Geologia e nivologia

Aree in frana

Anno
2025

Le informazioni sulle frane, o più correttamente sulle aree in frana, sono registrate nel SIFraP (Sistema Informativo Fenomeni Franosi in Piemonte) che è la componente della Banca dati Geologica di Arpa che raccoglie le informazioni relative ai dissesti di versante, in atto o avvenuti in passato, sulla base di documenti d’archivio, di rilevamento diretto sul posto o di telerilevamento.

Le informazioni sono organizzate secondo tre livelli di approfondimento. Il primo livello comprende circa 38.000 fenomeni franosi rilevati in Piemonte e permette di calcolare la percentuale di territorio in frana, comunemente indicata come indice di franosità. È un indicatore piuttosto statico la cui variazione nel tempo è quasi impercettibile; l’aumento della superficie in frana è più frequentemente dovuta ad un miglioramento della conoscenza del territorio che alla attivazione di nuovi fenomeni franosi. L’indice di franosità rappresenta un importante indicatore a scala comunale, provinciale e regionale della vulnerabilità del territorio collinare e montano. La rappresentazione in mappa è disponibile sul sito istituzionale.
La raccolta di informazioni al secondo livello di approfondimento comprende attualmente 780 fenomeni franosi e permette di ottenere un quadro maggiormente dettagliato.
Solo per un numero limitato di casi - attualmente 13 - vengono realizzate le schede monografiche di maggior dettaglio del terzo livello di approfondimento. 

Fenomeni franosi analizzati al 2° e 3° livello di approfondimento - Fonte Arpa Piemonte
In rosso le frane per le quali sono disponibili informazioni di secondo livello di approfondimento, in blu quelle al terzo livello di approfondimento.

Nel corso del 2024 è stata avviata l’attività di verifica e confronto tra la cartografia delle frane dei fogli CARG in corso di allestimento ed il SIFraP, con lo scopo di definire un quadro del dissesto quanto più condiviso e omogeneo, pur mantenendo le specificità dei due catasti. L’attività di Arpa ha preso avvio dal Foglio Tortona per il quale si è proceduto ad effettuare la fotointerpretazione sul volo CGR degli anni ‘70, lo stesso utilizzato anche dai rilevatori CARG del CNR - IGG di Torino, producendo una copertura di frane ex novo rispetto al quadro SIFRAP esistente. Successivamente si sono posti a confronto i dissesti Arpa e CNR, verificando una sostanziale corrispondenza tra i dati dei due enti, avendo il 90% di sovrapposizione tra le aree in dissesto. Sono poi stati effettuati sopralluoghi congiunti per la verifica delle principali frane non corrispondenti, arrivando ad una condivisione finale dei movimenti franosi. Complessivamente, per il foglio Tortona, sono state perimetrate circa 420 frane, ascritte principalmente alla tipologia di colamento lento e secondariamente a quella di scivolamento generico.

Come approfondimento su dissesti verificatisi nel 2024, si riporta a titolo di esempio il caso di una frana di crollo in alta quota, verificatosi al Colle delle Locce in valle Anzasca, descritta nella Scheda SIFRAP 103-77661-00.

Il 26 dicembre 2024, nelle ore serali, si è verificato il crollo di uno sperone roccioso, 200 m a nord-ovest del Colle delle Locce. Sul versante, a quote comprese tra 3100 m e 3300 m, il distacco ha lasciato un ampio squarcio al di sotto del quale si è allungato un deposito di frana grigio-marrone, ben in risalto sulla copertura di neve. Il confronto con la morfologia precedente la frana, ha permesso la misura dei principali parametri dimensionali della nicchia (175 m di lunghezza, 100 m di larghezza, profondità media di 20 m, con punte di 50 m) e ne è stato calcolato il volume di roccia venuto a mancare in seguito al crollo: circa 310.000 m3. Il corpo di frana ha attraversato l’intera lunghezza del sottostante ghiacciaio Settentrionale delle Locce, raggiungendo la sponda meridionale del lago omonimo, con un percorso di 2,2 km planimetrici e 1100 m di dislivello.

Frana di crollo avvenuta il 26 dicembre 2024 sul ghiacciaio Settentrionale delle Locce, in alta valle Anzasca. Il distacco è avvenuto poco sotto la cresta a circa 3300 m di quota; il materiale franato (delimitato dalla linea continua rossa), dopo aver percorso l’intero ghiacciaio, ha raggiunto il lago delle Locce mentre la polvere di roccia, ghiaccio e neve (delimitata dal tratteggio rosso) ha interessato l’intera conca (Foto del 28/12/2024, M. Vittone - Soccorso Alpino Macugnaga).

Per quanto possa sorprendere l’attivazione di una grande frana di crollo in alta quota in inverno, bisogna ricordare che si tratta di una fenomenologia non isolata, in relazione al contesto di cambiamento climatico in atto e alla degradazione del permafrost (vedi paragrafo dedicato) : proprio a poche centinaia di metri di distanza, nel 2015 si era prodotta un’altra grande frana di crollo, occorsa il 16 dicembre, sotto la Punta Tre Amici. Sempre in dicembre, si sono verificate frane di crollo di grandi dimensioni anche sui versanti del Rocciamelone (2006) e del Monviso (2019).

Modello 3D della conca del versante Est del Monte Rosa con indicate le aree di coinvolgimento dei fenomeni di instabilità più significativi: rock-avalanche dell'aprile 2007 (1), del dicembre 2015 (2) e del dicembre 2024 (3).

