemonte.it

Arpa Piemonte Radon https://www.arpa.piemonte.it/temi/radioattivita-radiazioni-ionizzanti/radon?pid=76

Regione Piemonte Radon https://www.regione.piemonte.it/web/temi/ambiente-territorio/ambiente/radon

Radon - Wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Radon

Becquerel - Wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Becquerel

Sievert - Wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Sievert

Dosimetria - Wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Dosimetria

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Centraline di allerta Geiger - Müller

Anno
2025

Lo scopo della rete di allerta Geiger-Müller è di ottenere in tempo reale un dato sui livelli di radioattività in atmosfera, con particolare riguardo ai possibili rilasci provenienti dagli impianti nucleari transfrontalieri. 

I 29 sensori costituenti la rete forniscono il dato di rateo di dose gamma in aria espresso in nSv/h (nanoSievert/ora). 

Poiché la dose gamma in aria dipende in buona parte dalla radioattività ambientale, la quale in condizioni normali è un fattore relativamente costante nell’ambiente, il monitoraggio in continuo di questa grandezza è un ottimo indicatore di eventi incidentali.

Per ogni centralina sono stati stato definiti un livello di attenzione e un livello di allarme, relativi alla situazione locale e costruiti sulla serie storica di dati disponibili.

Infatti, la finalità di questa rete è essenzialmente di osservare discontinuità in tempo reale riferibili al passaggio di una nube radioattiva ed è appunto la variazione rispetto alle condizioni usuali che permette di rilevare l’anomalia cercata.

Non vi è un limite assoluto di valutazione dei dati anche perchè la dose dovuta alla radioattività naturale non concorre alla valutazione del superamento della dose efficace stabilita dalla normativa, che si riferisce solo ai radionuclidi artificiali e alle radiazioni prodotte artificialmente e dunque alla verifica del rispetto delle ordinarie misure di corretta gestione delle sorgenti di radiazioni ionizzanti.

Se il rateo di dose gamma in aria misurato supera il livello di attenzione occorre monitorare l’evolversi della situazione, se supera il livello di allarme si può ragionevolmente supporre che sia accaduto un incidente radiologico o nucleare nelle vicinanze e si iniziano a effettuare gli approfondimenti e le valutazioni dosimetriche.

Dall’installazione ad oggi non si sono verificati aumenti anomali di dose gamma in aria.

La rete si interfaccia strettamente con i dati meteo idrografici: i sensori sono infatti installati in corrispondenza di alcune stazioni della rete meteo idrografica, ciò permette di interpretare i dati scontando l’effetto che le condizioni meteorologiche hanno sulla fluttuazione dei dati.

Le 29 centraline della rete di allerta Geiger-Mueller sul territorio della Regione Piemonte - Fonte Arpa Piemonte
Fonte Arpa Piemonte

Infatti, la dose gamma in aria misurata dalle centraline varia nel corso della giornata e dell’anno per fenomeni naturali. 

Si può osservare un aumento quando i radionuclidi naturali normalmente presenti nel pulviscolo atmosferico precipitano al suolo insieme al pulviscolo stesso durante un fenomeno di precipitazione (es. pioggia) determinando un temporaneo aumento dei livelli di dose. 

Questo aumento però rientra nel giro di poche ore dalla fine dell’evento piovoso.

Fonte Arpa Piemonte

In altri casi si può osservare l’effetto della schermatura del manto nevoso sul contributo della dose gamma proveniente dal suolo, cosicché, per le centraline situate oltre i 2000 m.s.l.m. per le quali si ha uno spessore di neve consistente, in inverno si ha una diminuzione della dose gamma in aria totale. 

Fonte Arpa Piemonte
Fonte Arpa Piemonte
Informazioni e risorse aggiuntive

Sievert - Wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Sievert

Dosimetria - Wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Dosimetria

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Radiazioni ionizzanti, risposte per l'aria

Tema
Tipo
Paragrafi
Misura dei livelli di radioattività

La misura dei livelli di radioattività in aria è l’indicatore più rapido e la spia più efficace di incidenti nucleari, anche con origine molto lontana dal nostro Paese: per questo motivo questa attività riveste una particolare importanza ed è oggetto di grande attenzione da parte di Arpa Piemonte. I livelli di radioattività in aria sono tenuti sotto controllo nei seguenti modi:

  • controllo del particolato presente in atmosfera;
  • controllo delle ricadute (pioggia, neve, pulviscolo), il cosiddetto “fallout”;
  • controllo della dose gamma.

