Il permafrost montano in Europa: stato dell'arte e tendenze recenti
Il permafrost, definito come terreno che permane a temperature uguali o inferiori a 0 °C per almeno due anni consecutivi, rappresenta un componente fondamentale della criosfera montana europea la cui evoluzione sta assumendo crescente rilevanza nel dibattito scientifico contemporaneo. Gli studi più recenti evidenziano come questo elemento paesaggistico, a lungo trascurato rispetto ai più visibili ghiacciai, costituisca in realtà un indicatore particolarmente significativo dei cambiamenti climatici in atto e un fattore determinante per la stabilità geomorfologica, il bilancio idrico e l'ecologia degli ambienti d'alta quota europei.
La ricerca sul permafrost montano europeo ha conosciuto un significativo impulso nell'ultimo quinquennio, beneficiando dell'integrazione tra metodologie di monitoraggio tradizionali e tecniche innovative. Di particolare rilevanza sono i risultati del monitoraggio termico in perforazioni profonde, iniziati nei primi anni ’90 del XX secolo, che hanno permesso di caratterizzare il profilo termico del permafrost fino a profondità di 100-120 metri in siti selezionati dell'arco alpino.
Un nuovo studio, intitolato “Enhanced warming of European mountain permafrost in the early 21st century” e pubblicato nel dicembre 2024 su Nature Communications, rivela che il permafrost nelle montagne europee si sta riscaldando a un ritmo molto elevato, con implicazioni significative per la stabilità dei versanti montuosi e degli ecosistemi d’alta quota. Alla ricerca, che ha analizzato i dati di temperatura del sottosuolo provenienti da 64 perforazioni distribuite tra le Alpi, la Scandinavia, l’Islanda e la Sierra Nevada, hanno contribuito anche le Arpa di Piemonte, Veneto e Valle d'Aosta.
I dati pubblicati documentano la persistenza di un segnale termico relativo alla Piccola Età Glaciale (avvenuta tra il XIV ed il XIX secolo e caratterizzata da un raffreddamento a livello globale) negli strati più profondi, mentre gli strati superficiali (fino a 20-30 metri) manifestano un chiaro segnale di riscaldamento correlabile all'incremento delle temperature atmosferiche. L’analisi documenta un incremento medio delle temperature del permafrost di 0,2-0,5 °C per decade negli ultimi 20 anni, con valori più elevati negli strati superficiali (fino a 10 metri) e nelle regioni più meridionali. Particolarmente significativi sono i dati relativi ai siti di monitoraggio della rete PERMOS (Permafrost Monitoring Network della Svizzera), che documentano un riscaldamento accelerato del permafrost alpino nell'ultimo decennio, con incrementi di temperatura fino a 0,9 °C nel periodo 2011-2020, un valore quasi doppio rispetto al decennio precedente. Analogamente, i dati delle stazioni italiane, evidenziano un significativo incremento con valori che raggiungono +0,6 °C per decade nel periodo 2000-2020. La degradazione del permafrost si manifesta anche attraverso l'incremento dello spessore dello strato attivo (porzione superficiale soggetta a cicli stagionali di gelo e disgelo), che è aumentato mediamente di 25-30 cm per decade nelle Alpi europee, con picchi di oltre 50 cm in alcune località durante le estati particolarmente calde.
Impatti sulla stabilità dei versanti e le infrastrutture
L'influenza della degradazione del permafrost sulla stabilità dei versanti montani è emersa come tematica di crescente rilevanza nella letteratura scientifica recente. È ormai ben documento un significativo incremento della frequenza di crolli in roccia di grande magnitudo (volumi superiori a 100.000 m³) in aree interessate da permafrost in degradazione, con una particolare concentrazione nei massicci del Monte Bianco, del Monte Rosa e degli Alti Tauri (alle relazioni tra degradazione del permafrost e rischi naturali era già stato dedicato un paragrafo nella RSA del 2018).
I meccanismi di innesco di questi eventi sono stati approfonditi in numerosi studi in cui si evidenzia il ruolo cruciale svolto dalla fusione del ghiaccio presente nelle fratture rocciose: la riduzione della coesione meccanica, unita all'incremento delle pressioni idrostatiche durante i cicli di gelo-disgelo, determina una progressiva riduzione della stabilità delle pareti rocciose, con conseguente incremento della suscettibilità ai crolli (maggiori dettagli in questo report).
Anche sulle Alpi piemontesi si sono verificati negli ultimi anni importanti fenomeni di crollo. Tra i più significativi ricordiamo quello del Rocciamelone (dicembre 2006), della Punta Tre Amici-Monte Rosa (dicembre 2015), del Monviso (dicembre 2019). Anche il più recente, che ha interessato sempre il settore della Punta Tre Amici sul Monte Rosa, è avvenuto nel mese di dicembre del 2024 (ore serali del 26 dicembre). Questi fenomeni, oltre ad essersi verificati nello stesso mese, hanno coinvolto ingenti volumi rocciosi (da decine di migliaia a centinaia di migliaia di m3), su pendii esposti nel quadrante nord, a quote comprese tra 3100 m e 3300 m (vedi Aree in frana e L'evoluzione dell'ambiente glaciale nelle Alpi piemontesi per i dettagli).