Il Ghiacciaio del Belvedere rappresenta attualmente uno dei siti a maggior dinamicità dell’ambiente alpino piemontese di alta quota, in cui si sovrappongono processi di natura glaciale, gravitativa, torrentizia e valanghiva controllati da una elevata energia di rilievo, dalle rapide trasformazioni dei corpi glaciali e dalla crescente disponibilità di detrito.

Carta delle instabilità geomorfologiche attive e sintesi dei principali eventi che hanno coinvolto la parete est del Monte Rosa e la conca glaciale del Belvedere negli ultimi anni (elaborazione Arpa Piemonte)

Annualmente con i dati del SIFRAP viene aggiornato l’inventario dei fenomeni franosi in Italia (Progetto IFFI) gestito da ISPRA. A partire dal 2020 i dati dell’inventario nazionale sono consultabili dalla Piattaforma Idrogeo che consente la consultazione di dati, mappe, report, foto, video e documenti dell’intero Inventario nazionale IFFI; è inoltre possibile la condivisione e il download dei dati. la piattaforma è accessibile con diversi tipi di dispositivo (smartphone, tablet, desktop), è sviluppata in open source ed è utilizzata da parte delle Regioni per il caricamento/aggiornamento dei dati, la segnalazione di nuove frane e la creazione di report.

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Geologia e nivologia

Rischi naturali, fattori sul Territorio

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Il Piemonte, situato al margine occidentale della pianura padana, è occupato per circa il 49% del suo territorio dai rilievi montuosi delle Alpi e degli Appennini, che lo delimitano su tre lati come un arco. Tale struttura morfologica rende peculiare il clima della regione, che risulta zona di scontro delle masse d'aria continentali provenienti dalla piana del Po, dell'umidità proveniente dal Mediterraneo e delle correnti atlantiche nord-occidentali. I rilievi favoriscono i processi di convezione delle masse umide e la conseguente intensificazione delle precipitazioni che a loro volta determinano processi morfodinamici, classificabili in:

  • Processi sui versanti (frane), che si verificano in ambiente sia montano sia collinare;
  • Processi lungo i corsi d’acqua di ordine inferiore (erosione e trasporto solido), che si verificano anch’essi in ambiente montano e collinare;
  • Processi lungo i corsi d’acqua nei fondivalle e in pianura (erosioni di sponda, tracimazioni, allagamenti), che si verificano prevalentemente in ambiente di pianura.

Nel settore Alpino, particolari condizioni nivo-meteorologiche possono, inoltre, causare un’altra tipologia di processi d’instabilità naturale: le valanghe. Sempre nell'area di alta quota, i rischi naturali possono essere connessi ai processi legati all'evoluzione di ghiacciai e permafrost.

Il territorio regionale è soggetto anche ai terremoti: il contesto tettonico e i regimi geodinamici attivi portano la regione ad essere sede di attività sismica, generalmente modesta dal punto di vista energetico, ma notevole come frequenza. I terremoti nell’area si verificano principalmente lungo due direttrici: la prima segue l’andamento dell'arco alpino occidentale nella sua parte interna, in prossimità del margine di contatto tra i rilievi alpini e la pianura piemontese occidentale; la seconda, caratterizzata da una maggiore dispersione, segue l'allineamento dei massicci cristallini esterni, lungo il Fronte Pennidico. Una diffusa sismicità, seppur con minori frequenze, caratterizza anche i rilievi centrali e sud-orientali della regione, in particolare nell’Appennino settentrionale.

In Piemonte sono presenti particolari tipi di rocce che producono gas radiogeni e altri nei quali vi è probabilità che siano presenti "mineralizzazioni" di amianto naturale.

Anno
2025
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Criosfera e Territorio

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Un elemento caratteristico dell’area montana è rappresentato dalla criosfera, definita come la “porzione della Terra in cui l’acqua si trova allo stato solido”. In ambito alpino fanno parte della criosfera la neve stagionale e perenne, i ghiacciai, il permafrost, il terreno congelato e il ghiaccio che si forma su corsi d'acqua e laghi.

La criosfera, modificato da IPCC – AR4 WGI Chapter 4: Observations: Changes in Snow, Ice, and Frozen Ground - Fonte https://learnweather.com/
I ghiacciai

I ghiacciai sono la componente della criosfera più rappresentativa dell’alta montagna. Nascono dall’accumulo e dalla trasformazione della neve in ghiaccio che avviene a causa dell'azione del gelo e della compattazione progressiva degli strati nevosi. Se la massa di ghiaccio supera lo spessore di alcune decine di metri tende a deformarsi plasticamente e a scorrere verso il basso a causa della forza di gravità, formando delle lingue più o meno allungate all’interno delle valli.

L’evoluzione dei ghiacciai è direttamente collegata alle condizioni climatiche e, in particolare, al regime delle precipitazioni nevose e della temperatura dell’aria. Infatti, l’intensa riduzione areale dei ghiacciai in tutte le catene montuose a livello mondiale, che ha visto un’accelerazione negli ultimi decenni, è sicuramente uno dei segnali più chiari ed evidenti delle variazioni climatiche in atto. 

Oltre ad essere degli importanti indicatori climatici, i ghiacciai rappresentano un’importante risorsa idrica, energetica, paesaggistica e turistica. I ghiacciai rivestono infatti grande importanza per il regime idrico, in quanto immagazzinano le precipitazioni nel corso delle stagioni, degli anni o addirittura dei decenni e dei secoli. Soprattutto durante le fasi di siccità nei mesi estivi, i ghiacciai contribuiscono in maniera determinante al deflusso di molti corsi d’acqua alpini e di molti fiumi principali come il Po.

