Il sistema fognario/depurativo

Anno
2024

La pressione sull’ambiente, a scala regionale, del sistema fognario/depurativo è determinata da circa 3.760 punti di scarico con un volume annuo di 773 milioni di m3. I punti di scarico relativi a 164 depuratori, tutti dotati di adeguato sistema di trattamento almeno secondario, fanno riferimento ai principali agglomerati urbani (con più di 2.000 abitanti equivalenti). È importane notare come circa il 5% degli scarichi corrisponda all’ 80% dei volumi totali e ad una popolazione trattata equivalente di circa 4,8 milioni.

La direttiva 91/271/CEE, che in modo specifico regola la materia, prevede che i livelli di trattamento a cui sottoporre le acque reflue urbane debbano essere proporzionati e resi appropriati sulla base della classe dimensionale dell’agglomerato, calcolata in termini di carico organico ed espressa in abitanti equivalenti, nonché in considerazione della maggiore necessità di tutela delle acque dall’inquinamento, distinguendo tra scarico in aree normali, in aree sensibili (laghi) e in bacini drenanti afferenti ad aree sensibili (bacino drenante nel Delta del Po e nell’Adriatico).

A tal proposito si ritiene opportuno evidenziare che la conformità dei sistemi di fognatura e depurazione ai dettami della direttiva 91/271/CEE impone di:

  • garantire una adeguata dotazione di collettori fognari a tutti gli agglomerati del territorio regionale;
  • assicurare una adeguato livello di trattamento (almeno secondario) delle acque reflue urbane derivanti dagli agglomerati del territorio regionale aventi carico organico > 2.000 a.e.;
  • perseguire elevati livelli di abbattimento del carico di nutrienti in ingresso a tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane del territorio regionale.

Lo scenario si sta evolvendo in conseguenza della razionalizzazione e potenziamento delle infrastrutture di collettamento e depurazione al fine di rispondere alle richieste della suddetta direttiva. Infatti gli investimenti dedicati alla razionalizzazione e completamento della rete di collettamento dei reflui e al potenziamento e ammodernamento del sistema degli impianti di depurazione sono stati particolarmente consistenti almeno a partire dagli ultimi venti anni. Anche nei prossimi anni si procederà proseguirà in tale direzione, anche al fine del raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale dei corpi idrici recettori individuati dalla Direttiva 2000/60/CE.

È utile considerare che l’ulteriore estensione del servizio di fognatura è ormai fortemente condizionato dalle caratteristiche fisiche del territorio e dalle particolarità dell’urbanizzazione, che in alcune aree della regione si presenta molto frammentata. Le risorse economiche derivanti dalla tariffa, nonché gli eventuali programmi di finanziamento con risorse pubbliche (Ministero, Regione), sono prioritariamente destinate non tanto all’estensione del reticolo di collettamento dei reflui per raggiungere quelle che convenzionalmente sono dette “case sparse”, quanto piuttosto a dotare le reti attuali di migliori terminali. L’obiettivo è di realizzare per le diverse reti fognarie, valutando caso per caso, impianti di depurazione che garantiscano maggiori prestazioni in termini di qualità dello scarico nell’ambiente o il convogliamento dei reflui verso gli impianti di depurazione di maggiori dimensioni, razionalizzando il sistema infrastrutturale e dismettendo piccoli depuratori di difficile gestione e dalle prestazioni modeste.

Il servizio di fognatura non procede dunque tanto in termini di percentuale di popolazione raggiunta, ormai vicina al limite di fattibilità tecnica e di sostenibilità economica, quanto nella risoluzione delle criticità delle infrastrutture esistenti (rotture, rigurgiti, allagamenti, emissioni odorose sgradevoli) e nel miglioramento della qualità delle acque trattate e restituite nell’ambiente.