Tutte queste analogie evidenziano in modo quasi inequivocabile l’importanza del segnale climatico e della degradazione del permafrost sulle cause di innesco dei fenomeni di crollo in alta quota. Purtroppo, la mancanza di dati del monitoraggio termico in roccia a livello locale impedisce di ottenere delle relazioni dirette tra riscaldamento del permafrost e instabilità degli ammassi rocciosi. Tuttavia, nel caso del crollo del dicembre 2024 del settore Punta Tre Amici-Monte Rosa, i dati della stazione di monitoraggio del permafrost del Passo dei Salati-Corno del Camoscio (posta a 3020 m di quota, a circa 6 km di distanza) evidenziano il riscaldamento in atto almeno fino a 30 m di profondità con scomparsa del permafrost tra il 2017 ed il 2020.
In alta quota, gli effetti diretti della degradazione del permafrost si evidenziano anche con crescenti problematiche di stabilità delle strutture ed infrastrutture d'alta quota: dagli impianti di risalita, alle altre infrastrutture turistiche nelle stazioni sciistiche, ai rifugi. Negli ultimi anni sono partite numerose attività di studio e monitoraggio di alcuni rifugi e degli ammassi rocciosi su cui sono costruiti al fine di gestire le problematiche legate alle instabilità in atto e future (si veda ad esempio il progetto RESALP per i rifugi nelle Alpi italiane https://www.cnr.it/en/press-note/n-12869/al-via-il-primo-screening-della-stabilita-di-bivacchi-e-rifugi-italiani-oltre-i-2-800-metri-di-quota).
Permafrost e ciclo idrologico montano
Una delle frontiere più promettenti nella ricerca sul permafrost montano europeo riguarda le sue interazioni con il ciclo idrologico. Recenti studi hanno evidenziato il significativo contributo del permafrost in degradazione ai deflussi tardo-estivi nei bacini montani alpini, con valori che possono raggiungere il 10-15% della portata totale in bacini con elevata presenza di permafrost.
Di particolare rilevanza sono le ricerche sul contenuto potenziale e sulla qualità dell'acqua in aree con permafrost in degradazione (si vedano a tal proposito anche i risultati del progetto RESERVAQUA). Le analisi idrogeochimiche condotte in diversi siti delle Alpi europee hanno evidenziato elevate concentrazioni di ioni metallici (in particolare nichel, manganese e alluminio) nelle acque di deflusso provenienti da ghiacciai rocciosi (rock glacier), attribuibili all'ossidazione di solfuri metallici precedentemente immobilizzati in condizioni di scarsa ossigenazione nel permafrost. Alcuni studi sottolineano le potenziali implicazioni di questo fenomeno per la qualità delle risorse idriche montane, evidenziando la necessità di specifici protocolli di monitoraggio e gestione (Brighenti et al., 2024; Colombo et al., in revisione).
Con l’obiettivo di verificare la situazione qualitativa delle acque in alta quota nelle Alpi piemontesi, è stata condotta nel periodo 2020-2023 un'indagine chimica su cinque sorgenti collegate al deflusso di 5 rock glacier intatti (contenenti ghiaccio), lungo un gradiente latitudinale e in diversi contesti geologici. L'indagine mirava a valutare la qualità dell'acqua di questi deflussi collegati a permafrost sulla base di indicatori chimici (ioni principali, nutrienti, metalli in tracce). Il campionamento e le analisi sono stati eseguiti secondo metodi standard per campioni di acqua dolce, prestando particolare attenzione alla qualità analitica e alla coerenza dei dati. È stata considerata la variabilità stagionale e interannuale delle principali variabili chimiche e i possibili effetti dei deflussi sulla chimica di laghi e stagni situati in prossimità dei rock glacier. Tutti i siti indagati erano caratterizzati da un contenuto di ioni da basso a moderato, bassi livelli di nutrienti e metalli in tracce prossimi o inferiori al limite di rilevabilità, a indicare un buono stato di qualità dell'acqua. I risultati hanno suggerito la litologia come il principale fattore che influenza la composizione chimica dei deflussi da rock glacier. I risultati di questo studio indicano che è consigliabile sviluppare protocolli condivisi e programmi di monitoraggio congiunti per la raccolta dati nei siti di deflusso delle rock glacier in tutto l'arco alpino, integrando possibilmente indicatori chimici e biologici, con l'obiettivo finale di monitorare la qualità dell'acqua di queste preziose risorse e la sua evoluzione temporale in base ai cambiamenti climatici (Rogora et al., 2024).