Lo studio ed il monitoraggio dei ghiacciai assumono quindi un ruolo sempre più importante, non solo dal punto di vista degli effetti dei cambiamenti climatici in quota, ma come basi di valutazione per una gestione razionale di una risorsa strategica e dei rischi naturali che caratterizzano le attuali aree alpine in profonda trasformazione. 

Il permafrost

Tra le componenti della criosfera, il permafrost è sicuramente l’elemento più difficile da osservare, benché sia quello più diffuso al mondo, e per questo motivo viene definito come “la componente nascosta della criosfera”. 

Il permafrost (contrazione dei termini inglesi “perennially frozen ground”) viene definito come terreno o roccia che presenta una temperatura minore o uguale a 0 °C per almeno due anni consecutivi, indipendentemente dalla presenza di ghiaccio.

La presenza del ghiaccio per la definizione del permafrost, quindi, non è un elemento fondante in quanto il materiale può essere secco o può contenere acqua allo stato liquido, anche se le temperature sono < 0 °C (ad es. a causa di sali disciolti o di falde in pressione che abbassano la temperatura di congelamento). Lo studio e il monitoraggio del permafrost sono relativamente recenti e negli ultimi anni hanno avuto un forte impulso grazie all’attenzione crescente posta dalla comunità scientifica e dall’opinione pubblica sia ai cambiamenti climatici, sia agli effetti del riscaldamento globale nelle aree alto alpine.

Infatti, il permafrost è direttamente collegato alle caratteristiche climatiche sia globali che locali ed il suo monitoraggio fornisce un importante contributo alla comprensione dei cambiamenti climatici in area montana, dei rischi naturali in alta quota e sul ciclo idrologico delle terre alte.

Informazioni e risorse aggiuntive

In questo sito Neve

Anno
2025
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I ghiacciai nelle Alpi piemontesi

Anno
2025

La campagna di monitoraggio dei ghiacciai piemontesi è proseguita anche nel 2024, con un programma di rilevazioni completato tra settembre e novembre: l’avvio è stato posticipato dall’ingente persistenza della neve sui ghiacciai ancora a metà agosto e poi rallentato dalle condizioni meteorologiche perturbate che hanno interessato quasi ininterrottamente le Alpi occidentali in autunno.

Al termine delle attività sono stati visitati 72 dei 107 ghiacciai piemontesi: per 30 di essi è stato possibile un confronto fotografico con le osservazioni del 2023, mentre 42 sono stati esplorati per la prima volta. Inoltre, per 10 ghiacciai del bacino del Belvedere (alta Valle Anzasca) è stato elaborato un modello 3D, finalizzato al confronto quantitativo delle trasformazioni avvenute nell’ultimo anno in termini di estensione areale e volumetrica dei ghiacciai e di individuazione dell’ubicazione e dell’estensione delle aree di instabilità.

I seracchi del ghiacciaio di Signal, ripresi il 18 settembre 2024, innevati dalla neve residua del 2023 e dalle spruzzate di metà settembre.

In sintesi, l’annata idrologica 2023/2024 si è distinta per un innevamento tardo invernale/primaverile tra i più consistenti degli ultimi decenni. La fusione estiva, favorita da temperature elevate e amplificata dal colore rosso sporco della neve per l’accumulo di polveri sahariane, ha eroso gran parte della copertura nevosa invernale.  Al piede delle grandi pareti, ampi accumuli valanghivi sono persistiti fino a quote sorprendentemente basse, ben sotto i 3.000 metri – un fatto ormai raro. Infine, le prime nevicate autunnali sono arrivate precocemente, già a settembre oltre i 3.000 metri, ponendo così termine al processo di fusione estiva dei ghiacciai.

Ghiaccio sepolto del ghiacciaio di Caprera, sul versante occidentale del Monviso, qui ripreso nell’ottobre 2024.

In definitiva, il 2024 si è mostrato meno critico rispetto alle annate precedenti, là dove il 2022 e il 2023 hanno rappresentato un estremo in termini di perdite di ghiaccio. 

Dove è stato possibile quantificarlo,  l’arretramento è risultato contenuto, e la perdita di massa, pur presente, si è attestata lievemente al di sotto della media trentennale. Numerosi fenomeni di instabilità hanno comunque interessato l’alta quota piemontese, confermando la fragilità degli equilibri degli ambienti glaciale e periglaciale.

Ghiacciaio di Basei, innevato l’11/10/2024, fonte ARPA Piemonte

A conclusione dei rilievi del 2024 è stato aggiornato il quadro delle estensioni dei ghiacciai piemontesi, disponibile online sul geoportale di Arpa Piemonte. In confronto al precedente catasto dei ghiacciai (Comitato Glaciologico Italiano, 2006-2007) la superficie glacializzata complessiva in Piemonte è scesa da 30 km2 a 22 km2; su 109 ghiacciai rilevati nel 2006-2007, cinque sono scomparsi e sono stati definiti estinti. A causa dell’assottigliamento delle masse glaciali, numerosi altri ghiacciai si sono suddivisi in diversi corpi minori a partire da un unico grande ghiacciaio: il caso più eclatante è il ghiacciaio di Hohsand (o del Sabbione) settentrionale; l’originario corpo glaciale si è smembrato in cinque unità glaciali distinte, non più collegate fra loro. Attualmente il numero di corpi glaciali distinti è salito così a 161, tra ghiacciai (corpi glaciali caratterizzati da movimento), glacionevati (senza movimento) e masse coperte da detrito.