Tabella 1. Impianti di depurazione a servizio di agglomerati maggiori di 2.000 a.e. - anno 2021

Numero di km di rete fognaria ad oggi esistente: 22.933

Ogni anno viene predisposta una relazione per aggiornare la Giunta e il Consiglio sullo stato dei acquedotti, degli scarichi urbani e dei depuratori. Gli approfondimenti su questo argomento sono consultabili sul Quadro conoscitivo sull’avanzamento della riforma e lo stato dei servizi idrici  alla pagina del sito.

Acque reflue urbane

Anno
2024

Gli scarichi da acque reflue urbane rappresentano un tipo di pressione puntuale, derivante dagli impianti di depurazione di potenzialità diverse; la pressione viene valutata rapportando l’entità dello scarico alla portata media naturalizzata ricostruita. Il rapporto tra portata media del Corpo Idrico e portata dello scarico, confrontato con la soglia definita nella metodologia a livello di Autorità di Bacino del Po, consente di valutare la significatività della pressione.

Per le acque superficiali la pressione dovuta allo scarico di acque reflue urbane trattate è una pressione significativa per il 31% dei CI (su un totale di 597 CI su cui è stata fatta l’analisi delle pressioni).

Acque reflue urbane e acque potabili

Tema
Tipo
Paragrafi

La gestione del ciclo delle acque concorre al raggiungimento degli Obiettivi dell'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile e in particolare dell'Obiettivo 6: Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie.

Anno
2024

Cimice asiatica

Anno
2024

Halyomorpha halys, pentatomide originario dell’Estremo Oriente e segnalato per la prima volta in Italia nel 2012, causa danni importanti in frutteti (nettarine, melo, pero, nashi), noccioleti e coltivazioni quali mais di secondo raccolto e soia, nonché in giovani impianti di pioppo. Nel corso del 2019 sono stati registrati danni per centinaia di milioni di euro su svariate colture, soprattutto frutticole, nel Nord Italia. Gli adulti svernano in ripari naturali (es. cavità nei tronchi) e in ambienti protetti (es. abitazioni, mansarde, magazzini) per riprendere l'attività in primavera. In genere uscendo dai ricoveri si portano inizialmente su alberi come paulonia, ailanto, robinia, platano, etc, da cui passano in seguito sulle coltivazioni agricole. A partire dal 2020 fino al 2023 è stata realizzata in diverse Regioni e Province autonome del Nord Italia la lotta biologica contro la cimice asiatica, previa autorizzazione del Ministero dell’Ambiente, con l’introduzione del parassitoide oofago Trissolcus japonicus  (detta "vespa samurai") in centinaia di siti. 

In diverse località dell'Italia settentrionale (Piemonte compreso) a partire dal 2018 sono state trovate, probabilmente a seguito di introduzioni accidentali, popolazioni “selvatiche” sia di T. japonicus che della specie affine T. mitsukurii (Hymenoptera, Scelionidae), parassitoidi oofagi della cimice asiatica, considerate efficaci nel contenerne le popolazioni in Estremo Oriente. La speranza è che le introduzioni effettuate, come pure lo sviluppo delle popolazioni “selvatiche”, possano portare nei prossimi anni a un forte ridimensionamento delle infestazioni di questa cimice esotica, riducendo anche l'uso massiccio di insetticidi utilizzati in questi ultimi anni, nel tentativo, spesso vano, di contenerne i danni.

Sono in corso inoltre numerosi progetti tra i quali si ricorda quello inerente lo stato di salute e deperimento dei Querco-carpineti, a carico, in modo particolare, della farnia.


Per approfondimenti, consulta il progetto Querco-carpineti planiziali in deperimento: linee guida per la gestione.
 

I danni causati dalla cimice asiatica


La specie venne segnalata per la prima volta in Italia nel 2012, in provincia di Modena, mentre in Piemonte la prima segnalazione risale all’agosto 2013, in un impianto di nettarine ubicato nel Comune di Cuneo. Nel giro di pochi anni, la cimice asiatica si è espansa a macchia d’olio in tutto il territorio piemontese: la sua diffusione, come accade di norma per le specie alloctone, è stata facilitata dalla totale assenza di antagonisti efficienti e specifici.

