Ecolabel UE per le strutture turistiche

Anno
2024
Che cos'è l' Ecolabel UE?


L'Ecolabel UE è un sistema volontario di etichettatura ecologica per incoraggiare, da un lato, la produzione e il consumo sostenibili dei prodotti e, dall’altro, la prestazione e l'uso sostenibile dei servizi. I criteri dell'Ecolabel UE per i servizi di ricettività turistica (Decisione UE/2017/175) promuovono misure che intendono favorire l'uso di fonti di energia rinnovabili, il risparmio idrico ed energetico, la riduzione dei rifiuti, la promozione di prodotti biologici e locali e il miglioramento della biodiversità del territorio. Ad aprile 2024 in Europa sono certificate Ecolabel UE 550 strutture turistiche (di cui 64 in Italia). Questi dati vanno letti tenendo in considerazione che in alcuni stati europei esistono altre certificazioni pubbliche per strutture eco-turistiche. In Piemonte le strutture turistiche certificate Ecolabel UE sono calate nel tempo da 20 a 5

Il gruppo di prodotti dei servizi di ricettività turistica del marchio europeo Ecolabel EU mantiene la leadership a livello europeo, con il maggior numero di licenze in assoluto. I paesi con i risultati più elevati sono stati Austria, Francia e Germania, che hanno rilasciato il maggior numero di nuove licenze negli ultimi sei mesi, con i servizi di ricettività turistica uno dei principali motori. Ad aprile 2024 sono certificati in Europa oltre 700 (70 in Italia ) tra hotel, b&b, campeggi .. con marchio Ecolabel UE, la maggior parte dei quali sono micro, piccole e medie imprese. A livello nazionale il Piemonte si colloca solo al 5° posto con 5 strutture certificate Ecolabel EU.

Figura 1. Distribuzione delle licenze EcoLabel
Perchè richiederla?


Le strutture turistiche che si fregiano del marchio ecologico europeo si distinguono per l’impegno verso la salvaguardia dell’ambiente e, quindi, della salute umana. La presenza dell’Ecolabel fornisce al turista garanzie circa:

  • il contenimento dell’inquinamento atmosferico, idrico e del suolo grazie all’uso di prodotti rispettosi dell’ambiente;
  • la corretta gestione e differenziazione dei rifiuti;
  • la riduzione degli sprechi energetici e di risorse;
  • la salvaguardia della biodiversità nelle aree poste sotto il controllo diretto della struttura ricettiva;
  • un’alimentazione sana e corretta, che attinge in parte alle produzioni biologiche regionali.


Inoltre il marchio Ecolabel apporta tutta una serie di benefici alla struttura ricettiva che lo applica, in particolare:

  • Vantaggi di costo legati all'eco-efficienza: l’adozione di misure di carattere ambientale richiede tempi e sforzi, a volte anche notevoli, ma contribuisce alla riduzione del consumo di risorse naturali quali combustibili fossili, energia e acqua. Consente, a fronte di un investimento iniziale, una riduzione considerevole dei costi nel medio-lungo periodo;
  • Pubblicità derivante dall’alta visibilità del marchio: la visibilità dell’etichetta ecologica europea rappresenta una forma ulteriore di pubblicità e un fattore di scelta assolutamente discriminante, soprattutto da parte dei turisti più sensibili al rispetto e alla salvaguardia dell’ambiente che sono sempre più numerosi. Il marchio comunica al cliente che il prezzo pagato non tiene conto esclusivamente delle esigenze personali e della voglia di divertimento, ma contribuisce a dare all’ambiente delle possibilità in più.


Le cinque strutture turistiche piemontesi certificate con Ecolabel EU sono:

  • Bamboo Eco Hotel di Torino (TO);
  • Hotel San Luigi di Beinasco (TO);
  • Ostello OPEN011 del Comune di Torino (TO);
  • Rifugio Alpino Federici Marchesini al Pagarì, – Entraque(CN), la struttura certificata Ecolabel UE più alta d’Europa (2627 metri) nel Parco Alpi Marittime;
  • Campeggio provinciale di Roccaverano (AT) il primo campeggio pubblico certificato.
     