Il ghiacciaio di Hohsand Settentrionale (Cod. CGI 357), uno dei maggiori del Piemonte, ha subito una notevole riduzione: dal 2006-2007 (limiti in azzurro) in cui era ancora costituito da un unico grande corpo glaciale, nel 2023 si trova ormai smembrato in cinque corpi distinti. Più piccolo a destra, il ghiacciaio di Punta Hohsand si è diviso in due parti.
Stato dei ghiacciai piemontesi nel 2024

Le attività della campagna glaciologica di ARPA Piemonte hanno beneficiato di diverse collaborazioni: con il Comitato Glaciologico Italiano per la programmazione dei rilievi; con il CNR-IRPI per lo studio del bacino glaciale della Bessanese e del Belvedere; con la Società Meteorologica Italiana per lo studio del ghiacciaio di Ciardoney; con il Parco Nazionale Gran Paradiso per i ghiacciai della Valle Orco. I sorvoli in elicottero sono stati eseguiti grazie al supporto con il Settore Protezione Civile della Regione Piemonte e nell’ambito della convenzione con il Soccorso Alpino e Speleologico Piemontese.

Informazioni aggiuntive e approfondimenti

Notizia - La prima giornata mondiale dei ghiacciai https://www.arpa.piemonte.it/notizia/prima-giornata-mondiale-dei-ghiacciai

Evoluzione dei ghiacciai delle Alpi piemontesi 2024 https://relazione.ambiente.piemonte.it/2024/i-ghiacciai-nelle-alpi-piemontesi

Report campagna glaciologica 2024 https://www.arpa.piemonte.it/media/7234

Video campagna glaciologica 2024 https://www.youtube.com/watch?v=-o-EmwTYL0M

Report campagna glaciologica 2023 https://www.arpa.piemonte.it/sites/default/files/media/2024-05/Relazione_glaciologica_2023.pdf

Video campagna glaciologica 2023 https://youtu.be/sbyWalH0Kws

Report campagna glaciologica 2022 https://www.arpa.piemonte.it/pubblicazione/relazione-preliminare-dellanalisi-dei-principali-ghiacciai-delle-alpi-piemontesi

Geoportale Arpa Piemonte, livello ghiacciai https://geoportale.arpa.piemonte.it/app/public/?pg=mappa&ids=6880d779243e4bfbaf6f6fbfba525c67

Comitato Glaciologico Italiano: http://www.glaciologia.it/

Società Meteorologica Italiana: http://www.nimbus.it

Il settore del Rifugio Gastaldi e del ghiacciaio della Bessanese è sito di studio e di valorizzazione, per maggiori informazioni consultare https://geoclimalp.irpi.cnr.it/bacino-della-bessanese/.

Gruppo di ricerca GeoClimAlp (Geomorphological impacts of Climate change in the Alps):  https://geoclimalp.irpi.cnr.it

Parco Nazionale del Gran Paradiso, attività glaciologica: https://www.pngp.it/natura-e-ricerca/conservazione-e-ricerca/campagne-glaciologiche  

Regione Piemonte Settore Protezione Civile: https://www.regione.piemonte.it/web/temi/protezione-civile-difesa-suolo-opere-pubbliche/protezione-civile 

Soccorso Alpino e Speleologico Piemontese: https://www.sasp-piemonte.org/ 

Ghiacciai https://www.arpa.piemonte.it/scheda-informativa/ghiacciai

Catasto dei ghiacciai (Comitato Glaciologico Italiano, 2006-2007)

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Geologia e nivologia

Il permafrost a livello europeo e nelle Alpi piemontesi

Anno
2025
Il permafrost montano in Europa: stato dell'arte e tendenze recenti 

Il permafrost, definito come terreno che permane a temperature uguali o inferiori a 0 °C per almeno due anni consecutivi, rappresenta un componente fondamentale della criosfera montana europea la cui evoluzione sta assumendo crescente rilevanza nel dibattito scientifico contemporaneo. Gli studi più recenti evidenziano come questo elemento paesaggistico, a lungo trascurato rispetto ai più visibili ghiacciai, costituisca in realtà un indicatore particolarmente significativo dei cambiamenti climatici in atto e un fattore determinante per la stabilità geomorfologica, il bilancio idrico e l'ecologia degli ambienti d'alta quota europei.

La ricerca sul permafrost montano europeo ha conosciuto un significativo impulso nell'ultimo quinquennio, beneficiando dell'integrazione tra metodologie di monitoraggio tradizionali e tecniche innovative. Di particolare rilevanza sono i risultati del monitoraggio termico in perforazioni profonde, iniziati nei primi anni ’90 del XX secolo, che hanno permesso di caratterizzare il profilo termico del permafrost fino a profondità di 100-120 metri in siti selezionati dell'arco alpino. 

Un nuovo studio, intitolato “Enhanced warming of European mountain permafrost in the early 21st century” e pubblicato nel dicembre 2024 su Nature Communications, rivela che il permafrost nelle montagne europee si sta riscaldando a un ritmo molto elevato, con implicazioni significative per la stabilità dei versanti montuosi e degli ecosistemi d’alta quota. Alla ricerca, che ha analizzato i dati di temperatura del sottosuolo provenienti da 64 perforazioni distribuite tra le Alpi, la Scandinavia, l’Islanda e la Sierra Nevada, hanno contribuito anche le Arpa di Piemonte, Veneto e Valle d'Aosta.

