Come l’inverno precedente anche la stagione 2022-23 è da considerarsi negativa da un punto di vista nivo-logico collocandosi al terzo posto negli ultimi 60 anni come carenza di nevicate.
Alla carenza significativa di precipitazioni nevose registrate durante la stagione, l’inverno passato ha fatto registrare temperature al di sopra della media del periodo, sia per le temperature medie, che per le massime e le minime risultando la nona stagione invernale più calda nella distribuzione storica degli ultimi 66 anni con un’anomalia positiva di temperatura media di +1.1°C.
Utilizzando il metodo del SAI - Standardized Anomaly Index possiamo analizzare nell’insieme i valori delle stazioni per ottenere un valore di anomalia indicativo per tutto il Piemonte rispetto al valore medio del periodo di riferimento di 30 anni, facendo emergere le anomalie di neve fresca cumulata sulla stagione standardizzate per le stazioni del territorio piemontese dal 1960 al 2022; più i valori sono vicini allo 0 più si avvicinano ai valori medi del periodo 1981-2010.
Nel complesso la stagione invernale 2022−2023 risulta notevolmente sotto la media, molto lontano dal 10° percentile, per cui la stagione è da considerare eccezionale.
La stagione 2022-2023 si colloca al terzo posto dopo la stagione 2021-2022 e quella del 2006-2007.
A differenza dello scorso anno ci sono stati contributi più significativi in quota alla fine della stagione invernale (mese di maggio) che ha fatto registrare temperature più fresche e abbondanti precipitazioni che in quota (oltre i 2500m) hanno apportato un significativo quantitativo di neve che ha garantito un maggiore apporto idrico durante la fusione tardo primaverile-inizio estiva.
Per la valutazione dell’innevamento sull’arco alpino piemontese durante la stagione invernale vengono prese in considerazione 11 stazioni manuali, utilizzando il quarantennio 1981−2020 come periodo storico di riferi-mento climatico.
Dall’analisi della neve fresca stagionale (Figura 2) si può notare come in tutte le stazioni di riferimento è stato registrato un deficit rispetto alla media degli ultimi quarant’anni (1981−2020).
I valori negativi sono indicativamente prossimi al -40% / -50% con un picco di -64.6% nella stazione di Antrona − A. Cavalli (1500 m); il deficit minore è stato registrato invece dalla stazione di Ceresole Reale − L. Serrù (2296 m) in Valle Orco e carenze più contenute, intorno al -20% / -30%, si sono registrate nei settori meridionali.
Risulta in generale un’anomalia negativa che oscilla tra il -20% e il -40% anche per quanto riguarda il numero di giorni nevosi.
L’unica stazione che presenta valori superiori alla media, con +15.9%, è la sta-zione di Ceresole Reale − L. Serrù (2296 m) nelle Alpi Graie, valore in linea con il dato di neve fresca che ri-sulta quello con minor deficit.
Le stazioni che presentano anomalie più contenute riguardo ai giorni nevosi sono quelle che hanno goduto maggiormente delle precipitazioni tardive registrate a maggio che hanno in-terrotto un lungo periodo siccitoso.
In generale si può osservare che il deficit dei giorni nevosi siano più contenuti rispetto a quelli dei valori di neve fresca; pertanto, si può affermare che generalmente durante gli episodi nevosi si sono registrati quantitativi più contenuti di neve fresca rispetto alla media.
Se si analizzano i giorni con neve al suolo, parametro che risente molto della periodicità delle nevicate, dei valori cumulati massimi, così come le temperature durante il periodo di fusione, si osserva un andamento maggiormente differenziato in funzione della quota e della localizzazione regionale delle stazioni.
Come facilmente ipotizzabile, alle quote medio-basse, le precipitazioni di fine stagione ormai in forma liqui-da non hanno contribuito al perdurare della copertura nevosa al suolo diversamente da quanto successo al-le quote medio-alte.
Al di sotto, o in prossimità dei 1500m, si riscontrano infatti valori negativi prossimi a -20%, con punte di -40% a Pontechianale − L. Castello (1589 m) (Figura 4).
Per contro si può notare come in tutti i settori le stazioni poste alle quote medio-alte (prossime o superiori ai 2000 m) il deficit sia nettamente più contenuto ed è pressoché uguale ai valori medi soprattutto sui settori occidentali e settentrionali.
Il manto nevoso generalmente di ridotto spessore a inizio inverno, ha visto un incremento alle quote più ele-vate (>2000-2500m) grazie agli apporti nevosi registrati durante il periodo primaverile sui settori settentrionali ed occidentali mentre su quelli meridionali l’incremento si osserva già a partire dal mese di febbraio.
Nonostante le cumulate di neve fresca siano rimaste comunque sotto la media in quasi tutte le stazioni, si è prolungata la permanenza della neve al suolo soprattutto per le stazioni in prossimità e oltre i 2500m di quota.
Le precipitazioni primaverili, con accumuli importanti di neve umida in quota hanno, favorito lo stoccaggio di significative quantità di acqua nel manto nevoso (Snow Water Equivalent - SWE) riducendo notevolmente l’anomalia negativa, tanto che all’inizio dell’estate (giugno) le montagne piemontesi presentavano una buona riserva idrica sottoforma di neve.