Sempre nel settore turistico piemontese si segnala che sono registrati secondo lo schema EMAS (eccellenza dl sistema di eco-gestione e audit pubblico europeo) l'Ente gestore delle aree protette dell'Ossola e l’Ente Parco del Gran Paradiso e i seguenti alberghi sono registrati EMAS:

  • Hotel Il Chiostro di Verbania;
  • Grand Hotel Bristol di Stresa;
  • Grand Hotel Dino;
  • Hotel la Palma;
  • Hotel Simplon;
  • Hotel Splendid di Baveno.
     

Infine sono certificate secondo la norma internazionale ISO 14001 (sistema di gestione ambientale di natura privatistica) le seguenti strutture ricettive:

  • la Capanna Margherita sul Monte Rosa, il rifugio più alto d’Europa (4554 mslm);
  • il Campus San Paolo, a Torino;
  • la cascina Fossata, a Torino;
  • C.G.T. Compagnia Gestioni Turistiche S.r.l. ad Asti.

Foreste, fattore per l'aria

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Regione Piemonte, col supporto di IPLA, dal 2004 misura la capacità di fissazione del carbonio da parte dell’insieme dei boschi e dell’arboricoltura da legno piemontesi, in base ai dati inventariali e cartografici derivati dal Sistema informativo forestale regionale - SIFOR, unitamente alle informazioni pedologiche necessarie al bilancio globale del carbonio secondo le metodologie ufficiali.

L’ultimo approfondimento ha interessato le valutazioni a livello di singole categorie forestali secondo gli aggiornamenti delle superfici del 2016 e dei tagli secondo stime sempre regionali. Il calcolo eseguito, al netto di tagli e incendi, con aggiornamenti al 2016 è riportato in Tabella 1.

Attualmente è in corso un ulteriore approfondimento, da parte di IPLA, che prevede l’aggiornamento del calcolo degli stock di carbonio ai fini della caratterizzazione dei servizi ecosistemici, a livello di tipo forestale, nell’ambito del progetto PFIT. La redazione dei PFIT permetterà, inoltre, un’ulteriore ridelimitazione delle aree boscate e quindi sarà possibile un aggiornamento delle superfici forestali e dei relativi stock di carbonio.

Tabella 1. Superficie occupata in Piemonte da ogni categoria di bosco e Mt di carbonio equivalente fissato

Una recente estensione del monitoraggio al comparto dell’arboricoltura da legno, sia a ciclo medio-lungo, sia alla pioppicoltura ha consentito di stimarne gli assorbimenti. In tabella 2 viene riportato il bilancio del carbonio in alcuni impianti di pioppo rappresentativi del Piemonte. 

Tabella 2. Bilancio del carbonio in alcuni impianti di Pioppo

Con questo lavoro si è inteso attivare il monitoraggio dei flussi di carbonio in funzione dei diversi tipi di interventi selvicolturali previsti in una gestione sostenibile dei boschi e degli impianti di arboricoltura da legno, quale sistema di controllo ed integrazione dei dati inventariali degli stock di carbonio regionali, il cui computo totale è riportato in tabella 3. 

Tabella 3. Monitoraggio dei flussi di carbonio

In Piemonte l'aumento della superficie boscata e delle pratiche di riforestazione risultano contribuire in modo significativo all'incremento delle biomasse e conseguentemente a quello del carbonio stoccato sia nelle piante sia nel suolo, consentendo così agli ecosistemi forestali di ridurre l’impatto delle emissioni in atmosfera. Ciò permette all’Italia di ottemperare ad una parte degli impegni internazionali nella lotta ai cambiamenti climatici.

Una fonte importante dei dati di stock di C delle foreste italiane e piemontesi è ricavabile dall'ultimo Inventario Nazionale dei Gas Serra, dove vi sono non solo le serie storiche degli stock ed incrementi forestali ma anche agrari, secondo metodi ufficiali IPCC.

Secondo la nuova carta degli stock del carbonio dei suoli del Piemonte realizzata da IPLA e CNR per il PSR regionale (2019) la ripartizione dei contenuti percentuali di carbonio per usi forestali/agrari è la seguente (tabella 4).