Il grafico mostra l’andamento delle temperature nel sottosuolo alla profondità di 30 m nei tre siti di monitoraggio del permafrost alpino di competenza delle Agenzie di Veneto (sito Piz Boè), Piemonte (sito Colle Sommeiller) e Valle d’Aosta (sito Cime Bianche). Il trend di riscaldamento è evidente in tutte e tre le serie ed in linea con il segnale che si osserva a scala alpina (dati delle Arpa di Piemonte, Valle d’Aosta e Veneto, elaborazione a cura di Arpa Valle d’Aosta, fonte: SNPA - Ambiente Informa n. 594 di giovedì 30 gennaio 2025).

I dati pubblicati documentano la persistenza di un segnale termico relativo alla Piccola Età Glaciale (avvenuta tra il XIV ed il XIX secolo e caratterizzata da un raffreddamento a livello globale) negli strati più profondi, mentre gli strati superficiali (fino a 20-30 metri) manifestano un chiaro segnale di riscaldamento correlabile all'incremento delle temperature atmosferiche. L’analisi documenta un incremento medio delle temperature del permafrost di 0,2-0,5 °C per decade negli ultimi 20 anni, con valori più elevati negli strati superficiali (fino a 10 metri) e nelle regioni più meridionali. Particolarmente significativi sono i dati relativi ai siti di monitoraggio della rete PERMOS (Permafrost Monitoring Network della Svizzera), che documentano un riscaldamento accelerato del permafrost alpino nell'ultimo decennio, con incrementi di temperatura fino a 0,9 °C nel periodo 2011-2020, un valore quasi doppio rispetto al decennio precedente. Analogamente, i dati delle stazioni italiane, evidenziano un significativo incremento con valori che raggiungono +0,6 °C per decade nel periodo 2000-2020. La degradazione del permafrost si manifesta anche attraverso l'incremento dello spessore dello strato attivo (porzione superficiale soggetta a cicli stagionali di gelo e disgelo), che è aumentato mediamente di 25-30 cm per decade nelle Alpi europee, con picchi di oltre 50 cm in alcune località durante le estati particolarmente calde. 

Impatti sulla stabilità dei versanti e le infrastrutture

L'influenza della degradazione del permafrost sulla stabilità dei versanti montani è emersa come tematica di crescente rilevanza nella letteratura scientifica recente. È ormai ben documento un significativo incremento della frequenza di crolli in roccia di grande magnitudo (volumi superiori a 100.000 m³) in aree interessate da permafrost in degradazione, con una particolare concentrazione nei massicci del Monte Bianco, del Monte Rosa e degli Alti Tauri (alle relazioni tra degradazione del permafrost e rischi naturali era già stato dedicato un paragrafo nella RSA del 2018).

I meccanismi di innesco di questi eventi sono stati approfonditi in numerosi studi in cui si evidenzia il ruolo cruciale svolto dalla fusione del ghiaccio presente nelle fratture rocciose: la riduzione della coesione meccanica, unita all'incremento delle pressioni idrostatiche durante i cicli di gelo-disgelo, determina una progressiva riduzione della stabilità delle pareti rocciose, con conseguente incremento della suscettibilità ai crolli (maggiori dettagli in questo report).

Anche sulle Alpi piemontesi si sono verificati negli ultimi anni importanti fenomeni di crollo. Tra i più significativi ricordiamo quello del Rocciamelone (dicembre 2006), della Punta Tre Amici-Monte Rosa (dicembre 2015), del Monviso (dicembre 2019). Anche il più recente, che ha interessato sempre il settore della Punta Tre Amici sul Monte Rosa, è avvenuto nel mese di dicembre del 2024 (ore serali del 26 dicembre). Questi fenomeni, oltre ad essersi verificati nello stesso mese, hanno coinvolto ingenti volumi rocciosi (da decine di migliaia a centinaia di migliaia di m3), su pendii esposti nel quadrante nord, a quote comprese tra 3100 m e 3300 m (vedi Aree in frana e L'evoluzione dell'ambiente glaciale nelle Alpi piemontesi  per i dettagli).

Tutte queste analogie evidenziano in modo quasi inequivocabile l’importanza del segnale climatico e della degradazione del permafrost sulle cause di innesco dei fenomeni di crollo in alta quota. Purtroppo, la mancanza di dati del monitoraggio termico in roccia a livello locale impedisce di ottenere delle relazioni dirette tra riscaldamento del permafrost e instabilità degli ammassi rocciosi. Tuttavia, nel caso del crollo del dicembre 2024 del settore Punta Tre Amici-Monte Rosa, i dati della stazione di monitoraggio del permafrost del Passo dei Salati-Corno del Camoscio (posta a 3020 m di quota, a circa 6 km di distanza) evidenziano il riscaldamento in atto almeno fino a 30 m di profondità con scomparsa del permafrost tra il 2017 ed il 2020.

Stazione di monitoraggio del permafrost del Passo dei Salati-Corno del Camoscio - Andamento della temperatura del terreno (°C) durante gli anni idrologici dal 2014 al 2023, misurata a diverse profondità. Il grafico è diviso in quattro pannelli, ciascuno rappresentante una diversa profondità di misurazione (4,7 m, 14,5 m, 17,5 m e 29,4 m). Per ogni profondità, il grafico mostra: linea nera continua con punti che rappresenta le temperature effettive; linea blu tratteggiata che rappresenta la tendenza lineare di riscaldamento; tasso di riscaldamento indicato in ogni pannello (0,712 °C/decade a 4,7 m di profondità, 0,742 °C/decade a 14,5 m, 0,755 °C/decade a 17,5 m, 0,202 °C/decade a 29,4 m). Dati Arpa Piemonte, elaborazione a cura del DISAFA-Università di Torino (fonte: modificato da Colombo et al., in revisione).