Particolato Atmosferico

Il particolato atmosferico viene campionato in continua. I filtri di raccolta delle polveri sospese vengono analizzati quotidianamente per la determinazione della concentrazione alfa e beta totale e per l'individuazione dei radionuclidi gamma emettitori. Queste misure sono un utile strumento per la rivelazione di eventi incidentali, radiologici o nucleari, avvenuti anche al di fuori del territorio italiano.

Fallout

Il controllo delle ricadute radioattive (fallout) si effettua raccogliendo tutte le ricadute atmosferiche (pioggia, neve, pulviscolo) in vasche di grandi dimensioni poste in luoghi aperti. I campioni sono misurati mensilmente per l'individuazione di radionuclidi gamma emettitori, come il cesio 137 e, semestralmente, per l'individuazione di altri radionuclidi di più difficile determinazione ma di elevato interesse ambientale e sanitario come lo stronzio 90 e gli isotopi del plutonio (Pu-238, Pu-239 e Pu-240), che sono ancora presenti in ambiente soprattutto come conseguenza dei test nucleari in atmosfera degli anni '60. Questo tipo di controllo permette di quantificare indirettamente la contaminazione superficiale dovuta a ricaduta radioattiva. È una misura estremamente sensibile in grado di rivelare concentrazioni di attività molto piccole.

Dose gamma in aria

Il controllo della dose gamma in aria viene effettuato in modo completamente automatico da rivelatori dislocati sul territorio che misurano e trasmettono con continuità i valori di radioattività totale presente in ambiente, senza distinguere tra radioattività naturale ed artificiale.

Informazioni e risorse aggiuntive

Rapporti sulla radioattività ambientale di Arpa Piemonte https://www.arpa.piemonte.it/approfondimenti/temi-ambientali/radioattivita/reti-monitoraggio/documentazione

Anno
2025
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Controlli sugli impianti termici

Anno
2025

Il controllo della rispondenza degli impianti tecnici alle caratteristiche di efficienza energetica necessarie al contenimento delle emissioni e quindi al raggiungimento degli obiettivi di qualità dell’aria e di mitigazione dei cambiamenti climatici è parte integrante delle politiche ambientali.

Arpa Piemonte svolge attività di verifica ispettive e di controllo sugli impianti termici, verificandone le caratteristiche e lo stato di manutenzione e di efficienza energetica.
Le norme di riferimento sono il DPR 16/4/2013 n° 74  e la D.G.R. n. 10-3262 del 21 maggio 2021, che individua i principali criteri secondo i quali effettuare gli accertamenti documentali e le ispezioni sugli impianti. 

La competenza sulle attività ispettive è attribuita a Arpa Piemonte dalla legge regionale 15/2020, mentre sono attribuite alle Province e alla Città Metropolitana di Torino le competenze sulle attività di accertamento documentale.

Nel 2024 il numero di impianti termici controllati tramite ispezioni effettuate dall’Agenzia è stato pari a 1491; le attività ispettive sono state condotte prevalentemente su impianti con potenza termica superiore a 100 kW.

A seguito delle 1491 ispezioni sono state effettuate 258 sanzioni (relative a 179 impianti), dovute prevalentemente al non rispetto dei valori minimi di rendimento (149 sanzioni) ed al superamento dei valori limite di concentrazione di NOx (81 sanzioni). 

Fonte Arpa Piemonte

Si evidenziano inoltre 163 segnalazioni alle Autorità competenti (Comune o Provincia/Città Metropolitana), corrispondenti al 12% delle ispezioni effettuate, per aspetti attinenti al non rispetto delle norme di sicurezza.

Il consolidamento dei controlli pianificati è stato condizionato da molteplici variabili che impediscono la conclusione dell’attività, ad esempio impossibilità a condurre l’ispezione per la presenza di riferimenti non corretti sul CIT (Catasto degli Impianti Termici) per variazioni non debitamente e tempestivamente registrate o da problematiche organizzative dei responsabili degli impianti.