Tabela 4. "Carbon stock" dei suoli piemontesi nei diversi usi

L’accordo di Kyoto e i successivi sviluppi hanno portato a definire e regolamentare anche il cosiddetto carbon trading - mercato dei crediti - che amplia ulteriormente le prospettive di impostazione dei Piani Energetici, da quelli internazionali a quelli nazionali fino a quelli regionali e subregionali, in quanto sarà possibile scambiare i crediti con permessi di emissione. 

In questa ottica il settore Foreste, insieme con IPLA, ha sostenuto l'iniziativa nazionale del CREA e del Nucleo Monitoraggio Carbonio: il Codice Forestale Nazionale del Carbonio per la creazione di un mercato nazionale dei crediti di carbonio forestali su base volontaria, promuovendo il mercato regionale piemontese.

Anno
2024

Acque destinate al consumo umano

Anno
2024

L’acqua erogata per uso potabile in Piemonte è di 235 litri/abitante al giorno e le perdite sulla rete idrica rappresentano il 35% (dato Istat per il 2015).
Il Piemonte si situa al 10° posto per il consumo di acqua in Italia laddove il dato nazionale di consumo pro capite è di 220 litri/giorno e le perdite sulla rete sono al 41%.

Il compito di assicurare, sulle acque destinate al consumo umano, l’attività di prevenzione da potenziali inquinamenti, l’attività di controllo e infine l’attività prescrittiva o sanzionatoria è demandato alle ASL che operano sul territorio regionale.

Nelle attività di controllo le ASL si avvalgono di Arpa per le analisi su:

  • impianti di acquedotto, al fine di accertare il rispetto dei valori di parametro stabiliti dal d.lgs 18/2023;
  • nuove fonti di approvvigionamento (pozzi e sorgenti) per l’espressione del giudizio di idoneità all’uso potabile, ai sensi del DM 23/3/91;
  • corpi idrici superficiali per la classificazione e successiva destinazione all’approvvigionamento idropotabile, ai sensi del DLgs 152/06 e s.m.i.

Il sistema fognario/depurativo

Anno
2024

La pressione sull’ambiente, a scala regionale, del sistema fognario/depurativo è determinata da circa 3.760 punti di scarico con un volume annuo di 773 milioni di m3. I punti di scarico relativi a 164 depuratori, tutti dotati di adeguato sistema di trattamento almeno secondario, fanno riferimento ai principali agglomerati urbani (con più di 2.000 abitanti equivalenti). È importane notare come circa il 5% degli scarichi corrisponda all’ 80% dei volumi totali e ad una popolazione trattata equivalente di circa 4,8 milioni.

La direttiva 91/271/CEE, che in modo specifico regola la materia, prevede che i livelli di trattamento a cui sottoporre le acque reflue urbane debbano essere proporzionati e resi appropriati sulla base della classe dimensionale dell’agglomerato, calcolata in termini di carico organico ed espressa in abitanti equivalenti, nonché in considerazione della maggiore necessità di tutela delle acque dall’inquinamento, distinguendo tra scarico in aree normali, in aree sensibili (laghi) e in bacini drenanti afferenti ad aree sensibili (bacino drenante nel Delta del Po e nell’Adriatico).

A tal proposito si ritiene opportuno evidenziare che la conformità dei sistemi di fognatura e depurazione ai dettami della direttiva 91/271/CEE impone di:

  • garantire una adeguata dotazione di collettori fognari a tutti gli agglomerati del territorio regionale;
  • assicurare una adeguato livello di trattamento (almeno secondario) delle acque reflue urbane derivanti dagli agglomerati del territorio regionale aventi carico organico > 2.000 a.e.;
  • perseguire elevati livelli di abbattimento del carico di nutrienti in ingresso a tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane del territorio regionale.

Lo scenario si sta evolvendo in conseguenza della razionalizzazione e potenziamento delle infrastrutture di collettamento e depurazione al fine di rispondere alle richieste della suddetta direttiva. Infatti gli investimenti dedicati alla razionalizzazione e completamento della rete di collettamento dei reflui e al potenziamento e ammodernamento del sistema degli impianti di depurazione sono stati particolarmente consistenti almeno a partire dagli ultimi venti anni. Anche nei prossimi anni si procederà proseguirà in tale direzione, anche al fine del raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale dei corpi idrici recettori individuati dalla Direttiva 2000/60/CE.