In alta quota, gli effetti diretti della degradazione del permafrost si evidenziano anche con crescenti problematiche di stabilità delle strutture ed infrastrutture d'alta quota: dagli impianti di risalita, alle altre infrastrutture turistiche nelle stazioni sciistiche, ai rifugi. Negli ultimi anni sono partite numerose attività di studio e monitoraggio di alcuni rifugi e degli ammassi rocciosi su cui sono costruiti al fine di gestire le problematiche legate alle instabilità in atto e future (si veda ad esempio il progetto RESALP per i rifugi nelle Alpi italiane https://www.cnr.it/en/press-note/n-12869/al-via-il-primo-screening-della-stabilita-di-bivacchi-e-rifugi-italiani-oltre-i-2-800-metri-di-quota).

Lavori al rifugio più alto d’Europa, la Capanna Margherita sul Monte Rosa, per l’installazione di due colonne multiparametriche per il monitoraggio di temperatura e deformazione dell’ammasso roccioso finalizzate allo studio degli effetti del cambiamento climatico sulla stabilità del rifugio (fonte: Politecnico di Milano, 2023).
Permafrost e ciclo idrologico montano

Una delle frontiere più promettenti nella ricerca sul permafrost montano europeo riguarda le sue interazioni con il ciclo idrologico. Recenti studi hanno evidenziato il significativo contributo del permafrost in degradazione ai deflussi tardo-estivi nei bacini montani alpini, con valori che possono raggiungere il 10-15% della portata totale in bacini con elevata presenza di permafrost.

Di particolare rilevanza sono le ricerche sul contenuto potenziale e sulla qualità dell'acqua in aree con permafrost in degradazione (si vedano a tal proposito anche i risultati del progetto RESERVAQUA). Le analisi idrogeochimiche condotte in diversi siti delle Alpi europee hanno evidenziato elevate concentrazioni di ioni metallici (in particolare nichel, manganese e alluminio) nelle acque di deflusso provenienti da ghiacciai rocciosi (rock glacier), attribuibili all'ossidazione di solfuri metallici precedentemente immobilizzati in condizioni di scarsa ossigenazione nel permafrost. Alcuni studi sottolineano le potenziali implicazioni di questo fenomeno per la qualità delle risorse idriche montane, evidenziando la necessità di specifici protocolli di monitoraggio e gestione (Brighenti et al., 2024; Colombo et al., in revisione).

Con l’obiettivo di verificare la situazione qualitativa delle acque in alta quota nelle Alpi piemontesi, è stata condotta nel periodo 2020-2023 un'indagine chimica su cinque sorgenti collegate al deflusso di 5 rock glacier intatti (contenenti ghiaccio), lungo un gradiente latitudinale e in diversi contesti geologici. L'indagine mirava a valutare la qualità dell'acqua di questi deflussi collegati a permafrost sulla base di indicatori chimici (ioni principali, nutrienti, metalli in tracce). Il campionamento e le analisi sono stati eseguiti secondo metodi standard per campioni di acqua dolce, prestando particolare attenzione alla qualità analitica e alla coerenza dei dati. È stata considerata la variabilità stagionale e interannuale delle principali variabili chimiche e i possibili effetti dei deflussi sulla chimica di laghi e stagni situati in prossimità dei rock glacier. Tutti i siti indagati erano caratterizzati da un contenuto di ioni da basso a moderato, bassi livelli di nutrienti e metalli in tracce prossimi o inferiori al limite di rilevabilità, a indicare un buono stato di qualità dell'acqua. I risultati hanno suggerito la litologia come il principale fattore che influenza la composizione chimica dei deflussi da rock glacier. I risultati di questo studio indicano che è consigliabile sviluppare protocolli condivisi e programmi di monitoraggio congiunti per la raccolta dati nei siti di deflusso delle rock glacier in tutto l'arco alpino, integrando possibilmente indicatori chimici e biologici, con l'obiettivo finale di monitorare la qualità dell'acqua di queste preziose risorse e la sua evoluzione temporale in base ai cambiamenti climatici (Rogora et al., 2024).

Campionamento delle acque della sorgente del rock glacier dei Fourneaux (Alta Val Susa, TO) a cura dei ricercatori del CNR IRSA di Verbania (fonte: Arpa Piemonte, 2024)
Modellizzazione e scenari futuri

Gli sviluppi più recenti (Gisnås et al., 2016; Marmy et al., 2016) nella modellizzazione del permafrost montano europeo offrono scenari preoccupanti per il futuro. I modelli accoppiati atmosfera-permafrost, che integrano proiezioni climatiche ad alta risoluzione con modelli di trasferimento termico nel sottosuolo, suggeriscono una drastica riduzione dell'estensione del permafrost alpino entro la fine del secolo. Anche nello scenario di emissioni moderate (SSP2-4.5), si prevede una riduzione del 60-80% dell'area interessata da permafrost nelle Alpi europee entro il 2100, con la persistenza del fenomeno limitata alle quote più elevate (>3200-3400 metri s.l.m.) e ai settori più favorevoli dal punto di vista topo-climatico.

Le ricerche evidenziano tuttavia una importante inerzia termica del permafrost, che continuerà a degradarsi per diversi decenni anche in scenari di stabilizzazione delle temperature atmosferiche. Ciò implica la necessità di strategie di adattamento a lungo termine, indipendentemente dall'efficacia delle politiche di mitigazione dei cambiamenti climatici che verranno eventualmente messe in atto. Anche i deflussi idrici nei bacini alto alpini beneficeranno di questa inerzia, in quanto la fusione del ghiaccio contenuto nel permafrost fornirà apporti idrici significativi anche quando i ghiacciai saranno molto ridotti o del tutto scomparsi.