La cimice asiatica attacca i frutti dalla loro comparsa alla raccolta, provocandone la cascola o malformazioni che rendono il prodotto non più commerciabile e in casi estremi neppure utilizzabile come materia prima per trasformazioni industriali. Le coltivazioni più a rischio sono quelle con maturazione e raccolta nel periodo estivo-autunnale, mentre le coltivazioni precoci subiscono meno danni perché raccolte prima dell’incremento estivo delle popolazioni della cimice.

In Piemonte gli attacchi hanno interessato, come nelle altre regioni dell’Italia settentrionale, un numero crescente di colture con relativo incremento dei danni economici causati. In pochissimi anni la cimice asiatica è diventata l’avversità entomologica più grave per numerose colture, sia per i danni che può arrecare, sia per la difficoltà nel controllarne le popolazioni.

Le possibilità di difesa attiva sono modeste, a causa dell’estrema mobilità degli adulti e della buona capacità di spostamento anche degli stadi giovanili: gli insetticidi a disposizione sono quelli ad azione per contatto, la loro efficacia risulta non particolarmente elevata contro gli adulti (che possono sfuggire al contatto diretto al momento del trattamento volando via), mentre l’azione residua nei giorni successivi al trattamento è molto ridotta, anche per le temperature elevate del periodo estivo. Inoltre, in certe colture, come il nocciolo, la densità della chioma ostacola una buona distribuzione della soluzione insetticida, diminuendo la possibilità di colpire direttamente l’insetto. La difesa passiva con le reti anti-insetto risulta onerosa e comporta difficoltà nella gestione delle varie operazioni colturali nei frutteti: in casi specifici, come ad es. nei noccioleti, tale tipologia di difesa risulta sostanzialmente non applicabile.

Il nocciolo è una delle specie più interessate dalle infestazioni di cimice asiatica: essa è in grado di attaccare i frutti in formazione per un periodo di tempo molto lungo, fino alla raccolta. Mentre nel passato le infestazioni delle cimici autoctone risultavano limitate e richiedevano al massimo uno o due trattamenti insetticidi specifici in areali circoscritti caratterizzati da una loro maggior presenza, la diffusione della cimice asiatica ha creato gravi problemi per l’estensione territoriale e l'entità degli attacchi, con conseguenti elevate percentuali di cimiciato (macchie superficiali sul seme causate dalle punture di nutrizione della cimice) in tutte le aree di coltivazione del nocciolo. Le difficoltà di contenimento delle popolazioni, pur a fronte di numerosi trattamenti insetticidi, sono dovute, oltre che alle caratteristiche etologiche della cimice asiatica, alla difficoltà di raggiungere con la soluzione insetticida giovani e adulti su piante di taglia elevata e con vegetazione particolarmente densa.

Fra le drupacee, oltre al pesco la cimice attacca ciliegio, albicocco e susino; i danni maggiori sono causati su molte varietà di pero, sul nashi (pero giapponese) e su diverse varietà di mele. Nelle ultime annate sono aumentati anche gli attacchi su kiwi, in particolare su quello a polpa gialla. La copertura con reti degli impianti da frutto non ha sempre dato risultati soddisfacenti nel contenimento dei danni alla raccolta, ma ha sicuramente comportato un aggravamento di costi per le aziende.

Gli attacchi della cimice asiatica interessano anche le colture orticole e i piccoli frutti: i danni maggiori si registrano sulle colture in pieno campo di fagiolo, fagiolino, peperone, pomodoro, melanzana, zucchino, lampone, mora e fragola. Anche i seminativi di pieno campo risentono degli attacchi di cimice, specialmente a fine estate: soia e mais risultano le coltivazioni più colpite.

Infine, si registrano danni anche nel settore della pioppicoltura: le pioppelle nei primi anni presentano una corteccia sottile che attira giovani e adulti di cimice che si nutrono praticando ripetute punture. Gli enzimi iniettati causano la formazione di spaccature o ingrossamenti a carico delle pioppelle, con accrescimento stentato e maggior predisposizione a spaccarsi in caso di vento.

