I Servizi Ecosistemici
Nell’attuale contesto socioeconomico, il patrimonio forestale regionale esprime importanti valori dal punto di vista produttivo (prodotti legnosi e non legnosi), ma permette anche il soddisfacimento della sempre maggiore domanda di beni e servizi ambientali, culturali e turistico ricreativi della cittadinanza.
Le foreste rivestono un ruolo strategico e trasversale per le politiche ambientali ed economiche e forniscono una serie di servizi ecosistemici, tra i quali ricordiamo:
- i servizi di approvvigionamento: legati alla produzione di prodotti forestali legnosi e non legnosi;
- i servizi di regolazione e mantenimento, quali la protezione e la tutela del suolo, l’assorbimento di anidride carbonica, ecc.;
- i servizi culturali, come indispensabile supporto ad attività turistico-ricreative, sportive o alla conservazione di valori storici, paesaggistici, culturali.
Le foreste: legno ed energia rinnovabile
In Piemonte il legno ha rappresentato per secoli la principale fonte di approvvigionamento energetico, industriale e infrastrutturale e, dopo un periodo di minor utilizzo, negli ultimi anni l’impiego della biomassa legnosa come combustibile è in aumento, sia a causa dei rincari dei combustibili fossili, sia per effetto delle politiche regionali.
Le utilizzazioni selvicolturali sono, ai sensi della legge forestale regionale (L.r. 4/2009 e s.m.i.) e del regolamento forestale (DPGR 8R/11 e s.m.i.), soggette a obbligo di comunicazione semplice o di richiesta di autorizzazione regionale, in funzione dell’estensione dell’intervento, della proprietà del bosco e degli operatori coinvolti.
Non sono, invece, soggetti all’obbligo di comunicazione gli interventi con prelievi inferiori a 150 quintali per autoconsumo in un anno solare, se realizzati al di fuori di aree protette e siti della rete Natura 2000.
Nell’ambito della redazione delle statistiche forestali annualmente pubblicate sul sito della Regione Piemonte fino al 2018 si è considerato di non prendere in esame i quantitativi di prelievo dichiarati nelle singole istanze in quanto, a causa dell’impossibilità di verifiche puntuali sistematiche, il dato non è considerato attendibile. Per stimare con maggiore precisione e uniformità i quantitativi tagliati si è adottato un algoritmo che mette in relazione la provvigione media inventariale regionale della categoria forestale interessata e il tasso di prelievo massimo ammesso dal Regolamento Forestale per ogni tipo di intervento selvicolturale.
Su questa base, il volume raccolto nella stagione silvana 2022-23 è stato di circa 383.416 m3.
Come si può vedere dalla tabella seguente, gli assortimenti più frequenti rimangono quelli a scopi energetici: infatti, con il 42 e il 33% dei quantitativi della raccolta, gli scarti disponibili per la triturazione e la legna da ardere in tronchetti rappresentano circa i 3/4 dell’intera disponibilità.
Oltre 63.000 m3 di legname sono, invece, disponibili per usi con più alto valore aggiunto.
È necessario tenere conto che i dati presentati riguardano esclusivamente i dati registrati sugli applicativi gestionali per l’inserimento delle istanze forestali e non riguardano l’arboricoltura da legno, il legno raccolto fuori foresta (potature, siepi, viali), quello raccolto in situazioni speciali (gestione della vegetazione ripariale e delle reti tecnologiche) e soprattutto i quantitativi tagliati dai singoli proprietari per autoconsumo.
Recenti analisi che prendono in considerazione questi fattori riportano quantitativi annuali tagliati prossimi ai 600.000 m3.