Riferimenti bibliografici

Brighenti, S., Colombo, N., Wagner, T., Pettauer, M., Guyennon, N., Krainer, K., Tolotti, M., Rogora, M., Paro, L. et al. (2024) - Factors controlling the water quality of rock glacier springs in European and American mountain ranges, Science of The Total Environment, Volume 953, 2024, 175706, ISSN 0048-9697, https://doi.org/10.1016/j.scitotenv.2024.175706.

Colombo, N., Pettauer, M., Brighenti, S., Godone, D., Salerno, F., Balestrini, R., Delconte, C.A., Pintaldi, E., Benech, A., Paro, L. et al. (in revisione) - Permafrost thaw affects the chemistry of mountain ponds, Environmental Research Letters.

Gisnås, K., Etzelmüller, B., Lussana, C. et al. (2016) - Permafrost map for Norway, Sweden and Finland, Permafrost Periglac., 28, 359–378, https://doi.org/10.1002/ppp.1922.

Marmy, A., Rajczak, J., Delaloye, R., Hilbich, C. et al. (2016) - Semi-automated calibration method for modelling of mountain permafrost evolution in Switzerland, The Cryosphere, 10, 2693–2719, https://doi.org/10.5194/tc-10-2693-2016.

Noetzli, J., Isaksen, K., Barnett, J. et al. (2024) - Enhanced warming of European mountain permafrost in the early 21st centuryNat Commun 15, 10508 (2024). https://doi.org/10.1038/s41467-024-54831-9

Rogora, M., Giacomotti, P., Orrù, A., Tartari, G., Paro, L. (2024) - Evaluating water quality of rock glacier outflows in the Western Alps, Italy: a regional perspective. Environ Monit Assess (2024) 196:1100, https://doi.org/10.1007/s10661-024-13246-1

Informazioni e risorse aggiuntive

SNPA - Ambiente Informa n. 594 di giovedì 30 gennaio 2025: Il permafrost nelle montagne europee si sta riscaldando velocemente - https://www.snpambiente.it/snpa/arpa-piemonte/il-permafrost-nelle-montagne-europee-si-sta-riscaldando-velocemente/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=il-permafrost-nelle-montagne-europee-si-sta-riscaldando-velocemente

Relazione sullo Stato dell’Ambiente - Permafrost anni 2017201820192020202120222023, 2024

Arpa Piemonte, sito istituzionale: Criosfera e permafrost - https://www.arpa.piemonte.it/scheda-informativa/permafrost

Arpa Valle d'Aosta - Permafrost https://www.arpa.vda.it/it/effetti-sul-territorio-dei-cambiamenti-climatici/permafrost

Arpa Veneto - Lo studio del permafrost al Piz Boè - Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto - https://www.arpa.veneto.it/temi-ambientali/neve/focus/lo-studio-del-permafrost-al-piz-boe

Rete PERMOS (Permafrost Monitoring Network della Svizzera) Home | PERMOS – Swiss Permafrost Monitorinig Network

Progetto europeo Interreg Italia-Svizzera “RESERVAQUA” - https://www.interreg-italiasvizzera.eu/wps/portal/site/interreg-italia-svizzera/DettaglioRedazionale/progetti-2014-2020/reservaqua

Progetto europeo Alpine Space PermaNet - https://www.permanet-alpinespace.eu/home.html 

Istituto di Ricerca Sulle Acque CNR-IRSA Sede di Verbania - https://www.irsa.cnr.it/wp/?page_id=376

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Pubblicabile
Gruppo di Redazione
Geologia e nivologia

Bollettino valanghe

Anno
2025

I servizi regionali e provinciali di previsione valanghe afferenti ad AINEVA (Associazione Interregionale per lo studio della NEve e delle VAlanghe), tra i quali quello piemontese, pubblicano il bollettino valanghe congiunto e multilingue. I contenuti del bollettino vengono tradotti automaticamente in sette lingue (italiano, inglese, francese, tedesco, spagnolo, catalano, aragonese) con l’obiettivo di diffondere la massima informazione a tutte le categorie di utenza che frequentano la montagna durante l’inverno, anche in considerazione della crescente affluenza di turisti stranieri.

Il bollettino valanghe descrive quotidianamente il grado di pericolo valanghe per ciascuna zona omogenea individuata, con la possibilità di distinguere due diverse fasce altimetriche. Per ogni zona vengono inoltre identificati fino a tre problemi valanghivi tipici. La previsione viene emessa alle ore 17:00 ed è riferita esclusivamente al giorno successivo, includendo una tendenza (in aumento, stabile o in diminuzione) per il giorno seguente.

La pagina del Pericolo valanghe è articolata in diverse sezioni di approfondimento, ciascuna facilmente accessibile tramite le voci di menu cliccabili, descritte di seguito.

Pericolo Valanghe:  qui vengono visualizzati i gradi di pericolo sui diversi settori alpini piemontesi per la mattina e il pomeriggio. Cliccando sulla mappa, oppure sui link posizionati in alto, l’utente viene indirizzato sul sito di AINEVA dove può consultare la descrizione dettagliata del pericolo valanghe nei diversi settori alpini piemontesi. Sul sito AINEVA è possibile consultare il pericolo valanghe nel dettaglio di tutti i settori delle regioni afferenti ad AINEVA, di cui fa parte anche la Regione Piemonte, rappresentata da Arpa Piemonte in seguito al trasferimento delle funzioni normato dalla L.R. 28/2002.).