La diffusione di nuovi insetti alloctoni, specie se particolarmente dannosi come la cimice asiatica, tende sempre a stravolgere le strategie di difesa delle colture sensibili. Già in assenza di nuovi insetti esotici, la difesa fitosanitaria di numerose colture, in particolare di quelle frutticole, comporta un numero di trattamenti insetticidi e fungicidi decisamente importante, con implicazioni economiche non trascurabili per le aziende e soprattutto un impatto ambientale e tossicologico rilevante, anche per le aziende che aderiscono ai programmi agro-ambientali.

La quantificazione dei danni da cimice asiatica risulta particolarmente complessa, a causa dell’ampia varietà di colture interessate e della loro distribuzione territoriale: la Direzione regionale Agricoltura ha trasmesso al Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, in data 29 novembre 2019, una relazione in ordine alla diffusione della cimice asiatica nonché una prima stima dei danni ad essa correlati subiti dalle colture sul territorio regionale.

La legge del 27 dicembre 2019, n. 160, derogando all’articolo 1, comma 3, lettera b), del DLgs n. 102/04 e s.m.i., ha consentito gli interventi previsti per favorire la ripresa dell’attività economica e produttiva di cui all’articolo 5 del citato decreto legislativo, per le imprese agricole ubicate nei territori che hanno subito danni dagli attacchi della cimice asiatica e ad essa correlati, e che non hanno sottoscritto polizze assicurative agevolate a copertura dei rischi.

Il Settore regionale Fitosanitario e servizi tecnico-scientifici ha confermato che, sulla base dei monitoraggi eseguiti, i danni da cimice asiatica hanno interessato in Piemonte i comparti frutticolo, orticolo e dei piccoli frutti, in percentuali variabili a seconda della varietà della coltivazione.

Gli uffici regionali competenti hanno stimato l’importo dei danni alle produzioni a livello regionale nel periodo 1° gennaio - 31 dicembre 2019 per un totale pari a € 180.631.000,00.

A partire dal 2017 si è aperta per gli agricoltori la possibilità di prevenire i danni dovuti alle infestazioni da cimice asiatica aderendo ai bandi emanati nell’ambito dell’operazione 5.1.1 – tipologia 2 del PSR 2014-2020, che finanzia la difesa tramite reti anti-insetto. Per le edizioni 2021 e 2022 del bando in questione è stata prevista una dotazione complessiva pari a € 2.414.228, 58. 

Inoltre, dopo aver provveduto alla delimitazione delle zone colpite dall'infestazione da cimice asiatica ed in seguito all’assegnazione di fondi statali per complessivi € 6.796.510,64 (decreto di riparto del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, prot. n. 9335758 del 24/11/2020), la Regione Piemonte ha dato attuazione al D.M. 8 aprile 2020 emanando nel 2020 il bando per la presentazione della domanda di aiuto ai sensi del Dlgs 102/2004 per i danni subiti dalle aziende agricole a seguito dell'infestazione da cimice asiatica (Halyomorpha halys).

Il bando ha visto la presentazione di 302 domande ed al termine del procedimento istruttorio, tra il 2021 ed il 2022, ne sono state liquidate 141, per un importo complessivamente erogato pari a € 2.379.787,81.

Disseccamenti di conifere

Anno
2024

Continuano sempre più frequenti i fenomeni di disseccamento di conifere, in particolare su versanti montani esposti a sud, dovuti a innalzamento delle temperature, periodi prolungati di siccità con conseguente stress degli alberi e forti attacchi di coleotteri scolitidi. Tra le specie più interessate da questo fenomeno figura l’abete rosso; gli alberi stressati sono soggetti ad infestazioni molto elevate dello scolitide Ips typographus, con conseguente rapido disseccamento e morte. A volte gli attacchi sono opera di un altro scolitide, Pityogenes chalcographus, che può attaccare anche abete bianco e varie specie del genere Pinus.

Su pino strobo possono essere frequenti le infestazioni di Ips sexdentatus.