È utile considerare che l’ulteriore estensione del servizio di fognatura è ormai fortemente condizionato dalle caratteristiche fisiche del territorio e dalle particolarità dell’urbanizzazione, che in alcune aree della regione si presenta molto frammentata. Le risorse economiche derivanti dalla tariffa, nonché gli eventuali programmi di finanziamento con risorse pubbliche (Ministero, Regione), sono prioritariamente destinate non tanto all’estensione del reticolo di collettamento dei reflui per raggiungere quelle che convenzionalmente sono dette “case sparse”, quanto piuttosto a dotare le reti attuali di migliori terminali. L’obiettivo è di realizzare per le diverse reti fognarie, valutando caso per caso, impianti di depurazione che garantiscano maggiori prestazioni in termini di qualità dello scarico nell’ambiente o il convogliamento dei reflui verso gli impianti di depurazione di maggiori dimensioni, razionalizzando il sistema infrastrutturale e dismettendo piccoli depuratori di difficile gestione e dalle prestazioni modeste.

Il servizio di fognatura non procede dunque tanto in termini di percentuale di popolazione raggiunta, ormai vicina al limite di fattibilità tecnica e di sostenibilità economica, quanto nella risoluzione delle criticità delle infrastrutture esistenti (rotture, rigurgiti, allagamenti, emissioni odorose sgradevoli) e nel miglioramento della qualità delle acque trattate e restituite nell’ambiente.

Tabella 1. Impianti di depurazione a servizio di agglomerati maggiori di 2.000 a.e. - anno 2021

Numero di km di rete fognaria ad oggi esistente: 22.933

Ogni anno viene predisposta una relazione per aggiornare la Giunta e il Consiglio sullo stato dei acquedotti, degli scarichi urbani e dei depuratori. Gli approfondimenti su questo argomento sono consultabili sul Quadro conoscitivo sull’avanzamento della riforma e lo stato dei servizi idrici  alla pagina del sito.

Acque reflue urbane

Anno
2024

Gli scarichi da acque reflue urbane rappresentano un tipo di pressione puntuale, derivante dagli impianti di depurazione di potenzialità diverse; la pressione viene valutata rapportando l’entità dello scarico alla portata media naturalizzata ricostruita. Il rapporto tra portata media del Corpo Idrico e portata dello scarico, confrontato con la soglia definita nella metodologia a livello di Autorità di Bacino del Po, consente di valutare la significatività della pressione.

Per le acque superficiali la pressione dovuta allo scarico di acque reflue urbane trattate è una pressione significativa per il 31% dei CI (su un totale di 597 CI su cui è stata fatta l’analisi delle pressioni).

Acque reflue urbane e acque potabili

Tema
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La gestione del ciclo delle acque concorre al raggiungimento degli Obiettivi dell'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile e in particolare dell'Obiettivo 6: Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie.

Anno
2024

Cimice asiatica

Anno
2024

Halyomorpha halys, pentatomide originario dell’Estremo Oriente e segnalato per la prima volta in Italia nel 2012, causa danni importanti in frutteti (nettarine, melo, pero, nashi), noccioleti e coltivazioni quali mais di secondo raccolto e soia, nonché in giovani impianti di pioppo. Nel corso del 2019 sono stati registrati danni per centinaia di milioni di euro su svariate colture, soprattutto frutticole, nel Nord Italia. Gli adulti svernano in ripari naturali (es. cavità nei tronchi) e in ambienti protetti (es. abitazioni, mansarde, magazzini) per riprendere l'attività in primavera. In genere uscendo dai ricoveri si portano inizialmente su alberi come paulonia, ailanto, robinia, platano, etc, da cui passano in seguito sulle coltivazioni agricole. A partire dal 2020 fino al 2023 è stata realizzata in diverse Regioni e Province autonome del Nord Italia la lotta biologica contro la cimice asiatica, previa autorizzazione del Ministero dell’Ambiente, con l’introduzione del parassitoide oofago Trissolcus japonicus  (detta "vespa samurai") in centinaia di siti. 