In questa sezione è presente il link all'ultimo bollettino valanghe di AINEVA, dal quale si può accedere alla pagina di archivio dei bollettini e al Blog dove sono presenti gli approfondimenti che vengono pubblicati ogni venerdì con il riassunto della settimana, oppure in occasione di eventi di particolare rilievo. 

Dettagli: in questa sezione vengono visualizzate le mappe di neve al suolo, neve fresca delle ultime 24 ore e neve fresca degli ultimi 3 giorni; il grafico dell’andamento dello zero termico con i dati osservati negli ultimi giorni e quelli previsti per le scadenze successive.  

Dati neve: nella pagina vengono presentati in forma tabellare i valori medi di neve al suolo, neve fresca e neve fresca degli ultimi tre giorni distinte in due fasce altitudinali nei 14 settori alpini del bollettino valanghe. I dati sono ottenuti dalle interpolazioni spaziali dei dati puntuali validati manualmente che derivano dalle stazioni nivometeorologiche automatiche e manuali di Arpa Piemonte, distribuite in ciascun settore alpino. 

Grafici neve:  qui si trovano le elaborazioni grafiche dell’andamento della neve al suolo e della neve fresca di alcune stazioni rappresentative per il Piemonte settentrionale, quello occidentale e quello meridionale. 

Video: nell'ultima sezione è possibile visualizzare l’ultimo video bollettino disponibile e iscriversi alla mailing list del bollettino valanghe.

Durante la stagione estiva con la sospensione del servizio le pagine di approfondimento vengono disabilitate e viene sospesa l’emissione del bollettino. 

Scala del pericolo valanghe
Video bollettino valanghe

Il video bollettino valanghe viene pubblicato con cadenza settimanale il venerdì; contiene un’analisi delle condizioni nivometeorologiche, la previsione meteo per il fine settimana, la conseguente valutazione del pericolo valanghe e tanti interessanti approfondimenti sulle condizioni della neve.

Nella stagione 2023/24 sono stati prodotti 22 video: il primo emesso per il fine settimana del 2-3 dicembre e l’ultimo, emesso a metà maggio, con le indicazioni di massima sul comportamento da tenere durante il periodo primaverile per affrontare le escursioni in sicurezza.

Canale Telegram

Ulteriore canale per la consultazione del bollettino valanghe e per gli approfondimenti pubblicati sul blog di AINEVA è l’iscrizione al canale Telegram @valanghePIE.

Questo bot invia automaticamente l’immagine del pericolo valanghe sul Piemonte con il link alla pagina del bollettino valanghe di AINEVA, quotidianamente dopo le ore 17:00 e, ogni volta che viene pubblicato un nuovo Blog, il link per la sua consultazione sul sito AINEVA.

Dal servizio è inoltre possibile scaricare anche il bollettino meteo aggiornato. 

Mailing-list per i professionisti della montagna

Nella stagione 2023/24 è proseguito l’invio della mailing-list ai professionisti della montagna (Guide Alpine, Rifugi, Aziende Turistiche Locali, Società di impianti di risalita, Maestri di sci, Soccorso Alpino, Sezioni CAI) e a tutti gli utenti che ne fanno richiesta (Indicazioni nella sezione Video del bollettino valanghe).

Il venerdì pomeriggio viene inviato un breve flash sulle condizioni con i rimandi al bollettino valanghe, al blog AINEVA e al video bollettino.

La nuova App AINEVA

Per diffondere il bollettino valanghe, a partire da dicembre 2024 AINEVA ha pubblicato una nuova App, per dispositivi Android e iOS. Si tratta di un nuovo prodotto, immediato e di facile consultazione per tutti gli utenti, messo a disposizione per i professionisti e per gli appassionati dell’ambiente innevato. I contenuti del bollettino valanghe di AINEVA, fruibili in maniera intuitiva grazie ad una cartografia ottimizzata e a descrizioni degli scenari di pericolo basate su un frasario standardizzato, sono diventati quindi facilmente disponibili da smartphone.

Gli utenti hanno la possibilità di visualizzare, su una mappa interrogabile tramite click sull’area interessata, i gradi di pericolo valanghe e di conoscere le condizioni dell’innevamento e del manto nevoso con l’identificazione del problema valanghivo, delle quote e delle esposizioni dei pendii più critici.

I contenuti, aggiornati quotidianamente, sono tradotti in cinque lingue: inglese, italiano, francese, tedesco e spagnolo. Si tratta di uno strumento molto utile anche per i turisti stranieri.

Oltre al bollettino valanghe, è possibile accedere rapidamente anche alla sezione blog, dove vengono pubblicati approfondimenti e note Informative riferiti ai periodi non coperti dall’emissione del bollettino. Gli aggiornamenti, redatti in formato testuale libero, sono arricchiti con immagini e, talvolta, con video esplicativi che riportano sintesi settimanali (di norma nella giornata di venerdì) sulle condizioni di innevamento e del manto nevoso, oltre a report e considerazioni in occasione di nevicate significative.

La App è disponibile e scaricabile sugli Store ufficiali Android e iOS ai seguenti link:

per smartphone e tablet Android sul canale Google Play

per smartphone e tablet Apple sul canale iTunes Apple

Esempio di alcune schermate da smartphone della nuova App AINEVA disponibile in tutti gli store, con i contenuti facilmente navigabili ed intuitivi.
Informazioni e risorse aggiuntive

AINEVA http://www.aineva.it

Bollettino valanghe di Arpa Piemonte http://www.arpa.piemonte.it/rischi_naturali/snippets_arpa/valanghe/index.html

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