Per approfondimenti, consulta le schede per Ips sexdentatus, per Ips typographus, per Pityogenes chalcographus.

Defogliatori di latifoglie

Anno
2024

Negli ultimi anni sono diminuite le segnalazioni di infestazioni di Lymantria dispar (Lepidoptera, Erebidae) nelle aree boschive di bassa valle. Questo lepidottero autoctono è considerato il più importante defogliatore di boschi di latifoglie. Nelle zone infestate le caratteristiche larve, lunghe fino a 6-8 cm e dal corpo caratterizzato dalla presenza di due file di tubercoli dorsali di colore rosso (verso il capo) e blu, provocano erosioni più o meno estese delle chiome di roverella, castagno, tiglio, ciliegio selvatico.

Per approfondimenti, consulta la scheda dedicata.

 

Occasionali nel nord Piemonte sono risultate anche le infestazioni di Nadigella formosanta (Orthoptera, Acrididae), cavalletta delle aree montane che può formare popolazioni abbondanti causando gravi defogliazioni a carico di diverse specie forestali e del sottobosco a inizio estate.

Per approfondimenti, consulta la scheda dedicata.

Processionaria del Pino

Anno
2024

Questo lepidottero (Thaumetopoea pityocampa) che attacca le conifere del genere Pinus (in particolare P. nigra e P. sylvestris) e molto più raramente cedri e larici, è da sempre presente nei boschi piemontesi ma negli ultimi anni si sono avute segnalazioni causate da una sua crescente e preoccupante espansione che può provocare problemi per la salute di persone e animali che frequentano le zone infestate. Il progressivo incremento delle temperature (global warming), riducendo i fattori di mortalità invernale, tende a favorire elevati livelli di attacchi, anche a quote più elevate. 

Il Decreto 30 ottobre 2007 "Disposizioni per la lotta obbligatoria contro la processionaria del pino Thaumetopoea pityocampa (Denis & Schiffermüller)" è stato abrogato con il Decreto ministeriale 6 dicembre 2021 (Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 3 del 5 gennaio 2022). Considerato però che le infestazioni di processionaria possono costituire un rischio per la salute, i sindaci, in qualità di responsabili della tutela sanitaria dei cittadini (o le ASL nei comuni di grandi dimensioni) possono emanare provvedimenti per limitare i rischi costituiti da infestazioni di processionaria in aree pubbliche o private. 

Nel caso di infestazioni in ambiti naturali è bene evitare di frequentare nel periodo di fine inverno località con presenza di conifere attaccate da processionaria, segnalandone la presenza ai Comuni interessati che, in mancanza di altri interventi praticabili, potrebbero cercare di informare la popolazione dei possibili rischi con apposita cartellonistica.

Per approfondimenti, consulta il sito della Regione Piemonte.

Popillia japonica

Anno
2024

Continua la progressiva diffusione di Popillia japonica, coleottero scarabeide originario del Giappone, segnalato nel luglio 2014 nella zona del Ticino tra Piemonte e Lombardia. Questo fitofago, introdotto accidentalmente negli Stati Uniti circa 100 anni fa, si è rivelato particolarmente dannoso su un gran numero di piante coltivate e spontanee tra cui diverse specie forestali. Nella normativa fitosanitaria è inserito tra gli organismi di quarantena (Direttiva 2000/29/CEE e s.m.i.) di cui deve essere vietata l’introduzione e la diffusione nel territorio dell’Unione Europea. In ambito forestale non si segnalano danni di rilievo: gli adulti, preferendo esposizioni soleggiate, difficilmente attaccano alberi e arbusti in bosco. Possono essere attaccati olmi, ciliegi selvatici, betulle, ontani, noccioli, biancospini e poche altre specie arboree o arbustive presenti ai margini dei boschi, con erosioni fogliari più o meno estese. Danni si segnalano invece su colture agricole, in particolare coltivazioni di piccoli frutti, vigneti, frutteti famigliari e giardini.

