Il Piemonte presenta ancora un grande patrimonio di paesaggi rurali storici legati a pratiche agricole tradizionali, evolutesi sulla base di tecniche ingegnose, diversificate e a basso o nullo ricorso ad energie non rinnovabili, che ne hanno consentito attraverso i secoli il continuo adattamento alle condizioni ambientali ed economiche, spesso difficili.
Molti di essi oggi versano in condizioni critiche che ne minacciano le fondamenta, ma continuano pur nelle difficoltà a mantenere le caratteristiche principali, fornendo prodotti e servizi eco sistemici, contribuendo in questo modo alla qualità della vita e producendo paesaggi di grande bellezza.
Il Piano Paesaggistico Regionale, riconosce e dà ampio risalto alla loro valenza ed alla lettura delle sue componenti sull’intero territorio regionale, essendo il paesaggio piemontese permeato dagli aspetti legati alla condizione agricola delle terre.
La tutela dei paesaggi rurali storici rientra tra le priorità strategiche identificate dalla Politica Agraria Comune (PAC) dell’Unione Europea per la politica di sviluppo rurale, essendo ricompresa nella Focus area 4A del Regolamento 1305/2013 (salvaguardia, ripristino e miglioramento della biodiversità, dell’agricoltura ad alto valore naturalistico, nonché dell’assetto paesaggistico dell’Europa).
A livello nazionale il Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mipaaf) ha promosso le azioni locali di valorizzazione del territorio istituendo l’Osservatorio Nazionale del Paesaggio Rurale, delle pratiche agricole e conoscenze tradizionali (ONPR), con decreto 17070 del 2012.
Secondo la definizione dell’ONPR per paesaggio rurale di interesse storico, si intende una “porzione di territorio classificata come rurale, che pur continuando il suo processo evolutivo conserva evidenti testimonianze della sua origine e della sua storia, mantenendo un ruolo nella società e nell’economia.”
In pratica sono sistemi di usi del suolo che rispondono a precisi assetti di organizzazione spaziale dell’attività agricola e mostrano caratteristiche di tradizionalità e/o storicità per caratteristiche di dimensione e forma degli appezzamenti e loro bordature (siepi, muretti), ordinamento colturale (colture, forme di allevamento, sistema o architettura dell’impianto, tecniche agronomiche), sistemazioni idraulico-agrarie (muretti a secco, terrazzamenti, ciglionamenti, ecc..), presenza di manufatti del patrimonio di architettura rurale e di insediamenti di uso agricolo, forestale e pastorale.
La tutela dei paesaggi rurali tradizionali di interesse storico non può avvenire tramite l’imposizione di vincoli, che non possono impedirne l’abbandono, ma solo se le comunità locali ne riconoscono l’importanza e vengono attivati processi di integrazione tra vendita di prodotti agro-alimentari, turismo rurale e valorizzazione del paesaggio.
Una concreta possibilità di tutela del paesaggio è offerta dalla normativa nazionale e va sotto il nome di “Registro Nazionale dei Paesaggi Rurali storici” che è stato costituito presso il Ministero al fine di identificare e catalogare sul territorio nazionale “i paesaggi rurali tradizionali o di interesse storico, le pratiche e le conoscenze tradizionali, definendo la loro significatività, integrità e vulnerabilità, tenendo conto sia di valutazioni scientifiche, sia dei valori che sono loro attribuiti dalle comunità, dai soggetti e dalle popolazioni interessate”.
L’iter previsto per il loro riconoscimento prevede una verifica dei requisiti di ammissibilità da parte dell'Osservatorio Nazionale del Paesaggio rurale, l’approvazione in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni e infine ad un Decreto a firma del Ministro, contenente la menzione che esplicita i motivi del riconoscimento.
L’iscrizione di un territorio nel Registro nazionale dà modo non solo di poter essere selezionato per l’inserimento nella Rete UNESCO, ma anche di attivare una serie di strumenti per rendere la conservazione del paesaggio tradizionale un fattore competitivo a favore delle imprese agricole e turistiche: dall’introduzione di marchi per dare alle produzioni agro-alimentari potere di mercato, allo sviluppo del turismo verde e alla possibilità di accedere ad incentivi erogati dal Piano di Sviluppo Rurale per la gestione e manutenzione del paesaggio, ma anche all’individuazione di percorsi tecnologici innovativi compatibili con la sua conservazione.
Per godere di questa redditività, occorre un radicale cambiamento di visione, che pone l’uomo al centro del contesto agricolo non più come soggetto che turba l’ecosistema esistente con una forma di agricoltura intensiva ma, al contrario, come artefice principale nel mantenimento della biodiversità e nella conservazione del paesaggio.
Tra i 14 paesaggi ad oggi riconosciuti in Italia non figurano territori piemontesi, ma tre candidature sono pervenute in questi anni di prima operatività: i Paesaggi terrazzati viticoli alle falde del Mombarone (Anfiteatro Morenico di Ivrea), I Ciabòt d’Alta Langa e gli Alpeggi della Raschera. Altri territori regionali si sono attivati per presentare una candidatura come le Terre del Boca, senza però ancora essere arrivati a concretizzarla.
Redigere il dossier di presentazione non è un’operazione né semplice né breve; sono necessari studi territoriali a vari step con descrizioni comparate tra anni ’50 e oggi della proprietà fondiaria, dell’assetto economico e produttivo e degli elementi di significatività (persistenza, unicità, integrità) del paesaggio storico, con valutazioni della loro integrità e degli elementi di vulnerabilità (fragilità intrinseca degli assetti paesaggistici), degli aspetti compositivi e visivi, delle attività di conservazione e promozione della civiltà contadina, il tutto corredato da un’importante rappresentazione cartografica.