Informazioni e risorse aggiuntive


DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 16 aprile 2013, n. 74 Regolamento recante definizione dei criteri generali in materia di esercizio, conduzione, controllo, manutenzione e ispezione degli impianti termici per la climatizzazione invernale ed estiva degli edifici e per la preparazione dell'acqua calda per usi igienici sanitari, a norma dell'articolo 4, comma 1, lettere a) e c), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192. https://www.normattiva.it/eli/id/2013/06/27/13G00114/CONSOLIDATED/20200610

D.G.R. 28 Settembre 2018, n. 32-7605 L.R. 3/2015, art. 39, c. 1, lettere c), g) e l). Approvazione delle nuove disposizioni in materia di catasto, accertamenti e ispezioni degli impianti termici e obblighi di comunicazione in capo ai distributori di combustibile per gli impianti termici. Revoca delle DD.G.R. del 6.10.2014 n. 13-381 e s.m.i., 25.05.2015, n. 17-1466 e 29.12.2015, n. 23-2724. http://www.regione.piemonte.it/governo/bollettino/abbonati/2018/40/siste/00000003.htm

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Energia, risposte per l'Aria

Tema
Tipo
Paragrafi

Le linee di intervento affidate ad Arpa Piemonte, per mitigare le pressioni ambientali dovute all'uso dell'energia sono essenzialmente di due tipo: una verifica diretta dello stato di manutenzione e dell'efficenza dei generatori di calore e un controllo sulla qualità delle attestazioni di prestazione energetica degli edifici, dunque un controllo di tipo indiretto, volto a migliorare la qualità delle prestazioni professionali. 

Anno
2025
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Cambiamenti climatici e pollini: un caso studio sul Corylus avellana

Anno
2025
Monitoraggio aerobiologico in Piemonte tra dicembre 2023 e gennaio 2024: ripresa vegetativa anticipata delle Corylaceae, la conferma di un trend più che decennale

Il ciclo vitale di ogni vegetale si suddivide in fasi fenologiche successive quali il germogliamento, la fioritura, la maturazione dei frutti. La successione di queste fasi è determinata geneticamente, mentre la velocità con cui le fasi si succedono è regolata da fattori ambientali, in particolare meteorologici, come la temperatura, la piovosità, l’umidità dell’aria e la radiazione solare, oltre che da fattori edafici, che riguardano le caratteristiche del suolo.

L’anticipo di pollinazione, chiaro indicatore del cambiamento climatico, è un fenomeno caratteristico di interazione fra il ciclo biologico, in questo caso di una pianta, e le variazioni ambientali, meteorologiche in particolare. 

Le componenti che influenzano l’inizio della pollinazione sono molteplici, fra questi si possono individuare il fotoperiodo, la disponibilità idrica e la temperatura accumulata.

Variazioni quindi di determinanti ambientali dovute a cambiamenti climatici possono essere evidenziate indirettamente anche attraverso l’andamento anticipato delle concentrazioni polliniche di alcune famiglie/generi botanici.

In questo inverno, i dati raccolti dalla rete di monitoraggio pollinico piemontese hanno rilevato nel dicembre 2023 la ripresa vegetativa di alcune famiglie/generi botanici. 

In particolare, nelle stazioni di Cuneo, Novara e Omegna si è manifestata la ripresa vegetativa del Corylus avellana L. (nocciolo), il cui andamento si è poi intensificato nel gennaio 2024, come si può evidenziare dai primi due bollettini dell’anno.

Contemporaneamente, i dati delle stazioni meteorologiche di Arpa Piemonte hanno registrato eccezionali eventi di caldo il 23 dicembre 2023 (in precedenza anche l’8 ottobre), che risulta il più caldo della serie storica dal 1958. 

Le raffiche di foehn, verificatesi nei giorni antecedenti il Natale e culminate nel giorno del 23 dicembre, hanno fatto registrare un episodio di caldo anomalo; tra il 22 e il 24 dicembre 2023 le stazioni termometriche della rete Arpa Piemonte, hanno registrato il primato di temperatura massima per dicembre dal giorno della loro installazione.

Negli alberi e negli arbusti a foglie caduche, come il nocciolo, il momento di emissione del polline e di fogliazione alla fine dell'inverno e all'inizio della primavera, sono in funzione dell’accumulo di freddo per le gemme, e del loro fabbisogno di calore durante la fase di post-riposo. Il periodo di freddo è necessario per impedire l’inizio dello sviluppo in una fase precoce dell’inverno, quando è probabile che i fiori o le foglie siano danneggiate dal gelo “tardivo”.