In diverse località dell'Italia settentrionale (Piemonte compreso) a partire dal 2018 sono state trovate, probabilmente a seguito di introduzioni accidentali, popolazioni “selvatiche” sia di T. japonicus che della specie affine T. mitsukurii (Hymenoptera, Scelionidae), parassitoidi oofagi della cimice asiatica, considerate efficaci nel contenerne le popolazioni in Estremo Oriente. La speranza è che le introduzioni effettuate, come pure lo sviluppo delle popolazioni “selvatiche”, possano portare nei prossimi anni a un forte ridimensionamento delle infestazioni di questa cimice esotica, riducendo anche l'uso massiccio di insetticidi utilizzati in questi ultimi anni, nel tentativo, spesso vano, di contenerne i danni.

Sono in corso inoltre numerosi progetti tra i quali si ricorda quello inerente lo stato di salute e deperimento dei Querco-carpineti, a carico, in modo particolare, della farnia.


Per approfondimenti, consulta il progetto Querco-carpineti planiziali in deperimento: linee guida per la gestione.
 

I danni causati dalla cimice asiatica


La specie venne segnalata per la prima volta in Italia nel 2012, in provincia di Modena, mentre in Piemonte la prima segnalazione risale all’agosto 2013, in un impianto di nettarine ubicato nel Comune di Cuneo. Nel giro di pochi anni, la cimice asiatica si è espansa a macchia d’olio in tutto il territorio piemontese: la sua diffusione, come accade di norma per le specie alloctone, è stata facilitata dalla totale assenza di antagonisti efficienti e specifici.

La cimice asiatica attacca i frutti dalla loro comparsa alla raccolta, provocandone la cascola o malformazioni che rendono il prodotto non più commerciabile e in casi estremi neppure utilizzabile come materia prima per trasformazioni industriali. Le coltivazioni più a rischio sono quelle con maturazione e raccolta nel periodo estivo-autunnale, mentre le coltivazioni precoci subiscono meno danni perché raccolte prima dell’incremento estivo delle popolazioni della cimice.

In Piemonte gli attacchi hanno interessato, come nelle altre regioni dell’Italia settentrionale, un numero crescente di colture con relativo incremento dei danni economici causati. In pochissimi anni la cimice asiatica è diventata l’avversità entomologica più grave per numerose colture, sia per i danni che può arrecare, sia per la difficoltà nel controllarne le popolazioni.

Le possibilità di difesa attiva sono modeste, a causa dell’estrema mobilità degli adulti e della buona capacità di spostamento anche degli stadi giovanili: gli insetticidi a disposizione sono quelli ad azione per contatto, la loro efficacia risulta non particolarmente elevata contro gli adulti (che possono sfuggire al contatto diretto al momento del trattamento volando via), mentre l’azione residua nei giorni successivi al trattamento è molto ridotta, anche per le temperature elevate del periodo estivo. Inoltre, in certe colture, come il nocciolo, la densità della chioma ostacola una buona distribuzione della soluzione insetticida, diminuendo la possibilità di colpire direttamente l’insetto. La difesa passiva con le reti anti-insetto risulta onerosa e comporta difficoltà nella gestione delle varie operazioni colturali nei frutteti: in casi specifici, come ad es. nei noccioleti, tale tipologia di difesa risulta sostanzialmente non applicabile.

Il nocciolo è una delle specie più interessate dalle infestazioni di cimice asiatica: essa è in grado di attaccare i frutti in formazione per un periodo di tempo molto lungo, fino alla raccolta. Mentre nel passato le infestazioni delle cimici autoctone risultavano limitate e richiedevano al massimo uno o due trattamenti insetticidi specifici in areali circoscritti caratterizzati da una loro maggior presenza, la diffusione della cimice asiatica ha creato gravi problemi per l’estensione territoriale e l'entità degli attacchi, con conseguenti elevate percentuali di cimiciato (macchie superficiali sul seme causate dalle punture di nutrizione della cimice) in tutte le aree di coltivazione del nocciolo. Le difficoltà di contenimento delle popolazioni, pur a fronte di numerosi trattamenti insetticidi, sono dovute, oltre che alle caratteristiche etologiche della cimice asiatica, alla difficoltà di raggiungere con la soluzione insetticida giovani e adulti su piante di taglia elevata e con vegetazione particolarmente densa.