Per ulteriori approfondimenti, consulta il sito di Regione Piemonte

Cinipide galligeno del castagno

Anno
2024

Negli ultimi anni sono diminuite le segnalazioni di comparsa, più o meno elevata, delle galle del cinipide galligeno del castagno (Dryocosmus kuriphilus), a testimonianza di una buona capacità del parassitoide specifico Torymus sinensis di riportare sotto controllo eventuali riprese della infestazione del cinipide, dovute anche a eventi climatici particolari, come temperature di fine inverno estremamente miti che possono portare a una fuoriuscita troppo anticipata del parassitoide rispetto al momento della formazione delle nuove galle. 

Per approfondimenti consulta il sito del Settore Fitosanitario della Regione Piemonte.

Per approfondimenti sul deperimento dei cedui di castagno, invece, è possibile consultare la pubblicazione dell’IPLA inerente la Gestione dei Cedui di Castagno sui Quaderni Agricoltura della Regione Piemonte.

Il tarlo asiatico

Anno
2024

Il focolaio di Anoplophora glabripennis (Coleoptera, Cerambycidae) riscontrato nel Comune di Vaie nel 2018 è stato considerato eradicato nel 2023, in quanto non vi sono stati nuovi ritrovamenti del cerambicide esotico nel corso degli ultimi 4 anni.

Nell’inverno 2023-24 è proseguita l’attività di monitoraggio nell’area delimitata del focolaio di tarlo asiatico nei comuni di Cuneo e Caraglio. 

Questa attività di ispezione degli alberi delle specie sensibili (prevalentemente acero, betulla, salice, pioppo, ippocastano, olmo, etc.), coordinata dal Settore Fitosanitario con la collaborazione di IPLA, è realizzata con squadre di tecnici appositamente formati, sia mediante controlli visivi da terra con l’aiuto di binocoli, sia quando necessario con l’intervento di tree climbers. Inoltre si fa ricorso anche all’uso di cani specializzati nel rilevamento di piante infestate da questo cerambicide, il cui impiego è già stato da tempo collaudato in altri focolai europei. 

Questo insetto, originario della Cina, è stato diffuso in altri continenti con il materiale di imballaggio in legno di latifoglie (soprattutto pioppo) per le merci esportate da questo Paese. Tra i materiali a più alto rischio vi sono pedane, pallets, assi utilizzati nel trasporto di pietre (per edilizia, cimiteri). Da anni è considerato un organismo prioritario di quarantena per l’Unione Europea, cioè tra quei parassiti di cui si dovrebbe evitare l’introduzione e la diffusione per i gravi danni che può arrecare a un numero elevato di latifoglie, presenti sia nei boschi che nel verde urbano del nostro continente. Per contenere questi rischi di diffusione da anni è obbligatorio il trattamento con calore degli imballaggi in legno, per eliminare larve e pupe presenti. Purtroppo, risulta che vi siano in circolazione anche marchi contraffatti che attestano il trattamento sugli imballaggi. 

La specie arborea largamente preferita da A. glabripennis è l’acero. Gli alberi infestati, presentano evidenti fori di sfarfallamento e tacche di ovodeposizione e se molto colpiti i rami possono seccare, se molto compromessi possono essere soggetti a schianti a causa di fenomeni meteorologici avversi (vento o neve), con forti rischi in ambito urbano. Le uniche modalità di lotta finora conosciute e previste anche nella Direttiva europea di lotta obbligatoria sono l’abbattimento degli alberi infestati e di quelli sensibili nel raggio di 100 metri, la cippatura del materiale infestato e il conferimento a centrali per la combustione di biomasse, il monitoraggio costante del territorio per almeno 4 anni successivi alla prima segnalazione del focolaio, e comunque fino all’ottenimento dell’eradicazione. A fine febbraio 2024, quando il monitoraggio dell’area delimitata è ormai quasi completato, non sono stati trovati alberi con sintomi di presenza del fitofago.

Per approfondimenti consulta il sito della Regione Piemonte - Settore Fitosanitario