Servizi di regolazione e mantenimento
Protezione del territorio
Tra le funzioni del bosco e degli ecosistemi forestali, la cui importanza è stata sancita nel 1992 dalla Conferenza di Rio attraverso il documento “Dichiarazione dei principi per la gestione, conservazione e sviluppo sostenibile di tutti i tipi di foreste”, quella protettiva assume un ruolo fondamentale per la sicurezza e la protezione del territorio. Tale aspetto, risulta di particolare importanza, se si considera che circa il 25% dei boschi regionali difendono centri abitati e infrastrutture da fenomeni di dissesto quali valanghe, caduta massi, colate di fango e frane. L’aumento della ricorrenza di eventi meteorici di intensità tale da innescare fenomeni d’instabilità e dissesto rendono sempre più evidente come le foreste, se opportunamente gestite svolgano, tra le altre, anche importanti funzioni a favore della pubblica sicurezza, contribuendo in questo caso a ridurre i rischi e a limitare gli effetti del dissesto. Le superfici forestali concorrono alla protezione idrogeologica, proteggendo il suolo dall’erosione e favorendo l’assorbimento dell’acqua da parte dei suoli, riducendo quindi le portate di piena dei corsi d’acqua. Sempre maggiore importanza assume non solo la valorizzazione “biofisica” (es. volumi di acqua, volumi di sedimenti trattenuti dalle superfici forestali) del servizio ecosistemico di protezione, ma anche la sua valutazione in termini economici. Considerati i significativi costi economici, necessari per interventi di ripristino a seguito di danni dovuti a eventi alluvionali, pare sempre più evidente la convenienza di investire nella gestione e manutenzione di boschi e foreste con funzione protettiva in un’ottica di prevenzione.
Le foreste e lo stoccaggio di CO2 - Crediti di Carbonio e mercato volontario
Le foreste rivestono la fondamentale funzione di sequestro di anidride carbonica (CO2) il principale gas ad effetto serra. Grazie al processo della fotosintesi il carbonio di questo gas viene utilizzato, quindi fissato, per la formazione dei tessuti vegetali nella cellulosa e nella lignina. Dal sequestro della CO2 dall’atmosfera deriva una mitigazione a livello climatico in quanto si contribuisce alla diminuzione della concentrazione di CO2 (il più importante dei gas serra) atmosferica. L’assorbimento e stoccaggio della CO2 sono definiti come servizi ecosistemici di “regolazione”, in quanto in grado di regolare e garantire il funzionamento degli ecosistemi, perciò rivestono un’importanza particolare. Tra gli effetti di “regolazione”, quelli sul clima sono particolarmente rilevanti, come testimoniato dal ruolo fondamentale che a questa funzione viene assegnato nell’ambito delle strategie (comunitarie, nazionali e regionali) di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici. Occorre ricordare che i tempi di assorbimento e accumulo di carbonio da parte delle foreste sono variabili a seconda che si consideri la biomassa legnosa, la lettiera o il suolo. Se delle foreste vengono utilizzati i prodotti per un uso durevole (es. legno da opera), l’effetto dell’accumulo di carbonio si protrae anche oltre le attività di taglio, di conseguenza è possibile valutare la quantità di CO2 assorbita anche per particolari tipi di prodotti legnosi.
Per convenzione una tonnellata di CO2 sequestrata corrisponde ad un credito di carbonio che può essere scambiato sul mercato internazionale come compensazione alle emissioni derivanti da attività produttive o da cui derivano emissioni di gas effetto serra. Questi crediti di carbonio sono quindi un prodotto del bosco commerciabile quanto i prodotti legnosi.
A livello normativo, l'art. 70 della L 221/15 ha delegato il governo ad adottare specifici decreti legislativi in materia di servizi ecosistemici e ambientali, tra i quali viene citata la fissazione del carbonio nelle foreste.
D’intesa con la Regione Piemonte, IPLA ha attivato un tavolo tecnico di lavoro, con esperti di varie provenienze (UNITO, IPLA, Regione, professionisti, imprese, consorzi, ecc), che ha supportato la Regione:
- nell'adozione di una deliberazione (DGR 24-4638 del 06/02/17) propedeutica allo sviluppo del mercato volontario dei crediti di carbonio in ambito forestale e in ambito urbano (verde urbano);
- nella definizione di linee guida per la gestione dei crediti di carbonio.
Per approfondimenti consulta la pagina Aria Risposte Foreste.
Questo argomento è stato sviluppato nelle diverse edizioni del Rapporto Stato Ambiente, in particolare: Anno 2012 - Inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi forestali di Carbonio pagina 41, Box: Casi studio per valutare gli effetti di bilancio della CO2 conseguente a differenti trattamenti selvicolturali applicati a diverse tipologie forestali pagina 53.
