In base alla potenza fotovoltaica istallata, si avrà dunque in estate un surplus di energia immessa in rete, durante specifiche ore, a fronte di un deficit di produzione in inverno.
Questo porterà ad un abbassamento del valore dell’energia durante l’estate, nelle ore di picco di produzione fotovoltaica, od addirittura ad un surplus che dovrà subire dei tagli (curtailment) per evitare sovraccarichi della rete: come conseguenza, si prevede un decremento ingente della produzione fotovoltaica potenziale e la conseguente perdita di efficienza, aumento di CO2/equivalente per kWh prodotto ed infine perdita di valore dell’investimento fatto per la costruzione dell’impianto.
Per evitare gli effetti appena descritti, data la tecnologia attuale e prossima futura, si potrebbe decidere di istallare meno potenza fotovoltaica, il che porterebbe però ad un deficit di energia durante i mesi invernali, da colmare grazie alla produzione derivante da impianti programmabili, idroelettrici, termoelettrici e, in via ipotetica, nucleari. Tra le forme elencate, la potenza idroelettrica potrà essere aumentata solo in maniera contenuta (per problemi ecologici e di siti disponibili), mentre gli impianti nucleari non possono essere al momento istallati sul territorio nazionale: quindi il tutto si tradurrebbe nell’impossibilità di dismettere gli impianti termoelettrici, con il conseguente mantenimento di buona parte della produzione di CO2 per fini energetici ed il problema aggiuntivo di dover prevedere un incremento degli incentivi rivolti a questa tipologia di impianto, dal momento che, non producendo tutto l’anno al massimo delle loro potenzialità, vedrebbero incrementato il costo al MWh dell’energia prodotta.
Anche la possibilità di istallare accumuli elettrochimici e/o impianti di ripompaggio è molto limitata, dati anche i costi ed i tempi di realizzazione, per cui tale soluzione viene indicata da Terna e da diversi studi di settore come utile soltanto a stabilizzare la rete elettrica, non per redistribuire l’energia prodotta durante l’arco della giornata o addirittura durante l’arco dell’anno.
Esempi di Stati dove sono state istallate ingenti quantità di fotovoltaico ed eolico (Germania e California) indicano che vi sono stati benefici molto limitati dal punto di vista ambientale e nulli, o negativi, relativamente al costo dell’energia all’utente finale.
In California si è registrato in 15 anni un incremento dei prezzi dell’energia all’utente finale del 98%, rispetto al 30% degli altri stati USA ed inoltre non vi sono stati grossi guadagni dal punto di vista ambientale, visto che nonostante gli ingenti investimenti la California ancora produce il 42% dell’elettricità dal gas naturale ed importa il 20% circa del suo fabbisogno elettrico.
In Germania, dopo oltre 500 miliardi di euro investiti per il piano Nazionale rinnovabili (Energiwende), la bolletta tedesca ancora è la seconda più cara d’Europa e le emissioni di CO2 sono tra le peggiori in Europa, in quanto si continua ancora a bruciare molto carbone per la produzione elettrica ed il Governo tedesco ha in programma di abbattere parte delle emissioni con l’istallazione di 25 GW di impianti a Gas ed il mantenimento in opera delle centrali termoelettriche in genere.
Considerati i problemi relativi all’istallazione massiccia di impianti fotovoltaici, è logica conseguenza dover bilanciare bene la necessità di incrementare la produzione energetica da tale fonte, con quella di non arrecare eccessivo danno all’ambiente ed all’agricoltura: il consumo di suolo che deriva inevitabilmente dagli impianti utility scale fotovoltaici, ed il conseguente considerevole impatto sui terreni agricoli e su altre matrici ambientali sono nettamente evidenziati dal report ISPRA sul consumo di suolo.
A risolvere parzialmente il problema per i suoli agricoli ha ripreso vigore di recente una tecnologia già sperimentata decenni fa, con la proposta di soluzioni integrate: l’Agrivoltaico.
Si tratta semplicemente di una struttura fotovoltaica, composta da pannelli del tutto simili a quelli di un impianto fotovoltaico standard, che permette l’integrazione della produzione elettrica a quella della produzione agricola sottostante.
Ovviamente tale soluzione prevede per unità di superficie una perdita parziale di entrambe le produzioni: ad oggi i valori medi di riferimento sono di una perdita del 30% della produzione agricola e del 20% della produzione elettrica.
Va considerato che mantenendo il 70% della produzione, occupare il 20% del suolo in più rispetto ad un impianto fotovoltaico standard risulta comunque più vantaggioso per l’agricoltura che occupare meno superficie ma eliminando del tutto la produzione agricola al di sotto di essa.
La Regione ha deciso quindi di muoversi in tal senso, indicando per le aree agricole di maggior pregio come “best practice” l’istallazione di impianti agrivoltaici e lasciando libertà di istallare impianti fotovoltaici standard nelle aree considerate meno strategiche per la produzione agricola regionale.
Gli atti di riferimento, emanati nel 2023, ed i dettagli sulle linee di indirizzo adottate sono reperibili alla pagina https://www.regione.piemonte.it/web/temi/agricoltura/agroambiente-meteo-suoli/indicazioni-sullinstallazione-impianti-fotovoltaici-aree-agricole