Fra le drupacee, oltre al pesco la cimice attacca ciliegio, albicocco e susino; i danni maggiori sono causati su molte varietà di pero, sul nashi (pero giapponese) e su diverse varietà di mele. Nelle ultime annate sono aumentati anche gli attacchi su kiwi, in particolare su quello a polpa gialla. La copertura con reti degli impianti da frutto non ha sempre dato risultati soddisfacenti nel contenimento dei danni alla raccolta, ma ha sicuramente comportato un aggravamento di costi per le aziende.

Gli attacchi della cimice asiatica interessano anche le colture orticole e i piccoli frutti: i danni maggiori si registrano sulle colture in pieno campo di fagiolo, fagiolino, peperone, pomodoro, melanzana, zucchino, lampone, mora e fragola. Anche i seminativi di pieno campo risentono degli attacchi di cimice, specialmente a fine estate: soia e mais risultano le coltivazioni più colpite.

Infine, si registrano danni anche nel settore della pioppicoltura: le pioppelle nei primi anni presentano una corteccia sottile che attira giovani e adulti di cimice che si nutrono praticando ripetute punture. Gli enzimi iniettati causano la formazione di spaccature o ingrossamenti a carico delle pioppelle, con accrescimento stentato e maggior predisposizione a spaccarsi in caso di vento.

La diffusione di nuovi insetti alloctoni, specie se particolarmente dannosi come la cimice asiatica, tende sempre a stravolgere le strategie di difesa delle colture sensibili. Già in assenza di nuovi insetti esotici, la difesa fitosanitaria di numerose colture, in particolare di quelle frutticole, comporta un numero di trattamenti insetticidi e fungicidi decisamente importante, con implicazioni economiche non trascurabili per le aziende e soprattutto un impatto ambientale e tossicologico rilevante, anche per le aziende che aderiscono ai programmi agro-ambientali.

La quantificazione dei danni da cimice asiatica risulta particolarmente complessa, a causa dell’ampia varietà di colture interessate e della loro distribuzione territoriale: la Direzione regionale Agricoltura ha trasmesso al Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, in data 29 novembre 2019, una relazione in ordine alla diffusione della cimice asiatica nonché una prima stima dei danni ad essa correlati subiti dalle colture sul territorio regionale.

La legge del 27 dicembre 2019, n. 160, derogando all’articolo 1, comma 3, lettera b), del DLgs n. 102/04 e s.m.i., ha consentito gli interventi previsti per favorire la ripresa dell’attività economica e produttiva di cui all’articolo 5 del citato decreto legislativo, per le imprese agricole ubicate nei territori che hanno subito danni dagli attacchi della cimice asiatica e ad essa correlati, e che non hanno sottoscritto polizze assicurative agevolate a copertura dei rischi.

Il Settore regionale Fitosanitario e servizi tecnico-scientifici ha confermato che, sulla base dei monitoraggi eseguiti, i danni da cimice asiatica hanno interessato in Piemonte i comparti frutticolo, orticolo e dei piccoli frutti, in percentuali variabili a seconda della varietà della coltivazione.

Gli uffici regionali competenti hanno stimato l’importo dei danni alle produzioni a livello regionale nel periodo 1° gennaio - 31 dicembre 2019 per un totale pari a € 180.631.000,00.

A partire dal 2017 si è aperta per gli agricoltori la possibilità di prevenire i danni dovuti alle infestazioni da cimice asiatica aderendo ai bandi emanati nell’ambito dell’operazione 5.1.1 – tipologia 2 del PSR 2014-2020, che finanzia la difesa tramite reti anti-insetto. Per le edizioni 2021 e 2022 del bando in questione è stata prevista una dotazione complessiva pari a € 2.414.228, 58. 