Servizi Ecosistemici – Identificazione, valutazione e certificazione
I sistemi naturali e seminaturali (boschi, foreste urbane e sistemi agro-silvo-pastorali) forniscono gratuitamente un’ampia gamma di beni e servizi essenziali per sostenere il benessere e la qualità della vita degli individui attraverso i processi e le funzioni ecologiche (Millennium Ecosystem Assessment). Tutti i Servizi Ecosistemici (di seguito SE) hanno valori economici considerevoli e sono oggetto di sviluppo dei “pagamenti per servizi ecosistemici– PSE” (art. 7 comma c. 8 del TUF), attraverso una gestione forestale sostenibile e responsabile.
La Regione Piemonte ha iniziato a occuparsi dei SE, partendo da quelli di regolazione; nella fattispecie IPLA ha collaborato alla definizione delle linee guida per i crediti di carbonio da gestione forestale e la valutazione della protezione diretta dei boschi, come per altro previsto dal TUF (art. 2 comma 1 lettera d).
Successivamente l’attività si è concentrata sulla biodiversità (SE di supporto) e l’impollinazione (SE regolazione e approvvigionamento).
Tutte queste attività sono state realizzate in forma integrata fra gli ambiti prettamente forestali e quelli urbani o forestazione urbana con il progetto triennale URBAN FORESTRY del Settore Sviluppo Sostenibile, biodiversità e aree naturali dell’Assessorato Ambiente.
Successivamente è partito il progetto FOREST ECO-VALUE nell’ambito del programma Spazio Alpino nel quale IPLA è il partner tecnico di FinPiemonte – Leader del progetto. L’obiettivo è la definizione di modelli di mercato per i SE. Inoltre è stata approvata una prassi di riferimento UNI sui SE ecosistemici fuori foresta su proposta della Regione Piemonte – Settore Sviluppo sostenibile, biodiversità e aree naturali.
Per quanto riguarda il SE Biodiversità l’attività dell’IPLA si è concentrata sull’individuazione e caratterizzazione “pregi-difetti” dei diversi metodi proposti a livello internazionale quali indici per la valutazione e monitoraggio della “biodiversità” da inserire in uno dei due standard di certificazione forestale applicabili in Italia, FSC® e PEFC®.
Il quadro che emerge da questa indagine è la presenza di due tipologie di indici:
- diretti, che prevedono rilievi puntuali, statisticamente significativi, del numero e distribuzione di specie target o d’interesse. I più utilizzati sono gli indici diversità di Shannon-Wiener (Fisher et al. 1943), di Shannon Shannon e Weaver, 1949), di Simpson (Simpsom, 1949), ecc.;
- indiretti, che consistono nell’utilizzare parametri normalmente utilizzati nella caratterizzazione delle foreste e ritenuti rappresentativi delle principali componenti della biodiversità; fra i principali metodi indiretti, previsti per le certificazioni FSC e PEFC, vi sono: l’indice di biodiversità potenziale - IBP, quello di valutazione dell’integrità dei boschi (Forest Integrity Assessment - FIA), di qualità degli habitat HQ – InVEST (Integrated Valuation of Ecosystem Services and Tradeoffs), BioΔ4, ecc.
Il metodo FIA prevede la compilazione di una lista di controllo standard ove vengono valutati in termini di presenza/assenza alcuni parametri dendrometrici e compositivi del bosco. A partire dalla lista standard è stato realizzato un adattamento alla realtà forestale piemontese, testando la metodologia al Bosco delle Sorti della Partecipanza di Trino.
L’indice di qualità degli habitat è stato ideato con il software InVEST, che consente di eseguire analisi ecosistemiche del territorio a partire da una carta digitale degli usi del suolo (LULC) di cui l’utente stesso può configurare le ipotetiche trasformazioni, con le possibili minacce alla biodiversità. Il metodo InVEST, testato nell’area pilota del Parco “La Mandria”, produce due tipi di risultati: qualità degli habitat e la loro degradazione verso date specie target in funzione di cambiamenti dell’uso del suolo (Fig. 2).
La metodologia InVEST è inoltre stata testata per la “crop pollination”, dove il modello si concentra sulle api selvatiche come organismi impollinatori. Utilizza le stime della disponibilità di siti di nidificazione e di risorse alimentari (attraverso un elenco di specie fiorenti caratteristiche di quel tipo di uso del suolo) all’interno dell’area di volo delle singole specie di api selvatiche. Anche in questo caso è stata utilizzata l’area pilota de “La mandria”.
La medesima metodologia è stata testata anche per la provincia di Novara. I risultati sono disponibili presso Regione Piemonte – Settore Sviluppo sostenibile, biodiversità e aree naturali.