Modellizzazione e scenari futuri
Gli sviluppi più recenti (Gisnås et al., 2016; Marmy et al., 2016) nella modellizzazione del permafrost montano europeo offrono scenari preoccupanti per il futuro. I modelli accoppiati atmosfera-permafrost, che integrano proiezioni climatiche ad alta risoluzione con modelli di trasferimento termico nel sottosuolo, suggeriscono una drastica riduzione dell'estensione del permafrost alpino entro la fine del secolo. Anche nello scenario di emissioni moderate (SSP2-4.5), si prevede una riduzione del 60-80% dell'area interessata da permafrost nelle Alpi europee entro il 2100, con la persistenza del fenomeno limitata alle quote più elevate (>3200-3400 metri s.l.m.) e ai settori più favorevoli dal punto di vista topo-climatico.
Le ricerche evidenziano tuttavia una importante inerzia termica del permafrost, che continuerà a degradarsi per diversi decenni anche in scenari di stabilizzazione delle temperature atmosferiche. Ciò implica la necessità di strategie di adattamento a lungo termine, indipendentemente dall'efficacia delle politiche di mitigazione dei cambiamenti climatici che verranno eventualmente messe in atto. Anche i deflussi idrici nei bacini alto alpini beneficeranno di questa inerzia, in quanto la fusione del ghiaccio contenuto nel permafrost fornirà apporti idrici significativi anche quando i ghiacciai saranno molto ridotti o del tutto scomparsi.
Riferimenti bibliografici
Brighenti, S., Colombo, N., Wagner, T., Pettauer, M., Guyennon, N., Krainer, K., Tolotti, M., Rogora, M., Paro, L. et al. (2024) - Factors controlling the water quality of rock glacier springs in European and American mountain ranges, Science of The Total Environment, Volume 953, 2024, 175706, ISSN 0048-9697, https://doi.org/10.1016/j.scitotenv.2024.175706.
Colombo, N., Pettauer, M., Brighenti, S., Godone, D., Salerno, F., Balestrini, R., Delconte, C.A., Pintaldi, E., Benech, A., Paro, L. et al. (in revisione) - Permafrost thaw affects the chemistry of mountain ponds, Environmental Research Letters.
Gisnås, K., Etzelmüller, B., Lussana, C. et al. (2016) - Permafrost map for Norway, Sweden and Finland, Permafrost Periglac., 28, 359–378, https://doi.org/10.1002/ppp.1922.
Marmy, A., Rajczak, J., Delaloye, R., Hilbich, C. et al. (2016) - Semi-automated calibration method for modelling of mountain permafrost evolution in Switzerland, The Cryosphere, 10, 2693–2719, https://doi.org/10.5194/tc-10-2693-2016.
Noetzli, J., Isaksen, K., Barnett, J. et al. (2024) - Enhanced warming of European mountain permafrost in the early 21st century. Nat Commun 15, 10508 (2024). https://doi.org/10.1038/s41467-024-54831-9
Rogora, M., Giacomotti, P., Orrù, A., Tartari, G., Paro, L. (2024) - Evaluating water quality of rock glacier outflows in the Western Alps, Italy: a regional perspective. Environ Monit Assess (2024) 196:1100, https://doi.org/10.1007/s10661-024-13246-1
Informazioni e risorse aggiuntive
SNPA - Ambiente Informa n. 594 di giovedì 30 gennaio 2025: Il permafrost nelle montagne europee si sta riscaldando velocemente - https://www.snpambiente.it/snpa/arpa-piemonte/il-permafrost-nelle-montagne-europee-si-sta-riscaldando-velocemente/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=il-permafrost-nelle-montagne-europee-si-sta-riscaldando-velocemente
Relazione sullo Stato dell’Ambiente - Permafrost anni 2017, 2018, 2019, 2020, 2021, 2022, 2023, 2024
Arpa Piemonte, sito istituzionale: Criosfera e permafrost - https://www.arpa.piemonte.it/scheda-informativa/permafrost
Arpa Valle d'Aosta - Permafrost https://www.arpa.vda.it/it/effetti-sul-territorio-dei-cambiamenti-climatici/permafrost
Arpa Veneto - Lo studio del permafrost al Piz Boè - Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto - https://www.arpa.veneto.it/temi-ambientali/neve/focus/lo-studio-del-permafrost-al-piz-boe
Rete PERMOS (Permafrost Monitoring Network della Svizzera) Home | PERMOS – Swiss Permafrost Monitorinig Network
Progetto europeo Interreg Italia-Svizzera “RESERVAQUA” - https://www.interreg-italiasvizzera.eu/wps/portal/site/interreg-italia-svizzera/DettaglioRedazionale/progetti-2014-2020/reservaqua
Progetto europeo Alpine Space PermaNet - https://www.permanet-alpinespace.eu/home.html
Istituto di Ricerca Sulle Acque CNR-IRSA Sede di Verbania - https://www.irsa.cnr.it/wp/?page_id=376