Inoltre, dopo aver provveduto alla delimitazione delle zone colpite dall'infestazione da cimice asiatica ed in seguito all’assegnazione di fondi statali per complessivi € 6.796.510,64 (decreto di riparto del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, prot. n. 9335758 del 24/11/2020), la Regione Piemonte ha dato attuazione al D.M. 8 aprile 2020 emanando nel 2020 il bando per la presentazione della domanda di aiuto ai sensi del Dlgs 102/2004 per i danni subiti dalle aziende agricole a seguito dell'infestazione da cimice asiatica (Halyomorpha halys).

Il bando ha visto la presentazione di 302 domande ed al termine del procedimento istruttorio, tra il 2021 ed il 2022, ne sono state liquidate 141, per un importo complessivamente erogato pari a € 2.379.787,81.

Disseccamenti di conifere

Anno
2024

Continuano sempre più frequenti i fenomeni di disseccamento di conifere, in particolare su versanti montani esposti a sud, dovuti a innalzamento delle temperature, periodi prolungati di siccità con conseguente stress degli alberi e forti attacchi di coleotteri scolitidi. Tra le specie più interessate da questo fenomeno figura l’abete rosso; gli alberi stressati sono soggetti ad infestazioni molto elevate dello scolitide Ips typographus, con conseguente rapido disseccamento e morte. A volte gli attacchi sono opera di un altro scolitide, Pityogenes chalcographus, che può attaccare anche abete bianco e varie specie del genere Pinus.

Su pino strobo possono essere frequenti le infestazioni di Ips sexdentatus.

Per approfondimenti, consulta le schede per Ips sexdentatus, per Ips typographus, per Pityogenes chalcographus.

Defogliatori di latifoglie

Anno
2024

Negli ultimi anni sono diminuite le segnalazioni di infestazioni di Lymantria dispar (Lepidoptera, Erebidae) nelle aree boschive di bassa valle. Questo lepidottero autoctono è considerato il più importante defogliatore di boschi di latifoglie. Nelle zone infestate le caratteristiche larve, lunghe fino a 6-8 cm e dal corpo caratterizzato dalla presenza di due file di tubercoli dorsali di colore rosso (verso il capo) e blu, provocano erosioni più o meno estese delle chiome di roverella, castagno, tiglio, ciliegio selvatico.

Per approfondimenti, consulta la scheda dedicata.

 

Occasionali nel nord Piemonte sono risultate anche le infestazioni di Nadigella formosanta (Orthoptera, Acrididae), cavalletta delle aree montane che può formare popolazioni abbondanti causando gravi defogliazioni a carico di diverse specie forestali e del sottobosco a inizio estate.

Per approfondimenti, consulta la scheda dedicata.

Processionaria del Pino

Anno
2024

Questo lepidottero (Thaumetopoea pityocampa) che attacca le conifere del genere Pinus (in particolare P. nigra e P. sylvestris) e molto più raramente cedri e larici, è da sempre presente nei boschi piemontesi ma negli ultimi anni si sono avute segnalazioni causate da una sua crescente e preoccupante espansione che può provocare problemi per la salute di persone e animali che frequentano le zone infestate. Il progressivo incremento delle temperature (global warming), riducendo i fattori di mortalità invernale, tende a favorire elevati livelli di attacchi, anche a quote più elevate. 

Il Decreto 30 ottobre 2007 "Disposizioni per la lotta obbligatoria contro la processionaria del pino Thaumetopoea pityocampa (Denis & Schiffermüller)" è stato abrogato con il Decreto ministeriale 6 dicembre 2021 (Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 3 del 5 gennaio 2022). Considerato però che le infestazioni di processionaria possono costituire un rischio per la salute, i sindaci, in qualità di responsabili della tutela sanitaria dei cittadini (o le ASL nei comuni di grandi dimensioni) possono emanare provvedimenti per limitare i rischi costituiti da infestazioni di processionaria in aree pubbliche o private. 

Nel caso di infestazioni in ambiti naturali è bene evitare di frequentare nel periodo di fine inverno località con presenza di conifere attaccate da processionaria, segnalandone la presenza ai Comuni interessati che, in mancanza di altri interventi praticabili, potrebbero cercare di informare la popolazione dei possibili rischi con apposita cartellonistica.

Per approfondimenti, consulta il sito della Regione Piemonte.