La “dormienza” è un meccanismo di stabilità che è necessario ai semi (ed alle piante) per superare condizioni climatiche atipiche o non adatte alla normale condizione vegetativa. È evidente che una condizione di tepore o di umidità può verificarsi anche in autunno, ma molti semi e molte piante non vegetano e non germinano in tale stagione.

Fabbisogno termico della pianta per superare la dormienza - Fonte Arpa Piemonte

Il Corylus avellana, si adatta alle temperature fredde, purché non siano eccessivamente rigide, e per soddisfare il fabbisogno di freddo delle gemme a legno, necessita di circa 500 ore annue di temperature inferiori a +7°C per le infiorescenze maschili, affinché la dormienza da freddo sia disattivata. Le temperature da dicembre (dell’anno solare precedente) ad aprile, quindi, sono importanti per la fioritura e per la fogliazione del nocciolo in Piemonte.

La fioritura precoce registrata a partire da dicembre 2023, probabilmente, è stata indotta da condizioni meteorologiche estreme rispetto alle medie climatiche della latitudine regionale. 

Al fine di valutare possibili effetti dei cambiamenti climatici, Arpa Piemonte ha realizzato questo studio sul ciclo del polline delle Corylaceae, di cui il nocciolo fa parte, analizzando alcune variabili meteorologiche strettamente correlate alla fenologia della pianta. 

L’andamento pollinico del nocciolo è stato analizzato per il periodo dal 2008 al 2022 per la stazione aerobiologica di Novara e dal 2013 al 2022 per le stazioni di Cuneo ed Omegna in relazione al freddo accumulato, alla somma termica e alle temperature medie mensili da inizio novembre a fine febbraio. 

Queste tre variabili meteorologiche sono state elaborate dai dati estratti dalle 3 stazioni meteorologiche di Omegna Lago d’Orta (VCO), Cameri (NO) e Cascina Vecchia (CN) rappresentative delle rispettive stazioni di monitoraggio aerobiologico.

Cuneo: inizio della stagione pollinica - Fonte Arpa Piemonte
Numero di ore con temperatura inferiore a 7°C (Metodo Weinberger) accumulate nel periodo 1° novembre – 28 febbraio Stazione di Cascina Vecchia (CN) (serie dal 2012-2013 / 2022–2023) - Fonte Arpa Piemonte
Somma termica giornaliera cumulata, con soglia 0°C dal 1dicembre all’inizio della stagione pollinica del Corylus per le 3 stazioni di monitoraggio - Fonte Arpa Piemonte

Per ogni stazione sono state scelte due date rispettivamente di pollinazione precoce e tardiva, da mettere in relazione con le variabili meteorologiche.

Dall’esame dei risultati delle serie storiche (di concentrazioni polliniche e di temperature) nei tre punti rilevati, si osserva che le temperature medie mensili elevate tra dicembre e febbraio, corrispondenti quindi ad un inverno mite, influenzano la pollinazione, favorendone un anticipo. 

Gli stessi risultati mostrano che gli inverni più freddi, con un accumulo maggiore di ore di freddo e temperature medie mensili più basse, inducono una pollinazione tardiva. Lo studio risulta in accordo con i dati della letteratura che descrivono un anticipo di inizio della stagione pollinica di circa 5-10 giorni/decennio per molti taxa allergenici, collegandolo a inverni più caldi e primavere anticipate.

Freddo cumulato e somma termica al momento della pollinazione – Cuneo
Freddo cumulato dal primo Novembre Somma termica dal primo Dicembre Inizio stagione pollinica Anno
1620 31-gen 2023
864 149 01-gen 2022
1596 134 29-gen 2021
972 180 04-gen 2020
1068 193 13-gen 2019
1140 110 16-gen 2018
1536 156 06-feb 2017
1236 232 29-gen 2016
972 210 12-gen 2015
1224 194 20-gen 2014
1452 177 04-feb 2013
Freddo cumulato e somma termica al momento della pollinazione – Cuneo - Fonte Arpa Piemonte
Informazioni e risorse aggiuntive

Cambiamenti climatici e pollini: un caso studio sul Corylus avellana https://www.arpa.piemonte.it/media/1771

Fonte Arpa Piemonte
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Ambiente e salute